martedì 3 giugno 2025

Thomas Whittaker: LE ORIGINI DEL CRISTIANESIMO — Modo di Origine Congetturale

 (segue da qui)


 G. Modo di Origine Congetturale.

Riassumendo: l'“Epistola di Paolo ai Romani” è uno scritto in forma di lettera, ma non ha la sua origine, neppure lontanamente, da una vera lettera. Essa è il prodotto di ripetute rielaborazioni, espansioni e modifiche di un'“Epistola” più breve e probabilmente, sia nelle primissime edizioni che in quelle successive, fu composta con l'aiuto di trattati preesistenti su vari argomenti di natura dottrinale ed etica. Il tutto si sviluppò, alla maniera di un Vangelo sinottico, da quello che lo aveva preceduto nello stesso genere. 

Le “lettere” e gli altri brani preesistenti avevano questo in comune: che tutti quanti scaturirono da una singola cerchia e furono composti nell'interesse di un unico orientamento di pensiero religioso, che possiamo definire l'orientamento “paolino”, perché era legato al nome di Paolo come l'orientamento “giovanneo” era legato al nome di Giovanni. 

Il “Paolinismo” fu uno sforzo profondo, forse all'inizio non consapevole del proprio significato, per recidere il cristianesimo dal giudaismo ed elevarlo allo stadio di una religione universale. Esso si appella, come è stato detto, a una nuova rivelazione del Dio supremo, che finora né Israele né il mondo pagano sono stati in grado di trovare. Dio Padre, ora finalmente rivelato, ha inviato suo Figlio e lo ha consegnato alle potenze aliene che dominano il mondo, affinché riscattasse gli uomini eletti “spirituali”, dei quali soltanto — ad esclusione temporanea di ogni altro di questo mondo - si interessa Dio, che è lui stesso Spirito. Coloro che hanno imparato a conoscerlo sono quanti sono chiamati per “grazia”, mediante la predicazione del “Vangelo”, alla “fede”. In futuro anche il mondo sarà redento e Dio sarà tutto in tutti. 

Il Figlio, secondo la “conoscenza” appena rivelata, venne sulla terra nella forma apparentemente umana di Gesù, il quale, dopo essere stato crocifisso dalle potenze ostili del mondo, fu resuscitato dai morti da Dio. Egli verrà di nuovo; distruggerà le potenze ostili; e poi cederà al Padre il dominio su tutte le cose che egli ha assunto temporaneamente. Ciò che è di primaria importanza ora è conoscerlo non secondo la carne, ma secondo lo spirito; come il capo della comunità dei credenti, come il corpo di cui essi sono membra, come lo Spirito egli stesso (ὁ δὲ κύριος τὸ πνεῦμά ἐστιν, 2 Corinzi 3:17). Al di fuori di Cristo, l'uomo non ha modo di liberarsi dai lacci dei sensi e di elevarsi a una vita “spirituale”

Così il Paolinismo fu una nuova nascita del cristianesimo più antico. Esso cominciò a insegnare che una salvezza irraggiungibile per mezzo della pratica della virtù morale o per mezzo dell'obbedienza a qualsiasi legge è offerta gratuitamente tramite Cristo. Questa dottrina provocò non a caso una feroce opposizione. Ad alcuni essa sembrò pericolosa per il suo insegnamento che l'uomo non può fare nulla da solo; ad altri essa recò offesa per il suo disprezzo della loro devozione ereditaria alle ordinanze ebraiche. L'opposizione suscitò opposizione. Piccoli trattati cominciarono ad essere scritti a sostegno dei suoi vari punti man mano che emersero. Siffatta attività letteraria fu tanto più necessaria in quanto il Paolinismo era già una teologia, e non semplicemente una predicazione religiosa simile a quella dei primi discepoli, per i quali avrebbe potuto bastare la parola pronunciata. Di conseguenza, uno scrisse in difesa della “giustificazione per fede” (Romani 5-8); un altro si prefisse di dimostrare che ebrei e greci sono ugualmente sotto il peccato e ugualmente devono essere salvati ricevendo il Vangelo della grazia di Dio (1:16-3:31); un altro tentò di dimostrare che Abramo è sì il padre di tutti i fedeli, ma che discendere da lui secondo la carne non significa nulla (4); altri scrissero sulla questione del rifiuto di Israele (9-11). Altri ancora si interessarono maggiormente ai problemi etici, alle questioni personali e ai rapporti sociali (12-14). 

Di questi rappresentanti del Paolinismo alcuni scrissero per gruppi più ristretti, altri per gruppi più ampi. Quelli che vennero dopo utilizzarono in varia misura l'opera dei loro predecessori. Talvolta interi passi, detti o parti di detti furono ripresi inalterati nel testo. Di questa procedura possiamo farci meglio un'idea considerando l'uso fatto dell'Antico Testamento nell'Epistola. Oltre alle citazioni esplicite, indicate come tali dall'autore, troviamo, ad esempio, in 3:10-20 una serie di versetti provenienti da contesti diversi introdotti da un semplice “come sta scritto”; in altri punti notiamo la citazione di parole non accompagnate da alcuna allusione alla loro fonte. Nel caso di 1 Pietro è stato osservato che insieme a questo tipo di utilizzo dell'Antico Testamento vi segue un utilizzo simile di Romani. La conoscenza così acquisita del modo in cui una lettera apostolica poteva essere messa insieme può essere riproposta e ulteriormente applicata per spiegare la composizione della stessa Epistola ai Romani. E proprio come i versetti dell'Antico Testamento furono talvolta liberamente modificati, così possiamo ipotizzare che sia accaduto con i frammenti incorporati di precedenti trattati o epistole “paolini”. Un esponente propendeva più alla “destra”, un altro più alla “sinistra”, e ciascuno si sarebbe adattato di conseguenza. 

L'autore dell'opera nella sua forma attuale appartiene a quella che si può definire la “destra”, cioè all'orientamento più conservatore o ebraico. Il suo metodo consiste nell'affiancare alle affermazioni più decise della nuova dottrina espressioni di profondo rispetto per la legge e per i privilegi di Israele. Non di rado egli dice sì e no sulla stessa pagina. Ora possiamo solo intravedere sotto la sua rielaborazione la concezione che in seguito divenne distintamente gnostica, secondo cui il Dio degli ebrei è una potenza inferiore al Padre reso noto dal Vangelo. In lui c'è già qualcosa dello spirito cattolico. La storia dell'origine della nostra Epistola ai Romani, in definitiva, non è altro che quella del canone. Quando avete compreso quest'ultimo come la riunione e l'autorizzazione ufficiale di libri che erano sorti in diverse cerchie e avevano alquanto acquisito popolarità presso il pubblico cristiano, avete la chiave pure della prima. [1] L'autore o l'editore dell'Epistola prese ciò che aveva già diffusione all'interno di cerchie ristrette, e lo riunì affinché potesse appellarsi a tutte le fazioni all'interno del Paolinismo, il suo scopo essendo quello di conciliare le parti che tendevano a rompere l'una con l'altra. Proprio così l'Epistola fu resa parte in seguito di una raccolta di Epistole e questa raccolta fu riunita ad altri gruppi di scritti in un insieme più ampio. In accordo con il metodo letterario abituale nel suo ambiente sociale e religioso, l'autore attribuì l'opera all'Apostolo Paolo stesso. L'unità reale che nella sua concezione pervadeva le affermazioni apparentemente opposte del Paolinismo fu così rafforzata in modo più impressionante di quanto avrebbe potuto esserlo in qualsiasi altro modo. Il nome di Paolo era nel contempo uno schermo di copertura, una parola d'ordine e un'introduzione del libro al lettore. 

L'adozione del nome di Paolo è stata spiegata come dovuta al fatto che il movimento cominciò realmente da Paolo, anche se dal suo insegnamento orale e non dal suo insegnamento scritto. [2] Questa spiegazione, però, presuppone uno sviluppo dottrinale più rapido di quanto sia storicamente pensabile; e le prove disponibili non supportano la congettura. Piuttosto ci sembra di trovare la prova, persino nei dati tradizionali delle Epistole, a favore dell'opinione già espressa che Paolo non fosse progredito storicamente oltre la posizione degli altri discepoli. Secondo il racconto di Galati, le autorità di Gerusalemme, nel divenire familiari con lui, non sollevarono alcuna obiezione a ciò che insegnò. Anche il tema detto in seguito essere stato oggetto di disputa riguardò solo il tipo di rapporti con i pagani consentiti a un ebreo per nascita, e non indica una modifica così profonda della dottrina come invece è implicito in Galati 1:11, ecc. Agli stranieri tra i quali predicò, egli offrì latte e non cibo solido (1 Corinzi 3:2), vale a dire che la sua predicazione fu molto più semplice del posteriore vangelo “paolino”. [3] Non dovremmo forse vedere qui una reminiscenza dell'insegnamento del reale Paolo? In un certo senso si sarebbe potuto dire, presso coloro che si posero sotto la protezione del suo nome, che egli avesse gettato le fondamenta (1 Corinzi 3:6-15); ma era stato lasciato ad altri il compito di costruirci sopra e di introdurre il nuovo cristianesimo “spirituale”

Come dato di fatto, non sappiamo perché il cristianesimo paolino si chiamasse col nome di Paolo più di quanto sappiamo perché il cristianesimo giovanneo si chiamasse con il nome di Giovanni. Possiamo solo ipotizzare; e sembra ragionevole la congettura che fosse così a causa di qualcosa di impressionante nella prolungata attività del predicatore itinerante. Non abbiamo il diritto di asserire che fosse così per un'affinità dottrinale tra Paolo e il paolinismo. 

La patria del nuovo orientamento fu indubbiamente l'Oriente: più esattamente la Siria. La scelta del nome di Paolo lo indica, perché, stando alla sua storia, per quanto possiamo ricostruirla, il centro della sua attività apostolica fu la siriana Antiochia. La Siria è pure indicata dall'uso del nome Abba (Romani 8:15, Galati 4:6), dell'espressione μαρὰν ἀθά (1 Corinzi 16:22), del nome proprio Cefa per Pietro: ma soprattutto dalla stretta relazione tra Paolinismo e Gnosticismo. Di questa relazione non c'è nessun dubbio. La letteratura paolina, come abbiamo visto, fu messa in risalto per prima dagli Gnostici, e quando i cattolici, da Ireneo in poi, cominciarono a preparare un posto per “Paolo” nel seno della Chiesa, gli Gnostici non dovettero ancora essere da meno. Alcuni di loro immaginarono l'Apostolo assiso alla destra di Cristo, con Marcione alla sinistra; altri ritennero che lui fosse il Paraclito annunciato in Giovanni 15:26. Ma lo Gnosticismo cristiano apparve dapprima in Siria. Dall'origine del Paolinismo nell'Oriente, però, non consegue che l'Epistola ai Romani ricevesse lì gli ultimi ritocchi. Un testo più antico potrebbe essere stato recato dagli Gnostici dalla Siria a Roma, dove forse fu modificato nel senso desiderato dai Paolinisti della “destra”. Con o senza ulteriori revisioni esso passò, al pari di molti altri scritti e molti usi e concezioni dottrinali, dalle mani degli Gnostici a quelle dei cattolici. 

NOTE

[1] Sul canone del Nuovo Testamento, si veda Oudchristelijke Letterkunde, Appendice. Il canone, come vi è sottolineato, fu essenzialmente una sorta di accumulazione. Un libro non diventava “canonico” perché lo scrittore volle che così fosse, e neppure per un decreto arbitrario della Chiesa, ma gradualmente, tramite l'influenza degli intelletti prominenti delle comunità cristiane. La dichiarazione che certi libri dovevano essere ritenuti autorevoli iniziò dalla “sinistra”, perché gli innovatori avevano bisogno di documenti scritti a cui appellarsi quando essi furono contrastati facendo leva sulla “tradizione”. Non i loro testi, però, furono adottati infine, ma testi modificati per conciliare la “destra” ed elaborati nell'interesse della “cattolicità”. Inoltre, il canone fu legato a quello dell'Antico Testamento e subordinato alla tradizione cosiddetta cattolica.

[2] Questa è l'opinione di Rudolf Steck (Der Galaterbrief nach seiner Echtheit untersucht, 1888). Steck sembra essere stato leggermente in anticipo rispetto a Van Manen — i cui generosi riferimenti al collega sono frequenti — nel rigettare decisamente la paternità paolina di tutte le Epistole.

[3] Cfr. Ebrei 5:12-14. L'autore dell'Epistola agli Ebrei, come sottolinea Van Manen (Oudchristelijke Letterkunde, pag. 60), si considera appartenente a una generazione non anteriore alla seconda (2:3), eppure parla di suo “fratello Timoteo” (13:23), con cui spera di vedere coloro ai quali si sta rivolgendo.

Nessun commento: