martedì 5 novembre 2019

La Favola di Gesù Cristo — «La passione ricavata dalle profezie»

(segue da qui)

La passione ricavata dalle profezie

Scartati quelli elementi, resta ancora un racconto abbastanza compiuto. Dimostreremo che è composto non di fatti reali, ma di una sovrapposizione di profezie, ricavate dall'Antico Testamento e relative al Messia. Tutto si presenta esattamente come se si avesse semplicemente ricopiato una raccolta di profezie, raccolta la cui esistenza è ormai ben assicurata prima della stesura dei vangeli.

È probabile che al di fuori di quella raccolta, nulla, non un fatto, non un dettaglio, sia sopravvissuto? Questa non è la preoccupazione dei nostri autori, che si concentrano solamente a dimostrare che tutto ciò che era stato predetto è accaduto. È esclusivamente a colpi di citazioni che è composto il racconto della passione.

Ecco gli esempi principali:

— Gesù comincia col cacciare i mercanti fuori dal tempio, perché nella visione di Zaccaria, nel giorno trionfale del Messia (in groppa ad un asino), Dio rompe la sua alleanza con i «mercanti di pecore» (11:10-11).

— Gesù si ritira sul monte degli Ulivi, perché è scritto nello stesso Zaccaria: «In quel giorno i suoi piedi si poseranno sul monte degli Ulivi» (14:4). È per la stessa ragione che, ci racconta Giuseppe, ai tempi di Nerone un preteso Messia, chiamato l'Egiziano e qualificato come ciarlatano, radunerà una folla di 30.000 persone sul monte degli Ulivi.

— Gesù è arrestato da degli uomini armati e i suoi discepoli lo abbandonano, poiché Zaccaria lo aveva annunciato: «Insorgi, spada, contro il mio pastore… Percuoti il pastore e sia disperso il gregge» (13:7). 

— Ponzio Pilato stesso cita la Bibbia, facendo una chiarissima allusione alla frase: «Sono innocente davanti al Signore del sangue di Abner»; e il popolo, che conosce i suoi classici, completa subito la citazione: «Ricada sulla testa di Ioab e su tutta la casa di suo padre».

— Gesù è condannato da Pilato, come Isaia l'aveva predetto: «Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui... Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo...  Per l'iniquità del suo popolo fu percosso a morte» (53:5-9).

— È percosso con bastoni, perché era scritto: «Con la verga percuotono sulla guancia il giudice d'Israele» (Michea 4:14); si sputa su di lui, poiché Isaia aveva scritto: «Non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi» (50:6).

— Egli sopporta tutto senza lamentarsi, come Isaia ha previsto: «Ho presentato il dorso ai flagellatori» (50:6), e ancora: «Maltrattato, non aprì la sua bocca, era come agnello condotto al macello» (53:7).

— Muore tra due ladroni (singolare esecuzione durante la Pasqua!), al fine, dice lo stesso pseudo-Marco (15:28), che fosse realizzata quella parola della Scrittura: «Egli è stato annoverato fra gli iniqui» (citazione molto approssimativa di Isaia (53:9), il cui significato è peraltro incerto). Lo pseudo-Luca dispone in un modo completamente differente e alla sua maniera, la storia dei due ladroni che ha trovato in Marco, e sopprime il riferimento!

— I passanti conoscono a loro volta il Salmo 22 (8-9) e, come era scritto, lo oltraggiano o lo deridono scuotendo la testa (Matteo 27:39-40; Marco 15:29-30; Luca 23:35).

— L'agonia era descritta in anticipo nel Salmo 22: «Mi hanno forato le mani e i piedi. Io posso contare tutte le mie ossa» (17-18). Gesù ha sete, perché lo stesso Salmo precisa: «Il mio vigore si è inaridito come un coccio d'argilla e la mia lingua è attaccata al mio palato» (16). Gli si dà dell'aceto e del fiele (bevanda singolare) perché il Salmo 69 aveva previsto quella miscela: «Mi hanno dato fiele per cibo, e per dissetarmi mi hanno dato da bere dell'aceto» (22). 

— Nel morire, Gesù cita il Salmo 22:1: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?», almeno se crediamo allo pseudo-Marco (15:34). Ma lo pseudo-Luca (23:46) gli fa citare il Salmo 31:6: «Padre, nelle tue mani rimetto il mio spirito». Poco importa quello che ha detto, purché fosse scritto in anticipo! Solo lo pseudo-Giovanni, consapevole dell'assurdità di quelle citazioni in un momento così tragico, gli farà dire: «Tutto è compiuto» (19:30), frase ovviamente ignorata dai primi tre autori.

— E affinché non manchi nessun dettaglio profetico, come confessa ingenuamente lo pseudo-Matteo (27:35), i soldati si spartiscono le sue vesti tirandole a sorte poiché non possono dar torto al Salmo 22: «Spartiscono fra loro le mie vesti e tirano a sorte la mia tunica» (19).

Non crediate soprattutto che si tratti là di analogie fortuite: lo pseudo-Matteo e lo pseudo-Marco si preoccupano di precisarci che tutto ciò è accaduto proprio perché si realizzassero le profezie, e citano i loro riferimenti biblici. Quanto credito si può accordare a dei racconti composti così esclusivamente da testi preesistenti?

Molti saranno sorpresi che gli evangelisti siano andati a ricavare le loro informazioni da quei vecchi testi. In realtà, non è evidentemente così che le cose sono accadute: la leggenda del Cristo si era formata, ben prima di loro, nel contesto di quelle profezie, si aveva fatto una raccolta, e questa raccolta, dalla quale hanno attinto, costituiva già tutta la «vita» di Gesù. Come ha detto Alfaric, «hanno trovato a loro servizio un cantiere in buon ordine», [22] e ne hanno utilizzato i materiali.

La raccolta delle profezie dell'Antico Testamento, considerate come riferimenti ad un Messia, ha costituito il primo documento sulla «vita» di Gesù, la tela su cui sono state costruite le biografie dei vangeli: vi si aveva un'immagine prefabbricata del personaggio, e dei dettagli caratteristici che gli autori si sono concentrati a riprodurre. Ma ciò che è più importante, senza dubbio, è che non avevano NULLA da aggiungere a quei materiali profetici.

Allora, dov'è la tradizione vivente? Dove sono le testimonianze? Dove sono i fatti?

NOTE

[22] ALFARIC: «Aux origines du christianisme», Cahier du Cercle E. Renan, 3° trim. 1961, pag. 1.

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