giovedì 24 aprile 2025

Thomas Whittaker: LE ORIGINI DEL CRISTIANESIMO — La Distruzione di Gerusalemme e le sue Conseguenze

 (segue da qui)

6. La Distruzione di Gerusalemme e le sue Conseguenze.

Ma, se accettiamo una visione di questo tipo, rimane ancora da decidere la domanda: quando il culto attirò a sé per la prima volta un nuovo mito in una forma concreta? La risposta che propongo è che ciò non avvenne fino a dopo la distruzione di Gerusalemme nell'anno 70. Quella grande crisi scatenò idee che erano state a lungo in preparazione. Sappiamo sia da Giuseppe che da Tacito che, prima della caduta del Tempio, furono riportati accadere dei prodigi. Si udì una voce più forte di quella umana che proclamò la dipartita degli “dèi”. Ma pochi, dice Tacito, interpretarono ciò nel senso della paura: i più erano persuasi che nelle antiche scritture dei sacerdoti era contenuto che in quel tempo l'Oriente sarebbe diventato forte e che uomini che venivano dalla Giudea avrebbero posseduto il mondo. [1] Ma queste speranze furono abbandonate dagli stessi ebrei ortodossi solo molto tempo dopo. Il proselita gentile al giudaismo era ancora una figura familiare a Roma nel regno di Domiziano, e anche più tardi, come possiamo dedurre da Giovenale — il quale, si noti, all'inizio del secondo secolo non sa nulla dei cristiani. Fu solo dopo l'annientamento totale dello stato ebraico, in seguito alla rivolta soppressa da Adriano, che la religione si ritirò nell'esclusività pressoché totale che mantenne sin da allora. E a quel punto il proselitismo ortodosso, che riservava ai nati Israeliti la posizione di un'aristocrazia religiosa, era stato soppiantato da quello dei cristiani, che erano usciti di mezzo a loro. Sembra quindi probabile che, subito dopo la catastrofe dell'anno 70, quegli ebrei o semi—ebrei che per qualche ragione erano scontenti della gerarchia e dei rabbini mostrassero un'attività del tutto eccezionale. Infatti, anch'essi furono galvanizzati dalle speranze nazionali e i capi accettati dal popolo avevano fallito. 

Si sparge la voce che il Messia che doveva soffrire e poi trionfare [2] era già apparso e aveva subito ciò che era stato predetto dai profeti. Ciò non guadagnerebbe forse credito all'istante presso molti? Ed ecco la base che si può trovare per un mito. Non c'era nulla di incredibile nell'asserzione che colui che era stato mandato a guidare la nazione lungo una nuova via fosse stato crocifisso da Ponzio Pilato, il cui procuratorato era ormai passato ed era ricordato come un procuratorato duro per gli ebrei. Il nome di Gesù — un nome reale in Palestina — era destinato al nuovo liberatore come quello dell'antico dio trasformato in un capo nazionale. Tra gli ebrei, come altrove, esistevano eucarestie condivise da cerchie ristrette. E queste cerchie, con la loro devozione a misteri non ufficiali, erano propensi a conservare le idee religiose più arcaiche. C'era quindi già un culto e un'organizzazione preparati a ricevere un nuovo credo così congeniale. Si sa abbastanza di siffatte confraternite da rendere comprensibile che associazioni estese sviluppatesi da loro potessero diventare potentissime. Ciò, in effetti, fu un motivo di sospetto da parte del governo romano, non manifestato ora per la prima volta. Una nuova società dedita al proselitismo, se non riusciva a mettere in chiaro la sua innocenza da tutti i disegni di vasta portata, si ritrovava di sicuro classificata tra i collegia fuorilegge. E, di fatto, la concezione della Chiesa cristiana come un'unica grande organizzazione cominciò ad esistere non appena siffatti disegni furono inseparabili dalla sua vita. 

Sul piano etico, era facile attribuire al nuovo liberatore un insegnamento riformato che alcuni dei migliori intelletti, reagendo contro l'ipocrisia del rituale ufficiale e della casistica, desiderarono estrarre dai libri antichi. Così sarebbero potuto apparire le prime raccolte di detti attribuiti a Gesù. Se questo fu un movimento relativamente giovane originatosi in Palestina, allora possiamo spiegare la differenza tra l'impressione suscitata in un moderno ebreo liberale dal Gesù sinottico e dal Paolo delle Epistole. [3] L'insegnamento attribuito principalmente al fondatore rappresenta una fase di riflessione morale che era realmente in contatto con la legge e poteva criticare con efficacia le sue carenze e quelle dei suoi espositori. Gli scritti paolini rappresentano il cristianesimo gentile, per il quale “la legge” era un'astrazione. Per i gruppi paolini l'interesse principale consisteva nello sviluppare l'idea del Cristo soprannaturale sulle linee di una teologia e di una “soteriologia” incipienti. E questo sviluppo, come ha mostrato Van Manen, era ellenistico e si allontanava di almeno una fase dall'origine della religione di Gesù. 

L'insegnamento, nella misura in cui non è deturpato da aggiunte ecclesiastiche, come l'incarico a certe persone di perdonare i peccati e così via, è quello che ha conferito al cristianesimo la sua attrazione per intelletti che il dogma lascia indifferenti o suscita ribrezzo. Eppure avversari pagani come Celso furono in grado di provare che, per chi conosceva i filosofi, esso non era fondamentalmente originale. Esso naturalmente non era derivato dalla filosofia. Per mezzo della critica moderna è stata rintracciata la sua derivazione da fonti ebraiche. I suoi detti più importanti vanno letti per la maggior parte parola per parola nell'Antico Testamento. L'esaltazione dei poveri e degli oppressi non era una novità, ma era stata a lungo un tratto distintivo della letteratura ebraica, tanto da aver modificato le connotazioni delle parole greche utilizzate nella Septuaginta. [4] La letteratura classica greca, con la sua insistenza sulla giustizia in primo luogo, non si sofferma tanto sul lato della condotta che essa esprime. [5] Però non ne mancano i riconoscimenti, tanto che i rappresentanti successivi dello spirito classico poterono mostrare che la gentilezza verso gli sfortunati, sebbene ai loro tempi, come ammisero, fosse più praticata dagli ebrei e dai cristiani, era nondimeno presente nelle loro tradizioni. I moderni che immaginano che la virtù della compassione fosse stata inventata dal cristianesimo, o addirittura dall'ebraismo, possono essere confutati da detti risalenti non solo al periodo cosmopolita dell'etica greco—romana, ma anche al periodo bellicoso della città—Stato. [6] E in questo caso ci si affida in ultima istanza al sentimento naturale: l'appello non è all'autorità di una persona divina che ha comandato agli uomini di essere umani dietro promessa del paradiso e della minaccia dell'inferno.

 L'aspetto ascetico del cristianesimo non era affatto caratteristico finché non degenerò in un ripugnante monacato. Qualunque cosa si possa pensare del movimento ascetico dell'antichità successiva, alle sue origini esso era indubbiamente “pagano”. I suoi grandi rappresentanti furono i neopitagorici, che includevano nella loro disciplina ascetica, oltre alla castità, l'astinenza dalla carne e dal vino. La loro astinenza dalla carne aveva come motivo il sentimento compassionevole verso gli animali inferiori. Ma ciò, anche se di solito non portato allo stesso livello, fa parte di tutta l'etica moderna non cattolica; ma, mentre può essere rintracciato ugualmente nell'“ebraismo” e nell'ellenismo, esso non riceve alcun riconoscimento speciale dal cristianesimo. “Dio si prende forse cura dei buoi?”, si chiede l'Apostolo dei Gentili. 

Attorno alla figura centrale della religione, alla quale potrebbe essere stato attribuito per la prima volta l'insegnamento etico allargato di certi gruppi di lingua aramaica, si raccolsero a lungo tutti i tipi di storie tipiche di maestri divini. Alcune di quelle storie sono dette di origine buddhista. Ciò che fu richiesto dai neofiti però non era l'accettazione dell'insegnamento, ma la fede nella resurrezione miracolosa del “Signore”. Non c'è nessuno straccio di prova per ogni primo o primissimo cristianesimo che fosse semplicemente una regola morale di vita. La forma più semplice di fede descritta nei documenti cristiani è la confessione che il Gesù della cui vita e morte furono in circolazione racconti orali fosse il Messia — “il Cristo”

Pochi tra i convertiti ellenisti della Siria o dell'Asia Minore, dove il cristianesimo ottenne i suoi primi successi, avrebbero avuto la competenza o il desiderio di indagare su siffatti racconti. Se qualcuno manifestò quell'inclinazione, gli veniva detto che credere senza prove era una virtù. La storia, inoltre, aveva una stretta affinità con le loro idee religiose; ed era stata collocata nel periodo precedente a una convulsione che aveva scosso profondamente tutti coloro che, praticando culti meno organizzati, guardarono con timore alle tremende rivendicazioni del giudaismo. Il Messia degli ebrei, si poteva ora dichiarare nei termini di un mito tipico e mondiale, aveva sofferto ed era risorto dai morti. Sarebbe tornato per ricompensare coloro che credevano e per punire gli increduli con la distruzione. Così riappariva l'antico sogno teocratico. Gli iniziati del culto emergente non avevano nessuna intenzione di rinunciare all'aspettativa di dominio universale lasciata loro in eredità, come ritennero, dai loro predecessori, naturali o spirituali. Il loro regno non fu di questo mondo, perché, quando sarebbe arrivato, il mondo — o l'età presente — sarebbe stato distrutto. La loro Gerusalemme fu una Nuova Gerusalemme, quindi non avevano bisogno di rimpiangere la vecchia. Aspirazioni teocratiche pacifiche e violente si mescolarono, come nei loro predecessori. Presso alcuni di loro si desiderò che tutto fosse fatto per mezzo di una mite persuasione; altri auspicarono pestilenze, terremoti e un fuoco divoratore. Siccome gli ebrei ortodossi non accolsero con entusiasmo il nuovo Vangelo, o “buone nuove”, la responsabilità della morte del Redentore promesso cominciò ad essere gettata su di loro, e trattenuta il più possibile dal governatore romano. Furono messe in bocca a Gesù profezie della distruzione di Gerusalemme e parabole che prefigurarono il ripudio degli ebrei increduli dal regno promesso. La nuova setta si rivolse sempre più ai Gentili. Il banchetto è per tutti, tranne che per quegli uomini che furono invitati per primi: se essi sono riluttanti, i servi del regno devono “costringerlo a entrare”. [7]

Gesù, fu sostenuto, aveva inviato i suoi mistici Dodici Apostoli — corrispondenti ai dodici patriarchi e alle dodici tribù di Israele. Egli li aveva incaricati di insegnare a tutte le nazioni e aveva stabilito le cerimonie della sua religione: in realtà usi ancestrali, ebraici e pagani. Si sviluppò una storia del suo tradimento. Egli era stato “comprato a caro prezzo”, al pari delle vittime dei sacrifici umani conosciuti. Giunse così in esistenza un Dramma Misterico, che illustrasse la sua Crocifissione e la sua Resurrezione e gli eventi associati. Questa è la base della narrativa esistente, come è particolarmente evidente nei primi due Vangeli. [8] Il rituale e la mitologia ellenistici — nella loro origine più remota, essi stessi asiatici — contribuirono al sincretismo. Lo sviluppo mitico fu accompagnato o seguito da speculazioni di un genere più intellettuale. A circa una generazione dalla caduta del Tempio, la strada era stata preparata per il nuovo movimento chiamato Paolinismo. 

Per comprendere l'esatta posizione, però, dobbiamo risalire indietro e considerare, nel suo effetto sul futuro della religione, il processo di sviluppo attraversato dall'antico mondo classico fino a che si confrontò col cristianesimo.

NOTE

[1] Io ho citato l'originale in una nota all'esposizione di Van Manen.

[2] Naturalmente fu fatto un sincretismo tra le due idee.

[3] Si veda l'articolo del signor Montefiore citato in una nota all'esposizione di Van Manen; e si confrontino le osservazioni del Maestro di Balliol nel Hibbert Journal di ottobre, 1903 (volume 2, pag. 16).  

[4] Si veda Hatch, Essays in Biblical Greek.

[5] La Regola d'Oro, che tocca entrambi i lati, va trovata naturalmente non solo nei classici greci, ma anche nei classici cinesi molto tempo prima dell'era cristiana. (Se essa si presenta nella forma positiva oppure nella forma negativa è irrilevante).

[6] τοῖς ἤσσοσιν γὰρ πᾶς τις εὐνοίας φέρει. Eschilo, Supplici 489. 

[7] Questo testo fu usato successivamente a sostegno della persecuzione.

[8] Il signor Robertson, a mio avviso, ha provato in maniera convincente questo punto. Si veda, in particolare, A Short History of Christianity, pag. 87—89.

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