mercoledì 6 settembre 2023

Esegesi degli Atti: prima parte

 (segue da qui)

§ 60) Esegesi degli Atti: prima parte. — A chi legga con spirito indagatore quel breve componimento che si chiama Atti degli Apostoli, non può sfuggire la differenza stilistica e concettuale tra la prima parte di esso, che va fino all'arresto ed evasione di Simone, detto Pietro (capo XII compreso), e la parte successiva alla pretesa evasione. Nella prima parte il protagonista è quasi sempre Simon-Pietro, [1] e attorno a lui figurano tutti gli altri discepoli del Maestro, per modo che tale prima parte può bene rispondere al titolo del libretto. Nella parte successiva invece tanto Pietro che gli altri apostoli scompaiono, e si parla soltanto di Paolo.

Anche la forma delle due parti è diversa. Giacché mentre nella prima parte si ha uno stile ora confuso ed ora conciso, proprio delle tradizioni popolari raccolte tardivamente, nella seconda si ha uno stile omogeneo e talvolta personale. Ciò posto, è mai possibile che prima e seconda parte rappresentino un'opera originariamente unica? Ed è mai possibile che un autore imprenda a trattare un argomento ed un personaggio, per poi ad un tratto abbandonare il primo argomento ed il primo personaggio, e seguire un personaggio nuovo, che dai cenni contenuti nella prima parte appare del tutto secondario?

Invero, nella prima parte degli Atti si nota un quadro completo, per quanto vago e lacunoso, di quella che può essere stata in Palestina la vita della «scuola» galilea subito dopo la morte del Maestro. Tale vita è tracciata sulla falsariga dei «Vangeli» e quindi coi soliti miracoli e coi soliti indemoniati. A Paolo, nella prima parte, si accenna di sfuggita, indicandolo col nome di Saulo. Nella parte successiva invece niente più miracoli, niente più indemoniati, e soprattutto niente quadro generale delle opere di tutti gli apostoli. Questi anzi scompaiono addirittura, senza che nulla più se ne sappia, ed al posto di essi resta esclusivamente una incompiuta biografia di Saulo, che ormai è chiamato Paolo. [2] V'ha di più. Nella seconda parte degli Atti, più che una, abbiamo varie biografie di Paolo, e frammenti di biografie, ricucite insieme sommariamente, in modo da offrire un racconto apparentemente continuativo.

Trascurando per ora questa seconda caratteristica, sulla quale torneremo appresso (§ 70), è certo che un opuscolo composto di due parti così distinte e disparate, non essendo univoco, non può dirsi un componimento scritto nello stesso periodo storico e sgorgato dalla stessa penna. Sia per lo stile difatti, sia per l'argomento trattato, si deve ritenere che il libretto degli «Atti» non può che rappresentare l'unione di più componimenti originariamente autonomi. Di essi il primo componimento, che va fino al Capo XII compreso (ad esclusione del versetto 25 posto a sutura col componimento successivo), era una continuazione vera e propria del cosiddetto «Vangelo di Luca», riflettente le opere dei discepoli con a capo Giacomo e Simone. Gli altri componimenti erano stati invero vari libretti, riflettenti tutti l'apostolato di Paolo, e riuniti da ultimo in un libretto solo.

Se dunque, come proveremo meglio anche in base ad altri elementi, il libretto degli Atti deve ritenersi formato da più componimenti, dovuti in origine ad autori diversi, facile sarà comprendere che del secondo viaggio di Paolo, compiuto nel 46 E.V., il primo componimento abbia fatto solo un accenno vago al versetto 30 del Capo XI, perché quel componimento, dovendo trattare l'apostolato di Pietro, non poteva attribuire uno sviluppo eccessivo ala figura di Paolo. Il secondo componimento però, che aveva soltanto Paolo a protagonista, ha trattato dello stesso viaggio più distesamente al capo XV. E mentre il primo componimento ci presenta l'accenno al secondo viaggio di Paolo sulla fine, il secondo ce ne parla al suo principio.

In tal modo, allorquando i due componimenti, per uno di quei fenomeni comuni alle tradizioni, furono ricuciti insieme, risultò che del medesimo viaggio fatto da Paolo insieme con Barnaba nel 46 si venne a parlare due volte, come se si fosse trattato di due viaggi distinti. Era quindi naturale che fosse ritenuto un terzo viaggio quello riferito in «Atti» al capo XV, 2-22 (laddove si parla del concilio), mentre si trattava sempre dello stesso viaggio fatto per portare le sovvenzioni ai «poveri», e del quale si era parlato al versetto 30 del capo XI. Per questo equivoco i dotti ecclesiastici ritennero il primo concilio di Gerusalemme aver avuto luogo in un preteso terzo viaggio di Paolo, mentre invece aveva avuto luogo nel secondo ed ultimo viaggio di cui ad Atti, XI, 30.

NOTE

[1] Si tenga presente che la prima comunità galilea aveva avuto a capo Giacomo e non Pietro. Questa prima parte degli Atti però è stata raccolta quando già il galileismo era diventato cristianesimo, ed allorquando si discuteva, tra i seguaci, se più a Pietro, apostolo dei circoncisi, o piuttosto a Paolo, apostolo degli incirconcisi, dovesse spettare il merito maggiore, dato ch'essi soltanto erano stati i maggiori propagatori dell'idea. Naturalmente i giudeo-cristiani propendevano per Pietro (e la prima parte degli Atti è opera dei giudeo-cristiani, come pure l'interpolazione «tu es Petrus» nel Vangelo di Matteo), mentre i cristiani-gentili propendevano per Paolo.

[2] Il cambiamento di nome deve mettersi in relazione coll'antichissima cerimonia dell'iniziazione. Questa, come al § 107, consisteva in un rito speciale, al quale l'uomo adulto si sottoponeva allorché voleva entrare in una data comunità o setta. E poiché si riteneva che il nuovo iniziato, col fatto di sottoporsi al nuovo rito, morisse alla vita fino ad allora condotta, per rinascere alla nuova vita della comunità scelta, era naturale che avesse mutato anche il nome. Fu per questo che Saulo, dopo subìto il rito dell'iniziazione (battesimo) nella nuova comunità galilea, si era chiamato Paolo.

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