venerdì 21 novembre 2025

Gerard Bolland: IL VANGELO — Un ‘rinnovato’ tentativo di indicare l’origine del cristianesimo 3:7

 (segue da qui)


In quanto lieto annuncio che il redentore del giudaismo è apparso, il Vangelo, nella sua essenza e nel suo concetto, deve essere definito un quid pro quo: se il Mosaismo è il giudaismo, allora il Gesuanesimo del Vangelo è una redenzione che estrania dal giudaismo. “È sotto il simbolo del regno di Dio” – dice Alfred Loisy in Autour d’un petit livre – “che Israele è solito rappresentarsi l’avvenire della religione, della società religiosa e dell’uomo religioso: Gesù annuncerà il regno di Dio. È sotto il simbolo del Messia che Israele è solito raffigurarsi la rivelazione suprema di Dio nell’uomo: Gesù sarà il Messia”. Ciò significa dunque che chi ha imparato a comprendere il Vangelo ha imparato a comprendere un quid pro quo capace di muovere il mondo e di scuotere l’animo umano, un quid pro quo alessandrino su un tema giudaico. [1] Che “il salvatore dal giudaismo” sia apparso, deve essere dimostrato con in mano le scritture giudaiche – le quali però non potevano averlo contenuto immediatamente e direttamente; come “il vero Giosuè” o successore di Mosè, come il Salvatore non vendicativo ma portatore di riconciliazione, la guida e il sofferente pastorale, che ha da condurre “il gregge” del popolo di Dio, “questa nuova stirpe o maniera di vivere”, come forse Aristide ha espresso in una lettera a Diogneto, là dove lo spirito doveva giungere, il Soter evangelico ha lo spirito, oppure è egli stesso, come Salvatore, lo spirito dell’interpretazione scritturale, che oltrepassa sul piano etnico e internazionale il Mosaismo rimasto nazionale. In un frammento evangelico ritrovato a Ossirinco da Grenfell di Oxford il 13 gennaio 1906, il Soter visita con i suoi discepoli il tempio e vi incontra il sommo sacerdote, un fariseo, che lo rimprovera di non aver compiuto, per entrare nel santuario, le purificazioni richieste: non si erano lavati, non avevano indossato altri abiti, e così avevano trasgredito le leggi di purità. Dopo una domanda e una risposta, in cui il fariseo descrive dettagliatamente le pratiche che egli stesso aveva osservato, il Soter tiene allora (in greco!) un discorso eloquente, in cui contrappone la purezza esteriore e quella interiore, dando a intendere al sommo sacerdote che egli, il Salvatore, è lavato con l’acqua della vita eterna. [2] Il Soter evangelico è giudeo solo a metà, giudeo da un lato; in lui si manifesta “Zeus il Soter” come “Padre Zeus” forse persino più che “il Signore Jahvé” o “il Signore Jahó” con la sua giustizia vendicatrice, perché egli è salvatore del giudaismo (Isaia 59:20) come purificatore dello spirito giudaico impuro (Matteo 8:3), salvatore dal giudaismo (Romani 11:26) come salvatore, liberatore dal giudaismo (Giovanni 4:21). “Perché qui si dimostra vera la parola: L’uno semina e l’altro miete” (Giovanni 4:37). Il fatto che il Giosuè evangelico non insegni più il Signore della giusta vendetta, lo Jahvé nazionalista giudeo, la cui ristrettezza si era celata dietro il Kyrios dei traduttori alessandrini come segno che il giudaismo doveva essere de-giudaizzato, il fatto che il Giosuè nazoreo (Matteo 2:23; 26:71; cfr. Atti 24:5), Gesù Nazaria (Ireneo, Adversus haereses 1:21,3), rechi a tutti il “vangelo” o lieta notizia che essi sono i protetti del Padre (Matteo 10:29-31) attraverso sofferenza e morte – questo è qualcosa di nuovo, che nessuna giudaizzazione “secondo Matteo” ha potuto togliere dalle sue peculiarità ellenistiche e alessandrine. Lo spirito del Giosuè evangelico è lo spirito di una liberazione spirituale, che in quanto tale purifica interiormente, non viene a salvare dall’esterno, e perciò non ha molto di lieto da dire agli ebrei in quanto ebrei; “questo” – dicevano i chrestiani provenienti da Alessandria a Roma, che continuarono a chiamarsi “gnostici” o intellettuali, ma che presso i membri più “semplici” della comunità erano conosciuti come Naasseni, Ofiti o Serpentini – “questo è ciò che è stato detto: Siete sepolcri imbiancati, pieni dentro di ossa di morti, perché in voi non è l’Uomo vivente!” (Ippolito romano, De Haeresibus 5:8).

NOTE

[1] Pascal: “Per esaminare le profezie, bisogna intenderle. Perché se si crede che abbiano solo un significato, è certo che il Messia non sarà affatto venuto” (citato nel 1728 da Voltaire nelle sue “Remarques sur les Pensées de M. Pascal”).

[2] Filone di Alessandria, in § 2 della sua opera sull’immutabilità di Dio: “È dunque insensato che non si possa entrare in un tempio prima di aver lavato il corpo e adornato sé stessi, ma che si possa invece cercare di pregare e offrire sacrifici con i pensieri ancora impuri e confusi”.

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