martedì 22 aprile 2025

Thomas Whittaker: LE ORIGINI DEL CRISTIANESIMO — Giudaismo Alessandrino

(segue da qui)

4. Giudaismo Alessandrino.

Il carattere piuttosto anti-speculativo, anche se non privo di immaginazione, di queste idee non vanno attribuite ad alcuna peculiarità della razza semitica rispetto a quella ariana. Infatti, non è improbabile che esse fossero in parte il risultato del contatto con la Persia ariana. Il loro sviluppo è spiegato sufficientemente dalle circostanze degli ebrei palestinesi. Tra gli ebrei della Diaspora quelli di Alessandria, che ebbero l'opportunità di entrare in contatto con la filosofia greca, non manifestarono alcuna intrinseca mancanza di approccio alla metafisica. Filone, il loro rappresentante più eminente, fu un abile pensatore, anche se costretto per necessità, al pari dei nostri scolastici occidentali del Medioevo, a limitarsi a parlare della “religione rivelata”. Se non ci fu una siffatta autorità coercitiva contemporanea a controllarlo, egli desiderò personalmente rimanere un fedele seguace della legge mosaica. Egli fu all'opera durante i primi anni dell'era cristiana; ma il movimento che egli rappresenta può essere fatto risalire, al pari della produzione della letteratura apocalittica, almeno al secondo secolo A.E.C. 

Quando la religione ebraica e la filosofia greca si incontrarono, un certo grado di interesse non poteva non essere suscitato da entrambe le parti. Sappiamo di più sull'impressione suscitata negli ebrei. I pensatori tra loro sentirono che alcuni tra i Greci avevano raggiunto idee pure di divinità come le proprie. Al contatto originario con il pensiero greco vanno attribuiti, infatti, gli inizi dello sforzo di giustificare quegli antropomorfismi della Bibbia che furono uno scandalo per i teologi ebrei e cristiani fino a quando l'alto criticismo non spostò il problema. Ciò che è nota come “letteratura sapienziale” è già sfiorata dallo spirito greco. L'importanza storica di Filone è dovuta al suo strenuo sforzo di riconciliazione sulla stessa linea. Nell'elaborare, con l'aiuto della sua erudizione filosofica, astrazioni semi-personificate chiamate Sapienza, o Spirito, o Parola, mediante le quali si poteva concepire il Dio trascendente del giudaismo platonizzante che agiva sulla materia, egli fornì in anticipo agli speculatori cristiani la loro concezione del Logos. La differenza è che per Filone la personalità del Logos, o Parola mediatrice, poteva essere messa da parte quando lui era in un'atmosfera meno mitologica e più ansioso di accordarsi con i filosofi. Il far fronte a certe difficoltà di un credo monoteista prese le mosse non dall'interesse per una persona reale o per un mito concreto, ma da una mitologizzazione filosofica più o meno consapevole. 

Ma se Israele aveva ricevuto il suo monoteismo per rivelazione divina, come si spiegava il raggiungimento dello stesso credo dai filosofi pagani? Ammettere che esso si potesse raggiungere per mezzo della luce naturale renderebbe superflua la rivelazione, oppure porrebbe il popolo eletto a un livello inferiore. In assenza di una scienza filologica, fu facile escogitare una spiegazione. Il Pentateuco, come ognuno sapeva, era di antichità ancestrale. I filosofi greci, era altrettanto ben noto, avevano tutti attinto i loro sistemi dall'Oriente. Evidentemente, allora, la rivelazione mosaica, o alcuni frammenti di essa, erano stati comunicati a Platone e ad Aristotele. Si trattava di una concezione a suo modo liberale. Essa permise al pio israelita di leggere e apprezzare i libri dei pagani. I Padri cristiani di mentalità più aperta la trovarono a loro volta molto conveniente; e fino al diciassettesimo secolo era ancora abbastanza viva. 

In ogni caso, la consapevolezza che la parte istruita del mondo pagano, nella misura in cui era religiosa, fu permeata da una teologia filosofica non dissimile da quella che poteva essere indicata come l'essenza della propria religione, fornì agli ebrei cosmopoliti un'eccellente apertura per il proselitismo. Si poteva pretendere di istruire la moltitudine in maniera autorevole su una sapienza da tempo riconosciuta da pochi nelle loro terre. Inoltre, gli ebrei provenivano dall'Oriente, al quale i popoli dell'Occidente erano abituati a guardare come alla dimora di misteri esoterici. Una forma che assunse il proselitismo fu quindi la stesura di quelle composizioni greche in versi noti come Oracoli sibillini. La Sibilla Cumana, o qualche altra Sibilla, era rappresentata mentre proclamava la superiorità della religione ebraica su tutte le altre, la falsità degli “idoli” e l'identità del Dio degli ebrei con il Dio dell'universo. Oltre al loro puro teismo, i libri sibillini contennero elementi messianici. Perciò essi vennero ad essere molto invocati a vantaggio del cristianesimo; per questa ragione, nel suo Discorso Vero rivolto ai cristiani, Celso diede loro il nome di “Sibillisti”

L'appello al mondo di lingua greca fu molto facilitato dalla traduzione Septuaginta della Bibbia, che era derivata da Alessandria. All'inizio dell'era cristiana l'ebraico esisteva solo come lingua erudita. La lingua della Palestina era l'aramaico e le Scritture, per l'uso popolare, richiedevano un'interpretazione in questa lingua. Tra gli ebrei di lingua greca dell'Impero romano la versione in uso era la Septuaginta. Così si poteva mettere nelle mani dei proseliti una raccolta autorizzata di letteratura contenente proprio la rivelazione che, come i loro nuovi istruttori avrebbero comunicato loro, essi avevano invano cercato nei misteri della Frigia o dell'Egitto. Nessun'altra religione poteva offrire loro i testi sacri di un sacerdozio antico e ancora esistente tradotti nella lingua comune.

Nessun commento: