lunedì 18 settembre 2023

Riepilogo

 (segue da qui)

§ 72) Riepilogo. — Da quanto esposto fin qui, emerge: a) che la lettera di Paolo ai Romani venne scritta sulla fine del 45 E.V. e prima del secondo ed ultimo viaggio dell'Apostolo a Gerusalemme per portare le «elemosine» ai poveri; b) che già prima del 45 la comunità cristiana di Roma era prospera e fiorente; c) che in conseguenza l'apostolo Pietro non può aver avuto nulla a che fare colla costituzione di quella Chiesa. La Chiesa Romana invece deve ritenersi autocefala, ed in nulla va debitrice a Pietro. Cade pertanto l'ultimo argomento che poteva opporsi all'identificazione di Simon Pietro nell'omonimo «figlio» di Giuda Galileo, e deve ritenersi che le leggi di natura non sono state violate in favore di Pietro, allorché venne arrestato in Gerusalemme, come non furono violate in favore di Giacomo. Entrambi quindi, arrestati insieme, insieme furono crocifissi, come da Giuseppe Flavio abbiamo constatato. 

Senonché i tradizionalisti non riterranno sufficientemente dimostrata questa tesi, ed invocheranno l'autorità degli antichi scrittori, i quali, a suo tempo avrebbero attestato sia la miracolosa evasione di Pietro, sia la sua andata a Roma per fondare quella comunità. Necessita quindi esaminare a fondo anche queste pretese testimonianze, e indagare sull'attendibilità delle loro affermazioni. 

In proposito, il sopracitato passo di Monsignor Lucca così prosegue elencando gli scrittori che avrebbero attestato la venuta in Roma di Pietro: «Eusebio lo afferma sulla testimonianza di Clemente Alessandrino e di Papia; lo affermano Clemente Romano, S. Ignazio e S. Ireneo, e lo afferma lo stesso S. Pietro». Esaminiamo adesso se, e fino a che punto, queste pretese testimonianze esistano, o possano dirsi fondate.  

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