giovedì 20 luglio 2023

Nome e cronologia del Messia-Gesù sono ancora da accertare

 (segue da qui)

V. — IL DUPLICE PROBLEMA

§ 11) Nome e cronologia del Messia-Gesù sono ancora da accertare. — Al lume degli argomenti fin qui presentati, appariranno giuochi di fantasia le biografie fino ad oggi dettate sul Redentore Cristiano. Giacché essendo state tali biografie costruite sull'erroneo presupposto che il nome del personaggio fosse Gesù Cristo e che l'epoca della sua predicazione decorresse dall'anno 783 al 786 di Roma (30-33 E.V.), non potevano esse non riuscire vuote di contenuto storico. Difatti nessun agitatore di rilievo risulta vissuto in Giudea in tali anni; era quindi naturale che, argomentando su tali dati, la critica dovesse concludere per la non storicità di Gesù.

Ed invero tanto le biografie chiamate confessionali quanto le altre, dette aconfessionali, furono costruite tenendo per base i Vangeli. Senonché i Vangeli non possono considerarsi fonti storiche sufficienti. Esse costituiscono lavorìo di masse, e riferiscono episodi accaduti molto tempo prima della loro traslazione nello scritto. Per giunta gli episodi singoli furono riportati nello scritto, quali erano stati elaborati dalla tradizione orale ad opera degli entusiasti. Giacché soltanto opere di edificazione erano destinate ad essere i Vangeli: opere cioè dell'entusiasmo popolare, che, rileggendo, vuole potersi pascere di sempre nuovi entusiasmi. Non potevano quindi esse servire di base, e di base unica, ad una ricostruzione storica. 

Per potersi tentare una ricostruzione della vita del Gesù, occorrerà anzitutto accertare il nome profano, sotto il quale le gesta di Lui furono registrate nei documenti ufficiali. Ma non basta: occorrerà accertare insieme, attraverso tutte le fonti possibili, le circostanze di tempo, di luogo e di azione, che ebbero ad accompagnarne la vita. Giacché solo dopo accertate tali circostanze sarà possibile individuare il personaggio nella storia profana; e solo dopo individuato il personaggio nella storia profana potrà il biografo servirsi dei Vangeli, per ricostruire quei contorni, che la Storia abbia lasciato nell'ombra. Senza un punto base invece, senza un riferimento sicuro, senza un dato assolutamente storico, nessuna ricostruzione storica sarà possibile. Potrà tentarsi, semmai, il romanzo storico, secondo la visione che lo studioso si sia formato del fenomeno, nel qual caso avremo le pagine letterarie dello Strauss o del Renan; potrà tentarsi la ricostruzione dottrinale, con una spiegazione più o meno filosofica del fatto storico, e in questo caso avremo i giuochi di fantasia del Drews o del Couchoud. Comunque non avremo mai una storia del Gesù; ma solo una interpretazione unilaterale e personale del fenomeno. 

E fu un'opinione personale anche quella del Loisy, il cui studio ricostruttivo si avvicina ai tipi di lavoro di Drews o di Couchoud, più di quanto Loisy stesso non abbia voluto ammettere. Giacchémentre Loisy fu valoroso nella critica, si mostrò invece, nel tentativo di ricostruzione storica, inferiore ai maggiori studiosi dell'argomento (tra cui primeggia, per forza d'intuizione, Ernesto Renan). Almeno gli altri erano stati coerenti, esponendo un romanzo quelli che avevano ammesso l'esistenza del personaggio, e presentando una esposizione dottrinale quelli anche avevano ammesso l'idea senza l'uomo. Loisy invece ammette il personaggio quale descritto dai Vangeli, e come vogliono i Vangeli lo afferma morto sotto Ponzio Pilato; senonché, analizzando i Vangeli, esclude l'attendibilità delle circostanze riportate dai Vangeli stessi. [1] Facile sarà quindi domandarsi: come mai, se le circostanze di fatto contenute nei Vangeli erano inattendibili, dovrebbe fare eccezione proprio la circostanza riguardante la morte di Gesù sotto Ponzio Pilato  

Il motivo — secondo Loisy — per cui tanto la contemporaneità del Gesù con Pilato, quanto la morte di quello per condanna di questo dovrebbero ritenersi fatti storici, sarebbe la circostanza che nessuno avrebbe mai sollevato dubbi in merito. Sta di fatto invece che gli scrittori ortodossi non hanno mai sollevato dubbi nè sulla circostanza di Pilato, né su alcuno degli altri episodi contenuti nei Vangeli; mentre i seguaci di Drews o di Couchoud hanno negato tutto. L'argomento di Loisy pertanto si manifesta labile, ed ancora una volta l'esempio di lui ci convince che un abile critico non sempre riesce ad essere un abile storico.

Peraltro, se di un personaggio storico si sconosce il nome e l'epoca in cui visse, come si può pretendere, specie a distanza di millenni, di ricostruirne la vita? Soprattutto come si può pretendere di avviare le necessarie ricerche nelle fonti ufficiali dell'epoca, se gli elementi indispensabili ad ogni ricerca anagrafica non si posseggono? E poiché del «Messia-Salvatore» fino ad oggi si è evitato di ricercare il nome, e si è trascurato di accertare la cronologia, non potevasi ricostuire la «storia».


Con questo, non dovrà pensarsi che i cristologi che ci hanno preceduto abbiano fatto opera vana; perché se i loro studi non ci fossero stati, e se noi non avessimo assimilato il frutto delle loro fatiche, non saremmo giunti alla conclusione attuale. Giacché in uno studio come il nostro le questioni da risolvere sono sempre troppe, e non potrebbe l'ultimo studioso rimuovere gli ultimi ostacoli, se i suoi predecessori non avessero cominciato a lavorare prima di lui, rimuovendo i primi e più resistenti ostacoli. In ispecie la scuola di Tubinga e la scuola francese diedero tali apporti alla costruzione da noi finalmente ultimata, da assicurare ad esse la riconoscenza di tutti i tempi. Sarà quindi merito precipuo di tali scuole se noi possiamo oggi dire la parola «fine» in un processo d'identificazione che dura da due millenni.

Correggendo ed integrando dunque il lavoro del Paulus, del Renan, del Loisy et cetera, noi ci proponiamo di portarlo a compimento. Daremo pertanto al «Salvatore Cristiano» — tramandato dalla tradizione cogli attributi di Gesù e di Cristo — un nome ed un volto storici, dando insieme alla Genesi del Cristianesimo una «Storia» che sarà finalmente «episteme»: una «Storia» cioè, che sarà «conoscenza» e non «opinione»; sarà «sostanza» e non «parvenza», sarà «immanenza» e non «trascendenza». Ma per giungere a tanto dovremo compiere anzitutto una disamina molto acuta delle fonti tradizionali, allo scopo di accertare il nome profano del Maestro, e l'epoca nella quale ebbe a vivere. Giacché le tradizioni travisano bensì — dati i molti loro passaggi orali, prima di essere raccolte nello scritto — i caratteri, le gesta e le circostanze in genere del personaggio cui si riferiscano; ma conservano sempre la parte nucleare delle circostanze salienti.

Quando noi avremo accertato — attraverso la tradizione cristiana, ed attraverso tutte le altre fonti, riconosciute come storiche dalla tradizione stessa — il nome profano del Maestro, nonché l'epoca nella quale quegli ebbe ad operare, potremo, con tali dati, approfondire le ricerche nella monumentale opera di Giuseppe Flavio. E solo allora, dalle pagine palpitanti del massimo storico giudeo, potremo ricavare e ricostruire vivo il personaggio, analizzandone storicamente le gesta.

Senonché, allo stesso modo che il pittore, prima di rappresentare sulla tela i personaggi ai quali intende dar vita, deve rappresentare e dipingere l'ambiente nel quale i personaggi stessi si dovranno muovere e vivere, ambiente che costituirà poi lo sfondo del suo quadro, così lo storico, apprestandosi a ricercare un personaggio che abbia appartenuto alla storia, dovrà prima approfondire e descrivere l'ambiente nel quale quello era vissuto, ed in mezzo al quale dovrà essere ricercato. Va rilevato però, a proposito del Gesù evangelico, che la tradizione relativa si venne formando soprattutto nell'Oriente greco, irradiandosi da Antiochia: si venne formando cioè in un ambiente di gran lunga diverso da quello nel quale il personaggio era effettivamente vissuto. Giacché l'ambiente della diaspora greca (§ 90) era un ambiente di saggezza e quieto vivere, mentre è facile diventare saggi, dentro piccole comunità che abbiano raggiunto il benessere, quando lo Stato, nel cui ambito quelle vivano, mantenga l'ordine e garantisca il diritto. Il Gesù storico invece non era vissuto nell'ambiente pacifico della diaspora greca; ma era vissuto nell'ambiente arroventato della Giudea; in mezzo alle agitazioni delle sempre rinnovantisi fazioni, quando gli elementi più accesi del popolo, condotti o esagitati da sedicenti «messia», insidiavano l'ordine costituito. La tradizione pertanto — formatasi, come detto, nell'oriente greco — non poteva non lasciarci un'immagine falsata della vita del Maestro, immagine che spetta ormai alla Storia di rettificare e correggere. 

Per completare dunque la parte preliminare di questo studio, illustreremo adesso quella fase della storia giudaica, che, presentando vivo l'ambiente in cui operò il «Gesù», ci darà poi la possibilità di identificarlo, in mezzo ai tanti personaggi che in quell'ambiente avevano vissuto ed operato. E poiché quell'ambiente era invasato di messianismo, anzitutto del fenomeno messianico cercheremo di dare al lettore una visione esauriente. 


NOTE

[1] Sulla ipotesi del Loisy.  È bene rilevare che mentre il Loisy confuta la teoria del Cristo mitico, per contro tutto il racconto evangelico è da lui spiegato con la teoria mitica. Il pensiero di Loisy difatti potrebbe così riassumersi: «Nel racconto evangelico tutti i fatti sono da considerarsi miti e leggende; la persona fisica del Gesù però non può rappresentare un mito; ma un personaggio vissuto, condannato alla croce, a causa di rivolgimenti messianici».

Per comodità del lettore riportiamo la parte conclusiva dell'opera che Loisy scrisse sull'argomento specifico (cfr. Jesus et la tradition évangélique, Paris 1910, pp. 8-11): «In un argomento quale è quello che ci occupa, come in altri argomenti del genere, la verità storica non può consistere nell'esatta precisazione dei dettagli, che le testimonianze non garantiscono sufficientemente, ma nel valore delle circostanze generali, che hanno un posto necessario nella catena dell'evoluzione storica.

«Così, la data di morte del Gesù, né quanto al giorno, né quanto all'anno. Nessuna parola del Cristo è stata raccolta dalla sua bocca e messa immediatamente per iscritto; per conseguenza nessuna dichiarazione di lui esiste un pò circostanziata e sviluppata, dalla quale possa riconoscersi ch'essa contenga l'idea ch'egli aveva della missione sua, a quel determinato momento della sua esistenza. Dobbiamo forse da ciò rilevare che non si sa niente dell'esistenza del Gesù, tranne che egli sia esistito; e che nulla si sa del suo insegnamento, tranne ch'egli ha dovuto insegnare, e nulla dei suoi scopi, tranne ch'egli ha dovuto tentare qualche novità? Certamente un tal modo di presentare ciò che è noto del Gesù potrebbe essere piuttosto un modo di oscurarlo che di illustrarlo».

«Giacché l'apparizione di Gesù ai tempi del procuratore Ponzio Pilato è un fatto certo, come molti altri fatti, a proposito dei quali nessuno ha mai sognato di elevare dubbi. È certo anche ch'egli ha annunziato il prossimo avvento del regno di Dio, quale avveramento delle speranze d'Israele, perché questa idea del Regno di Dio, che è l'idea fondamentale della predicazione di Cristo nei Sinottici, è stata incontestabilmente quella dei suoi primi discepoli, e di San Paolo, i quali non hanno certo inventato il personaggio stesso del Maestro al quale si richiamavano». 

Non può neppure contestarsi che Gesù si sia attribuito un posto eminente nel nuovo regno. Giacché il suo supplizio si spiega con la causa della sua condanna: una pretesa minaccia cioè della regalità d'Israele. Con che è più facile comprendere come i suoi discepoli abbiano potuto crederlo risuscitato dopo morto, e glorificato presso Dio in qualità di Cristo, che non supponendo ch'essi abbiano immaginato la resurrezione del Gesù e le sue qualità messianiche, senza che avessero avuto piena fede in lui come Messia». 

«La Storia quindi potrà esporre sui fatti del Gesù ben altro che dichiarazioni d'ignoranza. I tratti generali della figura storica del Gesù, e quelli della sua carriera, si distinguono assai chiaramente. Astenersi dal segnalarli sarebbe mancare alla verità della storia e non servirla. Ma tali tratti hanno avuto nella realtà una determinazione più precisa, che non ci si può dispensare dal ricercare nella testimonianza un pò confusa della tradizione, poiché essi non avrebbero senso nella storia, se non sotto quella determinazione e quella precisione».

«Gesù visse. Esso morì ai tempi di Ponzio Pilato. Ma in quali condizioni? Era esso uomo di scuola, oppure ha seguito l'ispirazione del suo genio e si è eretto a predicatore popolare? Ha predicato per molto tempo, oppure la sua predicazione per quanto profonda abbia potuto essere per certi spiriti, non ha durato che breve tempo? A che cosa mirava egli, andando a portare il suo Vangelo a Gerusalemme? Quale fu la sua condotta davanti alla morte? Gesù annunziava il regno di Dio; ma come egli lo concepiva? Si indirizzava ai soli Giudei, oppure aveva in vista l'umanità intera? Lavorava esso ad una riforma morale, oppure attendeva il segno della potenza divina: un intervento celeste cioè, per realizzare sulla terra il suo ideale di giustizia e di felicità? Gesù si è detto Messia; ma come egli intendeva ciò? Intendeva essere re di Gerusalemme rinnovata, oppure si considerava soltanto promotore di una riforma religiosa? Oppure ancora aveva pensato di dare la sua vita in espiazione dei peccati degli uomini: d'essere cioè una vittima, che Dio aveva scelto ed accettato per la salvezza di quelli?».


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