martedì 15 novembre 2022

IL CRISTIANESIMO AVANTI CRISTOLa cronologia: Pilato

 (segue da qui)

— I —

La cronologia: Pilato

Una domanda principale si pone: se il Cristo fu un dio simile a quello dei pagani, perché la sua venuta fu presentata in un'epoca recente?

La risposta è dettata dalla convinzione generale di essere arrivati all'«età ultima» predetta dalla Sibilla. Per i precristiani, questa era quella della manifestazione del Messia, l'Eskaton. Come dice Jean Magne, «Il Cristo essendo atteso per gli ultimi tempi, la biografia che bisognerà creargli a colpi di testimonia fantasiosi non potrà che collocarsi nell'epoca contemporanea». [1

Quella spiegazione elimina gli scrupoli di Volney, secondo cui il supplizio di un oscuro rabbino avrebbe permesso di situare sotto Tiberio la Passione del dio solare [2] o neutralizza l'affermazione intrepida di Louis Rougier, che disse che il miticismo non può giustificare la localizzazione storica dell'evento. [3

La precisione relativa dei tempi risulta da calcoli laboriosi. Si è visto più sopra [4] che l'oracolo di Schilo, la cui importanza è segnalata da Giuseppe e Tacito, poneva l'avvento del Messia intorno all'anno 6 della nostra era.

Si leggeva anche nel Salmo 95: «Io ho sopportato questo popolo per quaranta anni. Così io ho giurato nella mia collera che non entrerò nel mio riposo». Ora la guerra condotta da Vespasiano e Tito, dal 66 al 70, aveva comportato lo sterminio di Israele e la rovina del tempio di Gerusalemme. Ne consegue che «la caduta e la distruzione del tempio nel 70 datavano lo scoppio dell'ira divina ritardato di quarant'anni». [5]

Cosa era dunque successo all'inizio di quel periodo che eccedette la pazienza di Jahvé? Per i cristiani non poteva che essere il supplizio di suo Figlio. Di conseguenza, la Passione si collocava nel 30. [6] Poi i cattivi ricordi che aveva lasciato Pilato suggerirono che il Servo di Israele fosse stato sua vittima. 

Tuttavia, il pensiero cristiano non è arrivato da subito ad una scoperta così positiva. In origine, in effetti, il Cristo, dio del cielo, era immolato dagli esseri celesti. In Paolo, egli è crocifisso dagli Arconti di questo eone, vale a dire dai capi del periodo che separa due rivoluzioni o due conflagrazioni cosmiche; 1 Corinzi 2:6-8.

L'epistola agli Efesini 6:12 ci informa di questo pericolo: «...Noi abbiamo da combattere non contro avversari di sangue e di carne, ma contro le Dominazioni, le Potenze, contro i Principi delle tenebre di questo eone, contro gli Spiriti del male che vivono nei luoghi celesti». [7]

Nel periodo primitivo, il Nemico è quindi un gruppo di Potenze estranee al nostro universo terreno. Successivamente non si parla più degli Arconti o dei Principi di questo eone, ma di questo mondo, Kosmou; Giovanni 12:31; 14:30; 16:11. Eone definiva un periodo astrologico, Kosmos designa uno stato di fatto. Il Principe di questo mondo regge l'universo attuale: è un capo politico.

Nell'ultima frase le espressioni «Principe di questo mondo» e «Principe di questo eone» non furono più impiegate, ma l'idea che gli Arconti esercitassero il potere temporale si era fatta strada. Si credette di scoprirli in Erode, Pilato e nei sommi sacerdoti ebrei. Da qui un compromesso tendente a conciliare tre opinioni diverse:

a) Una fa ricadere la responsabilità della crocifissione sul Sinedrio. Esso avrebbe costretto Pilato, convinto dell'innocenza di Gesù e di un carattere reputato intrattabile, a far perire un innocente.

b) La seconda intende preservare la sovranità di Erode, rimandando a lui la giurisdizione detenuta dal capo delle forze di occupazione. Questo è di un'inverosimiglianza grossolana. [8]

c) La terza rende Pilato il responsabile della condanna.

Quell'ultima soluzione è quasi sempre quella dell'esegesi storicista. Ma Pilato è sconosciuto nei documenti cristiani autentici del I° secolo. Nel secondo, il vangelo di Pietro scagiona il governatore romano, l'epistola di Barnaba e quella di Clemente lo ignorano. Pilato appare solo molto tardi, perché è soltanto nel secondo secolo che si dota Gesù di un'esistenza umana. [9]


L'età di Gesù al momento della sua «apparizione» è mistica: trenta anni era l'età minima richiesta per il sacerdozio; Numeri 4:21-47. È quella di Giuseppe quando divenne primo ministro, quella di Davide quando accede alla regalità. Su quella base, Gesù è nato nell'anno 1, poiché è morto nel 30. Quella soluzione fu quella di Dionigi il Piccolo quando, nel VI° secolo, fissò la Natività nell'anno 754 di Roma.

Ma questo calendario non risulta da alcuna tradizione storica. Giovanni 8:56-57 lascia intendere che Gesù ha circa cinquant'anni al momento della crocifissione; i presbiteri d'Asia la collocavano al tempo di Claudio (41-54), altri sotto Nerone, nel 58, altri ancora nel 21. [10]

Per Ireneo (140-202 circa), «Erode, re dei giudei, e Ponzio Pilato, procuratore dell'imperatore Claudio, essendosi incontrati, condannarono Gesù alla crocifissione». [11] Da qui la riflessione di E. Weill-Raynal: «...Se fosse stata la crocifissione di Gesù sotto il regno di Tiberio ad aver determinato la nascita del cristianesimo, sarebbe stato impossibile per la scuola giovannea trasferirla a una data di vent'anni più recente». [12]

Sicuramente. Con questo passo di Ireneo siamo in piena confusione. Infatti:

1. Pilato, governatore di Giudea (dal 26 al 36) sotto Tiberio, non può essere «procuratore di Claudio», che regnò dal 41 al 54. 

2. Pilato non ha potuto consultarsi con un «Erode, re dei giudei». Infatti questo titolo, in senso stretto, conviene al solo Erode Agrippa, principe a profitto del quale Caligola, dal 37 al 41, ricostituì progressivamente il regno di Erode il Grande. Erode Agrippa morì nel 44, data nella quale Claudio rifece della Giudea una provincia romana. Erode, re sotto Caligola e all'inizio del regno di Claudio, non ha potuto consultarsi con Pilato, rimosso dalla sua carica nel 36.

3. Il titolo portato sotto Tiberio dal governatore della Giudea è praefectus, come in Egitto e come attesta l'iscrizione di Cesarea. Il titolo di «procuratore» è posteriore a Pilato e gli è attribuito per anacronismo.

Queste osservazioni provano che intorno al 160 la Passione «sotto il regno di Tiberio» non aveva ancora un interesse dogmatico e non era nemmeno conosciuta dal nostro autore; infatti Ireneo avrebbe rispettato quella tradizione. Se non ne ha avuto conoscenza, è perché era ancora mal fissata e senza valore particolare; se l'ha appresa dagli antichi e l'ha contraddetta, è perché non le attribuiva alcuna importanza.

Queste datazioni diverse sono fantasiose. Adottare una media tra punti di cui nessuno è assicurato è irrazionale. Far dipendere il calendario cristiano dal battesimo di Gesù nell'anno 15 di Tiberio (28) equivale ad attaccarsi a una favola. Quel quindicesimo anno, osserva Guy Fau, è dovuto all'Evangelion. Esso lo applicava alla Discesa del Cristo sulla terra; da qui il carattere solenne del suo inizio; Luca 3:1-2. Il rimaneggiamento che ne fa Luca applica la precisione del tempo alla voce udita nel deserto e la rende «ben inutile». [13]

Il mese e il giorno della Nascita non sono meglio stabiliti dell'anno. I cristiani li hanno collocati il 6 gennaio, a marzo, ad aprile, a maggio. Infine, la chiesa romana li fissò al 25 dicembre, giorno della natività di Mitra e del Sole invincibile. Ma fino al IV° secolo l'Epifania del 6 gennaio fu «l'unica festa della nascita del Cristo». [14]

Queste scoperte sono estranee ai nostri Vangeli; ma tutti sono d'accordo nelle ventiquattro ore sul momento della Crocifissione. Questo perché essa dipende da riti praticati ad una data pressappoco fissa, al momento dell'equinozio vernale.

Le manifestazioni di Chrêstos erano annuali all'origine; esse seguivano il ciclo del sole e della vegetazione. Ecco perché Gesù inizia a predicare «in primavera» e ha solo una carriera estremamente breve, pressappoco tre anni secondo il Quarto Vangelo, un anno secondo le Omelie 17:19, pochi mesi nei Sinottici secondo l'opinione più diffusa. 

Insomma, la cronologia cristiana si basa su vaghi racconti popolari. È il destino degli dèi di non poter essere localizzati nel tempo. «La grande ridicolaggine di tutte queste cronologie fantastiche», disse giustamente Voltaire,  «sta nel fissare tutte le epoche della vita di uomo, senza sapere se quell’uomo sia esistito». [15]

NOTE

[1] MAGNE, Origines chrétiennes, volume 1, 132. — L'apologetica oppone oggi le credenze cristiane ai pagani dal punto di vista della temporalità. Il mito pagano sarebbe rinnovabile e indifferente al tempo. Al contrario la fede cristiana collocherebbe nel tempo gli eventi di cui si nutre.

Distinzione fallace: i miti pagani tanto quanto gli altri raccontano fatti completamente passati, divenuti storici per i credenti che si appellavano ad essi: per esempio le fatiche di Eracle, la genesi degli dèi, le loro rivalità, le loro tribolazioni, le loro morti, ecc. La nascita di Eracle trova il suo parallelo in quella di Gesù: uno nasce da Giove e da Alcmena, sposa di Tindaro, l'altro da Jahvé e da Maria, donna di Giuseppe. Il primo di questi racconti è di un «passato» tanto «storico» quanto il secondo. L'illusione cristiana è di aver voluto autenticare antichi miti storicizzandoli a poco a poco: da qui i vangeli e la triturazione dei testi.

D'altra parte, feste e sacramenti cristiani fanno rivivere i miti: Natale, Pasqua, battesimo, comunione, «sacrificio della messa»... Si è parlato giustamente della «riattivazione di elementi fondativi» a proposito del cristianesimo; PEPIN, Survivances mythiques... Dict. des mythol., volume 2, 471, 2° col. Ora quella «riattivazione» tradizionale è una ripetizione mistica analoga a quella dei pagani.

La questione del male associato allo scorrimento del tempo non è particolare alla gnosi cristiana tardiva. Essa è di origine pagana e si trova in Paolo secondo Orazio (ode 6). — Su Ercole, si può dire con M. SIMON che «la sua attività umana si situa tutt'intera nel passato»; Hercule et le christianisme, 196. Si tratta proprio di miti pagani dalla forma storica.

[2] VOLNEY, o.c., 222, 338.

[3] ROUGIER, La genèse des dogmes chrétiens, 257-8. — V. Appendice III.

[4] Terza parte, capitolo 4, § 2.

[5] LAS VERGNAS, Jésus a-t-il existé?, 122.

[6] LAS VERGNAS, ibid.

[7] Questi sono i geni planetari designati in Galati 4:9 con Stoïkheïa (Elementi); altrove con Archè, Archaï, Exousia; cfr. Romani 8:38; 1 Corinzi 15:24; Colossesi 1:13, 15; Efesini 3:10.

[8] GUIGNEBERT, Jésus, 571-2.

[9] Cfr. GUILLET, Entrée en scène de Pilate, C.R. 98, 1977, pag. 7. — La tesi dell'irruzione tardiva di Pilato negli scritti testamentari trova un sostegno in TROCME, La formation de l'évangile selon Marc. L'autore vi scopre due parti di cui la seconda, che sarebbe la più recente, racconta la Passione. Nessuna allusione a Pilato nella prima sezione, 1-13; pag. 179. — Già, per REUSS (Les Evangiles synoptiques, pag. 82), «Il vangelo di Marco, come Luca lo possedeva, non conteneva la Passione»; secondo REINACH, Cultes, mythes..., volume 3, pag. 19.  Tesi respinta da BULTMANN che la trova «improbabile»: «La storia della passione è senza dubbio l'insieme più evidentemente premarciano»; L'histoire..., pag. 534, 650. — Per noi conviene distinguere tra la credenza nella Passione, che è primordiale, e le sue ultime storielle.

[10] GUIGNEBERT, Jésus, 110.  La crocifissione nel 21 o 28 esclude Pilato (26-36).

[11] IRENEO, Dimostrazione della predicazione apostolica, § 74; Contro le eresie 2, 22:5.

[12] WEILL-RAYNAL, Jésus: du mythe à l'histoire; riv. Les nouveaux cahiers, n° 31, inverno 1972-3, pag. 31, 1° col.

[13] FAU, Le Puzzle..., 145.

[14] RAHNER, o.c., 155. 

[15] VOLTAIRE, Dizionario filosofico, art. Cronologia. 

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