Ciò che sappiamo dalle lettere di Paolo più probabili ad essere autentiche è che (1) l'orientamento di Paolo è completamente apocalittico e che (2) Paolo celebra la possessione spirituale. Come parecchi studiosi hanno sottolineato, il cristianesimo di Paolo è fondamentalmente un culto di possessione spirituale incentrato sulla «rivelazione» di «misteri» di Paolo. Atti ricorda Paolo come un uomo guidato da esperienze «visionarie» e l'auto-resoconto (per usare un termine d'arte psichiatrico) nelle lettere di Paolo suggerisce ad alcuni, me compreso, che Paolo era o clinicamente o funzionalmente pazzo, in definitiva solo un altro pazzoide da Fine dei Tempi di un tipo familiare all'interno dell'ebraismo e del cristianesimo allora ed ora.Se le ossessioni di Paolo possano essere ricondotte a uno storico Giosuè/Gesù di Nazaret e se Giosuè/Gesù nutrì simili illusioni è impossibile da sapere. Ciò che sappiamo dalla corrispondenza auto-esaltante di Paolo è che c'era una comunità di credenti ebrei a Gerusalemme che non condividevano il «vangelo» di Paolo e si può presumere tranquillamente che la comunità non sopravvisse alla prima guerra giudaico-romana poiché non sembriamo averne notizie dopo di allora. Ciò che sembra chiaro è che vari «vangeli» hanno gareggiato per guadagnare i credenti quasi dall'inizio del culto cristiano e quale di quelle interpretazioni, se mai qualcuna, rifletteva eventi storici, noi non lo sapremo mai.
(Robert Conner, mia traduzione da qui)
Il neoateo David Madison colpisce ancora.
Nella suo giudizio in merito al libro altamente consigliato di R.G. Price, colpisce nel segno andando a correggere il tiro perfino meglio di quanto ha fatto il prof Robert M. Price nella sua recensione del medesimo libro, ma lascio al lettore realizzare cosa intendo, specialmente dopo la lettura della conclusione dell'articolo di Madison. Da notare come ora anche l'ateo Robert Conner (si legga la citazione sopra) è diventato dichiaratamente agnostico sull'esistenza di Gesù nel passato reale (da convinto storicista quale egli era in passato).
Un Gesù Reale Si Nasconde Da Qualche Parte nel Nuovo Testamento?
Di David Madison, 2/8/2019 [traduzione di G. Ferri]
Una recensione di Deciphering the Gospels Proves Jesus Never Existed di R. G. Price
È prassi normale per i commercianti di arte fornire documentazione dell'autenticità delle opere che vendono; idealmente ci sarà una traccia su carta che indica la proprietà risalente all'artista originale. Alla fine dei film ci sono diversi minuti di titoli di coda, centinaia di nomi, di tutte le persone che hanno contribuito alla realizzazione del film. Alla fine di ogni biografia, il lettore può trovare le fonti utilizzate, di solito centinaia di esse: ecco da dove provengono le informazioni — e qualsiasi ricercatore curioso può trovarle a sua volta.
Un paio di centinaia di anni fa, gli studiosi della Bibbia iniziarono ad affrontare la scomoda verità che i Vangeli — quei titoli iconici, Matteo, Marco, Luca e Giovanni — non avevano tali riferimenti: nessuna documentazione, crediti alla fine, o fonti identificate. Essi sembrano presentarsi come Storia, ma quali sono le prove di ciò?
Quindi i vangeli sono stati studiati più intensamente di qualsiasi altro documento nella Storia. La ricerca ha continuato a estrapolare fatti storici — cose che possiamo sapere con certezza su Gesù — a causa del quoziente altamente imbarazzante di superstizione, fantasia, folklore e pensiero magico nei vangeli.
La quantità di informazioni solide e sicure su Gesù risulta essere impercettibilmente piccola, ma andando avanti con le loro impressioni e il loro pio desiderio —“questa storia di Gesù di sicuro suona quasi bene” — devoti studiosi hanno escogitato possibili ritratti di Gesù. Ma la “possente fortezza” dell'accademia biblica basata sulla fede è stata messa a disagio dagli studiosi secolari che non sono vincolati dalla devozione a trattenere “Gesù come Signore”.
E in anni recenti, i cristiani sono rimasti scioccati nel profondo dal suggerimento che Gesù potrebbe non essere mai esistito affatto. Ciò non è affatto radicale, dal momento che qualsiasi reale predicatore contadino galileo di nome Gesù è stato perso agli occhi della Storia sotto gli strati di teologia tessuti dagli scrittori dei vangeli. E i cristiani non sarebbero in grado di emettere un sospiro di sollievo se all'improvviso sbucasse qualche sorta di manufatto che provi che Gesù era stato davvero una persona reale; perché ciò non cambierebbe la natura dei vangeli.
Così, senza la documentazione, alcun elenco di crediti o di fonti identificate, cosa sono di preciso i vangeli? Sì, essi sono teologia, ma se il vangelo di Marco — che tutti gli altri hanno copiato, riferito e modificato — non fosse mai stato neppure inteso come Storia? Il libro di R. G. Price del 2018, Deciphering the Gospels Proves Jesus Never Existed, illustra il caso a supporto di ciò. Price, un ingegnere informatico e un analista di dati, dimostra le sue abilità di investigatore, guardando dietro la facciata dei Vangeli per capire cosa è realmente successo. Il suo libro è altamente leggibile, e può aiutare i laici a capire perché un Gesù reale è soggetto a dubbi.
Dichiara la sua premessa all'inizio:
“...il fattore motivante che ha spinto l'autore a scrivere la storia che ora chiamiamo Vangelo di Marco fu la distruzione del tempio e la guerra stessa [la Prima Guerra Giudaico-Romana, 66-73 E.C.]. Gesù è solo uno strumento letterario usato in una cornice allegorica per raccontare una storia intorno a come gli ebrei recarono distruzione su sé stessi. Ecco di cosa parla la storia. La motivazione dietro la stesura della storia era commentare sulla guerra; Gesù è uno strumento per il racconto di quella storia”. (pag. 2)
E la guerra si presenta drammaticamente in Marco 13, il che ci aiuta a datare il vangelo. Marco 13 è presentato come la predizione di Gesù di ciò che stava per accadere, ma chiaramente quei versi (parafrasando molti testi veterotestamentari) sono una descrizione della catastrofe che era già avvenuta, la distruzione di Gerusalemme nel 70 E.C. da parte dei Romani. L'autore aveva assistito lui stesso alla devastazione oppure aveva sentito resoconti attendibili di quella guerra brutale:
“…chi si trova sulla terrazza non scenda per entrare a prender qualcosa nella sua casa; chi è nel campo non torni indietro a prendersi il mantello. Guai alle donne incinte e a quelle che allatteranno in quei giorni! Pregate che ciò non accada d'inverno; perché quei giorni saranno una tribolazione, quale non è mai stata dall'inizio della creazione, fatta da Dio, fino al presente, né mai vi sarà”. (versi 15-19)
Gli studiosi del Nuovo Testamento sono stati bloccati nella loro ricerca del Gesù storico perché — per la cara speranza che Marco stesse cercando di scrivere Storia — le fonti dell'autore sono sconosciute. Ma, come sostiene Price, noi conosciamo davvero le sue fonti e la sua motivazione. Marco creò la sua allegoria raccogliendo testi dall'Antico Testamento, guidati dalle costanti invettive dei suoi profeti che Jahvè avrebbe reso anche per volontaria disobbedienza. Price evidenzia anche il fatto che Marco conosceva le lettere di Paolo. E qui la trama si infittisce, perché Paolo era enfatico, in Galati 1, sul fatto che non aveva ricevuto alcuna informazione su Gesù da nessuna fonte umana.
Il Capitolo 2 di Price (pag. 40-61) è cruciale e dovrebbe essere studiato attentamente:
“Ho identificato ventitré passaggi nel Vangelo chiamato Marco che appaiono basati sulle lettere di Paolo. Quei riferimenti si rapportano a sette delle tredici lettere attribuite a Paolo nella Bibbia... Accade che tutte le relazioni che ho identificato tra le lettere di Paolo e la narrativa di Marco rientrano nelle lettere che sono per lo più fortemente riconosciute come lettere autentiche di Paolo e io non ho trovato relazioni con le altre lettere, che ora sono ampiamente accettate come lettere non autentiche”. (pag. 42)
Price discute il testo più cruciale alla fine del capitolo, che definisce “... forse l'unico parallelo più importante tra il Vangelo chiamato Marco e le lettere di Paolo: l'Eucarestia”. (pag. 57) “Questo passo è forse uno dei passi più importanti di tutti gli scritti del Nuovo Testamento e uno dei più complessi da affrontare”. (pag. 58) Vale a dire, l'Eucarestia in Marco 14:22-25, e il racconto di Paolo in 1 Corinzi 11:23- 26.
Supponendo che ci fosse stata un'Ultima Cena, Paolo non era là. Come faceva a sapere cosa riporta in 1 Corinzi 11? Nel verso 23 afferma di ‘averlo ricevuto dal Signore’. Price: “... l'affermazione che fa qui è fondamentalmente che si tratta di informazioni che sono unicamente sue, che ricevette da ‘rivelazione divina’, che significherebbe la sua immaginazione”. (pag. 58) Dato che Marco non era ancora stato scritto, non è qualcosa che egli avrebbe potuto ‘esaminare’, e Paolo era orgoglioso di non ottenere le sue informazioni da alcuna fonte umana.
Le comprensioni tradizionali delle origini cristiane sono così in pericolo:
“Le implicazioni qui sono davvero sorprendenti, soprattutto alla luce del fatto che Paolo stesso afferma che la sua conoscenza di Gesù e i suoi insegnamenti provenivano ‘non da origine umana’ ma piuttosto da ‘rivelazione’. Pertanto, se il Gesù di Marco è basato sugli scritti di Paolo, allora il Gesù di Marco non ha nessuna relazione con alcuna persona reale di sorta, perché secondo lo stesso Paolo, la ‘conoscenza’ di Paolo su Gesù non proveniva da nessuno”. (pag. 40-41, enfasi aggiunta)
Anche se i cristiani sono sconcertati dal suggerimento di Price che il vangelo di Marco sia un'allegoria intorno al fato di Israele — quanti conoscono persino il contesto di Marco 13? — è difficile ignorare il punto di Price secondo cui questo vangelo non fu neppure inteso come Storia. Possono essere spinti in questa direzione studiando il Capitolo 1 di Price, pagine 1-39, in cui traccia la dipendenza di Marco da molti testi dell'Antico Testamento, specialmente dalle storie di Elia ed Eliseo in 1 e 2 Re. Una tabella delle principali allusioni letterarie si trova a pag. 3-5.
“Lo scrittore della storia chiamata il Vangelo di Marco creò una ingegnosissima narrazione a più livelli che intendeva offrire al suo pubblico perché fosse capace di decifrare e comprendere. Lo scrittore fece ampio uso delle allusioni letterarie come parte vitale della narrazione, in modo tale che l'intenzione dell'opera fosse che le persone riconoscessero le allusioni letterarie e guardassero a loro al fine di capire la storia. Apparentemente, comunque, questo non è ciò che accadde. Ciò che accadde fu che molte persone credettero che la storia fosse letteralmente vera e riconobbero solo una porzione relativamente piccola delle allusioni letterali. Quelle che riconobbero le interpretarono come adempimento profetico anziché come allusione letteraria” (pag. 5, enfasi aggiunta).
Si veda anche Robert M. Price, The Christ Myth Theory and Its Problems, pag. 36-44, e Adam Winn, Mark and the Elijah-Elisha Narrative.
I lettori dovrebbero studiare attentamente il capitolo 9, pag. 176-235 di Price, “Trovare Gesù nelle Lettere di Paolo”. Gesù è del tutto a posto là, ma non esattamente la versione che i cristiani vorrebbero trovare. Price elenca un utile campione di testi tratti dalle epistole (Paolo, pseudo-Paolo, e altri).
• Romani 11:25-27: “Non voglio infatti che ignoriate, fratelli, questo mistero, perché non siate presuntuosi: l'indurimento di una parte di Israele è in atto fino a che saranno entrate tutte le genti. Allora tutto Israele sarà salvato come sta scritto: [Isaia 59:20] Da Sion uscirà il liberatore, egli toglierà le empietà da Giacobbe. Sarà questa la mia alleanza con loro quando distruggerò i loro peccati”.
“Qui Paolo sembra parlare dell'arrivo di un futuro ‘Liberatore’, ma qui non fa affatto menzione di Gesù. Se Gesù fosse proprio stato qui, allora perché Paolo sta parlando di antiche scritture invece che di Gesù Cristo, che sarebbe stato appena di recente sulla terra?” (pag. 181)
• Filippesi 3:20: “La nostra patria invece è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo”.
“Qui Paolo dice che stanno aspettando un salvatore dal cielo, che è Gesù. Non dice che si aspettano che ritorni o qualcosa del genere, ma che si aspettano per la prima volta un salvatore dal cielo”. (pag. 182)
PRESTA ACCURATA ATTENZIONE: siamo così abituati al termine ‘seconda venuta’, e abbiamo in mente la conclusione della ‘prima venuta’ mentre leggiamo la storia dell'Ascensione in Atti 1, ma dobbiamo stare attenti a non leggere nulla del genere nel pensiero di Paolo. La gente legge i Vangeli e presume, erroneamente, che Paolo sia stato informato da loro.
• Romani 16:25-26: “A colui che ha il potere di confermarvi secondo il vangelo che io annuncio e il messaggio di Gesù Cristo, secondo la rivelazione del mistero taciuto per secoli eterni, ma rivelato ora e annunciato mediante le scritture profetiche, per ordine dell'eterno Dio, a tutte le genti perché obbediscano alla fede...”
“Questo suona come una cosa molto strana da dire se si sta parlando di un Gesù Cristo che era appena stato di recente sulla terra, e che avesse appena proclamato il suo messaggio dalla sua stessa bocca, testimoniato da centinaia o migliaia di persone. Paolo sta dicendo che antichi misteri stanno per essere rivelati e resi noti attraverso scritti profetici, ma perché non direbbe che quelle cose furono rese note dallo stesso Gesù?” (pag. 183)
• Romani 10:13-14: “Infatti: Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. Ora, come potranno invocarlo senza aver prima creduto in lui? E come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunci?”
“Romani 10 è un passo molto significativo. Se Gesù era appena stato sulla terra ed era stato a predicare agli ebrei e a compiere miracoli in Galilea e in Giudea e attirando grandi folle, come sostengono i Vangeli, allora perché Paolo chiede qui se gli ebrei non possono essere incolpati di non credere in Cristo perché non ne hanno sentito parlare?” (pag. 183) “Da nessuna parte a questo proposito, dove avrebbe perfettamente senso affermare che Gesù si era fatto conoscere agli israeliti, Paolo dice mai qualcosa su Gesù; cita solo antiche scritture e parla di messaggeri di Cristo”. (pag. 184, enfasi aggiunta)
“Ecco io vi annuncio un mistero: non tutti, certo, moriremo, ma tutti saremo trasformati, Quando poi questo corpo corruttibile si sarà vestito d'incorruttibilità e questo corpo mortale d'immortalità, si compirà la parola della Scrittura: [Isaia 25:8] La morte è stata ingoiata per la vittoria. Dov'è, o morte, la tua vittoria?Dov'è, o morte, il tuo pungiglione?”
Perfino questo caro testo suscita sospetto: “Così Paolo afferma che sta raccontando a quelle persone un ‘mistero’, ma perché questo sarebbe un mistero se Gesù Cristo era appena stato sulla terra qualche anno prima per portare proprio questo messaggio alla gente, un messaggio che presumibilmente proclamò più volte secondo i Vangeli? Oltre a ciò, perché Paolo dovrebbe poi riferirsi alle Scritture come supporto per la vita eterna invece di riferirsi a Gesù stesso? (pag. 185)
Si veda anche Tom Dykstra, Mark, Canonizer of Paul.
E troviamo questo nell'Epistola di Giacomo, 2:21 e 25:
• “Abramo, nostro padre, non fu forse giustificato per le opere, quando offrì Isacco, suo figlio, sull'altare? ...Così anche Raab, la meretrice, non venne forse giustificata in base alle opere per aver dato ospitalità agli esploratori e averli rimandati per altra via?”
“Se questo autore sapesse di un reale Gesù, o pensasse a Gesù come una persona reale, oppure avesse una qualche minima conoscenza dell'uomo Gesù, allora sicuramente egli avrebbe usato Gesù come un esempio dell'importanza delle opere” (pag. 231)
In questo capitolo ci sono due citazioni che colgono il segno (bene, ce ne sono altre, ma quelle dovranno aspettare per ora):
• “Paolo era certamente immerso nei tipi di convinzioni che troviamo nelle storie apocalittiche del suo tempo. Quelle storie apocalittiche sono universalmente comprese dagli studiosi come completamente fittizie o mitiche, tuttavia i cristiani prendono letteralmente le dichiarazioni di Paolo. Il Gesù di Paolo è in realtà proprio tanto mitico quanto gli angeli che descrive”. (pag. 196)
• “Nulla di Paolo o di altri primi scrittori di epistole pone Gesù tra un cast di persone; ciò accade solo nei vangeli e negli scritti successivi... se mai egli discese sulla terra nella mente di Paolo, lui non lo collocò mai in alcun ambiente terreno o mai lo mise in relazione con altre persone o luoghi”. (pag. 209)
È fin troppo chiedere ai cristiani di ricordare che Paolo era fanaticamente ossessionato da un Gesù che sarebbe sceso presto attraverso le nubi? Lui voleva che i suoi convertiti si concentrassero sull'essere pronti a questo. Price segna un altro punto a suo favore: “Chi era Paolo? Non si sa nulla di lui oltre a ciò che è ricordato nei suoi scritti, ma qualsiasi valutazione obiettiva dei suoi scritti rivela che Paolo era stato essenzialmente un folle delirante”. (pag. 325)
C'è un processo per la canonizzazione dei santi... non vi è qualche modo per de-canonizzare Paolo?
Paolo non era da solo, a specializzarsi in fantasie religiose; esorto i lettori ad assorbire il materiale nel Capitolo 11 di Price, “Il Cast Mitico della Antica Storia Cristiana”. Una volta che l'immaginazione cristiana era stata accesa, c'era poca moderazione, e Price fornisce dettagli abbondanti; persino i personaggi con menzioni minori nei vangeli ricevettero biografie complete.
Ma ora, che dire di quel titolo! “Decifrare i Vangeli Prova che Gesù Non È Mai Esistito”? Robert M. Price scrive nella Prefazione: “Non penso che tu possa ‘provare’ né che un Gesù storico sia esistito, né che non sia esistito. Quello che puoi fare, e quello che Price fa, è costruire le stesse vecchie evidenze, ma in un modo nuovo, che abbia un senso più naturale, meno artificioso”. (pag. ix)
Tu di certo puoi provare, tuttavia, che le prove in supporto di un reale Gesù sono deboli. Tu non puoi cambiare la natura dei vangeli. Non esiste un singolo evento nella vita di Gesù (al contrario di persone storiche, ad esempio Pilato) che può essere verificato da documenti esterni ai vangeli. Così io non ho problemi con il titolo di Price; sia una sfida per i cristiani pensare intensamente, fare i compiti, ingaggiare nei dibattiti che lui discute. Che provino loro a dimostrare che lui si sbaglia.
Se si avventurano fuori dalla bolla della fede e danno un'occhiata al caos negli studi di Gesù, forse potrebbero vedere che il Gesù sfuggente mascherato da così tanta teologia non merita veramente la loro devozione.
David Madison è stato un pastore nella Chiesa Metodista per nove anni e ha conseguito un dottorato in studi biblici presso la Boston University. Il suo libro, Ten Tough Problems in Christian Thought and Belief: a Minister-Turned-Atheist Shows Why You Should Ditch the Faith, è stato ristampato l'anno scorso dalla Tellectual Press, con una nuova prefazione di John Loftus.
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