lunedì 4 novembre 2019

La Favola di Gesù Cristo — «Allegorie nella passione»

(segue da qui)

Allegorie nella passione

Un certo numero di fatti non hanno alcuna verosimiglianza, ma costituiscono delle allegorie il cui significato è chiaro per degli ebrei. L'avventura dei porci di Gerasa ci ha già insegnato che occorre a volte cercare un significato occulto negli eventi riportati nei vangeli, e si sarebbe ben dovuto prestarvi attenzione se si fosse meditato quel testo fondamentale di Origene: «Innumerevoli sono i passi in cui si sente, a meno di non essere totalmente ottusi, che un sacco di cose furono scritte come se fossero accadute, ma non sono accadute in senso letterale». [17] Queste sono dunque proprio delle allegorie: non siamo «ottusi» e cerchiamo alcune di esse nel racconto della passione.

1°) L'agnello pasquale. — Sarebbe stato facile rimuovere l'improbabilità della riunione del Sinedrio, modificando di un giorno la data del processo. Ma era impossibile, perché era necessario conservare il significato simbolico del racconto: Gesù, è l'agnello pasquale. Orbene, l'agnello è messo in croce (attraversato da due bastoni in croce, come nota Giustino) all'occasione del rito religioso della Pasqua. È necessario che le sue ossa non siano affatto spezzate, e che sia sepolto sul luogo del supplizio.

Che Gesù sia l'agnello pasquale è ciò che ci insegna già l'Apocalisse, è ciò  che ci dicono le epistole di Paolo, [18] e ne restano, nei nostri vangeli, delle chiare tracce attraverso la disposizione del racconto.

2°) Il capro espiatorio. — Cosa significa l'episodio di Barabba? Si avrebbe proprio torto a vedervi un personaggio reale. Bar-Abbas significa «Figlio del Padre», e all'origine si dava perfino il suo primo nome: Gesù. Il nome completo, «Gesù Barabba» sussiste ancora, sembra, nelle versioni greche e siriache dello pseudo-Matteo. In ogni caso, era conosciuto da Origene. Si tratta dunque chiaramente non di un uomo diverso, ma di un duplicato di Gesù. [19] Ma perché questa duplicazione? Perché Gesù, se è l'agnello pasquale è anche il capro espiatorio. Ora, in questo rito, dovevano esserci due capri: l'uno, caricato dei peccati di Israele, era rilasciato; l'altro, innocente, fu sacrificata al suo posto. Era quindi necessario duplicare «Gesù Figlio del Padre», ed è questo che evoca la liberazione di Barabba: il significato del simbolo si è perduto in ambiente romano. Nulla d'altronde rivela l'esistenza in Palestina di un costume che consisteva nel liberare un condannato all'occasione della Pasqua. 

3°) Gli attributi derisori. — Alcuni episodi sono ispirati, non dai riti ebraici, ma dal culto di Marduk, dio babilonese. Tale è il caso del mantello di porpora, che si è preso a torto per una veste di derisione ma che è, in realtà, un mantello di luce; tale è il caso della corona (non di spine, ma di acacia), della canna che rappresenta lo scettro. [20] Tutti quelli elementi, di origine pagana, si ritrovano peraltro nel culto mandeo.

4°) Il bacio di Giuda. — Il bacio di Giuda e il lavaggio delle mani di Pilato ci riportano ai riti ebraici: si tratta del rito, istituito da Mosè (se si crede a Giuseppe, ma forse di origine egiziana), del sacrificio della giovenca. La giovenca era condotta al monte degli Ulivi, il sacrificatore la baciava e il sacerdote si lavava le mani davanti alla vittima. Si tratta di un rito di purificazione, ignorato, beninteso, da autori estranei all'ebraismo. [21]

NOTE

[17] ORIGENE: De principiis.

[18] 1 Corinzi 5:7.

[19] Si veda G. ORY: «Jésus a-t-il été crucifié?», Cahier du Cercle E. Renan, 2° trim. 1955, pag. 27.

[20] Seguito dello studio precedente, Cahier 3° trim. 1955, pag. 30.

[21] Seguito dello studio precedente, Cahier 3° trim. 1955, pag. 34.

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