lunedì 2 ottobre 2023

L'idea primigenia

 (segue da qui)

§ 86) L'idea primigenia. — La predicazione messianica di Giuda Galileo presentava due distinti aspetti: sotto un aspetto essa era immanenza, e la sua estrinsecazione non poteva non avere carattere prevalentemente politico (attualismo); sotto un altro aspetto essa era trascendenza, e la sua estrinsecazione aveva avuto prevalente carattere mistico (idealismo). Rappresentava essa insomma il pensiero apocalittico-messianico, quale era stato determinato dall'influsso zoroastriano più recente (§ 14).

Allorquando le persecuzioni succedute alla morte del Maestro ebbero a disperdere i primi discepoli, dei quali taluni restarono in patria ed altri emigrarono, era naturale che questi ultimi, non avendo più modo, lontani dalla patria, di continuare l'azione politica del Maestro, dessero sviluppo soltanto al misticismo di lui. E poiché di tale sviluppo noi dovremo seguire il corso, è necessario enunciare preliminarmente, colla semplicità più schematica, il pensiero originario del Maestro, o meglio, il pensiero originariamente statogli attribuito, e che di fatto ha costituito l'idea-seme della concezione cristiana. 

Tale pensiero può riassumersi nella massima che si afferma predicata pressoché da tutti i fondatori di religione. Come difatti mille anni prima Zarathustra aveva predicato non esservi altro Signore che Aura Mazda, e Zarathustra esserne l'annunziatore; [1] come cinquecento anni più tardi Maometto proclamerà non esservi altro dio che Allah, ed egli stesso esserne il profeta; così Giuda Galileo aveva predicato che nessun Signore poteva e doveva essere riconosciuto in Israele, all'infuori di Jahvé, del quale egli doveva considerarsi l'inviato.

Sulla prima parte di questa dottrina abbiamo la testimonianza di Giuseppe Flavio, il quale ci fa sapere che i seguaci di Giuda, piuttosto che riconoscere altri padroni all'infuori di Dio, affrontavano volentieri la morte. Sulla seconda parte abbiamo la tradizione scritta, dalla quale — specie da Paolo, i cui scritti sono i più antichi esistenti — apprendiamo che Gesù non era che l'inviato di Dio, per riconfermare la legge mosaica e richiamare le genti deviate sulla via della salvezza. [2]

La dottrina del Maestro di Galilea era pertanto analoga alle dottrine dei caposcuola congeneri, specie a quella del profeta di Medina. Né il paragone tra Gesù e Maometto può storicamente evitarsi. Giacché anche Maometto trasse i principi della propria dottrina dal Pentateuco: ed allo stesso modo che Gesù fu per i cristiani un continuatore dell'opera di Mosè, così Maometto fu per gli islamici un continuatore dell'opera di Mosè e di Gesù insieme.

Peraltro è risaputo che — secondo la tradizione biblica, continuata dalla tradizione evangelica e dalla tradizione coranica — il Dio di Abramo avrebbe inviato inizialmente sulla terra Mosè, cui avrebbe rivelato la «Legge» da trasmettere al popolo eletto; più tardi lo stesso Dio d'Abramo avrebbe inviato sulla terra Gesù, perché la conoscenza di quella legge fosse stata portata alle genti d'occidente; e più tardi ancora, sempre lo stesso Dio d'Abramo avrebbe inviato sulla terra Maometto, perché anche il mondo arabo avesse potuto conoscerne la volontà. Naturale quindi che il principio informatore della legge di Dio appare identico, tanto nel Maestro di Galilea, quanto nel profeta di Medina: «Non vi è altro padrone (Signore) che Dio, e Gesù (o Maometto) è l'inviato di Dio». Né va dimenticato che tanto Gesù quanto Maometto furono, dalle tradizioni rispettive, ritenuti discendenti d'Abramo, il primo tramite Giacobbe, ed il secondo tramite Ismaele; mentre programma di entrambi era la riunione dei rispettivi popoli, sotto l'unica dominazione di Dio.

La dottrina del Gesù dunque era stata una dottrina politico-religiosa, analoga alla dottrina di Maometto. La morte prematura di lui però doveva provocare e provocò scissioni tra i seguaci. Giacché mentre i rimasti in Palestina (fazione galileo-zelota) continuarono prevalentemente a coltivare l'aspetto politico di quella dottrina, mirando ad ottenere colla spada (colle opere, diceva Giacomo) l'avveramento di un regno messianico attuale, gli altri (fazione galileo-mistica), che erano stati costretti ad emigrare nei territori della diaspora, ritenendo che colla morte del Maestro si fosse chiarito non essere stata politica la missione di lui, bensì religiosa e quindi ideale, si soffermarono sulla parte puramente escatologica della sua predicazione, mirando ad ottenere colla fede l'avveramento di un regno messianico trascendente. Fattori esterni sopravvennero ad arricchire e meglio elaborare tale secondo aspetto dell'idea primigenia, finché da ultimo, presso questa seconda famiglia degli antichi seguaci di Giuda, al posto di un regno messianico a carattere attuale, quale era stato visto dai primi discepoli, fu elaborato un «Regno di Dio» a carattere ideale. Ed appunto di questo processo trasformativo vogliamo qui esporre gli elementi e gli sviluppi. 

NOTE

[1] Cfr. Avesta, Yasna, 31.

[2] Paolo, Galati IV, 4 e passim. Cfr. anche Clemente Romano, Epistola ai Corinti, 42: «Gli apostoli ricevettero il Vangelo da Gesù Cristo; Gesù Cristo è delegato da Dio, e gli apostoli sono delegati da Gesù Cristo».

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