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Il “Figlio di Dio” è, secondo Matteo 5:9, colui che porta la pace. E i più benevoli, i più miti, i più umani sono, secondo Seneca (De Clem. 2:5), gli Stoici, il cui modello è dunque il “vero Figlio”. “L’astensione dalle carni è assenza di colpa”, scrive Seneca, raccomandando in senso o tono orfico, pitagorico, cinico e stoico il vegetarianesimo; che mangiare carne fosse cosa bestiale lo insegnò anche Musonio a Roma (G. Stob. Flor. 17:43). E i “fratelli deboli”, che non mangiano carne né bevono vino, sono noti tra i Romani a “Paolo” (Romani 14:2, 21). L’astensione dal vino aveva accompagnato la santità nazirea di Giovanni il Battista (Luca 1:15; cf. Matteo 11:18), e presso gli Ebioniti (Epifanio, Pan. 30:16) il Giosuè evangelico insegnava all’inizio: “Io sono venuto per abolire i sacrifici, e se voi non smetterete di sacrificare, anche l’ira contro di voi non cesserà”. Il Pietro delle Omelie Clementine (12:6) vive di pane, olio e verdure; dell’apostolo Matteo Clemente d’Alessandria racconta che nella tradizione era noto come uno che si era astenuto dal mangiare carne (Paed. 2:1); e l’orientale Taziano, dopo la sua conversione per opera dell’ellenista Giustino, riflettuto su ogni cosa, finì come Encratita. “Oggigiorno”, dice Epifanio (Pan. 30:2) degli Ebioniti, “tra loro la verginità è del tutto proibita”. Ma nel vangelo alessandrino era detto che non troveremo il Regno di Dio se non resteremo distaccati dal mondo, e anche il Vangelo “corretto” a Roma (cf. qui Matteo 11:18-19; Giovanni 2:1-11; 1 Timoteo 5:23) insegna ancora: “Vi sono eunuchi che si sono fatti tali da sé a causa del regno dei cieli; chi può capire, capisca!” (Matteo 19:12). “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi i tuoi beni e dalli ai poveri; è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel Regno di Dio” (Matteo 19:21.24). “Se vuoi vivere nello spirito”, aveva scritto Seneca (Ep. 17:5), “devi essere povero, o simile al povero”.

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