mercoledì 31 gennaio 2024

Gli scritti di San Paolo — EPISTOLA AI GALATI (VERSIONE PAOLINA)

(segue da qui)

EPISTOLA AI GALATI

Lascio ai dotti la difficoltà di decidere da dove provenissero i Galati di cui la nostra epistola si occupa e dove abitavano. Arrivo al fatto.

 Le chiese fondate da Paolo nella Galazia — o del nord o del sud — si componevano prima di tutto di ex-ebrei che l'apostolo aveva incontrato nelle sinagoghe e che aveva guadagnato alla propria propaganda. Ma comprendevano anche alcuni ex proseliti incirconcisi. Molti di questi ultimi, sedotti dai correligionari di origine ebraica che pretendevano di essere gli interpreti autorizzati del pensiero di Paolo, si erano lasciati imporre il giogo della circoncisione. Altri che resistevano ancora alle sollecitazioni dei giudaizzanti erano sul punto di soccombere. 


VERSIONE PAOLINA 

Informato di quella situazione Paolo rimprovera i Galati (1:67); li prende col sentimento che evoca i ricordi del passato (4:13-20); ma soprattutto ragiona con loro. Solo i suoi ragionamenti importano qui: facciamo la loro conoscenza.  

Sono in numero di tre. In uno di essi (5:11) Paolo risponde ai giudaizzanti che si presentavano come gli interpreti del suo pensiero: «Se predico ancora la circoncisione, perché sono perseguitato?» È una smentita a seguire (12) una fandonia. Basta  menzionarle, essa e la battuta che l'accompagna. 

1. La promessa fatta ad Abramo.

Il secondo argomento è esposto in 3:6-29 (previa sottrazione di alcuni supplementi di cui parleremo più oltre). Questo è l'argomento fondamentale. Per capirlo alcune nozioni preliminari sono indispensabili. Occorre quindi sapere che, tra Paolo e i giudaizzanti che hanno sedotto i Galati, vi è accordo su tre punti e conflitto su un quarto. Si è d'accordo principalmente nel credere che una promessa è stata fatta ad Abramo; si è anche d'accordo sull'oggetto di quella promessa; infine ci si accorda nell'ammettere che solo i figli di Abramo parteciperanno alla sua promessa. Il conflitto verte sulle condizioni richieste per essere figli di Abramo. I giudaizzanti dicono: «Si è figli di Abramo solo per l'osservanza della legge e in particolare per la circoncisione; da cui consegue che parteciperanno alla promessa fatta ad Abramo solo coloro che osservano la legge e, soprattutto, che sono circoncisi». «No», replica Paolo, «si è figli di Abramo solo quando si ha la fede che ha avuto Abramo; e solo coloro che credono parteciperanno alla benedizione di Abramo il credente (9)». Essendo questo punto l'unico in disputa Paolo non si preoccupa minimamente che di esso e, per stabilirlo, fa ricorso ad una laboriosa argomentazione il cui pensiero è questo: «Essendo stata fatta con quella clausola la promessa, che essa sarebbe stata ottenuta per mezzo della fede, la legge sopravvenuta solo quattrocentotrenta anni più tardi non può annullare la disposizione primitiva, perché se l'annullasse, abolirebbe la clausola essenziale della promessa e, di conseguenza, abolirebbe la promessa stessa. Se infatti l'eredità avviene per mezzo della legge, non  avviene più tramite il mezzo istituito al momento in cui la promessa fu fatta, dato che Dio fece il suo dono ad Abramo con quella clausola, che la si otterrebbe tramite la fede». Teoricamente la sua tesi è che il mezzo utilizzato da Dio per ottenere la promessa è la fede in quella promessa. Ma, in realtà, questo mezzo per come lo concepisce è la fede nel Cristo incaricato da Dio di realizzare la promessa. Per accordare la tesi teorica con la tesi reale egli è stato obbligato a ritrovare il Cristo nel testo che promette la benedizione alla «discendenza» di Abramo. E, con un tour de force prodigioso, lo ha trovato. 

Ciò che preoccupa Paolo è di affermare solidamente contro i giudaizzanti la necessità della fede come mezzo per partecipare alla promessa. Quanto a noi, la nostra attenzione è attirata da un altro aspetto. Ciò che ci interessa è conoscere la promessa stessa, sapere quale ne fosse l'oggetto. Ma Paolo non ha sentito il bisogno di spiegarsi su questo punto che non dava luogo ad alcuna contestazione. Egli non ha detto — perché sarebbe stato inutile — come andava intesa la promessa; si è accontentato a suo proposito di alcune menzioni. Raccogliamole.

Notiamo innanzitutto che Paolo parla della «promessa» (17, 18, 29), ma anche delle «promesse» (16, io trascuro 21). Perché questi due appellativi? Si ha avuto solo una promessa nel senso che Dio si è impegnato a fare un dono ad Abramo. Ma Dio ha rinnovato questo impegno in varie occasioni e ne ha date diverse espressioni che si possono vedere nella Genesi. Le due espressioni sono quindi entrambe legittime ed entrambe hanno la loro ragion d'essere. Quando Paolo parla della promessa al singolare, egli ha in vista il dono che Dio ha preso l'impegno di fare ad Abramo e alla sua discendenza. Quando egli parla delle promesse, egli si riferisce alle molteplici espressioni della promessa che la Genesi ci presenta.

Queste espressioni si riducono a due gruppi. Uno comprende i testi dove (secondo la Septuaginta che Paolo ha utilizzato) si parla di una benedizione. In 12:3 Dio dice ad Abramo: «Tutte le tribù della terra saranno benedette in te». In 18:18: «Abramo diverrà un popolo grande e numeroso, e tutti i popoli della terra saranno benedetti in lui». In 22:18: «Tutti i popoli della terra saranno benedetti nella tua discendenza».

All'altro gruppo appartengono i testi in cui Dio si impegna a donare il paese di Canaan ad Abramo e alla sua discendenza. In 13:15: «Tutto il paese che vedi, lo darò a te e alla tua discendenza per sempre». In 15:7: «Io sono il Signore che ti ho fatto uscire dal paese dei Caldei per darti quella terra in modo che tu la erediti». In 17:8: «Darò a te e alla tua discendenza dopo di te quella terra dove cammini da straniero, tutto il paese di Canaan in possesso perpetuo»

Questi due gruppi di pensieri si completano l'un l'altro. [1]

In Galati 3:8, Paolo, preoccupato di provare che la fede è il mezzo per partecipare alla promessa, si riferisce al primo gruppo, perché ricorda che tutte le nazioni saranno benedette in Abramo. Ma, in 3:6-29, a quale gruppo si riferisce? Studiamo da vicino i suoi testi. Egli parla due volte di eredità. In 3:18 egli dice: «Se l'eredità viene dalla legge, non viene dalla promessa; ma è mediante la promessa che Dio ne ha fatto dono (ha fatto dono dell'eredità) ad Abramo». E in 3:29: «Se appartenete al Cristo, voi siete dunque la discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa»

Ma noi leggiamo in Genesi 15:7: «Io sono il Signore che ti ha fatto uscire dal paese di Canaan per darti quella terra in modo che tu la erediti». Ecco il testo da cui Paolo ha ricavato la sua idea dell'eredità conferita ad Abramo. Continuiamo. In 3:16, dopo aver detto che le promesse sono state fatte ad Abramo e alla sua discendenza, aggiunge: «Non è detto «e ai discendenti» come a molti, ma «e alla tua discendenza»  come a uno solo». Si vede chiaramente che egli cita una formula scritturale senza cambiarne nulla, poiché si prende cura di riportare la congiunzione «e». Vi devono esserci da qualche parte nella Genesi uno o più testi che offrono l'espressione «e alla tua discendenza». Ve ne sono due, in effetti, e sono solo due. Sono quelli di Genesi 13:15; 17:8 (si veda più sopra). E abbiamo acquisito due volte la prova che, in Galati 3:16-29, Paolo si riferisce ai testi della Genesi nei quali Dio promette la terra di Canaan in eredità ad Abramo e alla sua discendenza. 

Il possesso della terra di Canaan: ecco dunque l'oggetto della promessa fatta da Dio ad Abramo e alla sua discendenza. Ma quella discendenza è soprattutto il Cristo; ma è anche la massa di coloro che appartengono al Cristo per mezzo della fede. Abbiamo qui la tesi che più tardi sarà di nuovo formulata nell'epistola ai Romani. [2]

In entrambe le epistole l'oggetto della speranza cristiana è il possesso di un regno terreno; e il Cristo è il personaggio incaricato da Dio di assicurare il possesso di questo regno. In entrambe le epistole il Cristo è il rappresentante di Abramo; è lì il suo titolo di nobiltà e non in una presunta discendenza da Davide. E questo rappresentante di Abramo ha per missione di realizzare la promessa con cui il grande patriarca fu in passato privilegiato. Il programma di cui egli deve assicurare l'esecuzione, ma che deriva da Dio, è di natura politica; esso consiste nella fondazione di un regno terreno. Solo nell'epistola ai Galati, questo regno ha per confini i confini della terra di Canaan: questo è il regno d'Israele. Esso è esistito nei tempi passati; è scomparso da diversi secoli; ma verrà restaurato. Nell'epistola ai Romani, al contrario, a giudicare da 4:3 che parla dell'eredità del mondo, questo regno si è allargato, non è più confinato nei confini di Canaan. E il Cristo che deve venire non si limiterà a restaurare l'antico regno d'Israele; egli fonderà l'impero del mondo.

2. I due figli di Abramo. 

Il terzo argomento si legge in 4:21-31 (ad eccezione di alcune aggiunte che saranno segnalate più oltre). Paolo, che ha appena dato libero sfogo alle effusioni del suo cuore, utilizza qui la storia dei due figli di Abramo. Uno di questi figli nacque secondo la carne dalla schiava; l'altro nacque secondo la promessa dalla donna libera. Ma solo il figlio della donna libera ereditò. I Galati sono, come Isacco, i figli della promessa. Sono quindi i figli della donna libera.

Naturalmente ciò che Paolo vuole provare è che i Galati, figli secondo la promessa quindi figli della donna libera, sono liberi nel senso che non sono soggetti alle osservanze legaliste. E questo obiettivo, che è il loro, ha per noi solo uno scarso interesse. Ma la nostra curiosità è suscitata dal testo scritturale seguente che è menzionato nel corso dell'argomentazione (30): «Cosa dice la Scrittura? Scaccia la schiava e suo figlio, perché il figlio della schiava non erediterà con il figlio della libera». Inutile dire che l'eredità in questione è quella che Dio ha promesso ad Abramo, vale a dire la terra di Canaan. I cristiani figli del grande patriarca secondo la promessa, figli della donna libera, possederanno questo paese sotto la guida del Cristo che vi ritornerà per fondarvi il suo regno.

 NOTE

[1] Secondo Paolo le nazioni saranno benedette in Abramo nel senso che parteciperanno alla benedizione ricevuta da Abramo: e quella benedizione ricevuta da Abramo è il dono della terra di Canaan che gli è stato fatto da Dio. Questo è quanto risulta da 14 dove si legge che la benedizione di Abramo è riversata sulle nazioni per mezzo del Cristo. In ebraico 12:3 e 18:18 significano che le nazioni porteranno invidia alla razza di Abramo.

[2] L'Epître aux Romains, pag. 13.

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