mercoledì 21 maggio 2025

Thomas Whittaker: LE ORIGINI DEL CRISTIANESIMO — L'Indirizzo: 1:1-7

 (segue da qui)


 L'Indirizzo: 1:1-7. 

I versetti 2-6 interrompono la continuità tra i versetti 1 e 7. La loro intenzione dottrinale è chiara: (1) Doveva essere data enfasi alla prefigurazione del Vangelo di Paolo nelle parti profetiche dell'Antico Testamento (versetto 2). Il fatto che i cattolici, che affermarono il legame con l'Antico Testamento, e i marcioniti, che si soffermarono sulla rottura con esso, si appellassero allo stesso modo all'autorità di Paolo, mostra la probabile assenza, nel Paolinismo più antico, di un pronunciamento preciso su questo punto. (2) L'affermazione che il Figlio di Dio è un discendente di Davide secondo la carne (versetto 8) deriva dallo sforzo di riconciliare l'antica idea paolina con l'idea messianica. Passi caratteristici nell'Epistola mostrano l'assenza di ogni preoccupazione per la maniera in cui il Figlio di Dio si fece carne. Un'analisi ravvicinata di espressioni come quella di 8:3 (ἐν ὁμοιώματι σαρκὸς ἁμαρτίας) porterebbe all'idea che il corpo di Cristo fosse solo apparente. Da un punto di vista del genere, la discendenza da Davide non poteva essere di alcuna importanza. (3) L'intenzione del versetto 4, nonostante alcune parole incomprensibili (ἐν δυνάμει κατὰ πνεῦμα ἁγιωσύνης) nel testo attuale come si presenta, è evidentemente quella di asserire che Gesù divenne il Figlio di Dio mediante la resurrezione dai morti. Questa concezione, che egli divenne o fu reso il Figlio di Dio, non era sconosciuta nell'antico mondo cristiano (cfr. Atti 2:36, 26:23), ma non trova posto nel pensiero dello scrittore, per il quale il Figlio di Dio fu un'entità preesistente (Romani 8:3, 32) inviato a manifestarsi sulla terra prima che morì e nella sua morte (5:6, 8, 10). (4) Lo stesso versetto, nell'affermare l'identità del “Figlio di Dio” paolino con “Gesù Cristo, nostro Signore”, illustra il processo di fusione mediante cui furono combinate le espressioni preferite dai Paolinisti e dagli antichi discepoli di Gesù. Anche la variazione tra “Cristo Gesù” e “Gesù Cristo” (si confrontino i versetti 1 e 4) non è arbitraria. La prima espressione appartiene distintamente al Paolinismo, [1] per il quale Cristo, in quanto entità soprannaturale, è anteriore; la seconda è una formula di riconciliazione che permette ai discepoli più antichi di adottare le nuove idee. Il confronto delle varianti nei testi dove ricorrono i due tipi di espressione mostra che la tendenza predominante era quella di cambiare dal primo al secondo. (5) L'intenzione del versetto 5 è quella di combattere l'immagine errata che Paolo ottenesse l'apostolato in modo illegittimo: cioè non come chiamato da Gesù. Il plurale (ἐλάβομεν), però, in contrasto com'è con il singolare che è mantenuto nei versetti 1 e 8-16, mostra che lo scrittore non pensava a Paolo solo, ma a Paolo e a quelli del suo orientamento, e tradisce la mano dell'editore. (6) L'intenzione particolare del versetto 6 è di trasmettere l'idea che i lettori originari dell'Epistola fossero cristiani pagani introdotti al Vangelo da Paolo. L'editore mira a un pubblico più ampio, composto da tutti i tipi di credenti, non semplicemente dai pochi che hanno raggiunto un'altezza spirituale, ai quali, come mostra il versetto 7 (con la sua espressione, πᾶσιν τοῖς οὖσιν), era rivolta la versione originale dell'Epistola. 

NOTE

[1] E questa è la lettura più antica in 1:1. 

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