mercoledì 18 settembre 2024

ECCE DEUS — TESTIMONIANZA DI APOCALISSE E DI EBREI

 (segue da qui)

TESTIMONIANZA DI APOCALISSE E  DI EBREI 

24. Quando ora esaminiamo l'Apocalisse, il risultato non è diverso. Per quanto molti dettagli circa questo libro possano rimanere in dubbio, nonostante gli sforzi più dotti e illuminanti di una schiera di esperti, è sufficiente per il nostro scopo che esso rappresenti, almeno in parte, una fase relativamente iniziale della Propaganda. Ma quale è la figura del Gesù in questo volume? Quattro volte il nome appare con il suffisso Cristo e dieci volte senza. In nessuno di questi casi c'è la minima allusione alla personalità o alla biografia del Gesù. Sei volte c'è la frase “testimonianza [1] di Gesù”; una volta c'è “Gesù Cristo, il testimone [2] fedele”; una volta c'è “coloro che osservano i comandamenti di Dio e la fede di Gesù”; due volte c'è “Signore Gesù”; una volta “il sangue dei martiri di Gesù”; una volta c'è “Rivelazione di Gesù Cristo”; una volta c'è “Io, Gesù, ho mandato il mio angelo”; una volta c'è semplicemente “In Gesù”. Questa testimonianza, allora, della personalità umana del Gesù è pari a zero. 

25. Ma molto più prominente di Gesù in questa Apocalisse è il Piccolo Agnello, [3] che ricorre ventotto volte. Questo Agnello è introdotto (5:6) come un sacrificio, “un Agnello, in piedi, come immolato; aveva sette corna e sette occhi, i quali sono i sette spiriti di Dio mandati su tutta la terra Egli aveva sette corna e sette occhi, simbolo dei sette spiriti di Dio mandati su tutta la terra”. Qui l'influenza della narrazione evangelica e della moderna concezione unitariana sembra estremamente minima. Ma in 13:8 l'intera questione è chiarita ragionevolmente: “L'adoreranno tutti gli abitanti della terra il cui nome non è scritto nel libro della vita dell'Agnello che è stato immolato dalla fondazione del mondo”. Qui l'intera storia evangelica, intesa come Storia reale, sembra esclusa per sempre. Non c'è nessuna possibilità che la presunta morte del Gesù pochi anni prima sia descritta come un'uccisione dalla fondazione del mondo. Dire che era stato ucciso nei disegni di Dio è un'imposizione, non un'esposizione, del significato. Naturalmente, i critici riferiscono la frase a “è scritto”, trasponendola così da leggere “il cui nome non è scritto dalla fondazione del mondo”. Ma questo è solo un espediente, un'esegesi forzata, e non risolve veramente le cose. L'idea che i nomi siano stati scritti dalla fondazione del mondo nel Libro della Vita dell'Agnello lascia ancora l'Agnello e il suo Libro della Vita lì in cielo sin dalla fondazione del mondo, il che non corrisponde affatto con la concezione del Vangelo come Storia reale. 

26. Tornando ora al primo capitolo, troviamo un'altra concezione diversa dello stesso personaggio, “uno simile a Figlio d'Uomo, vestito con una veste lunga fino ai piedi e cinto di una cintura d'oro all'altezza del petto. Il suo capo e i suoi capelli erano bianchi come lana candida, come neve; i suoi occhi erano come fiamma di fuoco; i suoi piedi erano simili a bronzo incandescente, arroventato in una fornace, e la sua voce era come il fragore di grandi acque. Nella sua mano destra teneva sette stelle; dalla sua bocca usciva una spada a due tagli, affilata, e il suo volto era come il sole quando risplende in tutta la sua forza”. Questa visione terribile si descrive così: “Io sono il Primo e l'Ultimo, e il vivente; e fui morto, ma ecco sono vivo per gli eoni degli eoni e tengo le chiavi della morte e dell'Ade”. Senza un'interpretazione dettagliata, è chiaro che quest'entità è soprannaturale, ultraterrena, e non suggerisce minimamente il cosiddetto Gesù storico. 

27. Ma non dice forse “Fui morto”? Certamente. È vero, l'intera clausola, da “e fui” a “eoni”, è forse interpolazione; ma la morte, la morte sacrificale del Gesù, fa certamente parte di tutta questa tremenda dottrina. Tuttavia, ciò non implica affatto che vi sia qualche riferimento alla crocifissione di un uomo Gesù a Gerusalemme. Essendo il Gesù una personalità divina variamente e titanicamente concepita — ora come un Agnello, ora come un Sommo Sacerdote, ora come Alfa e Omega, ora come Figlio dell'Uomo, in mezzo ai candelabri — questo sacrificio, questa morte, questa resurrezione sono tutti da intendersi come azioni soprannaturali, ultraterrene, extra-spaziali ed extratemporali, e in alcun modo realizzate necessariamente qui sulla scena palestinese.

28. Se si chiede come fosse stato effettuato questo sacrificio, la risposta deve essere che la domanda è irrazionale. Gli scrittori stessi non avevano idee chiare al riguardo. Loro stavano trattando nozioni vaste e vaghe di accadimenti celesti, di cui era impossibile formare un'esatta “immagine mentale costruibile” gaussiana. La divinità che muore e risorge, il grande Sommo Sacerdote che offre sé stesso, l'Agnello ucciso dalla fondazione del mondo: concezioni così gigantesche sfidano i limiti della rappresentazione sensoriale. Ciò che accade quando si fa un tentativo serio di rappresentarle storicamente può essere visto nei Vangeli.

29. Questa autoimmolazione del grande Sommo Sacerdote è trattata a lungo nell'Epistola agli Ebrei, ma non credo che nemmeno Delitzsch o Harnack sosterrebbero che l'idea sia stata chiarita. Il punto è che la raffigurazione che ne viene data, come ovunque nel Nuovo Testamento al di fuori dei Vangeli, non sembra presupporre alcuna conoscenza del Vangelo o della storia evangelica. È molto più vaga di quest'ultima, né fa la minima allusione alla descrizione evangelica. Non solo gli scrittori non sembrano aver letto i Vangeli, ma non hanno la minima idea dell'esistenza di un racconto evangelico, né c'è il minimo riferimento a una personalità come quella che troviamo raffigurata nei Vangeli. Così la lettera agli Ebrei ha molto da dire a proposito di questo grande Sommo Sacerdote, che offre sé stesso, che soffre nei giorni della sua carne, ecc.  Ma egli è “un Sommo Sacerdote secondo l'ordine di Melchisedec”, che, essendo “senza padre, senza madre, senza genealogia, senza principio di giorni né fine di vita, fatto simile al Figlio di Dio, rimane sacerdote in eterno” (7:3). Chiaramente, allora, abbiamo a che fare in questo Sommo Sacerdote con un'entità strettamente soprannaturale; vediamo qui l'inizio di una dottrina secondo la quale quest'entità doveva diventare carne e offrire sé stesso; ma non si raggiunge in alcun modo la fase che si trova nei Vangeli, e non c'è alcun accenno alla conoscenza di una personalità come quella che si presume descritta lì. In particolare, è solo la sofferenza dell'Entità divina, l'auto-immolazione del Sommo Sacerdote, a venire menzionata, e per nulla la presunta adorabile personalità umana di cui i critici parlano così tanto.

30. È impossibile in questa bozza entrare più minuziosamente in questo argomento, già considerato da un punto di vista vicino nei capitoli precedenti. Ma i punti principali finora esposti in questa dichiarazione si possono riassumere così:

(1) Se Gesù fu semplicemente un uomo in carne e ossa, come ci assicurano i critici, allora per aver prodotto il movimento cristiano dovette essere stato una personalità straordinaria e in ogni modo memorabile. 

(2) Una tale personalità avrebbe fatto, deve aver fatto, l'impressione più profonda come uomo sul suo immediato e intimo seguito. 

(3) Un personaggio del genere avrebbe poi occupato un posto di rilievo nella predicazione dei primi cristiani, che di fatto avrebbe attinto il suo tono e il suo colore in gran parte da quella personalità, dalle cose che disse e fece. 

(4) Ma il fatto è che il caso è esattamente l'opposto: la personalità, i suoi atti e le sue parole d'amore e di sapienza sono del tutto assenti dalla prima predicazione. Il personaggio Gesù non figura affatto nella propaganda primitiva. Quest'ultima fa perno e oscilla intorno a certe grandi idee, come quella del giudizio imminente, del Figlio dell'uomo, dell'immolato Sommo Sacerdote come Melchisedec, dell'Agnello immolato dalla fondazione del mondo, del Cristo morente e risorgente, del Figlio di Dio assiso, del Testimone Fedele, [4] e di altre ancora; ma la personalità umana, il “Gesù mite e umile”, non si trova da nessuna parte, è assolutamente assente dalla proclamazione originale. 

31. Dobbiamo quindi insistere che l'ipotesi di questa meravigliosa personalità umana è positivamente esclusa. Non spiega nulla di ciò che richiede una spiegazione. Nessuna dose di amabilità e di “dolce ragionevolezza” può essere un motivo per attribuire a un semplice uomo una serie di miracoli stupefacenti, per ricevere e credere a visioni che indicano la sua resurrezione, ancor meno per fondarvi una struttura filosofica e religiosa altamente elaborata, artificiale e soprattutto trascendentale. Questi effetti reali sono del tutto scorrelati alle cause ipotetiche. 

32. È improbabile che un'intelligenza logica più raffinata di quella di Holsten venga presto impiegata per risolvere il problema dei Vangeli di Paolo e di Pietro, eppure il fallimento del suo superbo sforzo è ormai evidente e ammesso. Infatti, come già indicato, l'ipotesi della personalità colossale non fa che peggiorare le cose. Nella misura in cui questa personalità umana si erge sempre più in alto, diventa sempre più evidente l'impossibilità che essa avesse potuto fallire così completamente nel lasciare un'impronta sull'insegnamento e sulla predicazione dei primi propagandisti. Questo punto non può essere sottolineato con troppa forza o ripetutamente, perché sembra decisivo. Ognuno si renda conto delle condizioni storiche del problema; legga di nuovo e di nuovo il Nuovo Testamento al di fuori dei Vangeli e si abbandoni alla naturale impressione totale, e troverà che l'assenza della personalità umana del Gesù è in assoluto l'aspetto più vistoso dell'intera situazione. 

NOTE

[1] μαρτυρία

[2] μάρτυς.

[3] ἀρνίον.  

[4] Questa frase e questa nozione sembrano essere peculiari dell'Apocalisse, e la prevalenza della parola “testimonianza” (μαρτυρία) nei testi giovannei è importante. Essa ricorre in Giovanni quattordici volte, in 1 Giovanni sei, in 3 Giovanni una, nell'Apocalisse nove, ossia trenta volte in tutto. Altrove ricorre in tutto il Nuovo Testamento, solo sette volte, sporadicamente e senza un significato particolare. Nell'Apocalisse Gesù è chiamato due volte “il Testimone, il Fedele” (1:5; 3:14 — “l'Amen, il Testimone Fedele e [il] veritiero”). Il termine “testimone” (μάρτυς) è usato in altri trentatré passi neotestamentari, ma senza riferimenti importanti. Così pure il verbo testimoniare (μαρτύρομαι) si trova cinque volte e il sostantivo μαρτύριον circa ventuno volte, senza dare adito a osservazioni. Ma la prevalenza eccezionale di “testimonianza” negli scritti giovannei, e soprattutto la “testimonianza di Gesù”, peculiare dell'Apocalisse, sono importanti in quanto illustrano il fatto sorprendente che gli scritti del Nuovo Testamento sono fortemente caratterizzati, e spesso nettamente distinti, da idee e da parole d'ordine preferite, correnti molto probabilmente in gruppi particolari di cristiani o in circoli intellettuali cristiani. Non è strano, ma piuttosto illuminante, che Gesù sia stato variamente concepito come Leone, come Agnello, come Testimone, come Vannens, come Distruttore di demoni, come Figlio dell'uomo, come Messia, come Alfa e Omega, come Colui che Era, È e Sarà, come Uomo Celeste, come Secondo Adamo, come Logos, come Signore, come Spirito, et alia.  Sarebbe inutile cercare di unificare o anche solo di riconciliare questi concetti divergenti. La cosa importante è riconoscere chiaramente il vero motivo della divergenza, che risiede nei diversi temperamenti mentali, nei diversi processi concettuali o interpretativi degli scrittori o delle scuole che essi rappresentano; una diversità inevitabile nell'ipotesi che il Gesù fosse all'inizio una personalità ideale e divina, ma inspiegabile nell'ipotesi di un Gesù puramente umano. Degna di nota è la definizione che lo stesso autore dell'Apocalisse dà della “testimonianza di Gesù” come “lo spirito di profezia”: un enigma che Volkmar si sforza di sciogliere, con più energia e ingegno che con successo.

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