sabato 30 dicembre 2023

Gli scritti di San Paolo — L'EPISTOLA AI ROMANI (LA RACCOLTA PER I SANTI DI GERUSALEMME)

 (segue da qui)

LA RACCOLTA PER I SANTI DI GERUSALEMME

Verso la fine dell'epistola, 15:25-32, Paolo tratta della raccolta che ha organizzato a favore dei poveri di Gerusalemme, e fa a suo proposito alcune considerazioni sulle quali ci dobbiamo soffermare.

Dice dapprima che i cristiani (di origine pagana) della Macedonia e dell'Acaia sono i «debitori» dei santi di Gerusalemme. E spiega il suo pensiero aggiungendo che le «nazioni» (prova che ha in vista i cristiani di origine pagana) devono essere al servizio dei Giudei nei «beni carnali», perché hanno partecipato ai «loro beni spirituali». Partecipando ai beni spirituali hanno contratto un debito; quel debito, essi lo pagano dando i loro beni carnali. Il ragionamento è chiaro.

Resta soltanto da sapere quali sono questi «beni spirituali» ai quali i cristiani di origine pagana hanno partecipato. Si dice che questi beni indicano la redenzione e la grazia, con tutto ciò che ne consegue. Ma i cristiani di origine pagana possono essere «debitori» dei Giudei solo se hanno ricevuto beni appartenenti ai Giudei, beni che erano di proprietà dei Giudei (notare peraltro l'espressione: «i loro beni spirituali»). Ora, nessuno ha mai creduto che Paolo si rappresentasse la redenzione come un bene appartenente propriamente ai Giudei. L'interpretazione adottata dai commentatori non spiega quindi né come i cristiani di origine pagana partecipino ai beni appartenenti ai Giudei, né come questi stessi cristiani siano debitori dei Giudei. Quale è, esattamente, il pensiero dell'apostolo? Lo vedremo presto. Ciò che è sicuro sin d'ora è che l'informazione fornita dai commentatori è errata.

Passiamo a un altro ordine di idee. Supponiamo che i cristiani di Roma ai quali Paolo invia la sua lettera siano di origine pagana. Essi non hanno potuto mancare di applicare a sé stessi il testo 15: 27. Hanno fatto la riflessione seguente: «Noi, cristiani di origine pagana, noi partecipiamo ai beni spirituali che appartengono ai santi di Gerusalemme. Noi siamo dunque loro debitori. E il debito che abbiamo contratto nei loro confronti noi dobbiamo pagarlo dando loro i nostri beni carnali». La lettura di 15:27 ha avuto come risultato di incitarli a inviare la loro elemosina a Paolo. Non si è quindi avventati nel pensare che Paolo abbia previsto questo risultato, e che, avendolo previsto, lo abbia voluto, e che abbia scritto 15:27, proprio per ottenere del denaro dai cristiani di Roma. [1]

Ma forse i destinatari dell'epistola ai Romani erano cristiani di origine ebraica. In questo caso, la lettura di 15:27 ha suggerito loro le riflessioni seguenti: «Questo Paolo che ci ha dipinto sotto colori così neri ha del buono. Senza dubbio egli vuole che i pagani partecipino ai nostri privilegi. Ma egli ritiene che, per questo motivo, noi siamo loro creditori, e mette la loro borsa a nostra disposizione. Informeremo i nostri fratelli di Gerusalemme che si è calunniato quest'uomo, e li pregheremo di riconciliarsi con lui». E questo risultato, a sua volta, è stato previsto, ed essendo stato previsto, è stato voluto.

A dirla tutta, quando egli ha scritto ai Romani, Paolo si è preoccupato di guadagnarli alla sua raccolta o di guadagnarli alla sua causa, e ha domandato loro di mettere a sua disposizione il loro denaro o la loro influenza. A credere ai commentatori, l'epistola ai Romani avrebbe altri obiettivi tanto grandiosi quanto oscuri. Li lascerò provvisoriamente sussistere, aggiungendo soltanto un obiettivo modesto, ma sicuro e chiaro.

Dunque Paolo domanda ai Romani il loro denaro o la loro influenza. Il loro denaro se egli scrive ai cristiani di origine pagana; la loro influenza se i destinatari della lettera sono i cristiani di origine giudea. Tra queste due ipotesi si può fare una scelta? Tentiamo.

Rivolto ad ex Giudei, il testo 15:27 è adulatorio, poiché dice in sostanza questo: «I cristiani di origine pagana sono i debitori dei cristiani di origine giudea, perché hanno ricevuto dei beni spirituali che appartengono propriamente ai Giudei». Ma, rivolto ad ex pagani, esso significa: «Voi siete di un'essenza inferiore rispetto ai giudeo-cristiani; date loro il vostro denaro, perché voi siete loro debitori». Ora, questa affermazione è umiliante; non per la domanda di denaro che formula, ma per la maniera in cui si fa quella domanda, per le considerazioni sulle quali si appoggia. Non è così che si tratta con qualcuno di cui si implora il soccorso. Lo si adula, non gli si dicono cose sprezzanti.

Vediamo d'altronde come Paolo se la cava a convincere i Corinti a dargli del denaro (2 Corinzi 8-9). Ciò che dice loro equivale a questo: «Voi che avete tutte le qualità, voi non potete mancare di generosità. Voi di cui ho fatto l'elogio presso i Macedoni, voi dovete sostenere la reputazione che vi ho fatto...». Li prende per la vanità, per amor proprio; ma si guarda bene dal dire loro: «Voi siete i debitori dei santi di Gerusalemme». La manchevolezza che ha saputo evitare nel parlare ai Corinti, come avrebbe potuto commetterla rivolgendosi ai Romani? Egli non l'ha commessa: ne dubitiamo. Egli ha voluto fare un complimento a questi Romani dicendo loro che i pagani sono debitori dei Giudei. E dal fatto che ha voluto fare loro un complimento, siamo autorizzati a concludere che questi cristiani di Roma sono non ex pagani a cui domanda del denaro, ma Giudei di cui vuole guadagnare la simpatia.

Il seguito del testo conferma quella conclusione. Paolo è inquieto per l'accoglienza che riceverà a Gerusalemme. Egli si presenterà davanti ai «santi». Ha un tesoro di denaro da offrire loro. Ma loro invece tengono in serbo per lui un tesoro di odio. Chi prevarrà, l'odio o il denaro? Paolo ha paura che lo si respinga, lui e la sua offerta. E domanda ai Romani di lavorare (letteralmente «combattere») perché l'accoglienza sia buona (15:30).

Senza dubbio è alle loro preghiere presso Dio che fa appello. Ma quando si ha preso in mano gli interessi di qualcuno, non ci si arresta per la via. Si va davanti a tutti i tribunali. I Romani non si limiteranno a raccomandare Paolo a Dio; essi lo raccomanderanno anche ai «santi» di Gerusalemme. E Paolo non ha certamente mancato di prevedere questo risultato. Una volta di più, si constata che Paolo vuole, non del denaro, ma raccomandazioni, e che, di conseguenza, i cristiani ai quali si rivolge sono di origine ebraica.

Sappiamo in quale occasione l'epistola ai Romani è stata scritta. Conosciamo i suoi destinatari. Passiamo ora al suo contenuto.


NOTE

[1] Si veda Origene, In epist. ad Ro. 10:14.

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