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“Cristo era ed è la Ragione che abita in tutti gli uomini” — dichiara senza reticenze e in evidente chiave alessandrina Giustino Martire (Apologia 2:10; cfr. Ebrei 13:8 e Giovanni 8:58). Ed egli afferma “che Gesù è un nome di Dio” (Dialogo 75), così come infatti “per il Dio degli Ebrei Gesù” veniva invocato nei giuramenti in ambito alessandrino. “Il nostro Salvatore” — dice ancora, a metà del 3° secolo, Origene (Contra Celsum 6:64) — “non è partecipe della giustizia, ma è egli stesso la Giustizia”. Ed “egli ha redento molti” si era già testimoniato in precedenza (2 Clemente 2:7). Ma Clemente di Alessandria aveva compreso che: “soppressa la filosofia la divina economia riguardante il Salvatore appare favola” (Strom. 1:11). Bisogna dunque chiedersi: la redenzione “giosuana” è stata forse collegata, in un racconto alessandrino, al battezzatore Giovanni, come ultimo precursore mosaico della Nuova Alleanza? In Atti 15:21 leggiamo: “Mosè, infatti, fin dai tempi antichi, ha chi lo predica in ogni città, essendo letto nelle sinagoghe ogni sabato”. Non dovremmo allora aggiungere anche questo pensiero: che innanzitutto nella sinagoga o ekklesia ellenistica, come ideale del condottiero per “il vero Israele”, sia stato pensato l’ideale del successore di Mosè, ossia “il vero Giosuè”? “Stai dicendo” — esclama presso Giustino il giudeo Trifone (Dialogo 38), di fronte alle interpretazioni di tenore alessandrino del filosofo — “Stai dicendo infatti un mucchio di empietà nel tentativo di convincerci che quest'uomo è stato con Mosè e Aronne, ha parlato loro in una colonna di nube ... ed è degno di adorazione!” Che cosa però pensare del Giosuè crocifisso in quanto tale: è quello ammissibile storicamente? “Noi abbiamo” — così, attorno al 125 ad Alessandria, si fa affermare al narratore palestinese della storia di Gesù — “studiato i libri dei profeti in nostro possesso, i quali nominano il Cristo Gesù, ora per parabole, ora per enigmi, ora in modo autentico ed espressamente; e vi abbiamo trovato descritti la sua venuta, la morte, la crocifissione e tutti gli altri tormenti che gli inflissero i giudei, poi la resurrezione e l'ascensione al cielo, prima che fosse fondata Gerusalemme: proprio come era stato scritto tutto quello che egli doveva soffrire e dopo di lui sarà. Per aver riconosciuto tutto questo abbiamo creduto in Dio tramite ciò che era stato scritto di lui. Conoscemmo che Dio aveva realmente disposto tutto, e nulla noi diciamo prescindendo dalle scritture” (Predicazione di Pietro, in Clemente Alessandrino, Strom. 6:15).
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