domenica 29 giugno 2025

Thomas Whittaker: LE ORIGINI DEL CRISTIANESIMO — Conclusione

 (segue da qui)


C. Conclusione.

L'ipotesi della “composizione”, contrapposta a quella dell'“interpolazione”, non significa necessariamente che l'Epistola fosse messa assieme arbitrariamente a partire da frammenti discordanti. Come una relativa indipendenza dello scrittore sia coerente con quell'ipotesi si può vedere considerando l'utilizzo fatto delle Scritture ebraiche nell'Epistola. Oltre ai passi in cui lo scrittore aveva in vista chiaramente parole dell'Antico Testamento, si trovano molti casi di riproduzione testuale o quasi testuale. [1] Nei passi qui riferiti non c'è il minimo indizio della fonte effettiva o di una qualsiasi fonte. Se non possedessimo il testo dell'Antico Testamento, non ci sarebbe modo di dimostrare che essi non appartengono originariamente all'autore dell'Epistola. Un utilizzo alquanto simile dei primi documenti cristiani da parte di un editore è così reso concepibile. [2] D'altro canto, la continuità dell'Epistola è troppo grande per permettere di supporre che fosse stata messa insieme da frammenti di lettere apostoliche reali. [3] Essendo le differenze di contenuto tra le parti, nonostante questa continuità, maggiori di quanto sia concepibile se procedessero originariamente da un'unica mente, l'unica ipotesi che soddisfa veramente le condizioni è quella dell'“autore-editore”, che lavora su documenti scritti alla maniera di coloro che diedero forma ai Vangeli sinottici. Per l'opinione che la nostra Epistola canonica sia una seconda edizione, si possono addurre i motivi seguenti: il duplice indirizzo; l'uso di nomi diversi per Gesù Cristo; la menzione in un punto (1:12), ma non nei passi corrispondenti, di un partito che si autodefinisce quello di Cristo; l'osservazione sulla famiglia di Stefanas in 1:16, che confonde il senso, e sembra aver avuto origine dalla familiarità di un editore con 16:15. L'ipotesi principale, però, vale anche per la prima edizione, che deve aver contenuto sostanzialmente tutte le dissertazioni che compongono l'Epistola nella sua forma attuale.

NOTE

[1] Sono dati i seguenti passi paralleli: 1 Corinzi 5:13b, Deuteronomio 17:7 (καὶ ἐξάρεῖς τὸν πονηρὸν ἐξ ὑμῶν αὐτῶν); 10:20, Deuteronomio 23:17 (ἔθυσαν δαιμονίοις, καὶ οὐ θεῷ); 10:26, Salmi 24:1 (τοῦ κυρίου ἡ γῆ καὶ τὸ πλήρωμα αὐτῆς); 14:25b, Zaccaria 8:23 (ὄτι ὁ θεὸς μεθ᾽ ὑμῶν ἐστιν); 15:25, Salmi 110:1 (ἕως ἂν θῶ τοὺς ἐχθρούς σου ὑποπόδιον τῶν ποδῶν σου); 15:27, Salmi 8:7 (πάντα ὑπέταξας ὑποκάτω τῶν ποδῶν αὐτοῦ); 15:32b, Isaia 22:13b (φάγωμεν καὶ πίωμεν, αὔριον γὰρ ἀποθνήσκομεν). 

[2] Critici precedenti, come si è detto nell'analisi del capitolo 15, hanno individuato nei versetti 42b e 43 i motivi di un antico inno cristiano. Ad opinione di Van Manen, naturalmente, essi sbagliano nel dedurre un'interpolazione nel senso comune. 

[3] Non possiamo forse aggiungere che, se così fosse, dovremmo aspettarci di vedere emergere tra i critici che sostengono questa tesi un consenso simile a quello che è stato gradualmente raggiunto nel caso della Politica di Aristotele? Qui le linee generali della revisione sono state evidenti non appena si è percepita la discontinuità logica dell'ordine imposto dagli antichi editori; e ora gli studiosi aristotelici, pur divergendo in qualche misura sui dettagli della ricostruzione, concordano nell'accettare l'ordine riveduto dei libri. Il parallelo, naturalmente, non deve essere spinto troppo in là; poiché gli editori di un filosofo antico, pur potendo commettere errori, operarono con uno spirito molto più facilmente comprensibile dagli europei moderni di quanto non fosse possibile per gli editori di documenti destinati a passare per sacri.

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