(segue da qui)
XXII. — ANCORA SULLA QUESTIONE DI PIETRO:
LE TESTIMONIANZE
§ 73) Eusebio. — La prima testimonianza, a comprova della venuta in Roma di Pietro, si afferma provenire da Eusebio di Cesarea, il quale ne avrebbe parlato sulla testimonianza di Clemente Alessandrino e di Papia. Va osservato però preliminarmente che Eusebio fu uno dei principali apologeti del Cristianesimo, e — come già abbiamo constatato esaminando la sua opera maggiore — non fece altro che raccogliere ossequentemente quello che prima di lui aveva registrato la tradizione, non possedendo egli né senso critico né senso storico. Peraltro, non è fuori luogo mettere in rilievo che il senso storico ed il senso critico sono in opposizione aperta con qualsiasi dottrina religiosa. La «religio» impone di credere. Dove invece ci sia «critica» al posto della «fede», potrà esserci bensì anche «storia»; ma non ci sarà «religio». E poiché Eusebio possedeva la fede, non poteva egli curarsi della storia, né gli importava il senso critico.
Difatti, a proposito di Pietro, Eusebio non fa che raccogliere la leggenda di Simon Mago da noi accennata (§ 66), e trasportarla a Roma (cfr. Hist. Eccl., II, XIV). Siamo dunque completamente nel campo della leggenda: documento questo di seconda o terza mano, da indagare ed analizzare al lume della cultura universale, per accertarne l'origine e la natura; non già documento per sé probante, e di prima mano. Peraltro Eusebio, che scriveva nei primi anni del quarto secolo, oltre a non possedere il senso critico, era troppo lontano dai fatti narrati, perché una sua affermazione potesse costituire testimonianza.
Si afferma però che Eusebio avrebbe parlato della venuta a Roma di Pietro sulla testimonianza di Clemente Alessandrino e di Papia. Ma — a parte la circostanza che Papia e Clemente, vissuti circa due secoli dopo Cristo, non sarebbero stati ugualmente testimoni attendibili — sta di fatto che anche qui si citano le fonti, senza tenerne presente il testo. Difatti di Clemente e Papia Eusebio parla; ma solo per dichiarare, in base alle pretese affermazioni di quelli, che il Vangelo intestato a Marco sarebbe stato scritto dallo stesso, quando si trovava al seguito di Pietro. Difatti così si legge nel testo (II, XV, 2): «Si dice (ed anche questo «si dice» è sintomatico) che Pietro conobbe il fatto per rivelazione dello Spirito Santo, e rallegratosi per lo zelo di quella gente, ratificò lo scritto di Marco da leggersi nelle chiese. Clemente ci dà queste notizie nel libro sesto delle sue Ipotiposi, e con lui s'accorda Papia, vescovo di Gerapoli».
Neppure Clemente e Papia dunque avrebbero affermato l'andata a Roma di Pietro; ma se mai avrebbero riportato il «si dice» relativo al Vangelo di Marco.
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