sabato 8 giugno 2024

L'INVENZIONE DI GESÙ — L'uomo

 (segue da qui)



L'uomo

Per introdurre il mio turno: una battuta.

Sono molto infastidito e impacciato nella confusione: nessuno accondiscende a tentar di spiegarmi Marco 8:31, Marco 9:12 e Luca 9:22, versi nei quali mi si afferma evangelicamente che «Il Figlio dell'uomo deve soffrire molto».

E tutto altrettanto confuso dal fatto che non mi si spiega mai né Matteo 12:8, Marco 2:28 o Luca 6:5: «il Figlio dell'uomo signore del sabato» — né il curioso bilanciamento di Marco 2:27: «il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato».

Noia, turbamento — e confusione? Ci sono: consulto gli studiosi; vi resto.

Di sicuro i commentatori loquaci non mancano, attorno a questi passi e a loro danno. Mi suggeriscono che se il Figlio dell'uomo deve soffrire molto, è perché la Passione di Gesù è stata crudele, o perché Isaia aveva previsto le sofferenze ineguagliabili del servo di Yahweh.

Ciò è arguto. Gesù soffre quindi evangelicamente molto per verificare Isaia. È arguto e vero: tutte le narrazioni evangeliche sono adempimenti espliciti della Scrittura (vedete, nel Nuovo Testamento, tutte le azioni, tutti i vari fatti, tutti i miracoli, e altri, circondati — nel testo, in chiaro! — da una frase del tipo «Questo avvenne per adempiere...», frase sempre seguita da un appello a questo o quel verso della Bibbia ebraica).

Midrash.

Adempimento antistorico.

Si chiacchiera; non mi si insegna nulla: perché non è scritto affatto negli estratti considerati che la sofferenza in questione intende/intese/intenderà un qualunque servo isaianico (di Yahweh o no) oppure Gesù; vi leggo che riguarda il Figlio dell'uomo; e vi leggo, ogni volta — perché là è il nocciolo della questione — che deve soffrire, il Figlio dell'Uomo, molto.

Perché questo «molto»?

 

Risposta dei loquaci? — Nessuna.

E i nostri loquaci vanno altrettanto blaterando sul sabato e sul Figlio dell'uomo ritenuto esserne il signore; e chiosano e ri-chiosano sull'abolizione del sabato da parte del cristianesimo nascente, e sulla storia di quella abolizione... Ma tutto ciò è bla, bla, bla...

Perché, nei versi enumerati più sopra, questo gioco di ritmo tra «figlio dell'uomo» (o «uomo») e «sabato»?

Ri-risposta dei ri-loquaci? — ri-nulla.

Ancora una volta e sempre l'assenza di una lettura ebraica dei vangeli originariamente ebraici.

Prima di tutto, mi fanno pena sul «molto» delle sofferenze del Figlio dell'uomo.

Sapete leggere?... Non del messia-cristo, non del figlio di Dio, non — certamente no! — di Gesù (o di Giosuè): del Figlio dell'uomo. Testo! 

Questo «molto» è, nell'unico greco che ci resta, un polu. Nessun rapporto relazionale tra polu e il Figlio dell'Uomo. Non più relazione tra loro in greco che in latino, in francese, o in esperanto. In ebraico, per contro, «molto» si scrive MʼD. E si tratta dell'anagramma grafico di ʼDM/«Adamo, uomo, l'uomo». Quindi: la quantità e la gravità delle sofferenze del Figlio dell'uomo sono ricavati, nei versi evangelici relativi, dall'anagramma ʼDM/MʼD («uomo»/«molto»). E mio sincero evviva ai grecisti!

Il mio lettore impari la lezione: nella cabala che produce le narrazioni evangeliche — fin nei loro recessi più reconditi — vi è un lavoro sugli anagrammi; e questo lavoro contribuisce alla suddetta produzione narrativa. Narrativa!, non storica... Lezione appresa. 

Le glosse erudite dei loquaci non mi aiutano nemmeno a leggere il vangelo quando mette in relazione l'uomo (il Figlio dell'uomo) con il sabato. Il ricorso alla Cabala ebraica, però, mi aiuta decisamente, perché è precisamente questo ricorso che mi indica (che mi forza a riconoscere) perché gli evangelisti, a più riprese, hanno stabilito una tale relazione. Il ricorso? Eccolo qui:

Una sola parola, in ebraico, per dire «sabbath»: ŜBŢ, «il riposo, la settimana, il sabato».

Questo termine gode di un tremendo interesse tra gli ebrei e tra i samaritani, nessuno lo ignora. Perché dopo i sei giorni della Creazione, Dio ha preso il suo riposo? Sì, ma non solo:

Infatti:

Il sabato, come il nostro Set di poco fa, è fissato dagli ebrei e dai samaritani al principio stesso dell'opera della Creazione (e non solo alla sua fine): numerosi testi ebraici e samaritani ripetono all'infinito che Dio ha dapprima creato  il sabato, o che il sabato ha partecipato, dal primo momento, alla Creazione tutt'intera (e non solo alla sua siesta), ecc. Perché? Per delirio? No:

Semplicemente perché ŜBŢ/«sabbath» troneggia, per anagramma, nella prima parola della Genesi (proprio come vi figura Set, ma lui senza anagramma, secondo i setiani): «in principio» = BRʼŜYŢ, e BRʼŜYŢ contiene infatti, in disordine, le lettere Ŝ, B e Ţ della parola «sabbath»/ŜBŢ.

N.B. Questa stessa parola iniziale della Genesi (della Creazione) contiene inoltre, per anagramma o no: BYŢ, «la casa, il tempio»; ʼŜ, «il fuoco» (per esempio quello che consumerà gli empi, o quello che interviene evangelicamente nel battesimo, fuoco non assente nel Nuovo Testamento, no è vero? BRYŢ, «l'alleanza» (cfr. la fortuna di questo termine tra i cristiani attraverso l'espressione — biblica e presa in senso contrario — BRYŢ ĤDŜH/«Nuovo Testamento»: in realtà, «Nuova Alleanza»); RʼŜ, «la testa, la somma, il principio, il capo, il principe, il principio, il signore» (parola fugace nei vangeli, in Paolo, nell'Apocalisse canonica?); RBY, «rabbino» (titolo di Gesù-Giosué, nei vangeli); ŜʼR, «la carne, il resto» (termine che, ambiguità compresa, attraversa tutto il Nuovo Testamento), ecc.

Su tutti questi termini — e su altri — introducendo, in concorrenza e insieme, la Torà (a condizione che del midrash se ne impossessi), i cristiani primitivi — come gli ebrei, sia in quanto giudei, sia in quanto samaritani, e come gli gnostici (ebrei) — hanno prodotto del testo. Su di loro, e non sulla Storia!

Ma ritorniamo al sabato:

Quanto a «figlio dell'uomo», essendo dato, tra i cristiani giudei-ebrei primitivi, il suo legame gematrico con «Gesù-Giosué», la sua grafia può essere solo BN ʼDM.

Ebbene, la messa in relazione lessicale tra l'uomo e il sabato nei versi evangelici che ho rilevato più sopra non è nient'altra che il diretto risultato di un lavoro matematico: infatti:

1. «sabbath» = ŜBŢ = 21 + 2 + 22 = 45 (gR);

2. «uomo» = ʼDM = 1 + 4 + 40 = 45 (gC).

La gematria per ranghi (gR) di «sabbath» (termine biblico) è, in ebraico, la stessa della gematria classica (gC) di «uomo» (termine biblico anch'esso).

Conclusione: «sabbath» e «uomo», senza alcun legame semantico in ebraico, in greco, in latino o in francese, intrattengono un'assonanza matematica reciproca nella lingua sacra, quella originariamente utilizzata dagli evangelisti.

E, bis: evviva i grecisti! E il mio brindisi alla tesi delle storicità evangeliche!

E: fine della mia battuta.

Questo, però: rivelando l'identità gematrica esistente tra ʼDM/«Adamo, uomo, l'uomo» e ŜBŢ/«il sabato», gli evangelisti ci invitano — come al solito — al feedback: nella Bibbia ebraica si deve, secondo loro, e fin da subito, leggere «Adamo, uomo» al posto di «sabbath» (ma mai — tenuto conto dell'ingiunzione di Marco 2:27 finalmente ben compresa — «sabato» al posto di «Adamo»). Che il mio lettore, a condizione — misera... — che gli omileti gli abbiano insegnato l'ebraico, si dia da fare — da fare ad accogliere favorevolmente l'invito: non lo priverà di sorprese: parti intere dello gnosticismo, e dei vangeli, e delle Epistole, e dell'Apocalisse canonici gli appariranno subito limpidissime.

Da Adamo («uomo»), passo evangelicamente a «molto» — per anagramma. Da Adamo («uomo»), passo evangelicamente a «sabbath» — e viceversa —

Se, almeno, non obbedisco all'imperativo decreto di Marco 2:27.

per gematria. Questo è molto interessante,

Ecco spiegati e giustificati i miei versi di poco prima. Se ne va la mia confusione di poco prima.

Ma altri effetti cabalistici mostrano, nelle vicinanze, un rendimento ancora migliore.

Prendiamo per esempio l'Epistola ai Romani (5:12):

«...per mezzo di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo...»

Ma sì, si è capito, si sa: si tratta là del peccato originale.

Non si sa nulla e non si è capito nulla finché non mi si spiega la ragione — inevitabile, non contingente — della presenza, qui, di «peccato» e di «uomo» in una frase così corta.

Consulto i commentatori, le enciclopedie: la ragione che esigo sfugge loro.

Solo, ancora una volta, la gematria mi fornisce quella ragione: infatti:

1. «peccato» = ĤTʼ = 8 + 9 + 1 = 18 (gR e gC);

2. «uomo» = ʼDM = 1 + 4 + 13 = 18 (gR).

Matematicamente, nella lingua della Torà ritenuta sacra dai cristiani giudei-ebrei primitivi, dagli ebrei e dai samaritani, «peccato» = «uomo, Adamo».

Con, ancora e ancora in filigrana, l'invito (cristiano) retroattivo a leggere «uomo, Adamo»/ʼDM invece di «peccato»/ĤTʼ nella Bibbia ebraica, e viceversa. Ancora e ancora l'invito alla giostra del feedback.

Da cui, nel Nuovo Testamento, il tema del primo uomo proveniente dalla terra e miserevole, e quello del secondo uomo, celeste, divino (a condizione che, per eguagliare — matematicamente — YHWH/«Dio», si elevi, come lui, al quadrato e risorga). Da cui il tema dell'uomo (o del figlio dell'uomo) che sopporta e redime il peccato. Ecc. E tutto ciò per midrash, anti-storicamente (mediante perlustrazione della Bibbia ebraica multisecolare — mediante adempimento della sacra Parola scritta).  

Anagrammi, gematrie... E i giochi di parole!

 

Sull'uomo i giochi di parole del Nuovo Testamento sono innumerevoli, a condizione — beninteso — ci si degni di retrovertirli dal greco (dove, come in francese, non esistono più) verso il loro ebraico originario.

Uno dei giochi di parole più pertinenti del Nuovo Testamento occorre, secondo me, nel verso 8:40 di Giovanni. A questo livello, non è più un gioco sulle parole, è un'acrobazia. In greco, il discorso è generico: nun de zéteite me apokteinaï anthropon os tén alétheïan umin lelaléka (generico e senza senso). Cercatevi assonanze (fruttuose), anagrammi, l'acrobazia di cui parlo: non ne troverete traccia.

Su questo gergo ellenico, Claude Tresmontant costruì la traduzione seguente:

«...ma ora voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità...»

Ma il traduttore non menziona, a margine, nel suo sistema di cosiddette note esplicative, nessun tipo di gioco di parole a questo punto.

Mentre sostiene, come io stesso mi distraggo, che i vangeli sono stati originariamente pensati e scritti in ebraico... Bravo. Gli acrobati lavorano e Tresmontant chiude un occhio!

Ma la retroversione del passo mi sbatte in faccia questo:

La parola «uccidere» in «voi cercate di uccidere me» si scrive HMYŢ;

Preceduto da una preposizione (L/«a, per») e seguito da un complemento.

«uomo» si scriveva ʼDM; e «verità» si scriveva ʼ. E così: «verità»/ʼ, con la sua ʼ, la sua M e la sua Ţ, operava la sintesi tra la M e la Ţ di «uccidere»/HMYŢ e la ʼ e la M di «uomo»/ʼDM.

Quanto alla D di ʼDM/«uomo», lungi dal rimanere trascurata, si riferiva alla D iniziale di DBR/«ha detto» (alla fine della frase).

E subito dopo, nello stesso versetto, si legge:

«...(verità) che ho udita da Dio...»

Acrobazia: «udita da» si scriveva, in ebraico, MʼŢ, anagramma esatto di ʼ/«verità». Ah, l'ebraico...

E se, in questo verso come in tanti altri, ʼDM/«uomo» e YHWH/«Dio» coabitano, è a causa della loro equivalenza gematrica (la somma dei quadrati dell'uno essendo uguale alla somma dei quadrati dell'altro).

Acrobazia, ho osato dire? — Ma no: non lo è: il tutto venendo dal bisogno degli ebrei amanti della loro lingua. Dal midrash. Il tutto venendo dal midrash ebraico (o samaritano) in azione.

Ma non sono che all'antipasto. Ho meglio da proporre.

Che ne è, nel cristianesimo primitivo, del lavoro sull'uomo? E: questo lavoro è storico?

Nella Genesi, i cristiani — come chiunque altro — leggono che l'uomo Adamo è stato fatto a immagine di Dio — Genesi 1:27:

«...Ed Elohim creò Adamo in sua immagine, in immagine di Elohim lo creò, maschio e femmina li creò...»

Traduzione (comune) di un'indigenza totale alla luce degli enormi sottintesi, qui come altrove, dell'ebraico.

Notate, però, questo gioco sul singolare e il plurale: un solo Adamo, ma alla volta maschio e femmina; ed «egli li creò/crea/creerà» invece del «egli lo creò/crea/creerà» atteso. Su questa erranza esoterica del testo, i midrashim ebraici (e samaritani), gnostici o meno, sono innumerevoli: cfr. se non altro i temi gnostici e cabalistici riguardanti l'androginia di Adamo; e cfr. l'uso di «maschio» e «femmina» e di «uomo-Adamo» nelle Epistole di Paolo — temi e uso, mi affretto a gridare, massacrati dagli studiosi.

In Genesi 1:27, i cristiani primitivi cominciano col considerare «Elohim»/ʼLHYM un sostituto reverenziale di YHWH; per loro è difatti YHWH/«Yahweh» che crea Adamo.

Per la maggior parte degli gnostici, tutto al contrario, è proprio Elohim che fu creatore: è Elohim, il dio stupido e malvagio, il dio inferiore, il demiurgo spietato e goffo, che crea Adamo. A differenza dei cristiani, gli gnostici non ritengono l'Elohim della Creazione, nella Bibbia ebraica, uno pseudonimo di YHWH: lo mantengono tale e quale, e vi vedono il demiurgo (e non un demiurgo platonico! non il demiurgo delle mitologie greche! quello della Bibbia ebraica — come la leggono e come lo scoprono lì in quanto Elohim!)

E poi gli evangelisti, e gli scrittori neotestamentari in generale, sono ebrei: non coniugano quindi, come noi, i verbi al passato, al presente e al futuro. Non leggono quindi, nel verso che sto commentando, «YHWH-Elohim creò Adamo», ma precisamente «YHWH creò/crea/creerà Adamo in adempimento» (verbo BRʼ/«creare» al perfetto).

Tutti i tempi greci (occidentali, indoeuropei) dei verbi del Nuovo Testamento tradotto sono, di per sé, dei controsensi (idem per i tempi dei verbi delle nostre Bibbie francesi...).

Da cui, al di fuori della temporalità indoeuropea, per esempio in 1 Corinzi 15:47, la distinzione tra un primo uomo e un secondo,

Distinzione estratta, non dalla filosofia greca, o romana, o egiziana, ma da un semplice esame del versetto (1:27) della Genesi: ʼDM/«Adamo, l'uomo» vi ricorre al plurale («li creò»).

il primo essendo ʼDM, «tratto dalla terra»,

ʼDM/«uomo» che fa, esplicitamente nella Genesi, gioco di parole con ʼDMH/«la terra, il suolo, l'humus» — un gioco di parole famoso...

P.S. E facendo gioco di parole con DM/«il sangue», da qui le constatazioni evangeliche sul sangue versato dal Figlio dell'Uomo: quando ʼDM/«l'uomo, Adamo» dà il suo sangue, DM, gli resta ʼ, la prima lettera (alef) dell'alfabeto sacro — non una qualsiasi: la prima. E quando il «figlio dell'uomo»/BN ʼDM perde il suo «sangue»/DM, gli resta, per anagramma, ʼBN/«la pietra» — da cui il ruolo di Pietro l'apostolo (in greco petros, in aramaico traslitterato képhas) nella famosa frase «Tu sei Pietro e su questa pietra...» (frase nella quale «pietra»/ʼDM fa, inoltre, gioco di parole con BNH/«costruire»).

E ʼDM/«Adamo l'uomo» fa anche gioco di parole con il verbo DMH/«essere simile a», da cui le parabole del Figlio dell'uomo che iniziano con l'inciso «è simile a»; da cui, nella Bibbia ebraica, Adamo creato non solo a immagine ma anche «a somiglianza» (DMWŢ) di Dio — senza dimenticare che DMWŢ/«somiglianza» contiene subito MWŢ/«la morte», da cui il tema neotestamentario del Figlio dell'uomo che versa il suo sangue e che muore pur essendo e in quanto è simile a YHWH.

E gioco di parole, infine, con DWMH/«silenzio» — da cui le innumerevoli tesi gnostiche sul Silenzio (al femminile, come in ebraico — perché in ebraico) presente al momento dell'opera della Creazione; da cui il Figlio dell'uomo che fa silenzio, che tace, allorché Pilato lo interroga (silenzio peraltro previsto, sullo sfondo della lingua e non della Storia, da Isaia). E si vuole di più?...Io passo oltre.

e il secondo essendo Gesù-Giosué il risorto (e noi stessi se ci rivestiamo di lui).

Ecco, a proposito di resurrezione, attendo invano che un grecista mi spieghi 1 Corinzi 15:21: «A causa di un uomo... verrà la resurrezione dei morti». Cristiani e non cristiani si figurano che si tratti di una teologia derivata, in ultima istanza, dall'esistenza storica di un Gesù storico; quanto al grecista, è abbandonato.

Non c'è, nel verso, nessun riferimento storico — e, viceversa, nessun mito. Ma del midrash, questo sì. Infatti, per gematria, ʼDM/«Adamo, l'uomo, un uomo» = 45; e 45 è anche il valore di ŢĤYH/«la resurrezione».

Storicisti, mitisti e grecisti sono, indistintamente, qui come altrove, evangelicamente restituiti al loro posto naturale: l'immondizia!

Come ciò? Perché Paolo opera quella distinzione tra due Adami?

Prima di tutto, come ho detto, basandosi sulla Genesi; ma anche considerando quanto segue:

Quando ʼDM/«Adamo, l'uomo» fu/è/sarà creato, vale gematricamente 45 (gC) o 18 (gR). Nessuna relazione con YHWH/«Dio, Yahweh», MŜYĤ/«messia, cristo», o YŜW/«Dio salvatore, Gesù-Giosué», ecc. Ma una relazione diretta, questa, assoluta, totale, inevitabile, con ĤTʼ/«il peccato» (= 18). Il primo uomo, Adamo, è peccatore. Ecco una delle constatazioni cardinali del cristianesimo primitivo. Non c'è modo di uscirne. E Paolo, come gli evangelisti, non ne esce.

D'altra parte, quando questo stesso ʼDM/«Adamo, uomo» si eleva, risorge, prende vita, allora tutto cambia:

Da cui la base di tutte le narrazioni evangeliche; da cui tutte la ricerche delle Epistole paoline. In ebraico. In lingua. Fuori dalla Storia. Sulla base della Bibbia ebraica.

1. elevandosi (al quadrato), perde le sue prime gematrie e abbandona, di colpo, la sua equivalenza (tragica) con ĤTʼ/«il peccato»;

Perdita e abbandono — svuotamento — sulle quali si irradia tutta la teologia paolina, i suoi centri, i suoi angoli e i suoi recessi.

Da cui in effetti (il Figlio del)l'uomo che cancella il peccato di Adamo per mezzo della sua resurrezione, per mezzo della sua elevazione.  

2. elevandosi (al quadrato) e risorgendo, diventa uguale a YHWH/«Dio», YHWH egualmente elevato (egualmente al quadrato) ed egualmente risorto (il Signore, = YHWH, che risorge...);

Da cui la celebre apostrofe di Pilato: «Ecco l'uomo» (il povero Ecce homo dei catechismi), detto altrimenti «Ecco Adamo» — espressione capitale poiché lancia in rilievo la parola, «Adamo»/ʼDM, attorno alla quale circolano sia la resurrezione che l'elevazione evangelica: la narrazione di YHWH che vive-rivive (vale a dire del Messia in procinto di farsi, di adempiersi — e viceversa).

3. elevandosi (al quadrato) e risorgendo, implica con sé, il nostro Adamo, l'elevazione e la resurrezione del Figlio dell'uomo (ciò che gli evangelisti chiamano la sua «glorificazione»):

Termine dalla radice KBD/«essere pesante»: elevandosi al quadrato, YHWH e ʼDM/«Adamo, l'uomo» e BN ʼDM/«figlio dell'uomo» diventano pesanti; aumentano i loro valori gematrici. (Vi sarebbe molto da dire sulla «gloria» e sulla «glorificazione» — ebraico KBD — come le manipola il midrash neotestamentario. — Su di esse, ovunque nei commentari dei cosiddetti studiosi della Chiesa, ci sono fraintendimenti).

ora «figlio dell'uomo» BN ʼDM che si eleva e risorge genera il numero 386, un numero equivalente a YŜW/«Gesù-Giosué-Dio salvatore».

Conclusione: quando Paolo (o lo pseudo-Paolo) distingue due Adami, lo fa sulla base di un enorme lavoro sulla lingua; agendo così, egli scruta, vertiginosamente, non la Storia ma la Bibbia ebraica.

... Ed è su questi temi e queste tesi, per midrash, per esame cabalistico della Bibbia, che i cristiani primitivi costruiscono la Passione e la resurrezione — all'ingrosso! — di Gesù, dell'Uomo, del Messia-Cristo e di YHWH.

E il tutto davanti a testimoni: vale a dire davanti alle attestazioni prodotte (molte volte, come si conviene ad una testimonianza ebraica!) da versi e versi della Bibbia ebraica. Dal testo: non da chissà quale Storia.

E si capisce ora senza difficoltà né torcicollo l'efficacia manifesta di molte frasi oscure (ingiustificabili... inammissibili...) del Nuovo Testamento:

 

Per esempio?

 

Romani 6:6:

«...il nostro vecchio uomo (= Adamo) è stato sospeso con (il Cristo)...»

«Sospeso» (radice ebraica ŢLH) e non «crocifisso». E: «sospeso al legno, all'albero»:

1. colui che, nel giardino dell'Eden, era/è/sarà chiamato «albero (legnoŞ) della conoscenza del bene e del male» — da cui la sospensione, anche, dei due ladri del vangelo, un buon ladrone e un cattivo ladrone; da cui, anche, il tema del «buon pastore»/RH TWB, espressione che lega inestricabilmente «il bene»/TWB e «il male»/R;

2. e quello che, in questo stesso giardino o Paradiso, è/era/sarà chiamato «albero della vita» (detto altrimenti, secondo l'interpretazione midrashica dei primi cristiani, «l'albero della resurrezione»).

E, insisto, il tutto nel giardino dell'Eden (DN = 34 = RWĤ/«Spirito»), giardino espressamente menzionato nei cosiddetti racconti storici della cosiddetta crocifissione storica! (cfr. Giovanni 19:41: «...nel luogo dove era stato/è/sarà sospeso, vi è/era/sarà un giardino» — e poi consultate Giovanni 20:15, verso nel quale Maria prende Gesù il risorto per «il giardiniere», altrimenti noto, in ebraico, con BL HGN, letteralmente «il padrone del giardino — del Paradiso», la cui gematria è 52, la stessa di BN/«Figlio» o di MŜYĤ/«messia-cristo»!) Tutto ciò ricavato dalla Genesi...

Ed Efesini 4:22-24:

«...deporre l'uomo vecchio... e rivestire l'uomo nuovo, che è stato/è creato/sarà creato secondo Dio...»

Con i soliti errori, in francese come in greco, sul tempo dei verbi: errori che tento, qui — impossibilmente... — di cancellare.

 Con, in premio, un mostruoso fraintendimento su «secondo» in e sotto il quale si dovrebbe leggere l'ebraico K/«in quanto» (Adamo essendo gematricamente identico a YHWH quando è il nuovo Adamo, colui che risorge e vive per sempre: colui che, come YHWH, eleva le sue lettere al quadrato).  

E, per coronare il tutto, 2 Timoteo 3:17:

«...affinché l'uomo- Dio

E non «l'uomo di Dio» come lo vedo tradotto dappertutto.

sia compiuto...»

Compiuto storicamente? no: dal midrash, nella cabala.

 

COME VOLEVASI DIMOSTRARE

E poi, come ci aiutano i manoscritti greci! come sanno, involontariamente ma nei punti giusti, tradire l'ebraico da cui derivano... Guardate un po' la variante di Giovanni 9:35:

A volte vi si legge «Credi tu nel Figlio dell'uomo?» e a volte «Credi tu nel Figlio di Dio?»

Da una versione all'altra, ʼDM/«uomo» e YHWH/«Dio» sono qui, secondo i manoscritti greci presi di mira, intercambiabili. Perché? — ancora una volta perché la somma dei quadrati di ʼDM/«uomo» è uguale, nell'ebraico di origine, alla somma dei quadrati di YHWH/«Dio» (valore comune: 186) — e per nessun'altra ragione. In questo verso (con varianti) e nell'episodio dove trova il suo posto, già  è presa in conto (caso di dirlo!) l'elevazione dell'uomo (e del Figlio dell'uomo) e l'elevazione di YHWH (e del Figlio di YHWH, del Figlio di Dio) — e presa in conto anche  l'equivalenza di queste due elevazioni parallele.

Questo ci fornisce, ancora una volta ovviamente (con prove convincenti: non sulla base di impressioni approssimative raccolte negli effluvi nebulosi di un messale indoeuropeo), la base di molti dei più importanti versetti del Nuovo Testamento (base antistorica) e la loro realizzazione. E di questi versi, questo è il più terribile:

Giovanni 8:28: «...quando avrete elevato il Figlio dell'uomo, allora saprete che io sono ...»

Frase che occorre in una messa in relazione tra il Padre (detto altrimenti, YHWH) e Gesù-Giosué (che qui si chiama «figlio dell'uomo»). Frase nella quale, alla luce del suo ebraico originale — retrovertibile senza difficoltà —, tutti i tempi dei verbi sono grossolani fraintendimenti.

Traduzione di Claude Tresmontant: «quando eleverete il figlio dell'uomo allora saprete che sono io» — e il traduttore, pur commettendo i soliti errori sui tempi dei verbi, retroverte molto giustamente il «sono io» ottenendo l'ebraico ʼNY HWʼ (letteralmente «io lui» — così si esprimono, i Semiti....) — ma non indovina affatto il senso efficace della frase.

Elevare il Figlio dell'uomo è fargli acquisire, mediante elevazione al quadrato delle sue lettere, il valore 386, numero equivalente a YŜW/«Gesù-Gosuè-Dio salvatore».

Sotto il versetto (ebraico) di Giovanni — che non li nomina! — vi sono dunque sia Giosuè-Gesù che Dio salvatore (YHWH in quanto salva).

Elevare il Figlio dell'uomo è anche elevare l'uomo: e l'elevazione al quadrato di ʼDM/«Adamo, l'uomo» equivale allora a quella di YHWH/«Dio».

Elevamento al quadrato di ʼDM: 1² + 4² + 13². Elevamento al quadrato di YHWH: 10² + 5² + 6² + 5². In entrambi i casi si ottiene 186.

Si ricordino con vigore queste due equazioni

E ciò che portano e sostengono: Yahweh, Gesù, Giosuè, il Salvatore, il Signore salvatore, Adamo, il Figlio dell'uomo — tutto cià in connessioni. Connessioni lessicali. Connessioni antistoriche.

e si rifletta un momento su «Io sono» o «Sono io» di Giovanni 8:28; su di esso sprofondano e collassano tutte le illusioni di ieri e di oggi su un Nuovo Testamento preparato da analfabeti, gente di poco, da poveri galilei ignoranti — e contro di esso viene anche a polverizzarsi tutta la cosiddetta dimensione storica del corpus.

L'ebraico sottostante a «Io sono» (o «Sono io») era originariamente ʼNY HWʼ/«io lui».

Ma ʼNY HWʼ non significa «sono io» ma, indistintamente: «sono/ero/sarò io in adempimento ed in inadempimento» (così recitano, in effetti, la grammatica e la semantica degli ebrei: non posso farci niente).

E se il mio lettore non capisce nulla, che sia cristiano o no, da queste espressioni semitiche, si consoli pensando che il Nuovo Testamento non è stato originariamente scritto per l'indoeuropeo che è.  

E quella microscopica — e, si vedrà, gigantesca — dichiarazione irrompe nei vangeli (diverse decine di volte) con la gioia delle più grandi: vi circola, volentieri, sotto il greco egō eimi (letteralmente «io sono», eimi essendo il verbo «essere» in greco, verbo originariamente assente dall'ebraico a questo punto). E va in giro a fare prodigi.

Prodigi?

In Matteo 14:27, Marco 6:50 e Giovanni 6:20, per esempio, rassicura:

«...non abbiate paura, sono io... (ʼNY HWʼ

ʼNY HWʼ/«sono io» deve costituire in effetti un balsamo straordinario, perché «non abbiate paura (o: non avete) paura» è, nel Nuovo Testamento (quando lo si sa leggere) come nell'Antico, un'ingiunzione comunemente pronunciata dagli Angeli (dai messaggeri di YHWH), dagli esseri divini o da YHWH stesso.

In Giovanni 18:5-8, fulmina:

«...chi cercate?». — Gesù il Nazareno.

«Nazareno» non significa affatto «abitante di Nazaret», dal momento che «Nazareth»/NŞRŢ è, nel corpus, solo una parola falsificata, un artefatto derivante dal midrash (cfr. più sotto).

Sono io...

ʼNY HWʼ, letteralmente, «io lui» senza alcun verbo.

Quando Gesù disse loro: Sono io... caddero a terra...»

Detto altrimenti, «caddero sulla Terra», alla maniera dei Nephilim (letteralmente, «coloro che cadono») del capitolo 6 della Genesi. Tutto questo passo evangelico è anche il risultato di un midrash su Genesi 6.

In Luca 24:39, l'esclamazione non fulmina né rassicura; rivela:

«...guardate le mie mani e i miei piedi, sono io...»

E sempre ʼNY HWʼ. — Vi riscontriamo quindi una formula senza pari, una formula chiave. Perché?

Senza coprire questo perché con la minima risposta, corro ad altro. Alla Galilea.

 

Per adempiere il messianismo del messia-figlio di Davide inventato dall'antico giudaismo (quello dopo l'esilio babilonese), il Gesù-Giosué (Dio salvatore) evangelico è detto nato a Betlemme — il paese natale, in effetti, di Davide. E quella nascita si accompagna, nella favola evangelica, da un confortante numero di riferimenti all'Antico Testamento. Nascita anti-storica. Nascita per midrash. Il luogo di nascita del Gesù-Giosué dei vangeli rinvia, di conseguenza, non alla Storia, ma alle ricerche e alle dottrine escatologiche del giudaismo antico (o: dei giudaismi antichi).

Giudaismo che sviluppa anche una dottrina del messia-figlio di Giuseppe: da cui Giuseppe come padre evangelico di Gesù-Giosuè. — Su Betlemme e su Giuseppe, i vangeli impalcano (esibiscono — scoprono nella Bibbia ebraica) delle reti cabalistiche di cui ho abbozzato un'analisi nel mio tomo 1 — ci ritornerò.

In compenso, il luogo di residenza di Gesù-Giosué è la Galilea; la Galilea e Nazaret. Perché?

Perché versi del tipo di Matteo 2:23:

«...(Giuseppe) andò ad abitare in una città chiamata Nazaret.

Ad abitare storicamente? no: per midrash — infatti vedete il seguito.

Affinché si adempisse

Adempiere il compito di uno storico (di un giornalista, di un testimone oculare dotato d'occhio) che prende, sul posto, appunti da cronista coscienzioso ? — No: adempiere la Scrittura  — infatti vedete il seguito.

l'oracolo dei profeti:

E sì: non Storia sul posto — la profezia: midrash della Bibbia!

Sarà chiamato nazareno...» ? 

Stop + alt. Anch'io, in questa occasione, decido di diventare loquace.

In nessun angolo della Bibbia ebraica, né tra i profeti né altrove, si trova l'oracolo citato qui. Tutte le citazioni bibliche fornite (a secchiate) nei vangeli come basi e giustificazioni della narrazione sono (erano, in ebraico) esatte e date come tali: dappertutto sono, quantomeno, rintracciabili. Questa («Sarà chiamato nazareno») è a sua volta data come esatta da Matteo, mentre è, sola tra tutte, — da vicino e da lontano — assente nella Bibbia. E nessuno è seriamente sorpreso da questo. L'evangelista dice (a persone che — ebrei come lui — hanno la loro Bibbia in mano, e la sanno a memoria) che «Sarà chiamato nazareno» figura in un testo di un profeta della Bibbia, e in nessun libro di nessun profeta della Bibbia si legge quella frase. Da qui le glosse imbarazzate degli studiosi (e, all'inizio, dei Padri della Chiesa), poi il loro completo silenzio. — Ebbene, io affermo, invece, che quella citazione è nella Bibbia, e che è proprio presa  dai profeti — per esempio da Daniele, da Geremia, ecc.

La retroverto.

Il greco dice questo, parola per parola (parole senza senso, come è giusto): «...la parola dei profeti che nazoraios sarà chiamato...». Io retroverto; e trovo:

Originariamente, in questo punto, «parola» si scriveva DBR; «profeta» si scriveva NBYʼ (plurale NBYʼYM); «che» si scriveva KY; e «nazoraios-nazareno» si scriveva NŞR (o NŞRY o NWŞRY, ecc.). Per cui i termini così retrocessi al loro semitico originale formavano la sequenza:

DBR + NBYʼ + KY + NŞR,

sequenza che non è altro che un duplicato di... Nabucodonosor! (in ebraico NBWKDNʼŞR), personaggio che ossessiona, in effetti senza il minimo dubbio possibile, i profeti Geremia, Ezechiele e Daniele.

Facendo di ogni erba un fascio (ebraico), gli evangelisti, da eroi cabalisti che sono, fanno stabilire Giuseppe, padre (midrashico) di Gesù-Giosué-YHWH il salvatore, a Nazaret per adempiere la Scrittura grazie ad un tonitruante suono della parola, biblica, «Nabucodonosor». Grande sorpresa...

E, si prenda presto attenzione, «Nabucodonosor»/NBWKDNʼŞR è una parola di una ricchezza tra le più feconde. Pensate: fa sprizzare, per anagrammi o no, e tra altri (!), i vocaboli che seguono:

— KBWD/«gloria» (cfr. la glorificazione del Figlio dell'uomo);

— DBR/«parola, cosa» (cfr. il Verbo del prologo di Giovanni);

— BN/«figlio» (termine equivalente gematricamente a MŜYĤ/«messia, cristo» — valore comune 52; termine sovrano nel Nuovo Testamento);

— NŞR/«germoglio» (termine presente, in punti strategici, nelle profezie della Bibbia; termine applicato dagli evangelisti a Gesù-Giosué);

— BKWR/«primogenito» (termine incluso in uno dei titoli conferiti a Gesù-Giosué); — BRWK/«benedetto» (anagramma del precedente — termine incluso anche in uno dei titoli neotestamentari di Gesù-Giosué);

ʼDWN/«signore, padrone» (titolo cristiano primitivo di Gesù-Giosué in quanto egli è YHWH che risorge);

— ŞʼN/«gregge» (termine — plurale-singolare, in ebraico — che occorre nella metafora di Gesù-Giosué pastore);

ʼBN/«pietra» (termine iper-frequente nel Nuovo Testamento, e dal massimo esoterismo);

— RŞWN/«volontà, provvidenza» (termine, intraducibile, che percorre l'insieme del Nuovo Testamento);

ʼBDWN/«distruzione totale, perdizione, abisso» (termine che emerge, con grande terrore, sia nei Vangeli che nelle Epistole e nell'Apocalisse canonici,  ogni volta che l'escatologia vi traspare);

ʼRŞ/«la terra, il territorio d'Israele» (termine che, siccome Gesù è Giosuè, ha un'estrema importanza estremamente nelle narrazioni dei vangeli — termine che le nostre traduzioni massacrano vedendovi e dandovi a vedere persino il globo terrestre);

ʼWŞR/«tesoro» (cfr. varie parabole evangeliche);

— DN/«il giudizio» (termine che anche i sordi sentono risuonare in tutto il Nuovo Testamento);

ʼRWN/«la cassa» (quella, per esempio, di Giuda — vale a dire quella che la tribù di Giuda detiene sul suo territorio poiché detiene il Tempio e le chiavi dell'economia sacra: termine che le nostre traduzioni hanno trasformato in «borsa», in «portafoglio»! — mentre ʼRWN è anche, nei tempi antichi, l'Arca dell'Alleanza...);

Ecc. ecc.

Tutto questo sia in Nabucodonosor sia in Matteo 2:23 («sarà chiamato nazareno»)...

Inoltre, Nabucodonosor è, nella Bibbia, MLK BBL/«il re di Babilonia»; ora l'Apocalisse di Giovanni designa cripticamente Gerusalemme (la Gerusalemme terrena) sotto il nome di «Babilonia» — questo l'ho dimostrato nel mio tomo 1. Vale a dire che il midrash cristiano utilizza in pieno la lettura che fa, nella Bibbia, di «Nabucodonosor re di Babele»; se ne serve e ri-serve abbondantemente. (Ma il greco ha perso ogni traccia neotestamentaria di questo nome e del suo potere cabalistico). Ma abbrevio. Ritorno alla Galilea, a Nazaret; e a ʼNY HWʼ/«sono io»:

Nazaret.

Nessuna città o paese con questo nome esiste nel I° secolo della nostra era, non più in Galilea che altrove. (nonostante vedo quella città o paese venire a interferire in tutti gli atlanti del Nuovo Testamento...) Eppure Nazaret esiste proprio, narrativamente, nei Vangeli. E questo termine vi esiste, narrativamente, per una ragione semplicissima: di gematria:

«Nazaret» è, in ebraico, NŞRŢ, senza esitazione possibile sulla sua radice (NŞR — e non NŜR o NZR): i cristiani sono soprannominati dai farisei, per esteso nei Talmud e altrove, NWŞRYM (radice, in effetti, NŞR), vale a dire «gli osservanti», i — tenetevi forte! — «conservatori».

NŞRŢ vale, aritmeticamente, 14 + 18 + 20 + 22 = 74. Ora 74 è, nella prima parola della Genesi, «in principio», il valore stesso di RʼŜYŢ/«principio».

Invece di BRʼŜYŢ/«in principio», gli evangelisti cristiani ebrei primitivi ci obbligano e si obbligano di conseguenza a leggere BNŞRŢ/«a Nazaret» proprio all'inizio della Torà.

E notate subito che 74, gematria di «principio» e di «Nazaret», è anche la gematria di D/«testimone, testimonianza». BRʼŜYŢ/«in principio» può pertanto leggersi, in Genesi 1:1, BD/«da e nella — una testimonianza, in testimonianza» — da cui, per esempio, il tema del testimone primordiale nel prologo di Giovanni — da cui, anche, tutto il midrash evangelico e paolino (e apocalittico) sulla nozione di testimonianza.

In quanto figlio di Davide, il messia cristiano nasce a Betlemme (in Giudea); in quanto figlio di Giuseppe, ha la sua residenza a Nazaret — e quella residenza gli è concessa non dalla Storia di eventi ma grazie ad un'esegesi ebraica della prima parola della Genesi.

L'efficacia di Genesi 1:1 e del suo midrash è considerevole nel prologo di Giovanni (l'ho mostrato nel mio tomo 1); si scopre ora che non è considerevole se non in questo prologo.

Nazaret, nome fittizio, nome gematrico, non è situata, nei Vangeli, da nessuna parte se non in Galilea.

Si pensi a tutti i versi dei vangeli che parlano della Galilea...

Non posso esaminarli in dettaglio. Bisogna che il mio lettore conservi nelle mani l'arte e la possibilità di colmare le lacune — volontarie (anche se a volte nervose) — della mia dimostrazione.

Anche la Galilea appare in Genesi 1:1; ma sì, in «In principio Dio creò il cielo e terra»: come Nazaret — per gematria.

L'ebraico stupidamente tradotto con «In principio Dio creò...», ecc.

Con, come minimo, un fraintendimento sul tempo del verbo.

vale, gematricamente, 2701. E 2701 possiede per fattori primi 37 e 73.

37 e 73, l'ho mostrato nel mio tomo 1, sono la gR e gC di ĤKMH/«la Sapienza» — da cui le elaborazioni bibliche e gnostiche, ebraiche e samaritane sul tema della Sapienza presente al momento dell'opera di Creazione.

Ma 37 e 73 si ritrovano essere — come per caso — la gR e la gC di GLYL/«la Galilea».

Perché, come per caso:

1. GLYL = 3 + 12 + 10 + 12 = 37 (gR, gematria per ranghi);

2. GLYL = 3 + 30 + 10 + 30 = 73 (gC, gematria classica).

Il caso, lì e ovunque, ha una scusa valida...

La Galilea, assente semanticamente e graficamente da Genesi 1:1, vi va al suo (pieno — non usurpato...) posto  per gematria, aritmeticamente: mediante moltiplicazione dei suoi valori numerici, la Galilea è nel verso numero uno del libro numero uno della Torà.

Da cui, in vari passi evangelici e negli Atti degli Apostoli, l'idea che la Galilea sia un luogo del «principio» (quello di Genesi 1:1, appunto): cfr. Matteo 26:32, «...dopo la mia resurrezione, io vi precederò in Galilea...» (= Marco 14:28) o Atti 10:37, «...cominciando dalla Galilea...».

Gli evangelisti, da virtuosi del midrash, lo sanno; né analfabeti né sempliciotti, lo hanno scoperto; lo dicono nelle loro narrazioni! e nessuno lo vede!

Per riassumermi:

1. Nazaret risulta evangelicamente da un midrash su (B)RʼŜYŢ/«(in) principio» come inaugura Genesi 1:1; e:

2. la Galilea risulta evangelicamente da un midrash sull'insieme di Genesi 1:1.

Nazaret e la Galilea (e la Sapienza, e il Testimone-Testionianza) partecipano così, in quanto parole, alla Creazione divina-sacra.

N.B. Nessuno dei Padri della Chiesa, disseminati (fino al concilio di Firenze, nel 1439) nei 390 volumi delle Patrologie greche e latine di Migne — nessuno! — ha la minima intuizione dell'origine aritmetica di Nazaret o della Galilea dei Vangeli: la minima intuizione del perché del loro intervento nel corpus di cui loro tutti, con fierezza non senza orgoglio, si pretendono i versati e i depositari...

Procedo.

E arrivo finalmente a ʼNY HWʼ/«sono io».

E io dico:

Come la Galilea, e come la Sapienza, questo «sono io» ha per gematrie:

1. gR, gematria per ranghi: 1 + 14 + 10 + 5 + 6 + 1 = 37;

2. gC, gematria classica: 1 + 50 + 10 + 5 + 6 + 1 = 73.

Ma lo ripeto, 37 x 73 = 2701; e 2701 è la gematria (gC) di Genesi 1:1.

Ed ecco davvero perché quella formula, insignificante in greco, insignificante in francese (insignificante al fuori dell'ebraico), riveste un potere strategico nel Nuovo Testamento quando una buona — e facile — retroversione la recupera: in essa si riassumono e si fissano — esplodono — tutta la forza e tutta la problematica della Creazione. (Creazione che si inaugura, appunto, da e in Genesi 1:1).

Facendo scorrere sulle labbra del Gesù-Giosué narrativamente evangelico, tante e tante volte, quella formula ʼNY HWʼ/«sono io», gli autori cristiani primitivi sapevano cosa facevano: non affermavano nient'altro che l'inclusione della salvezza divina

YŜW = Gesù-Giosué = YHWH-Dio salvatore.

all'inizio dell'opera di Creazione.

E ciò, lo ripeto, da un midrash su Genesi 1:1. E non utilizzando microfoni e taccuini di giornalisti!

Riassunto, di nuovo, dai miei episodi precedenti: per midrash, per una lettura che adempie la Bibbia ebraica, gli scrittori evangelici esprimono fuori dalla storia il fatto

Fatto eterno e sacro, secondo loro: perché, per loro, la Torà è la parola sacra dell'Eterno.

che la Galilea, Nazaret e «Sono io» esistono nel primo verso sacro della Creazione sacra (la Genesi). Il soggiorno di Gesù-Giosué/Figlio dell'uomo/Figlio di Dio/messia-cristo in Galilea e a Nazareth è estratto, dai primi cristiani, da Genesi 1:1 allo stesso modo in cui sono estratti, da loro, tutti i «Sono io» narrativamente (e non storicamente) pronunciati dal cristo del Vangelo.  — E riecco il risultato narrativo dell'«adempimento (cristiano) delle Scritture» — adempimento geografico qui (la Galilea, Nazaret) e adempimento oratorio là («Sono io»).

E non ho finito. Su questo «Sono io», ancora — non senza esultanza — questo:

In ʼNY HWʼ (letteralmente «io lui»), vi è HWʼ («lui»). Ora HWʼ/«lui» si ritrova essere, nel giudaismo (di tutte le tendenze), uno dei sostituti reverenziali di YHWH, uno degli pseudonimi del nome più sacro di Dio.

La ragione di questo pseudonimo dipende dall'identità dei pleromi di YHWH/«Yahweh, Dio» e di HWʼ/«lui».

1. Pleroma (cioè sviluppo di lettere) di YHWH: YWD + HH + WW + HH. Gematria: 52. 2. Pleroma di HWʼ/«lui»: HH + WW + ʼLP. Gematria: 52.

Ne risulta che dicendo «Sono io» (letteralmente «io Lui»), il Geù-Giosué delle narrazioni evangeliche non dice nient'altro che ʼNY YHWH (letteralmente «io Yahweh»): «Io sono Yahweh, io ero Yahweh, io sarò Yahweh — in adempimento ed in inadempimento».

Al momento del battesimo del Giordano, si capisce subito uno dei perché della discesa dello Spirito di YHWH su Gesù-Giosué! (Per qualche altro motivo che riguarda quella discesa, cfr. il mio tomo 1)...

Si afferra ora ciò che quella proclamazione ha di effettivamente sconvolgente, e di miracoloso, e di rassicurante — di enorme. Ma lo si comprende per midrash e in ebraico: non in greco e non storicamente.

E tutto concorda; e tutto ha un senso. E tutto concorda, difatti, in ebraico; non in greco — o in latino, o in francese; e, ancora una volta, in riferimento esclusivo all'Antico Testamento: non nella Storia.

...Ma siccome il mio lettore (quello soprattutto che continua e persiste a credere nella storicità giornalistica delle narrazioni evangeliche) non è, per il momento, sufficientemente impressionato, io proseguo. E accumulo. Scaturite da tutte le parti, accumulo le connessioni (biblico-ebraiche) del lessico.

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