sabato 12 novembre 2022

IL CRISTIANESIMO AVANTI CRISTOL'EVOLUZIONE DEI TESTI

 (segue da qui)


CAPITOLO IV

L'EVOLUZIONE DEI TESTI

La storia di Gesù è una creazione religiosa che si iscrisse tra i Misteri di salvezza, ma con quella differenza: che fu elaborata dagli ebrei della Diaspora e sottoposta ad adattamenti scritturali. Da qui alcune caratteristiche dell'evoluzione dei testi.

In primo luogo, quella creazione è progressiva: Gesù non è stato rappresentato fin da subito in una maniera concreta poi sempre più astratta. È tutto il contrario che si è verificato. L'immagine sfocata degli inizi — quella dell'Apocalisse e delle epistole — si è precisata a poco a poco al pari di uno schizzo o un abbozzo dapprima informe.

In secondo luogo, la tradizione cristiana è cominciata «dalla fine», con la Passione: «I racconti evangelici si sono formati, in qualche modo, a ritroso»: [155] la narrazione mitologica doveva interessarsi dapprima sull'oggetto più prezioso per la fede. La natività, al contrario, fa parte delle ultime aggiunte.

Ne consegue che il dio non ha avuto una biografia prima del periodo evangelico, intorno al 150. Fino ad allora, i tratti sparsi che si scoprono in pochi testi sono mal assicurati, contraddittori e fin troppo pochi per costituire una vita. 

Il desiderio di combattere lo gnosticismo ha dovuto accelerare, se non provocare, il processo di storicizzazione.

***

Il silenzio persistente dei nostri primi documenti inquieta la Storicità, soprattutto il silenzio di Paolo. Si tenta di giustificarlo dando come argomento che la vita di Gesù non interessa l'apostolo, che egli si preoccupa unicamente della sua morte e della sua resurrezione. 

L'affermazione è inesatta in quanto Paolo non dà alcun racconto della Passione e della resurrezione. E poi questa non è una spiegazione, è una constatazione, ovvero una petizione di principio; e la questione resta tutta.

Essa è tanto più urgente in quanto l'abbondante letteratura paolina non è attribuibile ad un solo autore. Questo è ciò che ha mostrato quasi un secolo fa la Scuola di Tubinga: questo è ciò che provano le ricerche effettuate dal 1956 al 1963 da Mac Gregor, professore all'Università di Glasgow, e da Andrew Q. Morton, pastore della chiesa presbiteriana di Scozia. Quest'ultimo, dopo aver studiato minuziosamente, con l'aiuto di un computer, il vocabolario e lo stile delle epistole, è giunto alla conclusione che solo le prime quattro sono autentiche, Romani, 1-2 Corinzi, Galati. Le altre avrebbero almeno cinque origini diverse.

Altri studiosi, appartenenti soprattutto alla Scuola olandese, come Loman, Pierson, Steck e Van Manen, avevano rifiutato l'autenticità di queste quattro epistole; Van den Bergh vede in Romani solo una «pseudo-lettera» scritta probabilmente intorno al 125, sotto influenze gnostiche, poi cattoliche. [156]

Qualunque sia la portata esatta di queste ricerche, non è solo il Paolo «autentico» che resta muto a proposito della vita del Cristo, ma anche i discepoli e gli interpolatori dell'apostolo. Non è assurdo credere che essi non avrebbero mai avuto il desiderio né l'occasione di mostrare Gesù vissuto come un uomo, di riportare dichiarazioni dettagliate oltre che dissertazioni astratte?

Insomma, i numerosi scrittori delle epistole paoline, — indipendentemente da altri testi —, [157] ignorano tutto della storia di Gesù.

***

Alla stessa conclusione ci porta la genesi dei vangeli. Sotto una forma embrionale, li si vedono apparire nel Libro di Elcasai, apparso in Transgiordania intorno al 115. [158] Il Cristo sta in cielo di fronte allo Spirito, che è sua «sorella», probabilmente una divinità, secondo l'abitudine semitica di designare gli dèi con nomi di parentela. Il Cristo conserva le osservanze ebraiche, la circoncisione. La sua originalità consiste nel lodare i bagni ripetuti per combattere ogni sorta di mali, compresa la rabbia.

Più complesso e più tardivo è il vangelo dei Nazareni, chiamato anche «degli Ebrei», «degli Ebioniti» o «dei dodici apostoli». [159] Esso colloca il Cristo «ai giorni di Erode, re di Giudea», ma fa del principe un contemporaneo di Caifa, sebbene più decenni li separino. [160]

Il Salvatore ha una famiglia; essa vuole farlo battezzare, ma lui si ribella: «In cosa ho peccato?» Vi si risolve infine, poi è portato da sua «madre», lo Spirito Santo, che lo afferra per un capello. La sua dimora è Cafarnao. Arruola dei discepoli ed entra nella «casa di Simone, soprannominato Pietro», senza dubbio avatar di Simon Mago, perché vi vede apparire una donna «accusata di numerosi peccati», simile a Maria Maddalena.

Tratti arcaici si rivelano nella sua morte, dovuta a Caifa, nella sua morale gnostica (lasciare tutto, dare tutto), e soprattutto nella celebrazione dell'eucarestia: al momento della Pasqua, il Cristo presenta ai suoi discepoli una coppa riempita non di vino, ma di acqua.


Il vangelo di Pietro ha potuto essere scritto intorno al 130-135 nella sua forma primitiva, ma le ultime aggiunte devono oltrepassare l'anno 150. I vangeli canonici gli sono posteriori e la loro datazione precisa solleva difficoltà considerevoli.

La critica ha  pensato spesso di risolverle evocando la testimonianza di Papia, vescovo di Gerapoli in Frigia (135-167 circa). Non abbiamo nulla da lui; ma secondo Eusebio, che lo ritiene «completamente limitato», Papia avrebbe saputo che Marco ha annotato esattamente anche se senza ordine i fatti e le gesta del Signore, e che Matteo avrebbe raccolto i suoi logia in ebraico.

Ma non è esistito un originale aramaico di Matteo, e la composizione di Marco non ha nulla della notazione improvvisata di scene vissute. Anche se avesse intravisto alcune fonti dei nostri testi, ad esempio le raccolte di «profezie», «Papia non ha conosciuto nessuno dei nostri quattro vangeli» (Loisy). [161]

***

Di gran lunga più interessante è il documento che il famoso curatore e storico Muratori scoprì nella biblioteca di Milano e che pubblicò nel 1740 nel 3° volume delle sue Antichità italiane.

Il Frammento di Muratori è la registrazione anonima delle opere «ricevute» nella chiesa romana. Vi si trova uno scorcio leggendario della formazione del canone e la menzione di vari scritti, tra cui gli Atti degli apostoli e i Vangeli.

Il testo è amputato dall'inizio; ecco perché non vi figurano i nomi di Matteo e di Marco. Ma Luca è menzionato come terzo vangelo, Giovanni come quarto; il terzo libretto è detto «secondo San Luca». Sembra proprio che le attribuzioni fatte agli scrittori siano identiche alle nostre.

La difficoltà sta nel datare questo documento, scritto curiosamente in latino. Lo si colloca generalmente verso la fine del secondo secolo. Non lo si può respingere dopo il 200 a causa dell'allusione al Pastore: «È stato scritto molto recentemente da Erma mentre Pio, suo fratello, occupava l'episcopato della città di Roma».

Se il Pastore è degli anni 140 e se l'espressione «molto recentemente» conserva un significato, l'informazione raccolta dall'autore del Frammento non deve indicare più di una generazione. Si può quindi ammettere che intorno al 180, forse un po' prima, i vangeli canonici facessero parte dei libri accettati dalla chiesa romana.

Però queste raccolte differivano da quelle che possediamo. Così la pericope di Matteo 16:16-19 è stata inserita solo nei tempi in cui i vescovi di Roma rivendicavano la «successione» presunta di San Pietro, forse durante l'episcopato di Vittore (189-198). Il testo matteano è citato nella lettera 33 della Corrispondenza di Cipriano, scritta tra la sua conversione (245 circa) e il suo martirio (258). [162]

Allo stesso modo, l'episodio della donna adultera (Giovanni 1:12) è «non giovanneo»; [163] il capitolo 21 del Quarto Vangelo è un'aggiunta tardiva, così come le genealogie contraddittorie e incoerenti [164] di Matteo e di Luca, i racconti della Natività, ecc. 

Una prova importante di modifiche tardive apportate ai vangeli canonici è fornita dal Diatessaron di Taziano.

Venuto a Roma all'età di trent'anni, nel 150, Taziano fu il discepolo di Giustino. La sua tendenza ascetica lo rendeva ostile al matrimonio, all'uso del vino e della carne. Secondo Epifanio e Girolamo egli sarebbe divenuto il «capo» degli Encratiti; ma, secondo l'opinione pertinente di don Leloir, «l'affermazione è soggetta a cautela». [165]

Ciò che pare probabile è che, allo stesso modo degli Encratiti, Taziano rifiutasse la comunione sotto la specie del vino. Le sue presunte tendenze eretiche furono condannate solo dalla chiesa d'Occidente, mentre quella dell'Oriente utilizzò il suo Diatessaron per tre secoli. A metà del quarto, a Edessa, quest'opera era impiegata «esclusivamente» nella liturgia. [166]

Composto intorno al 175-180, probabilmente in siriaco, il Diatessaron è una sintesi di scritti precedenti, soprattutto dei quattro Vangeli. [167] Esso è perduto oggi. Le numerose versioni che ne furono fatte non ci permettono di restituirne il tenore, perché differiscono e presentano redazioni secondarie. Il commentario che Efrem ha dato del Diatessaron, intorno al 370, sembra ispirato da un testo profondamente alterato, scritto sotto l'influenza dei vangeli in circolazione. L'esegeta è peraltro completamente sprovvisto di senso critico.

Non potremmo afferrare il pensiero di Tatiano se non sapessimo da Teodoreto (390-457 circa) che egli avrebbe cancellato dai Vangeli «le genealogie e tutto ciò che presenta il Signore nato secondo la carne, della stirpe di Davide».

Siccome non abbiamo alcuna ragione di mettere in dubbio la constatazione di Teodoreto, si deve ammettere che le genealogie delle versioni del Diatessaron sono aggiuntive. Sono state aggiunte all'originale pericope che Taziano non ha affatto «soppresso», ma che ha semplicemente ignorato al momento in cui compose la sua raccolta. [168]

Malgrado il suo successo prodigioso, il Diatessaron perse il suo credito nella misura in cui le chiese presero coscienza delle contraddizioni che esistevano tra la compilazione di Taziano e i libretti evangelici. A tal punto che Teodoreto, nel suo Haereticarum fabularum compendium, [169] «convinto», si dice, «della malignità di quella composizione», si vanta di averla tolta ai fedeli e di averla sostituita con i Vangeli.

Ma ci saranno voluti tre secoli prima di arrivare a quell'atteggiamento di rifiuto. È quindi chiaro che il materiale evangelico del tempo di Teodoreto differiva da quello dei testi utilizzati da Taziano. E infine, è il testimone delle credenze antiche che sarà tacciato di eresia!

***

In sintesi, «il Gesù della Storia», la sua famiglia e i suoi discepoli sono la grande invenzione della metà e della fine del secondo secolo. La loro umanità fu completamente ignorata nel primo. Essa fu elaborata intorno al 130 e continuata dopo il 144 in una maniera sistematica per combattere il docetismo. 

Il punto di partenza è un folclore comune ai pagani e agli ebrei della Diaspora. Il culmine ne sono i vangeli canonici e gli apocrifi dipendenti o paralleli.

Ma se l'essenza della «vita» di Cristo è formulata tra il 150 e il 180, i quattro libretti e il Diatessaron non furono meno modificati fino al IV° secolo, allorché apparvero i primi manoscritti che ci sono restati. [170]

NOTE

[155] ISAAC, Revue historique, luglio-settembre 1961, c. rd. dell'articolo «Passione» del Supplemento al Dizionario della bibbia.

[156] VAN DEN BERGH VAN EYSINGA, o.c., 111-114; Contra CULLMANN, Le Nouveau Testament, 62 s. — Cullmann pensa tuttavia che il capitolo 16 non era destinato ai Romani.  I due ultimi capitoli di Romani non figurano nell'Apostolikon di Marcione.

[157] V. III° parte, capitolo 1, § 2; IV° parte, capitolo 1, § 5.

[158] Cfr. ALFARIC, Origines, 125 e 129, nota 57.

[159] Questo vangelo è perduto. ALFARIC ne dà uno scorcio secondo gli autori ecclesiastici, ibid., 120-5. — Certi distinguono il Vangelo degli Ebioniti (o dei dodici apostoli) da quello dei Nazareni (o degli Ebrei); GRELOT-BIGARE, o.c., 190-1.

[160] Altre ipotesi: Erode designa Erode Antipa, ma non si tratta d'«un re di Giudea»; e se si parla di Erode Agrippa noi siamo all'inizio del regno di Claudio.

[161] EUSEBIO, Storia ecclesiastica 3:39; LOISY, Le quatrième évangile (introduzione); WEILL-RAYNAL, Chronologie des évangiles, 147 s.; ORY, Anciennes écritures chrétiennes, B.R. 97, marzo 1963; TREVES, Le pseudo-témoignage de Papias, B.R. 169, 1971; FAU, Le puzzle..., 129-131.

[162] Quella lettera pone un problema di autenticità perché è apparsa senza titolo. Tuttavia il primato di Pietro è ammesso da Cipriano; lettera 71, § 3. V. edit. BAYARD, pag. 84 e 258.

[163] MERLIER, o.c., 147.

[164] Esse fanno discendere da Davide, tramite Giuseppe, un Gesù concepito dallo Spirito.

[165] LELOIR, Ephrem de Nisibe, 12.

[166] LELOIR, ibid., 17.

[167] Diatessaron significa «attraverso i quattro».

[168] La nostra opinione è confermata dalla scoperta a Dura-Europos, nel 1934, di un frammento abbastanza lungo, redatto in greco, del Diatessaron. La genealogia di Gesù e la sua discendenza dai re di Giudea non vi figurano affatto; cfr. LENZMAN, o.c., 48.

[169] Compendio delle favole eretiche.

[170] Così l'episodio di Barabba è nettamente interpolato in Luca, da 23:16 a 23:22, e Giovanni, da 18:38 a 19:6 (interpolazioni con riprese). — Secondo TERTULLIANO la Vergine Maria non era maritata... non nupserat, Apologia 21:7-9. È quindi espansione tardiva la storia di Giuseppe, dei fratelli e sorelle o cugini, cugine, ecc. 

Nessun commento: