La tradizione
La Chiesa ci assicura tuttavia che gli evangelisti hanno riportato una tradizione.
Chi ci garantisce che questa tradizione, se fosse esistita, non sarebbe quella di una pura leggenda? È impossibile che in 120 anni, attraverso il cambiamento del contesto geografico, dell'ambiente e della lingua, un racconto non diventi leggendario. Da qui l'abbondanza di miracoli, che basterebbe a rendere i testi inaccettabili, perfino se la maggior parte di quei miracoli non fossero puramente simbolici. Da qui anche delle molteplici incoerenze.
Ma una tradizione, per essere stabilita, dovrebbe risalire a dei testimoni diretti. Quali sono, e da chi gli evangelisti avrebbero ricavato le loro informazioni (inesistenti, lo si vedrà) ? La comunità di Gerusalemme, se sia mai esistita, è scomparsa nel 70 senza lasciare traccia. Nessuno sa cosa sia capitato a Cefa-Pietro, supponendo che anche lui sia esistito: negli «Atti degli Apostoli» (12:17), egli svanisce bruscamente e se ne va «in un altro luogo» per non dare più segno di vita. L'esistenza dei «dodici» è così problematica che noi autori non ci accordiamo nemmeno sui loro nomi. Dell'unico conosciuto, Giacomo, non ci si può nemmeno assicurare che sia stato cristiano, ancora meno che abbia trasmesso a chicchessia un racconto della vita di Gesù. Paolo non ha visto niente con i suoi occhi, non sa niente. L'autore dell'Apocalisse (che sia o meno Giovanni) ignora ancora nel 95 la venuta del Cristo sulla terra e la annuncia come un evento futuro. Allora, a chi risale dunque la tradizione? Per garantirla, la Chiesa ha fatto artificialmente di Marco un discepolo di Pietro, di Matteo uno dei dodici apostoli, di Luca un compagno di Paolo: ma quei riferimenti spariscono, dal momento che i vangeli risalgono a più di cent'anni dopo la vita ipotetica di questi autori e quindi non possono essere attribuiti a dei testimoni diretti o contemporanei dei fatti riportati.
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