(segue da qui)
§ 76) Paolo. — Ma un'altra prova della venuta a Roma di Pietro si vuole trovarla nientemeno che nella lettera di Paolo ai Romani. Scrive Mons. Giobbio: [1] «Che la Chiesa di Roma non sia stata fondata da Paolo ce lo afferma egli stesso nella sua lettera ai Romani. Scrive in essa innanzi tutto: — Ringrazio il mio Dio per Gesù Cristo in favore di tutti Voi, la cui fede è conosciuta in tutto il mondo. Poiché io desidero vedervi per comunicarvi un po' di grazia spirituale, acciocché restiate confermati, e questo per essere congiuntamente consolato con Voi, per la nostra fede comune —. E quasi sul finire della sua lettera scrive ancora: — Così io ho predicato questo Vangelo, dove non era stata fatta menzione di Cristo, per non edificare sopra il fondamento altrui —. Da queste parole di S. Paolo appaiono evidentissime (sic!) le seguenti conclusioni: 1) La speciale notorietà della Chiesa di Roma; 2) Il desiderio dell'apostolo delle genti di visitare la comunità cristiana romana perché anche quella chiesa avesse da lui aliquid gratiae spiritualis; 3) L'azione paolina limitata ai luoghi non ubi nominatus est Christus. Ne consegue che la Chiesa Romana, per confessione stessa dell'apostolo, da altri ripete la sua paternità. Ora quest'altro non può essere che l'apostolo Pietro».
In verità, dedurre, dal fatto che la Chiesa di Roma non era stata fondata da Paolo, che dovesse essere stata fondata da Pietro, ci pare molto arbitrario. Sta di fatto invece che la lettera di Paolo ai Romani non solo non può essere invocata a prova della venuta in Roma di Pietro, ma costituisce la prova più sicura che Pietro non fu mai a Roma.
a) Anzitutto ricordiamo il versetto citato da Monsignor Giobbio: «Desidero vedervi per comunicarvi un po' di grazia spirituale, affinché restiate confermati». Ora qui è l'istituto della «confermazione» cui allude l'apostolo. È noto difatti che per essere «iniziati» nella mistica cristiana bastava e basta il battesimo, alla cui somministrazione qualsiasi cristiano poteva e può provvedere; ma per essere perfetti cristiani occorreva ed occorre la «confermazione» (confirmatio), comunemente detta «cresima», che va somministrata solo da un Vescovo.
Come per gli individui, così accadeva per le comunità: era ammesso cioè che alla costituzione di una nuova comunità qualsiasi cristiano non solo potesse, ma dovesse attendere, perché tutte le volte che il Cristiano poteva farlo, doveva battezzare; con che dava origine a una nuova «ecclesia». Ma quando la ecclesia giungeva a maturità ed aveva un numero sufficiente di adepti, essa veniva visitata da un Apostolo, il quale, comunicando alla «ecclesia» il Vangelo di Cristo, e celebrandone i riti appositi, la confermava nella fede, invocando su di essa l'intervento dello Spirito Santo.
Quanto sopra si ricava chiaramente dal versetto 41, capo XV degli Atti, laddove leggiamo che Paolo, dopo il primo concilio di Gerusalemme, «andava attorno per la Siria e la Cilicia confermando le Chiese». [2] A questa fase infatti doveva trovarsi la Chiesa di Roma, allorquando Paolo le indirizzò la nota lettera, promettendo di passare di là per «confermarla». Essa cioè non era stata ancora «confermata»; dal che si manifesta che se la comunità cristiana di Roma aveva bisogno ancora di essere «confermata», non poteva essere stata già visitata da un apostolo come Pietro.
b) Altro argomento può ricavarsi dal Capo I, versetto 15° della stessa lettera di Paolo, laddove leggiamo: «Quanto a me sono pronto ad annunciare li Vangelo anche a Voi, che siete in Roma». Si manifesta da tali parole che nessuno aveva ancora predicato in Roma il Vangelo di Gesù. Perché se un altro apostolo, e segnatamente Pietro (gli altri erano chiamati «falsi apostoli»), fosse già stato in Roma e vi avesse predicato il Vangelo, Paolo non avrebbe scritto «sono pronto ad annunciare anche a Voi il Vangelo», in quanto il Vangelo sarebbe stato colà annunziato.
c) Ma se vogliamo portare altri argomenti, possiamo citare la lettera di Paolo ai Galati, [3] per la quale, secondo l'accordo di Gerusalemme (detto impropriamente Concilio), a Pietro era stato demandato l'apostolato nelle regioni della circoncisione, mentre Paolo si era riservato le regioni dell'incirconcisione. Ora Roma e l'Italia erano regioni di incirconcisi: la competenza pertanto di evangelizzare in Roma era esclusiva di Paolo, tanto più che solo Paolo conosceva la lingua dei luoghi, mentre Pietro non parlava che l'aramaico.
Le lettere paoline pertanto non solo non suffragano la tradizione che vuole attribuire a Pietro la fondazione della Chiesa di Roma, ma escludono in via assoluta e definitiva che Pietro sia mai stato, o possa essere stato, a Roma. Quella comunità infatti deve ritenersi fondata, come la maggior parte delle Chiese, da anonimi seguaci del Maestro, emigrati di Palestina all'epoca delle prime persecuzioni contro i Galilei. Molto probabilmente i fondatori sono stati proprio quei coniugi Aquila e Priscilla, che Paolo nella sua lettera saluta per primi, chiamandoli «collaboratori suoi in Gesù Cristo».
NOTE
[1] Giobbio, op. cit.
[2] Cfr. anche «Atti», XVI, 5 e XVIII, 23.
[3] Galati II, 1-9. Si argomenta da questo passo che, secondo l'accordo di Gerusalemme, gerarca supremo dell'originaria confessione galilea era stato e restava Giacomo «fratello del Signore», mentre a presiedere alla propaganda della nuova idea (evangelizzazione) venivano delegati Pietro e Paolo. Il primo per le regioni della circoncisione, ossia per gli ebrei, ed il secondo per i non ebrei.
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