martedì 15 ottobre 2019

La Favola di Gesù Cristo — «Data di composizione dei vangeli»

(segue da qui)

Data di composizione dei vangeli

Vi mostrerò a proposito di ciascuno di loro, che essi sono anteriori al 180, ma che nessuno di loro può essere anteriore al 150 (anno più, anno meno).

Ecco la confessione sfuggita a Tertulliano. Marcione escluso dalla Chiesa nel 144, continuò a predicare la sua dottrina, e non ignorò i vangeli che si opponevano al suo. Beninteso, egli li rinnegò, e Tertulliano ce ne dà la ragione: si trattava (per Marcione) di falsi vangeli, collocati per frode sotto il nome di apostoli o di personaggi dei tempi apostolici («sub apostolorum nomine aduntur vel etiam apostolicorum»). [5]

La Chiesa, naturalmente, ha un grande interesse a sostenere che i canonici furono scritti nel corso del I° secolo, e le sue affermazioni, tanto più categoriche in quanto sono prive di prove, continuano ancora a trarre in inganno molti storici. È necessario insistere su questo fatto: non esiste alcuna prova, alcuna menzione di un racconto della vita di Gesù prima del 150, ma esistono numerose prove che ci obbligano a collocare la composizione dei quattro vangeli dopo quella data (quanto alla loro stesura iniziale).

La menzione più antica, relativa a delle composizioni che potevano essere all'origine dei nostri vangeli, è quella di Papia, che era vescovo di Frigia intorno al 150: i testi di cui parla sono ancora lontanissimi da quelli che abbiamo, e non ne conosce che due, attribuiti a Marco e a Matteo.

Intorno al 160-165, Giustino, uno dei primi autori cristiani, ignora ancora l'esistenza dei vangeli: fa allusione solo ad una raccolta di «Logia» (detti o profezie) attribuiti a Gesù, frasi che egli descrive come «corte e laconiche». Quei «Logia» sono probabilmente all'origine del vangelo attribuito a Marco, ma non ci sono pervenuti. Erano formati da parole attribuite a Gesù, oppure da profezie dell'Antico Testamento concernenti il Messia? Lo ignoriamo, ma una raccolta di profezie relative al Messia era certamente stata stabilita. 

Va notato che Giustino ignora parimenti gli «Atti degli Apostoli», una raccolta composita della fine del II° secolo.

Non vi è riferimento o allusione ai vangeli nemmeno nell'epistola di Barnaba (140 circa?), nel «Pastore» di Ermas (150 circa). E se, secondo Eusebio, Taziano ha forse «armonizzato» (già!) i vangeli nel suo «Diatessaron» (perduto), ciò non fu che intorno al 180: non è ancora certo che abbia condotto questo lavoro sui nostri canonici.

I vangeli sono dunque stati scritti circa 120-150 anni dopo gli eventi che dovrebbero riferire. Ne consegue che nessuno di loro è realmente dell'autore al quale è attribuito, e nessuno di loro è un testimone diretto. I vangeli sono stati scritti lontano dai luoghi dell'azione: almeno due tra loro (Marco e Luca) sono di origine romana. Sono stati scritti in greco, vale a dire in una lingua straniera (solo Matteo forse è stato scritto in aramaico, ma questa versione è ipotetica). 

In queste condizioni, il valore storico dei vangeli è pressappoco nullo. Per fare un paragone, esso sarebbe uguale a quello che poteva avere un racconto della rivoluzione del 1848 scritto ai nostri giorni, in inglese, negli Stati Uniti, dai discendenti degli emigrati del 1851 disponendo solo delle memorie orali dei loro bisnonni! Si può immaginare quanta distorsione i fatti subirebbero in una trasmissione del genere: in nessun altro campo storico, si prenderebbe sul serio documenti simili, almeno senza delle serie riserve. Ma ancora potrebbe sussistere, attraverso le inevitabili distorsioni, il vago ricordo di un fatto reale: io vi mostrerò che, nel caso dei vangeli, non è affatto così, e che i racconti della vita di Gesù sono stati composti artificialmente in maniera ben diversa.

NOTE

[5] TERTULLIANO: Adversus Marcionem 4:3.  

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