(segue da qui)
Il Quarto Vangelo.
La visione che è stata data dell'evoluzione del cristianesimo primitivo trae sostegno dalla concezione storica che si può trovare sottostante al quarto Vangelo. Gesù lì avanza ripetutamente le sue affermazioni di essere il Verbo fatto carne, il Figlio di Dio; eppure i discepoli, anche quelli più perspicaci, non capiscono mai veramente nulla al di là della sua messianicità. Se Natanaele lo riconosce come il “Figlio di Dio” (1:50), ciò significa solo che lui è il “Re d'Israele”, il Messia (cfr. 1:46), non che è il Figlio di Dio nel senso metafisico concepito dapprima dalla scuola paolina. Di conseguenza, egli comunica ai suoi discepoli che dopo la sua dipartita il Paraclito li istruirà nella verità che ora non comprendono (15:26). Per l'autore del Vangelo la vera storia era evidentemente ancora nota, anche se, in accordo col suo metodo, egli la proietta indietro al tempo di Gesù e dei suoi discepoli. In realtà fu una generazione successiva che, istruita, come si sostenne, dallo Spirito Santo, era giunta a considerare Gesù il Figlio di Dio, il Logos incarnato. E lo scrittore mostra la sua consapevolezza di ciò col modo in cui fa sì che tutti i contemporanei di Gesù, senza eccezione, non riescano a percepire il suo vero carattere di persona divina.
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