domenica 11 febbraio 2024

Gli scritti di San Paolo — EPISTOLA AGLI EFESINI (IL MISTERO RIVELATO ORA... E AI PROFETI)

 (segue da qui)

EPISTOLA AGLI EFESINI 

L'epistola agli Efesini è intimamente apparentata all'epistola ai Colossesi. Ma i critici che sono generalmente d'accordo nell'ammettere l'autenticità di questa, si accordano anche nel respingere quella. Secondo loro quella cosiddetta epistola è una libera composizione scritta con l'aiuto dell'epistola ai Colossesi tra gli anni 100 e 120. 


1. IL MISTERO RIVELATO ORA... E AI PROFETI

In 3:35 Paolo, dopo aver menzionato la rivelazione del mistero che gli è stata concessa, dice che questo mistero non è stato manifestato «nelle altre generazioni» come è stato rivelato ora ai «santi apostoli». Aggiunge che il suddetto mistero è stato rivelato «ai profeti per mezzo dello Spirito». I profeti menzionati qui sono i personaggi di cui gli Atti ci parlano qua e là come Agabo o le figlie del diacono Filippo (Atti 11:28; 21:9, 10)? Impossibile fermarsi a quella ipotesi, che pure ha sostenitori. I «profeti» che si incontrano nei primi tempi del cristianesimo possedevano il privilegio di leggere nel futuro; ma erano stati iniziati al mistero del Cristo tramite l'insegnamento degli apostoli e non per una rivelazione dello spirito. I suoi profeti, di cui si parla qui, che sono posti sullo stesso piano degli apostoli e a cui il mistero è stato rivelato «per mezzo dello Spirito», sono i profeti dell'Antico Testamento. 

Ma qui si presenta una contraddizione irriducibile. Se il mistero del Cristo non è stato rivelato ai figli degli uomini prima dei santi apostoli, i profeti dell'Antico Testamento non lo hanno affatto conosciuto, non lo hanno affatto annunciato. E se esso è stato rivelato «per mezzo dello Spirito» ai profeti dell'Antico Testamento, gli uomini delle generazioni precedenti non sono stati senza averne qualche manifestazione. Non si può ricorrere all'espediente di una negligenza di stile, perché si ha l'impressione nettissima che tutte le parole di quella frase vi siano state messe intenzionalmente. Due autori sono passati da lì. Uno ha detto che il mistero del Cristo era restato nascosto agli uomini delle generazioni precedenti. L'altro ha notato che lo Spirito l'aveva rivelato ai profeti. E quest'ultimo è evidentemente il secondo in ordine di tempo e la sua nota ha per scopo di correggere l'asserzione del primo.

Si potrebbe pensare che il secondo editore si sia limitato ad aggiungere le parole «e ai profeti per mezzo dello Spirito», e che il testo primitivo menzionasse la rivelazione fatta «ora ai suoi santi apostoli». L'epistola ai Colossesi ci permette di evitare quell'errore. Essa ci presenta un testo parallelo a quello che studiamo qui. Essa parla in 1:26 del «mistero nascosto ai secoli e alle generazioni (che) è stato rivelato ora ai suoi santi». Osserviamo questi «santi» ai quali il mistero è stato rivelato ora. Non sono gli apostoli, sono i semplici cristiani. Chiaramente l'espressione dell'epistola ai Colossesi e l'espressione dell'epistola agli Efesini dipendono l'una dall'altra oppure, in ogni caso, da una fonte comune. Quale delle due è primitiva o rappresenta il testo primitivo? Deve essere necessariamente quella che è meno favorevole alla tesi cattolica, quella che non menziona gli apostoli. Ed ecco la prova acquisita che l'interpolatore dell'epistola agli Efesini ha lavorato sia sul testo dall'epistola ai Colossesi, sia su un testo identico; la prova acquisita che egli non si è limitato ad aggiungere alla versione primitiva «i profeti per mezzo dello Spirito», ma vi ha anche introdotto gli «apostoli»

Questo fatto, si dirà, è senza conseguenza. Questo è ciò che andremo a vedere. Riprendiamo il nostro testo 3:3-4: «È per rivelazione che mi è stato manifestato il mistero, secondo quanto ho scritto brevemente. Leggendo potete concepire la mia intelligenza, nel mistero del Cristo». In presenza di quella dichiarazione non esente da vanteria, si prova l'impressione che Paolo sia stato l'unico a ricevere la rivelazione del mistero cristiano, che sia stato il solo, all'inizio, ad averne la comprensione. Si prova quell'impressione, ma non ci si ferma qui, non si ha il diritto di fermarsi qui a causa dell'asserzione seguente che fa da contrappeso: «Esso è stato rivelato ora ai suoi santi apostoli». È proprio evidente che Paolo non rivendica il monopolio della rivelazione del mistero del Cristo poiché, di sua propria confessione, i santi apostoli sono stati — naturalmente prima di lui — favoriti della stessa rivelazione. Quella conclusione è l'unica autorizzata dallo stato attuale del testo che gli serve da base. Ma se la base dovesse crollare, sarebbe essa stessa spazzata via. Ma noi abbiamo visto la base crollare sotto i nostri occhi. Il nostro testo attuale è il risultato di un rimaneggiamento artificiale. In origine Paolo non faceva affatto menzione dei santi apostoli, non più dei profeti. Egli parlava della sua rivelazione; parlava solo di essa. Il contrappeso, il correttivo che constatiamo oggi è stato introdotto più tardi. Ed ecco la conseguenza di questo stato di cose. Attualmente Paolo non rivendica altro onore se non di aver partecipato alla rivelazione del mistero cristiano accordata ai santi apostoli. Ma primitivamente egli aveva altre pretese. Egli si dava come il primo detentore della rivelazione. Prima di lui nessuno aveva conosciuto il mistero cristiano. Lui solo aveva ricevuto direttamente dal cielo questo tesoro ed era stato incaricato da Dio a diffonderlo. Egli esercitava peraltro la sua augusta missione con grandi proteste di umiltà. Egli dichiarava di essere (8) «il minimo di tutti i santi», il minimo di tutti i fedeli, come, più tardi, papa Gregorio si definirà servus servorum nel momento in cui  governerà i vescovi della Chiesa latina. Paolo voleva proprio essere l'ultimo dei cristiani per la virtù. Egli si accontentava di sopprimere gli apostoli. Si vede che una seria operazione era necessaria per mettere il nostro testo d'accordo con la dottrina cattolica. 

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