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§ 69) La lettera di Paolo ai Romani. — Notiamo anzitutto, per amore di precisione, che i pretesi Romani, a cui Paolo ebbe ad indirizzare quella lettera, erano ebrei ed orientali di lingua greca residenti in Roma; non erano affatto cittadini romani. Giacché in questi ultimi a quell'epoca la nuova credenza non aveva ancora fatto presa. Difatti nella sua lettera Paolo parla esclusivamente «ai Giudei ed ai Greci che sono in Roma». [1] Ciò rilevato, domandiamo: quando fu scritta da Paolo quella lettera?
Gli studiosi ecclesiastici ne fissano all'anno 57-58 la data, ponendo la lettera in relazione con un ultimo preteso viaggio di Paolo a Gerusalemme, viaggio che sarebbe stato compiuto sotto il procuratorato di Felice. Noi chiariremo più avanti l'equivoco degli esegeti ecclesiastici, nel mettere in relazione questa lettera con un preteso viaggio di Paolo ai tempi di Felice (§ 70). Frattanto ricordiamo che la cronologia di questo periodo cristiano, dagli apologeti cristiani venne sempre indicata a caso, senza mai un richiamo a date storicamente accertate.
Per quel che riguarda la lettera ai Romani (a parte il suo riferimento al «prossimo viaggio» a Gerusalemme, che fu causa di equivoco, e di cui diremo appresso), un primo elemento, per accertarne almeno approssimativamente la data, l'abbiamo nell'accenno ad Aquila e Priscilla: due tra i primissimi seguaci del Nazàreo. Difatti in quella lettera Paolo manda a salutare fra gli altri, Aquila e Priscilla, che egli chiama suoi cooperatori in Gesù Cristo. Ora, è noto, risultando da altri passi degli Atti e dalle Epistole, che Aquila e Priscilla furono espulsi da Roma dopo il famoso editto di Claudio; né consta che in Roma Aquila e Priscilla siano tornati dopo quell'espulsione, essendosi essi successivamente stabiliti ad Efeso. [2] Ciò posto, deve ritenersi per certo che quella lettera è stata scritta prima del noto editto di Claudio. Ma quando fu emanato l'editto?
Leggiamo in Svetonio a proposito di Claudio: [3] «Iudaeos, impulsore Cresto assidue tumultuantes, Roma expulit»; passo questo che viene comunemente riferito all'espulsione da Roma dei Giudeo-Cristiani. Non sappiamo però con precisione l'anno in cui tale decreto fu emanato.
Gli scrittori ecclesiastici fissano in genere all'anno 50 questo decreto e la conseguente espulsione dei Giudeo-Cristiani da Roma. Ma anche questa data, come tutte le date di questo periodo, è stata fissata a caso, e senza alcun riferimento a dati positivi. In proposito il citato Monsignor Lucca, nel passo surrichiamato, così riferisce: «San Pietro era da circa due lustri a Roma quando l'imperatore Claudio emanò il bando degli Ebrei. Fu allora ch'egli fece ritorno ad Antiochia, e l'anno seguente presiedette a Gerusalemme il primo concilio».
Secondo la corrente seguita da Mons. Lucca quindi, il decreto di Claudio risalirebbe all'anno 50-52 circa, mentre il primo concilio di Gerusalemme, che noi abbiamo accertato essere avvenuto l'anno 46, si sarebbe tenuto nel 52 circa. Senonché una simile cronologia è anzitutto smentita dalla fonte stessa della tradizione, e cioè da S. Gerolamo, il cui passo noi abbiamo sopra riportato. Difatti se Pietro, dopo la sua liberazione dal carcere, tenne cattedra in Roma per 25 anni, come afferma San Gerolamo, vuol dire che non è ritornato a Gerusalemme nel 52, e quindi non ha presieduto un preteso concilio a quell'epoca. Si tenga presente poi che a quell'epoca un viaggio da Gerusalemme a Roma non era cosa agevole, presentando esso difficoltà e pericoli.
A parte la contraddizione tra la fonte principale della tradizione e l'attuale interpretazione di alcuni fra gli ecclesiastici, osserviamo che se tale interpretazione dovesse essere esatta, la lettera di Paolo dovrebbe essere riferita non all'anno 58, come si pretende, ma almeno all'anno 49-50, e cioè al periodo immediatamente precedente l'editto di Claudio. Ciò sfaterebbe già a priori la leggenda dell'andata a Roma di Pietro, perché se nel 48 egli è evaso dal carcere, e nel 50-52 i Giudei di Roma sono stati espulsi, Pietro avrebbe fatto appena in tempo ad arrivare in Roma, per esserne mandato via.
Ma la lettera di Paolo ai Romani si deve riportare ad una epoca anteriore; e ad un'epoca anteriore si deve fissare l'editto di Claudio col conseguente allontanamento da Roma di Aquila e Priscilla. In conseguenza ad un'epoca anteriore si deve riportare la prima costituzione della Chiesa Romana.
a) Invero dalla I° lettera di Paolo ai Corinti apprendiamo che al momento in cui Paolo scriveva da Efeso tale lettera, Aquila e Priscilla erano già con lui ad Efeso, ivi pervenuti da Roma dopo l'espulsione, essendo prima passati per Corinto. Così difatti leggiamo nella lettera stessa: «Vi salutano nel Signore grandemente Aquila e Priscilla, con la domestica loro Chiesa». Ciò stante, deve ritenersi che la prima lettera ai Corinti sia posteriore alla lettera ai Romani, ch'era stata scritta quando Aquila e Priscilla erano ancora a Roma. [4] Ma della prima ai Corinti noi possiamo fissare la data, perché nella seconda lettera pure ai Corinti, scritta qualche mese dopo la prima, l'apostolo, parlando di sé, fa un riferimento inconfondibile, in base al quale ci è facile accertare la cronologia.
Scrive egli difatti: «Conosco un uomo in Cristo il quale quattordici anni fa fu rapito fino al terzo cielo»; [5] con che l'apostolo allude alla sua visione di Damasco, intendendo egli parlare di se stesso. Da tale espressione si ricava che la seconda lettera ai Corinti è stata scritta quattordici anni dopo la visione di Damasco. Ma poichè quella visione, e conseguentemente la conversione di Paolo, noi l'abbiamo fissata all'anno 785 di Roma (32 E.V.), ne viene di conseguenza che la seconda lettera ai Corinti (e quindi anche la prima che ha preceduto l'altra di qualche mese), deve essere stata scritta da Paolo nell'anno 46: verosimilmente dopo due o tre mesi dal suo secondo viaggio a Gerusalemme. Ciò è tanto vero che nella prima ai Corinti, Paolo, in conformità colla promessa fatta a Giacomo (Galati, II, 10), aveva dato le istruzioni ai fratelli (come aveva fatto colle chiese della Galazia), perché organizzassero la raccolta periodica delle offerte . [6]
Se quindi la seconda lettera ai Corinti è stata scritta verso la metà del 46; poiché la lettera ai Romani deve avere preceduto la prima ai Corinti almeno di sei mesi, essa deve essere stata scritta verso la fine del 45; e posteriore di poco alla lettera deve essere stato l'allontanamento da Roma di Aquila e Priscilla.
b) Ma altre indagini vogliamo fare a proposito dell'editto di Claudio per accertarne con maggiore sicurezza la data. Giacché tra gli scrittori latini, Svetonio, che solo ne parla, non gode fama di molta precisione, e quel passo «impulsore Cresto» si legge in mezzo a tante annotazioni, registrate senza ordine, e senza che si possa comprendere se li fatto sia da riferire ai primordi dell'impero di Claudio, o agli ultimi tempi dell'impero stesso.
Nulla purtroppo sappiamo da Tacito, perché furono perduti i libri degli Annali che trattavano i primi sei anni dell'impero di Claudio, e dobbiamo ritenere che proprio ai primi sei anni di Claudio si debba riferire il provvedimento cui allude Svetonio. È noto difatti che Claudio governò Roma dal 794 (41 E.V.) all'807 (54 E.V.); e se l'editto riguardante i Giudei di Roma fosse stato promulgato negli ultimi anni del suo impero, qualche cosa noi avremmo saputo certamente da Tacito, il quale nei libri conservatici (anni 800-807) parla distesamente e dettagliatamente di tutti gli atti e fatti verificatisi sotto quell'imperatore. Anche per questo dovremo ritenere vera la data già da noi sopra ipotizzata.
Ma una chiara luce ci viene da Dione Cassio, [7] scrittore preciso e sicuro più che non sia da ritenere Svetonio. Difatti in Dione, e con riferimento ai primi anni dell'impero di Claudio (44-45 circa E.V.), leggiamo il seguente passo: «Essendo avvenuto che il numero dei Giudei erasi di nuovo moltissimo accresciuto in Roma, dimodoché, attesa la loro moltitudine, era assai difficile di poterli discacciare dalla città senza tumulto, egli non li mandò via, ma proibì loro di radunarsi insieme e di menare una vita secondo le patrie loro leggi».
Sembra quindi che questo passo sia stato scritto da Dione (che, come è noto, fu posteriore a Svetonio), proprio con riferimento al passo dello scrittore latino, e quale rettifica al medesimo. Non pare dunque che vi siano stati decreti di espulsione in massa; bensì un decreto limitativo, pubblicato verso il 44-45 E.V. e per il quale venivano aboliti i privilegi che in precedenza erano stati concessi ai giudei, interdicendosi loro la libertà di riunione e di culto. Ma poiché per i giudei zelanti, quali erano i Messianici, le manifestazioni di culto rappresentavano una necessità di vita, avvenne che gli stessi, o non tennero conto del decreto, per cui vennero espulsi; o si considerarono espulsi (dato che non potevano esercitare gli atti del loro culto) e preferirono allontanarsi da Roma.
In base dunque a Dione Cassio noi dobbiamo riportare a qualche tempo dopo tale editto l'espulsione, o forzato allontanamento, di Aquila e Priscilla da Roma, e cioè all'anno 798-99 circa (45-46 E.V.). Ciò conferma la data già da noi fissata all'anno 45 per la lettera di Paolo ai Romani.
Si ricava da quanto sopra che la comunità messianica di Roma, essendo molto fiorente all'epoca della lettera di Paolo, e cioè sulla fine del 45 E.V. (mentre ancora Pietro non si era mosso da Gerusalemme), doveva essere stata fondata molti anni prima di quell'epoca. Evidentemente essa era stata fondata da altri seguaci del «movimento galileo», pervenuti a Roma anteriormente, dopo essere fuggiti dalla Giudea, coll'intento di evitare le persecuzioni che avevano seguito la morte del Maestro. In conseguenza deve escludersi che Pietro possa aver partecipato alla fondazione della comunità (ecclesia) dei messianici di Roma.
NOTE
[1] Romani, II, 9, 10 e altrove in relazione al capo I, 7.
[2] Cfr. I Corinti, XVI, 19; Atti, XVIII, 19; II Timoteo, IV, 19.
[3] Svetonio, Vita di Claudio, 25.
[4] Gli scrittori che riportano all'anno 58 la lettera di Paolo ai Romani (tra cui il Renan) suppongono che Aquila e Priscilla, espulsi da Roma all'epoca dell'editto di Claudio, vi siano ritornati più tardi. Senonché, non solo non c'è prova alcuna di questo ritorno a Roma, ma dalla seconda Epistola a Timoteo, che è tra le ultime attribuite all'apostolo, rileviamo che quei due coniugi si erano ormai stabiliti ad Efeso.
[5] II Corinti, XII, 2. Alcuni commentatori ecclesiastici pongono questo passo di Paolo in relazione con altra sua pretesa visione avuta in Gerusalemme, ed alla quale accennano gli «Atti» al capo XXII-17. Una simile interpretazione però è in contraddizione con altre interpretazioni degli ecclesiastici stessi. Secondo gli Atti infatti tale pretesa visione sarebbe avvenuta a Gerusalemme nell'ultimo preteso viaggio di Paolo, che gli Ecclesiastici (ed anche Renan) fissano all'anno 59-60, durante il procuratorato di Felice. Ma se tale interpretazione fosse esatta, le lettere ai Corinti dovrebbero segnarsi all'anno 73-74, e cioè quattordici anni più tardi, il che è assurdo storicamente, perché nel 73-74 Paolo era morto da un pezzo. D'altra parte gli stessi ecclesiastici fissano all'anno 56 le due lettere ai Corinti, e cioè prima di quel preteso ultimo viaggio e visione di Paolo. Le contraddizioni quindi sono evidenti.
[6] Cfr. I Corinti, XVI, 1-3; II Corinti, I, 16 in relazione al capo IX della lettera stessa.
[7] Dione, IX, 10.
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