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Atti di Paolo.
Nonostante ogni rassomiglianza nello stile e nella trattazione, una differenza colpisce subito il lettore tra la parte cosiddetta petrina e quella paolina del libro: cioè, in generale e salvo eccezioni, tra i capitoli 1—12 e 13—28. Quest'ultima parte è più vivace, più vivida; essa dà l'impressione di essere meno leggendaria e più vera. Lo scrittore sembra collocarsi più vicino ai fatti. I dettagli confermano questa impressione e indicano una fonte principale utilizzata da Luca per questa parte della sua opera. Quella fonte, in accordo con i titoli noti di libri del genere, possiamo chiamarla gli Atti di Paolo (Περίοδοι oppure Πράξεις Παύλου).
L'uso degli Atti di Paolo diventa evidente per la prima volta nella descrizione del cosiddetto “primo viaggio missionario” di Paolo con Barnaba. Nel racconto originale, come è ancora evidente (13:2, 4), essi furono inviati in missione direttamente dallo Spirito Santo. L'affermazione che essi furono inviati dalla comunità (13:3) è in ovvia contraddizione con quanto precede e segue. Paolo (come ancora nella maggior parte dei luoghi) e non Barnaba (come nei versetti 1, 2, 7) fu dovunque il personaggio principale. Egli era chiamato Paolo fin dall'inizio, e non all'inizio Saulo (versetti 1—9), e poi, bruscamente e senza una ragione precisa, Paolo. Bar-Gesù (13:6—12) non era originariamente né uno stregone né un ebreo, ma un simbolo dei cristiani pre-paolini, col loro timore della nuova “dottrina” predicata dagli uomini “pieni di Spirito Santo”. Dagli Atti di Paolo Luca può aver attinto alcune espressioni del discorso di Antiochia di Pisidia (13:16—41): ad esempio, che per mezzo di Cristo è annunciato il perdono dei peccati (38); che per mezzo di lui chiunque crede è giustificato (39). Questo era il vangelo “paolino” della “fede” e della “grazia” (cfr. 13:43).
Alcuni elementi del documento paolino sono stati ripresi nei primi capitoli degli Atti. Ciò è probabilmente il caso della menzione di Barnaba (4:36—37), il cui nome originariamente non apparteneva alla comunità di Gerusalemme, ma alla cerchia di Paolo ad Antiochia (cfr. 13—15). Tutti i nomi dei sette incaricati del “servizio delle mense” (6:1—6) sono greci e suggeriscono che i diaconi fossero non ebrei. Si può congetturare che nel racconto precedente essi non fossero stati nominati né dai Dodici né a Gerusalemme. Supporre una comunità pagano—cristiana preponderante già lì è incoerente con la rappresentazione in altre parti degli Atti (cfr. 21:20). Luca potrebbe aver tratto il racconto dagli Atti di Paolo, dove esso si riferiva a eventi fuori dalla Palestina, e averlo trasferito a Gerusalemme. La stessa congettura vale per il martirio di Stefano, accusato di aver attribuito a Gesù il proposito di cambiare la legge mosaica (6:14). Il racconto di un violento tentativo di sradicare il cristianesimo, partito da Gerusalemme, in cui Saulo—Paolo ebbe un ruolo di primo piano, è stato trasferito probabilmente, ma non certamente, da Damasco. Ci sono passi in cui non solo gli Apostoli, ma anche “i fratelli”, sono descritti come se rimanessero tranquilli a Gerusalemme; mentre l'esecuzione di Giacomo, il fratello di Giovanni, è menzionata come un evento isolato (12:2). E il passo in Galati (1:13—22) in cui Paolo si descrive come se avesse “perseguitato la Chiesa di Dio” presuppone che al momento della sua conversione egli risiedesse a Damasco e non a Gerusalemme. Se Luca avesse trovato la persecuzione di Paolo e la sua conversione già affiancate negli Atti di Paolo oppure le avesse riunite deve rimanere incerto.
Nei capitoli che contengono il corpo principale degli Atti di Paolo vanno sottolineati i punti seguenti. Il racconto dell'incontro a Gerusalemme (15:1—33), nel suo insieme e nella forma in cui l'abbiamo, non può provenire da quella fonte. Il Paolo del “Paolinismo” va visto piuttosto nei passi in cui l'opposizione tra il suo orientamento e quello dei Giudaizzanti tra i capi è più pronunciata. La dichiarazione di Paolo di essere cittadino romano proviene da Luca, col suo desiderio di porre il cristianesimo in una luce favorevole davanti ai Romani. Questa tendenza era estranea agli Atti di Paolo. Anche la rappresentazione che Paolo si recò per primo dagli ebrei appartiene alla rielaborazione di Luca. I convertiti di cui lui aveva letto nella sua fonte erano soprattutto greci, come a Berea (17:12). Luca prepara la via per trasformare i cristiani pre—paolini di Efeso, ai quali il Paolo del documento precedente aveva fatto conoscere lo Spirito Santo (19:1—7), in discepoli di Giovanni Battista. Alla sua mano si deve l'apologia del cancelliere per i cristiani. Egli manipola la dichiarazione di Paolo a Gerusalemme (21:39) di essere di Tarso, “non oscura città”, facendogli ribadire allo stesso tempo di essere un ebreo. Ciò si può dedurre dalla particolarità dell'antitesi (ἐγὼ ἄνθρωπος μέν εἰμι Ἰουδαῖος, Ταρσεὺς, τῆς Κιλικίας οὐκ ἀσήμου πόλεως πολίτης), la cui sostanza è “un Giudeo, sebbene di Tarso”. Inoltre, è risaputo da Epifanio (Haereses 30:16) che certi Ebioniti, probabilmente nella loro versione degli Atti di Paolo, preservarono la lettura originale (Ταρσεύς εἰμι, οὐκ ἀσήμου πόλεως πολίτης), in cui non c'è alcuna menzione dell'origine ebraica di Paolo e in cui non ricorre il richiamo al lettore meno istruito su dove si trovi Tarso, cioè in Cilicia. La modifica di Luca, operata per gradi, negli eventi di Gerusalemme raccontati negli Atti di Paolo, può essere individuata nella mutata rappresentazione dei suoi avversari, prima come cristiani giudaizzanti tra coloro lì “che hanno creduto” (21:20), poi come ebrei dell'Asia (21:27), infine come “i Giudei” in generale assieme al Sinedrio. Nella storia precedente essi sembrerebbero aver incluso cristiani anti—paolini. Per sfuggire al tumulto sollevato da loro, Paolo fu condotto a Cesarea dai fedeli “fratelli”, introdotti fin troppo presto da Luca (9:29—30). Da lì egli si recò a Roma da uomo libero. Come finissero gli Atti di Paolo possiamo solo fare congetture; ma sembra probabile che fosse dato un resoconto della sua prigionia a Roma e della sua morte lì da martire, accennata da Luca, ma omessa in accordo con il suo scopo apologetico nei confronti del governo romano. [1]
Un libro non canonico intitolato Atti di Paolo è riferito da Eusebio. Questo era identico agli Atti di Paolo menzionati da Origene? Ed entrambi gli scrittori si riferiscono al libro usato (forse in una rielaborazione precedente) da Luca? Non è impossibile; ma non siamo avvantaggiati da questa supposizione, poiché non c'è materiale per giudicare il contenuto del libro al di fuori dei canonici Atti degli Apostoli. Secondo il miglior giudizio che possiamo formulare, esso si presenta fin troppo pieno di storie leggendarie per essere stato scritto da un contemporaneo di Paolo. Il resoconto realmente contemporaneo dei racconti “noi”, come è stato detto, fu probabilmente elaborato in esso dall'ignoto autore. La data degli Atti di Paolo può essere collocata provvisoriamente non prima della fine del primo secolo, periodo prima del quale non si può ritenere che si siano fissati i tratti del cristianesimo rimodellato noto come “Paolinismo”. Questo, però, equivale alquanto ad anticipare il risultato della discussione sulle Epistole. Il substrato paolino negli Atti degli Apostoli deve essere collocato prima della più antica di queste. Infatti, sebbene l'orientamento di pensiero che vi compare abbia molto in comune con quella delle Epistole, non se ne fa uso e non si allude in alcun modo a un'attività epistolare di Paolo. [2]
NOTE
[1] In questa ricostruzione Van Manen si mostra il vero continuatore della scuola di Tubinga. Il Paolo del documento che qui si deduce sottostare ai canonici Atti degli Apostoli è essenzialmente il Paolo dell'Epistola ai Galati, e probabilmente non sarebbe stato possibile scoprirlo senza l'aiuto di quell'Epistola. La differenza è che i pionieri, essendo penetrati sotto la sovrastruttura di Luca, hanno pensato naturalmente di essere arrivati alle fondamenta storiche; gli investigatori successivi hanno scoperto che il substrato stesso era in parte leggendario.
[2] L'uso superficiale delle Epistole negli Atti, che sembrò probabile dall'indagine precedente, fu naturalmente da parte di Luca, l'editore finale.
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