giovedì 20 luglio 2023

Essenza del Messianismo

 (segue da qui)

CAPO SECONDO

SINTESI STORICA DEL MESSIANISMO

D'ISRAELE


VI. — MESSIANISMO E APOCALITTICA


§ 12) Essenza del Messianismo. — Chiamiamo comunemente «messianismo» qualsiasi movimento, politico o religioso, il quale ritenga di possedere la formula tocca-sana dei mali sociali. Ciò premesso, ricordiamo che ai tempi dei quali dovremo adesso trattare, in tutto l'oriente romano pullulavano le cosiddette «dottrine della salvezza». E queste altro non erano che formule messianiche, colle quali taluni, in buona o in mala fede, tendevano ad accaparrarsi il favore delle masse di diseredati, promettendo — colla fine delle loro miserie — l'inizio di un'era nuova di benessere.

Di simili formule era stato pieno il mondo (e la vecchia storia cinese, come la vecchia storia egiziana, ci sono d'insegnamento). Giacché il mondo è stato sempre disseminato di miserie. E poiché i popoli, e specialmente i più diseredati, hanno sempre invocato la fine delle loro miserie, era naturale che di quando in quando sorgesse in mezzo ad essi un «invasato» promettente di soddisfarne le aspirazioni; come era naturale che il popolo lo ascoltasse, ponendosene al seguito, ed acclamandolo proprio Capo e proprio Salvatore.

Volendo meglio chiarire il concetto, aggiungiamo che di due nature sono in genere i movimenti messianici: di natura chiesastica cioè o nazionale, e di natura pauperista o classista. I primi sorgono col proposito di difendere i cosiddetti «valori morali» della comunità, e si confondono coi nazionalismi, per cui sono caratterizzati all'inizio da manifestazioni xenofobe; i secondi sorgono col proposito o pretesto di migliorare le condizioni delle masse popolari, per cui i loro inizi sono caratterizzati dalla lotta di classe. Va rilevato però che mentre i movimenti sorti a carattere chiesastico, una volta affermatisi, volendo guadagnare le masse popolari, si trasformano in movimenti pauperisti; i secondi, raggiunto un primo stadio, e volendo identificarsi colla nazione, si trasformano in movimenti chiesastici.

Dei messianismi è oggi abbastanza facile formarsi un concetto esauriente. Giacché in questa nostra era, travagliata, come le precedenti, da egoismi di popoli e di individui, più di frequente si sono visti e si vedono uomini, i quali — invasati d'amore per un'idea rappresentante una determinata classe di insoddisfatti — si affermano «inviati dalla provvidenza», ponendosi a capo di quegli insoddisfatti. Incitati poi dai primi aderenti raccolti, pronunziano, insieme col «sillabo» di condanna per ogni diversa idea, la loro «formula» infallibile, assicurante la salvezza integrale. E di rado capita che tali invasati non ottengano seguito, o non riescano, con l'entusiasmo spesso travolgente che caratterizza i primi loro fautori, a trascinare le masse, e talvolta anche a trascinare un intero popolo. 

Ma può dirsi che un popolo, acclamante in tali condizioni, ed in tali condizioni persistente nell'adorazione dell'invasato, sia consapevole dei propri atti? O non deve ritenersi piuttosto che sia lo «stato di persistente desiderio» a fare intravvedere a quel popolo, nel capo acclamato, il proprio salvatore? Non è più probabile insomma che quel popolo, vivendo da tempo uno stato di nevrosi a causa della sua permanente insoddisfazione, sia dominato proprio dalla nevrosi, per cui veda nell'invasato il capo che egli desidera di vedere, e che da tanto tempo abbia invocato ? 

Troppo spesso, nell'epoca tragica che stiamo vivendo, in mezzo a continue difficoltà e paure, in mezzo a pericoli e dolori infiniti, noi sentiamo il bisogno di un Essere superiore, che miracolosamente ci sovvenga, che guarisca i nostri mali, che ci soccorra nei bisogni, che ci protegga nelle avversità. E poichè facilmente l'uomo ritiene vero ciò che desidera sia vero, non è improbabile che certe figure ideali siano personificazioni di tali desideri.

Venendo adesso a considerare il fenomeno messianico di Israele, che solo fu oggetto di studio fino ad oggi, va rilevato che lo stesso — originariamente di natura chiesastica — non era che manifestazione di attaccamento ad una determinata opinione. Ma poiché quasi tutti gli scrittori che ebbero a studiare quel fenomeno erano legati a quella determinata opinione, non potevano essi fare del fenomeno stesso un'esposizione sostanziale e quindi storica (episteme), ma solo una esposizione formale e quindi apologetica (doxa). Appunto per questo furono e sono troppi gli scrittori, i quali ritenendo il fenomeno messianico di natura trascendente — come appunto lo presenta la Bibbia — lo esposero per adularlo, e quale presupposto delle loro speculazioni dogmatiche. Solo Giuseppe Flavio fra gli antichi, e solo Sigmund Freud tra i moderni, considerarono il fenomeno di natura immanente, esponendolo da un punto di vista epistemologico. Giacché mentre Giuseppe Flavio chiamò «pazzia» (ànoia) il messianismo galileo di Palestina, Sigmund Freud chiama «nevrosi ossessive» tutte le manifestazioni messianiche e religiose in genere.

Tre furono i periodi messianici più importanti nella storia d'Israele. Il primo, o periodo filisteo, fu caratterizzato dal messia Sansone; il secondo, o periodo seleucida, fu caratterizzato dal messia Mattatia, ed il terzo, o periodo romano, fu caratterizzato dal messia Galileo nel primo tempo, e dal messia Bar-Kokhebhah nel secondo tempo. Di tutti tali periodi, l'ultimo fu il più gravido di conseguenze per lo spirito umano. E proprio di questo terzo periodo — decorrente dalla morte d'Erode il Grande (4 E.V.) alla dispersione d'Israele (133 E.V.) — interesserà maggiormente trattare.

Volendo adesso dare al lettore un'idea più completa di quello che fu in Giudea il «movimento messianico» — sul cui argomento saremo più dettagliati in Storia d'Israele — diremo che lo stesso fu soprattutto un «movimento di resistenza», analogo ai movimenti anti-coloniali arabi dell'epoca moderna. E poiché la «Storia» è sempre «Storia Contemporanea» (perché la «Storia» è «Spirito», e lo «Spirito» è sempre potenzialmente identico a sé medesimo), noi potremo servirci dei fatti e del linguaggio contemporanei, per illustrare gli eventi dell'antichità più remota. Al quale proposito sappiamo che i «movimenti di resistenza» nascono e si sviluppano prevalentemente presso i popoli in istato di squilibrio politico, quando al governo del paese si trovi uno straniero, oppure si trovi un'oligarchia invisa al popolo. 

Nei detti casi si sviluppa, e lentamente si estende in tutto il paese, un movimento di «resistenza» alle direttive del governo. E tale movimento — gravitante attorno ad un animatore o «Condottiero» che sarà per il popolo l'eroe della resistenza — tenderà anzitutto a rendere difficile l'esercizio del potere al governo costituito, mediante sabotaggi, insidie ed imboscate. A poco a poco però dai sabotaggi e dalle imboscate il «movimento» passerà alla guerra aperta, coll'intento di eliminare anzitutto i fautori del governo in carica (collaborazionisti), per poi eliminare il governo stesso, e trasformare in «governo» il movimento, ponendo a «capo del governo» il «capo» del movimento.

In Israele tutti i condottieri, che ebbero ad operare posteriormente a Giosuè — da Gedeone a Sansone ed a Saul; da Mattatia a Giuda Galileo ed a Bar-Kokhebhah — furono «eroi della resistenza». Giacché, allo stesso modo che Sansone fu l'eroe principale della resistenza anti-filistea, Mattatia fu l'eroe principale della resistenza anti-seleucida; mentre Giuda Galileo e Bar-Kokhebhah furono gli «eroi» più celebrati della resistenza antiromana. 

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