martedì 3 settembre 2019

La Favola di Gesù Cristo — «Plinio il giovane»

(segue da qui)

Plinio il giovane

Abbiamo di questo autore una lettera che avrebbe inviato, mentre governava la Bitinia intorno al 112-113, all'imperatore Traiano per chiedergli le sue istruzioni a riguardo dei cristiani, e la risposta di Traiano.

La lettera è autentica, è un falso, è soltanto rielaborata oppure interpolata? Gli studiosi ne discutono. Io la credo autentica: lo stile è buono, e un falsificatore cristiano avrebbe evitato di qualificare la nuova religione una «superstizione ridicola». Ma considero manifeste alcune «correzioni», in particolare quanto al numero di fedeli. Questa è anche l'opinione di Goguel. Procediamo, e prendiamo il tutto per autentico, perfino la sorprendente risposta di Traiano, che sembra ignorare i principi elementari del diritto romano.

Cosa ci insegna Plinio? Che esistevano dei cristiani in Bitinia intorno al 112-113: è, in effetti, molto probabile, vista la prossimità del luogo di origine. Che essi si radunavano, prima del levar de sole, per cantare un inno a Christos, come a un dio (Christo quasi deo): questa volta, si tratta proprio di Cristo — di Cristo, ma ancora non di Gesù. Infine che si riunivano anche «per prendere un cibo comune e innocente»: questa menzione depone per l'autenticità della lettera, poiché l'esistenza di pasti comunitari è attestata altrove (in particolare da Paolo) nelle prime assemblee cristiane. È importante notare che si tratta di «cibo comune», e non ancora di un rito di comunione.

Plinio riporta le risposte dei cristiani ai suoi interrogatori: egli non garantirà l'esistenza del Cristo, che è ancora solo una specie di dio. Nessun'allusione ad un'esistenza terrena (ancora sconosciuta) di questo dio; neppure un'allusione ad una resurrezione di questo personaggio. La lettera di Plinio riflette lo stato delle comunità dell'inizio del II° secolo, per le quali il Cristo non è che un essere celeste, non incarnato. Essa appoggia dunque la tesi del mito, e la Chiesa ha ben torto nell'avvalersi di una testimonianza così schiacciante.

Plinio è un funzionario prudente, ma coscienzioso: se questi interrogatori gli avessero insegnato che i cristiani adoravano un condannato da Pilato, non avrebbe mancato di menzionarlo nel suo rapporto. Ma non ha appreso nulla del genere: i cristiani di Bitinia ignoravano ancora che il loro dio era vissuto sulla terra ed era morto in croce.

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