lunedì 7 novembre 2022

IL CRISTIANESIMO AVANTI CRISTOI PERSONAGGI

 (segue da qui)


CAPITOLO II

I PERSONAGGI

I miti pagani tracciano una linea indefinita tra il divino e l'umano. Essi prestano agli dèi, agli Eroi, delle azioni umane; viceversa, attribuiscono a certi uomini imprese degne degli dèi. Da qui il carattere ambiguo del meraviglioso.

Così Eracle, tra molti altri, presenta un ciclo di credenze che lo apparentano agli dèi: nascita miracolosa, fatiche, lotta contro i giganti, morte, resurrezione, viaggio negli Inferi. Ma altri racconti che lo riguardano sono compatibili con la vita di un uomo reale: la lotta contro Ergino e la presa di Orcomeno; il matrimonio con Megara, figlia di Creonte, re di Tebe; lo sviluppo economico della Libia; l'invasione dell'Iberia; lo scavo del canale della pianura di Tessaglia, la fondazione di città, ecc.; Diodoro di Sicilia, 4.

Allo stesso modo, la «vita» di Gesù si svolge in un chiaroscuro dove il reale si mescola talvolta al sacro. Ecco perché, accanto a un personaggio folcloristico come Malco (Giovanni 18:10), che potrebbe essere il dio Melkart, [53] il racconto cristiano presenta Giovanni Battista, attestato, sembra, [54] da Giuseppe, e alcuni personaggi la cui esistenza non solleva alcuna difficoltà, se non per le date e il ruolo che il Vangelo attribuisce loro: Erode, Anna, Caifa, Pilato. Quest'ultimo fu talmente cristianizzato che nell'Apocalisse di Stefano battezza sua moglie e i suoi figli...

A questi personaggi si aggiungono la famiglia del Salvatore, i suoi discepoli e i suoi amici.


I. — LA FAMIGLIA DI GESÙ

All'inizio il Cristo non ha un'ascendenza terrena. Non troviamo nelle epistole paoline, constata Goguel, alcuna menzione di Maria; Galati 4:4 non può essere preso per un'allusione. [55]

Negli Atti degli Apostoli non si parla affatto di Maria, se si eccettua la menzione di 1:14, «sospetta di provenire da un'aggiunta secondaria». [56]

L'epistola agli Ebrei ci mostra il Figlio di Dio simile a Melchisedec: «senza padre, senza madre, senza genealogia»; 7:3. Il suo corpo è formato da Dio senza mediazione umana; 10:5-7.

In Filippesi 2:6-7 Gesù esisteva «in forma di Dio» prima di diventare un uomo. Giovanni ignora la nascita verginale; egli sa che la Parola fu fatta carne e che è un'Emanazione del Padre; Prologo, soprattutto 1:18; 3:13, 31, 34. Fa apparire all'improvviso il Cristo a Betabara; 1:28-29.

Allo stesso modo Marco lo mostra del tutto adulto, proveniente da Nazaret; 1:9. Il Proto-Luca, che corrisponde all'Evangelion di Marcione, ignora altrettanto la nascita miracolosa; esso colloca da subito il Signore sulle rive del Giordano o a Cafarnao, luoghi predestinati al culto delle acque; Luca 4:1, 23.

Nell'Apocalisse il Cristo nasce dalla Donna celeste coronata di stelle: 12:1. Lei e lui sono divinità astrali. 

In questo stadio primitivo la famiglia terrena non appare affatto perché non ha alcuna utilità. Ma quando il Salvatore è diventato un uomo «di carne», ci si preoccupa della sua parentela. Lo si fa nascere da Maria e da uno Spirito Santo che svolge il ruolo di Giove rispetto ai mortali; Luca 1:35 a; Odi di Salomone 19. Altre volte genera sé stesso penetrando Maria; Lettera degli Apostoli 25.

Poi, l'annessione a Proto-Luca dei racconti della Natività, la fabbricazione di genealogie (peraltro inconciliabili), [57] e l'inserimento sporadico di piccoli episodi fittizi munirono Gesù di una famiglia più o meno normale, a parte il mistero del suo concepimento.


I GENITORI

«Dei genitori di Gesù ignoriamo quasi tutto», riconosce Guignebert. [58]

Giuseppe deve il suo nome e la sua esistenza alla tradizione che faceva del patriarca Giuseppe — il figlio di Giacobbe —, un Giusto consegnato agli empi e la cui discendenza doveva salvare Israele. [59] Questo è senza dubbio il motivo per cui Matteo dà Giacobbe per padre al Giuseppe cristiano; 1:16. In questo padre adottivo che rispetta la verginità di sua moglie sopravvive il Giuseppe biblico, sprezzante del fascino dell'Egiziana e della moglie di Putifarre.

A. Malet ha mostrato che Luca 1:27 è un'inserzione: Giuseppe non compare a questo punto nella fonte più antica del terzo Vangelo: essa riporta «senza equivoco» a Maria l'origine davidica. Il passo parallelo di Matteo 1:18-25 è posteriore; esso è «una difesa apologetica della leggenda di Luca». [60]

Giuseppe è quindi un personaggio secondario in tutti i sensi del termine; è arrivato tardi nei nostri testi, benché la sua condizione di «carpentiere» lo colleghi a Twasti e al dio Agni, vale a dire alla più lontana antichità vedica. [61]

Dal punto di vista dell'ascendenza ebraica, l'epistola di Barnaba (§ 12) fa risalire Gesù al suo archetipo, Giosuè, della casa di Giuseppe. Ma le speranze popolari vertevano di preferenza su un messia derivato da Davide. Questo re fu quindi introdotto nelle genealogie ed è tra le acclamazioni di «Figlio di Davide!» che Gesù fece la sua entrata a Gerusalemme. 

L'aspettativa messianica era fissata anche su un rampollo di Levi, erede di stirpe sacerdotale. Maria beneficiò di quella ascendenza grazie alla sua parentela con Elisabetta; Luca 1:5, 36. E tanto più facilmente perché riprese il nome di Miriam, quello della sorella di Aronne, pronipote di Levi; Esodo 15:20. [62]

In questo modo le tre tradizioni messianiche più diffuse si fusero in Gesù, discendente nel contempo dai patriarchi Giuseppe, Davide e Levi. Tutti i suoi parenti sono puramente folcloristici.

Diremo altrettanto della professione di carpentiere che fu attribuita a lui così come a suo padre. Essa risale a Twasti e a Tammuz-Adone, che portava l'epiteto di nagar, carpentiere. Quella filiazione fu forse favorita dalla derivazione della radice aramaica n'sar, che dà il significato di segare e quello di nazareno. [63


I FRATELLI

I fratelli di Gesù sono respinti dalla Storia tanto dai cattolici che dai miticisti. Al fine di salvare la verginità di Maria, alcuni fanno di loro dei cugini o dei fratellastri del Signore; altri ritengono generalmente di vedere in questi personaggi solo dei «fratelli spirituali».

Ma queste interpretazioni hanno un qualcosa di forzato. Più giustamente Guignebert ha notato che i Sinottici parlano dei fratelli «nel modo più naturale al mondo». [64]

Tuttavia, quella impressione di naturalezza non deve farci illusione. [65] La famiglia di Gesù si preoccupa del suo membro più illustre solo per fargli un opposizione costante. Secondo Marco 3:21-22, essa tenta di afferrarlo perché lui pare «fuori di sé»; ad ogni passo essa manifesta la sua incredulità nei confronti dei suoi miracoli e della sua missione.

A volte il tono riveste una rara insolenza: quando si annuncia a Gesù che sua madre e i suoi fratelli domandano di parlargli, egli li rinnega: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?»; Marco 3:31-35. Stesso tipo di risposta alle Nozze di Cana: «Cosa c'è in comune tra me e te, Donna?»; Giovanni 2:4.

Lo scopo di questi episodi è mostrare la superiorità del Cristo, che è «dal cielo», sugli esseri terreni. A volte si fanno rimproverare i discepoli incompresi, a volte i genitori increduli. Il mito della loro contestazione dipende, come ha mostrato Alfaric, [66] dal libro dei Salmi: «Mio padre e mia madre mi abbandonano»; 37:10; «Io sono divenuto un estraneo ai miei fratelli, uno sconosciuto per i figli di mia madre»; 69:8-9.

Ma il tema va oltre il contesto dell'influenza letteraria: è quello del Giusto perseguitato, dell'Eroe incompreso e solitario perché trascende l'umanità. [67] Sotto la forma del castigo della parentela, esso costituisce il soggetto delle Baccanti di Euripide (21):

«Agave: Dioniso ci ha persi...

Cadmo: Voi l'avete offeso in una maniera oltraggiosa, perché non volete riconoscerlo dio».


L'origine dei fratelli dati all'antico dio cosmico deriva probabilmente dai filoniani che hanno ispirato Ebrei 1:6. Ma «lo gnosticismo alessandrino è certamente precedente a Filone». [68] Esso si ispira al culto egizio, che vede un «primogenito» nel sole, e forse al mito di Fanes, assimilato alla Sapienza, il Protogono (primogenito) dell'Uovo primordiale. [69]

Essendo il più grande, il Salvatore aveva necessariamente dei fratelli; e, naturalmente, glieli si trovò. Egli è restato curiosamente il primo dei figli di Maria in Luca 2:7.

Secondo Alfaric, i nomi dei quattro fratelli del Cristo (Marco 6:3) si leggono nel capitolo 49 della Genesi (1, 5, 8, 22), «quello stesso dove appare il passo famoso relativo al personaggio misterioso che sarà nazareno tra i suoi fratelli»; 49:26. [70]

Qualunque ne sia della filiazione dei nomi, i «fratelli» restano subordinati al ruolo che gli evangelisti fanno loro svolgere, quello di respingitori. Non hanno una vita indipendente e scompaiono dalla scena non appena hanno terminato il loro piccolo numero. [71]


II. — DISCEPOLI E AMICI

I «discepoli» appartengono al folclore alla stessa maniera dei «santi» immaginari di cui la Chiesa, di tanto in tanto, imbarazza la sua agiografia.

I Dodici, Oï Dôdeka, sono nel mondo greco i dodici dèi. Essi formavano «una sorta di corpo costituito» e possedevano un altare comune. [72]

Paolo non parla dei Dodici: in 1 Corinzi 15:5-8 la loro menzione obbedisce a un ordine gerarchico che comincia con Cefa e termina con Paolo, l'«aborto». La stesura di questo passo è quindi posteriore a Paolo (Alfaric).

L'Apocalisse, nei suoi capitoli più tardivi, dice che i loro nomi sono iscritti nelle fondamenta della Gerusalemme che discende dal cielo. Sembrano quindi di origine celeste, come quelli del vangelo di Tommaso, venuti dalla Luce; Apocalisse 21:14; Vangelo di Tommaso 89:28-34.

La nostra impressione è confermata dal passo delle Omelie Clementine 2:23 che indica espressamente: «il Signore ebbe 12 apostoli conformemente al numero dei 12 mesi del sole; allo stesso modo anche Giovanni ebbe 30 discepoli principali, corrispondenti al ciclo mensile della luna». Secondo Appione, i Dodici sono i segni dello zodiaco; Omelie clementine 6:14. Ritroviamo il mito astrale primitivo. 

Sotto le influenze ebraiche si mise il numero degli apostoli in relazione con le tribù. Il vangelo degli Ebioniti fa dire a Gesù: «Io voglio [...] che voi siate i 12 apostoli in testimonianza di Israele». Per Barnaba vi furono 12 apostoli perché esistevano 12 tribù; § 8. Un'altra ragione è che Iêsous scelse 12 aiutanti per attraversare il Giordano; Giosuè 3:12; 4:2.


Che i nostri dodici apostoli provengano dal paganesimo o dal giudaismo, il loro punto di partenza sono i dodici segni dello zodiaco. Alle divisioni del cielo, infatti, i Caldei facevano corrispondere le dodici ore del giorno e i dodici mesi dell'anno. 

Ora i popoli che avevano adottato lo zodiaco caldeo divisero il loro paese in dodici regioni affidate a dodici capi. Questi personaggi si riportavano agli dèi che governavano la terra, poiché Diodoro vede tra gli dèi-consiglieri dei Caldei dodici capi che presiedevano ciascuno un mese dell'anno e un segno zodiacale. [73]


Dal punto di vista della formazione dei racconti evangelici, Bultmann ha mostrato che «l'apparizione dei discepoli che accompagnano Gesù è [...] sistematica e redazionale»; i discepoli «servono da riflesso per Gesù», vale a dire sono inventati per riflettere la sua immagine e metterla in luce. Da qui l'impiego confuso e insolito di verbi al singolare quando dovrebbero essere al plurale. Il singolare si riferiva a Gesù; è stato mantenuto inavvertitamente quando l'introduzione dei discepoli avrebbe dovuto comportare l'impronta del plurale. [74


Il numero e l'esistenza stessa dei discepoli sono quindi falsi. Ma i mitici compagni del Cristo non devono far respingere la storicità di propagandisti come Pietro, Apollo, Aquila, Filippo e altri. Solo alcuni di loro furono confusi con i satelliti del dio e passarono per suoi discepoli. Paolo conosceva missionari che predicavano un Cristo mistico e misterioso, non gli apostoli di un Gesù storico. Non lo si dirà mai troppo spesso: mai il Tarsiota fa allusione ad una parola di Gesù, a un miracolo, a un'azione qualunque di Gesù riportati da uno dei suoi pretesi discepoli. Eppure essi erano l'unica fonte di informazioni che Paolo avrebbe potuto conoscere.


SIMON-PIETRO-BARJONA

Pietro, l'avversario di Paolo, fu un personaggio reale; ma non fu discepolo di Gesù. I nostri testi più antichi, infatti, non dicono che egli accompagnò il Signore. Le lettere paoline lasciano intendere che egli ebbe del Maestro solo un'esperienza intima, simile a quella di Paolo; Galati 1:10-12; 2:4-14; 1 Corinzi 1:12; 2:12; 3:10, 22; 2 Corinzi 11:5, 12-15, 18-23 s; 12:11.

Quale fu dunque il prototipo di Simon Pietro? Basandosi sulla radice del nome s-m-n, Alfaric vede in lui un avatar di Esmun. Nelle Omelie Clementine, Pietro non è che la replica di Simon Mago e di altri oratori. Si è quindi pensato con verosimiglianza che un «Simone primitivo» si sia scisso in due, il mago e l'apostolo. [75]

In base al suo nome «Pietro», Louis Roussel lo assimila a Mitra, dio della Roccia. [76] In effetti, i passi di Matteo che riguardano la sua intronizzazione (potere di legare e di sciogliere, Porte dell'Ade, chiavi del Regno) sono di ispirazione mitraica. [77]

Dupuis aveva riconosciuto nei suoi tratti «il vecchio Giano con le sue chiavi e la sua barca alla testa delle dodici divinità dei dodici mesi i cui altari sono ai suoi piedi». [78] Per Volney «Pietro, portiere, è Giano con le sue chiavi e la sua fronte calva...». [79]

C'è ben del vero nella loro identificazione. Infatti, secondo le varianti dei manoscritti, Simon Pietro è detto Bar Iona (Matteo 16:17) o Iôanou (Giovanni 21:15 s), vale a dire «figlio di Giona». Ma è chiamato «Giona» nello stesso triplice discorso che Gesù gli rivolge, «Simôn Iôna», secondo un'altra versione di Giovanni 21:15ss.

Pietro è dunque Giona... o Giano, perché l'identità della radice consonantica implica o comporta la confusione dei nomi e dei prototipi che designano. [80]

Inoltre, i caratteri dei personaggi presentano delle rassomiglianze. L'adozione dell'uno e dell'altro è segnata da una certa stranezza. Aurelio Vittore racconta che Sifeo, non potendo avere discendenza, fosse andato a consultare l'oracolo di Delfi. La Pizia gli consigliò di adottare il primo bambino che avesse incontrato il giorno dopo. Ora questi fu  Giano, figlio di Creusa e di Apollo.

All'adozione rischiosa e improvvisa di Giano corrispondono i racconti inverosimili secondo i quali Simone e suo fratello Andrea abbandonano bruscamente reti, barca, casa, famiglia per seguire uno sconosciuto; Matteo 4:18, Marco 1:16-17, Luca 5:9-10. [81] Inoltre, Gesù dà a Simone il nome di Petros, come per imporgli la sua tutela. La sua designazione nuova e il suo ruolo di primo luogotenente furono senza dubbio fissati da Zaccaria 3:9: «Ecco una pietra che io ho posto davanti a Gesù (Giosuè)».


Allo stesso modo di Giano, Pietro presiede agli initia (inizi, cambiamenti). È celebrato per il suo carattere impulsivo e le sue iniziative sbagliate. Si fa trattare da «Satana» dal suo maestro, lo rinnega al canto del gallo e svolge nel Getsemani un ruolo pericoloso [82] che, nella realtà, lo avrebbe fatto massacrare.

A Giano, dio delle Porte del Cielo (Ovidio, Fasti 1) corrisponde Pietro, il tradizionale custode del Paradiso. La barca del santo è prefigurata dalle medaglie di Giano, sul rovescio delle quali era incisa una nave o una prua. L'autorità dell'apostolo trova la sua origine nella chiave e nel bastone con i quali si rappresentava il dio. Pietro fu posto a capo dei dodici apostoli cosmici come Giano a capo dei dodici mesi corrispondenti ai dodici segni dello zodiaco. In qualità di «Simone», egli era il «merre», vale a dire la guida, titolo dato a Esmun nell'iscrizione trilingue di Sardegna. [83

Pietro risponde spesso per primo perché Giano era invocato per primo quando si sacrificava a un altro dio affinché, attraverso di lui, si potesse accedere alle altre divinità. Entrambi sono quindi intermediari.

È molto curioso che l'antico dio romano sia diventato, sotto i tratti del suo avatar cristiano, il primo «papa» romano; ma questi tipi di sopravvivenze e di metamorfosi sono frequenti nell'evoluzione dei miti. Quello del «principe degli apostoli» ha dovuto elaborarsi a Roma sotto l'influenza dei culti siriani; infatti, un tempio degli dèi siriani è stato scoperto proprio sul monte di Giano, il Gianicolo, e tre installazioni vi si sono succedute dal I° al IV° secolo, [84] nei tempi in cui si elaborarono i vangeli.


Fin dall'inizio della Riforma, i protestanti hanno negato ferocemente il primato di Pietro: ancora nel secolo scorso, i loro polemisti si sono accinti a confutare quella dottrina. [85] Oggi la loro posizione sembra meno ferma, forse per avvicinare le Chiese.

In realtà, il «primato» proviene dalla tradizione romana e si basa pochissimo sui testi. Sarebbe attestato dal «Tu es Petrus» di Matteo 16:18-19; ma il passo non ha il suo parallelo in Marco e Luca.

Pure la pseudo-intronizzazione di Pietro è un'interpolazione con ripresa sulle parole «nei cieli» che si trovano nel testo greco alla fine dei versi 18 e 19 (èn toïs ouranoïs).

D'altronde, la proclamazione messianica che Pietro rivolge a Gesù, e che figura nei versi precedenti, è di per sé inverosimile. Infatti, gli ebrei non potevano dire a Gesù che egli era il Cristo o Messia se non aveva i tratti del re guerriero profetizzato dalle Scritture. L'episodio è nato evidentemente in terra ellenistica: il nome del pescatore di Tiberiade, Petros, è greco, così come quelli dei suoi fratelli, Andrea e Filippo.

La storia del primato non era accettata a Roma intorno al 138, data nella quale Marcione, per essere accettato nella Chiesa, si rivolse ai sacerdoti, non al loro capo. [86] Intorno allo stesso momento Clemente Romano lo ignorò, allorché avrebbe dovuto farne menzione nella sua Lettera ai Corinzi. Questo perché alla metà del secondo secolo il regime ecclesiastico era federativo e non monarchico: «Il vescovo era eletto per alzata di mano e ordinato con l'imposizione delle mani silenziose di tutto il popolo». [87]

La dottrina del primato fu concepita per combattere il paolinismo, facendo passare il Tarsiota in secondo piano. In più si associò l'apostolato di Pietro a quello di Paolo al fine di difendere le tesi romane contro un Paolo rivendicato dai marcioniti e sospettato a buon diritto di gnosticismo. Secondo Turmel, la storia della venuta di Pietro a Roma fu dettata da preoccupazioni dogmatiche. Sotto la sua forma primitiva, essa «ha per obiettivo di difendere il primato di San Pietro». [88]

Infatti l'apostolo dei Gentili ebbe dapprima il primato. Sui simboli e sui monumenti romani Paolo occupa sempre la destra, il posto d'onore: «Siccome gli si è aggiunto San Pietro solo gradualmente, gli si è lasciato il primo posto che gli apparteneva all'inizio...». [89]


In conclusione, Paolo si è trovato in rivalità con altri apostoli, in particolare con Pietro, missionario giudeo-cristiano. Ignoriamo quale fosse il ruolo di questo Pietro nella fondazione di chiese latine; la sua venuta a Roma sembra smentita dalle epistole paoline e fu accreditata solo in tarda epoca.

Resta il fatto che  una corrente anti-paolina si è manifestata nel secondo secolo. Si volle provare contro i doceti, contro Marcione, editore di Paolo, contro Paolo che non aveva visto Gesù, [90] non disse nulla della sua vita e insegnò solo la resurrezione di un «corpo spirituale», la venuta «nella carne» del Figlio dell'uomo e la resurrezione materiale dei morti.

Un mito si formò, che rifletté le tendenze nuove. Pietro, l'avversario principale di un Paolo divenuto il «nemico», passò per aver seguito Gesù, per aver proclamato la sua messianicità, per aver ricevuto la sua investitura, per aver assistito al suo arresto e alla sua morte. Così un nuovo personaggio si è sovrapposto al primo. Ma egli trae la sua sostanza solo dal folclore; i suoi elementi originali sono derivati da Esmun, da Mitra e da Giano.

Pietro diventò il centro di un romanzo sempre più denso; compì miracoli, tra cui la resurrezione di Tabitha, provocò la morte di Simon Mago, esercitò un pontificato di venticinque anni sulla chiesa romana. Essendo morto Paolo a Roma, lo si fece perire a sua volta (Delafosse). La fine oscura del Tarsiota trovò la sua replica in quella, più spettacolare, di Pietro, crocifisso a testa in giù. Si porrà la sua sepoltura ai piedi del Vaticano. [91]

Scaligero rigettava già la venuta di Pietro a Roma e il suo martirio in quella città; in Johann. 18:3. [92]


GIUDA L'ISCARIOTA

Figlio di un oscuro Simone (Giovanni 6:71), Giuda l'Iscariota appartiene senza dubbio allo stesso ciclo di Simon Pietro. L'abbondante esegesi che lo riguarda non ha trovato nulla di chiaro a suo proposito. Se egli «si squarciò in mezzo» nel Campo del Sangue, Haceldama, è perché secondo il pensiero antico l'omicidio si espia per mezzo del sangue. Secondo un altro mito, egli si impiccò come Dejanira, responsabile della morte di Eracle.

Il soprannome Iscariota non deve nulla al latino sicarius, sicario, ma sembra provenire dall'ebraico Karioth, traditore. Giuda sarebbe quindi il traditore convenzionale immaginato secondo il Salmo 41:10 e Zaccaria 11:12-13.

La sua adozione da parte dei Cainiti come apostolo prediletto è l'affermazione di eresia contro l'ortodossia giudaica; questa è una «rivolta»  gnostica contro il dio dell'Antico Testamento. [93]


GIACOMO E GIOVANNI

Giacomo e Giovanni, «Figli del tuono», Boanerghes (Marco 3:17), sono antiche divinità pagane. Era normale che il dio precristiano delle acque  avesse come accoliti dei geni produttori di tempeste. Gesù stesso è raffigurato come «tonante» nella Sequenza pasquale di Notkero, monaco di San Gallo. [94] Comanda la tempesta, così come il dio Urta, e cammina sul mare; Matteo 8:24-27; 14:24-32; Luca 8:24; Giovanni 6:19.

I Boanerghes si imparentano chiaramente con i Dioscuri, Castore e Polluce, figli di Zeus. Nei martirologi siriani e armeni la loro festa fu collocata il 27-28 dicembre, in prossimità delle feste solstiziali del Sole e dell'Anno nuovo. Quello di Cartagine situa al 6 gennaio la morte di Giacomo e di Giovanni Battista , [95] confuso senza dubbio con il Boanerghes. Ora il 6 gennaio è l'Epifania, data folcloristica.

I due personaggi figurano nel gruppo mitologico primitivo in compagnia di Maria Magdalènè (Maddalena). Elena, figlia di Zeus e di Leda, era la sorella dei Dioscuri; è quindi naturale ritrovarla nel Vangelo con i suoi fratelli, Giacomo e Giovanni. [96]

I Dioscuri erano associati ai fenomeni atmosferici. Essi facevano scaturire i fuochi di Sant'Elmo. Allo stesso modo i nostri Boanerghes utilizzavano le forze cosmiche. Essi sono «i due testimoni» dell'Apocalisse, coloro la cui bocca vomitava il fuoco e che possedevano ogni sorta di poteri celesti e terreni; Apocalisse 11:3, 5-6.

Li si ritrovano in Luca 9:51-54. Mentre i Samaritani rifiutano di accogliere Gesù, Giacomo e Giovanni propongono al loro maestro: «Signore, vuoi che diciamo che il fuoco dal cielo discenda su di loro e li consumi, come fece Elia?»; cfr. 2 Re 1:10-12.

Tutti questi tratti provano la loro parentela con il dio del tuono, Giove, e con i Dioscuri.


Giacomo e Giovanni sono anche i ladroni. Nel mito antico, in effetti, assistevano probabilmente il dio posto in cima alla croce cosmica di potenza; uno era alla sua destra, l'altro alla sua sinistra.

Poi il mito si è scisso in due racconti secondari: a) uno mostra i figli di Zebedeo desiderosi di sedere nella gloria del Cristo, da una parte e dall'altra della sua persona: Matteo 20:20ss; Marco 10:35ss; b) l'altro fa di loro i malfattori posti ai lati di Gesù crocifisso.

Quella assimilazione risulta dalle  osservazioni seguenti:

a) Gli uni e gli altri formano una coppia che partecipa al destino del Salvatore; c'è un parallelo di situazioni.

b) Gesù «sembra dire ai figli di Zebedeo che il loro posto presso di lui è riservato ai ladroni» (Pernot): vi è identità di persone.

c) Il termine euônuma (= a sinistra), quantunque «un po' ricercato», si riscontra nelle richieste di Giacomo e di Giovanni, poi si ritrova nel vocabolario dei ladroni (indizio linguistico); cfr. Matteo 20:21 e Matteo 27:38; Marco 10:37 e Marco 15:27. [97

La scissione del mito primitivo si è prodotta sotto l'influenza di Isaia 53:12 al quale si riferiscono certi manoscritti: «Egli è stato contato tra i malfattori». [98]


L'espressione «fratello del Signore», applicato talvolta a Giacomo, non indica un legame di parentela. Secondo Couchoud, essa proviene dal Vangelo degli Ebrei, dove il Risorto si rivolge a Giacomo dicendogli «mio fratello». [99]

Pensiamo piuttosto che questo fosse primitivamente un titolo che segnava la divinità di Giacomo «per cui il cielo e la terra sono stati fatti»; Vangelo di Tommaso 12:28-30. Tra i semiti occidentali, infatti, l'elemento divino poteva esprimersi da un termine di parentela: «Al posto delle parole dio o mio dio, si vedono apparire gli equivalenti padre o mio padre, fratello o mio fratello, zio o mio zio». [100]


NICODEMO; GIUSEPPE D'ARIMATEA; SIMONE DI CIRENE

Personaggi molto singolari. Il primo è arconte, «capo dei giudei»; Giovanni 3:1. Ma il suo status non gli impedisce di imbalsamare il corpo di Gesù. Il secondo è un «ricco», membro del Sinedrio; Luca 23,51. Eppure lui si incarica della sepoltura. È originario della patria del profeta Samuele? [101] Si deve pensare che il suo nome sia stato coniato secondo la sua funzione? Se «arimathie» in ebraico significa «recinto dei morti» (har'm mathim), il nostro Giuseppe-del-cimitero ha ricevuto un nome inventato secondo il suo ruolo.

Allo stesso modo Simone di Cirene fu così nominato, secondo Ragot, perché essendo forte come un bue (ebraico quéronaïm, cornuto), poteva portare la croce. [102]

 

III. — LE DÈE CRISTIANE

Al culto precristiano della fertilità si legano alcuni protagonisti del Nuovo Testamento, in particolare la Vergine Maria, madre del Cristo, e Maria Maddalena, la «peccatrice» pentita. [103]

La Maria Maddalena dei cristiani (in greco Maria à Magdalènè) è un personaggio molto complesso nelle sue fonti. Una delle sue prime forme accessibili è l'Elena di Omero, che vede in lei la moglie di Menelao, amante di Paride e causa leggendaria della guerra di Troia. «Quella guerra», dice Noël, «non era che il racconto allegorico di un'altra guerra accesa dalla sua bellezza tra gli angeli che avevano creato il mondo...». [104]

Dea lunare (gr. Sélènè = Luna), dovette la sua nascita agli amori di Zeus e di Leda, ebbe per fratelli i Dioscuri, per sorella Clitennestra e passava per conferire la bellezza. [105] A Sparta possedeva due luoghi di culto diversi.

La sua assimilazione a Korè-Persefone è stabilita saldamente su una base archeologica. [106] «Elena doveva gradualmente assumere il ruolo e assorbire gli attributi di tutte le dèe tipiche di olimpica bellezza, ma investite dell'onnipotenza divina in vista di qualche funzione utile agli uomini: dèe per esempio della fertilità universale, dee protettrici nei pericoli, infine dèe dispensatrici di immortalità». [107]

Così l'estensione del suo culto la fece assimilare alla dea di Tiro, Ishtar-Astarte, di cui Luciano disse che era la stessa Selene o Elena, chiamata «Luna» nei Ritrovamenti clementini. [108] A Ras-Shamra (Ugarit) lei si confuse con Anat, dea della fertilità, paredra di Baal, dio delle piogge benefiche, e rivale di Mot, dio della siccità e della morte. [109]

Ne consegue che nel colloquio con la Samaritana, la donna dai cinque mariti (Giovanni 4:7-19), Gesù, dio dell'Acqua d'immortalità, diventa un sostituto di Baal. E come Baal, disceso nel sepolcro, risorge, cercato da Anat, così Gesù è ritrovato vivo dalla Maddalena e le parla per primo; Marco 16:9; Giovanni 20:1-18.


Elena fu anche una figura gnostica. Rappresenta in effetti il Pensiero del Padre sotto il nome di Ennoïa. In quanto Emanazione e demiurgo, si incarna in corpi di donne, dando loro l'attrazione sessuale. Le sue tribolazioni comportano una degradazione del suo essere e finisce in un bordello di Tiro. Ma Simon Mago, la «Grande Potenza di Dio», la sposa e le restituisce la sua dignità. [110]

Per i cristiani, Elena, la «Baccante dai cinque letti» di Licofrone (III° secolo A.E.C.), non è altro che una peccatrice che il Cristo galileo riabilita come fece, prima di lui, il Cristo samaritano Simon Mago; Giovanni 4:18; Luca 7:37-50.

Secondo la loro agiografia,  Maddalena doveva il suo nome al villaggio di Magdala. Ma esso è introvabile. I Vangeli non ne parlano. [111] Ben al contrario, Giovanni precisa che la profumiera che unse il capo di Gesù e asciugò i suoi piedi era di Betania; Giovanni 11:1; 12:1-3. Luca 8:2 indica che recava un soprannome: Maria è Kaloumènè Magdalènè, Maria chiamata Maddalena.

Ora quell'appellativo pare designare un avatar dell'Elena simoniana: Mag- si lega a Magos, il mago: -da può essere un equivalente dorico di ghè, la terra; -lènè riproduce la desinenza delle parole Hélènè e Sélènè. Così è probabile che il soprannome Maddalena sia un titolo teoforico applicato anticamente ad un'incantatrice, dea di Samaria. 

Ciò che pare certo è che l'episodio dell'incontro di Gesù con la Samaritana al pozzo di Giacobbe è un mito derivato da un culto agrario: la terra inaridita ricerca avidamente l'Acqua della salvezza che promette il Baal-Cristo; Giovanni 4:6-18. 

Altrove, quando la Maddalena asciuga con i suoi capelli i piedi del Prediletto, è perché il suo gesto è simile alla «offerta dei capelli», sostituto ordinario dell'atto sessuale. 


Il carattere astrale di Maria Maddalena non deve essere dimenticato. Nella setta di Dositeo lei si confondeva con Selene. Ma la sua origine lunare non le impedì di assumere le qualità di Venere, dea dell'amore e della bellezza. Lei rappresenta un «aspetto evoluto di Ishtar». [112]

I sette demoni da cui il Cristo la libera (Luca 8:2) sono celesti; essi realizzavano il fenomeno temuto dell'eclissi lunare. [113]

Quando lei riceve il favore della prima apparizione del Risorto, questa non è affatto un'invenzione gratuita. Il pianeta Venere, infatti, si discosta a non più di 47° dal sole e ci appare come una stella della sera o del mattino. In quest'ultimo caso, precede di poco il sorgere dell'astro diurno. Questa è una nuova ragione per cui, secondo Marco e Giovanni, la Venere cristiana è la prima a vedere il Signore. Lei annuncia il ritorno del Cristo-Sole che emerge dall'Ade.

Inoltre, la dea Anat, che corrisponde a Venere, presiedeva alla rugiada mattutina che faceva uscire dalla terra i morti; aveva richiamato in vita Asclepio-Esmun. [114] Erede di antiche tradizioni riguardanti la Vergine fenicia, l'Elena cristiana doveva essere una importante protagonista del mattino della Resurrezione; e tanto più in quanto Gesù guaritore si apparenta agli dèi guaritori Esmun e Asclepio. 

La parentela di Maddalena con Anat si prova ulteriormente dal nome della sua dimora, Betania; Giovanni 11:1. «Il nome Betania», scrive J. Bonnet, «è prossimo a Betanot, Betanat, villaggi di Palestina che significavano villaggi di Anat, e si sono mutati in arabo in villaggi della fonte ('aïn). La dea Anat, forma fenicia di Ishtar, pianse, come Maria, sul volto di suo fratello morto». [115]

***

Contrariamente alla venusiana Maddalena, la Vergine Maria è chiaramente lunare. È la donna intravista non nelle sue relazioni con l'uomo, ma come la protettrice dei suoi figli. È essenzialmente la madre.

In legame col quarto segno dello zodiaco, il Cancro, dimora astrologica della luna, lei regge l'acqua. Ecco perché dà nascita al Cristo-Sole, che emerge dal Caos, matrice primordiale, oceanica e tenebrosa. Nel pensiero cristiano, Maria è spesso considerata come Luna e madre di tutto ciò che vive. [116] Gesù-Sole è suo figlio, così come Shamash-Sole è figlio di Sin, il dio-luna mesopotamico.

Nell'evoluzione dei miti di origine astrale verso il cristianesimo, la Vergine è la Donna celeste dell'Apocalisse; porta una corona di stelle e sembra l'Emanazione della luna che ha sotto i suoi piedi; Apocalisse 12:1-5.

Al momento della Crocifissione, Maria si trova ai piedi della croce; [117] era il giorno della preparazione del sabato; Giovanni 19:31, 42. Ora il sabato babilonese era la festa della luna piena. Mentre il Sole-Cristo è «innalzato» in cima al patibolo, la Luna si trova sul lato opposto. Da qui, senza dubbio, il mito di Maria ai piedi di suo figlio. [118]

Nelle Odi di Salomone, la Vergine non ha nulla in comune con la modesta galilea di cui si farà la madre di Gesù. Si esprime come Jahvé in persona: «il vostro Giudice sono io!»; lei ha i suoi «eletti», mostra le sue «vie»; parla il linguaggio dei Misteri dicendo che dona l'immortalità a coloro che la «rivestono»; ode 33.


Le due divinità femminili si sono confuse in un ampio sincretismo. Atargatis-Venere, madre di Ichtys, era chiamata Pégê, la Fonte: questo nome è dato a Maria nel vangelo arabo dell'Infanzia.

A Cipro, Maria succede alla dea di Pafos, Afrodite; vi è l'oggetto di riti di passaggio attraverso pietre forate per combattere la sterilità. [119] Accade persino che, sull'esempio di Cibele, la Vergine abbia suo figlio come marito: secondo Bardesane, Cristo sposa sua madre, Sophia, e ha da lei due figlie, la Terra e l'Acqua. Nella Lettera degli Apostoli (§ 25), egli prende i tratti dell'arcangelo Gabriele e genera Maria per generare sé stesso.

I Nicolaiti adoravano la Magna mater [120] e passavano per abbandonarsi alla prostituzione sacra.

Quando il mito evangelico ebbe prevalso, alcuni cristiani protestarono contro l'assimilazione di Maria ad una dea. Epifanio criticò l'usanza di offrirle dolci come a Cibele; Leone Magno (440-461) si levò contro il coinvolgimento del cristianesimo in un culto solare. Ma queste reazioni non impediscono a Maria, la cui ascendenza «ci rimane totalmente sconosciuta», [121] di risalire a prototipi pagani.

Nel frattempo, la nozione di verginità si era modificata. La virgo è in origine una donna che non disdegna la maternità. Ma sotto l'influenza della gnosi, la verginità mariana divenne la continenza sessuale. L'unica gravidanza infine ammessa fu quella che provocò lo Spirito Santo per generare Gesù.

Il cristianesimo, però, non innovò facendo nascere il suo Eroe dalle relazioni di un dio con una donna: Orfeo era il figlio di Calliope e di Apollo o di Eagro; Romolo, di Marte e di Rea Silvia; Zeus aveva dato vita a numerosi figli: dai suoi amori con Semele nacque Dioniso; da Leda ebbe Elena e i Dioscuri; da Alcmena, Eracle; da Maia, Ermes; da Danae, Perseo, ecc.

Dal canto loro, «gli stessi adoratori di Jahvé ammettevano che era perfettamente possibile un matrimonio dei figli di elohim, vale a dire degli esseri divini, degli dei, con le figlie degli uomini». [122]

Così, senza rompere con le loro abitudini, pagani ed ebrei sincretisti potevano ammettere che Gesù fosse nato da Dio e da una mortale.


Altri tratti segnalano la filiazione tra le dèe pagane e i loro avatar cristiani.

La Vergine cattolica ricevette il titolo di Théotokos, madre di Dio; l'appellativo conveniva a meraviglia agli antichi adoratori della Dea-Madre. Il mese di maggio, consacrato dapprima a Cibele, lo fu in seguito a Maria; il giorno della resurrezione di Attis, quello degli Hilaria (25 marzo) divenne l'Annunciazione. [123] Anat era chiamata «Vergine», «Santa», «Signora Celeste». [124] Anahita era l'«Immacolata». [125] Tutti questi epiteti sono divenuti quelli della madonna cattolica.  

In Assiria, l'Ishtar di Arbela era celebrata il 15 agosto; la sua festa ha dato origine all'Assunzione. [126] Il tema dell'iconografia cristiana, «la madre col bambino», deriva soprattutto da Iside e da Horus. Maria ha conservato da Iside il manto azzurro, colore del cielo; il culto della dea egizia sopravvisse nella festa delle Sante Marie del Mare; [127] l'espressione Maris stella fu applicata dapprima a Iside. [128]

Il culto mariano fu in relazione stretta col folclore gallico, [129] e la Maddalena fu l'oggetto di un culto duraturo. [130]


Insomma, la Vergine Maria e la «peccatrice» Maddalena non possono risalire ad una tradizione storica. Provengono essenzialmente [131] da archetipi mitologici e corrispondono a funzioni divine.


NOTE

[53] Melkart, dio-ippocampo di Tiro, ha dovuto trovarsi in rivalità con Ichthus, il Pesce. Noi avremo in Giovanni 18:10 l'eco di un regolamento di conti tra due antiche divinità delle acque.

[54] Per TURMEL, «Giovanni e Gesù è uno solo e lo stesso personaggio, trasformato dopo la sua morte dai cristiani di Antiochia, poi sdoppiato involontariamente da Luca...»; Histoire des dogmes, volume 5, 152. — Secondo MASSE, il Cristo si confonde con Giovanni, il discepolo, e con Giovanni Battista; L'énigme de Jésus-Christ, 66. — Sul mito di Giovanni Battista, v. ALLEGRO, o.c., 158-160. — La storicità del «Precursore» non è minimamente contestata a leggere GIUSEPPE, Antichità Giudaiche 18:7. Non si fa menzione di rapporti con Gesù. Tuttavia l'esecuzione di Giovanni Battista menzionata nella traduzione delle opere di Giuseppe edite da TH. REINACH (IV, pag. 155) non figura in quella di Arnauld d'Andilly recensita da BUCHON (edit. Lidis, pag. 566). Quella discordanza pone dei problemi.

[55] GOGUEL, La naissance du christianisme, 139 e nota 3.

[56] GOGUEL, ibid., 140.

[57] GUIGNEBERT, La vie cachée de Jésus, 90-98.

[58] GUIGNEBERT, ibid., 79.

[59] Testamenti dei Dodici Patriarchi, Beniamino 3:7-8.

[60] MALET, o.c., 31-32. - Sull'«almah» di Isaia 13:14 (prostituta sacra), tradotta nella Septuaginta con «vergine» (parthénos), v. BRUNET, La Vierge d'Isaïe, C.R. 86, maggio 1974; Essai sur l'Isaïe de l'Histoire (tesi), 1975. — C. Rd. KOENIG, R.H.R., ottobre-dicembre, 1981, pag. 429 s.; Risposta di BRUNET, R.H.R., luglio-settembre 1982 pag. 352 s. — La nozione di maternità verginale ha potuto introdursi nel cristianesimo grazie a Filone, infatti essa è «ricorrente» in lui; cfr. J. DANIELOU, o.c., 102.

[61] V. supra, 2° parte, capitolo 3, § 3: Il Fuoco e il Vento.

[62] La Vergine nasce da Giuda nel Testamento di Giuseppe; 19:2.

[63] GUIGNEBERT, Vie cachée..., 80.

[64] GUIGNEBERT, Jésus, 144-5; v. soprattutto Vie cachée... 133-153.

[65] «Non si tratta di tener conto dei soli testi che fanno menzione dei fratelli e delle sorelle di Gesù ma di tutti i testi che vogliono definire la sua persona e la sua origine»; MAGNE, Les frères et les soeurs de Jésus, C.R. 122, novembre 1981, pag. 138. — Se Gesù avesse avuto una madre, lei «non avrebbe praticato la parola del Padre (di non procreare per l'arconte) e non poteva aver preso parte alla beatitudine dei grembi che non hanno partorito; ibid., 141. — Lo studio di Magne è indispensabile.

[66] ALFARIC, A l'Ecole de la raison, 206.

[67] Cfr. Moïse di Vigny.

[68] DUFOURCQ, o.c., volume 2, 210.

[69] «A partire dal momento in cui un personaggio è creato, una famiglia si costruisce attorno a lui»; DELCOURT, Légendes et cultes des héros en Grèce, 81.

[70] ALFARIC, Pour comprendre la vie de Jésus, 59-60.

[71] La menzione dei fratelli in 1 Corinzi 9:1 si trova in una interpolazione sul sostentamento dei predicatori; DELAFOSSE, La première épître aux Corinthiens, 59-60. In Galati 1:19 Giacomo appare nel supplemento riguardante il primo viaggio di Paolo a Gerusalemme; WATSON, Les lettres de Paul et l'Historicité, C.R. 64, 1969, pag. 11-12.

[72] GUTHRIE, o.c., 129-132.

[73] DIODORO, B.H., 2:30. — Sui Dodici v. l'opera fondamentale di SAINTYVES, Deux mythes évangéliques, 155 s.

[74] BULTMANN, L'histoire..., 416-420. — I Dodici, ignoti a Marcione, sono una creazione relativamente recente. I correttori dei vangeli «li hanno messi non importa dove ma il risultato è acquisito: li si trova»; ORY, Marcion, 42 e 72. — È superfluo dire che ciò che si racconta su Gesù e sui suoi «discepoli» come, per esempio, A. JAUBERT ne Les premiers chrétiens, ci sembra essere del romanzesco. L'opera anteriore di M. SIMON (stesso titolo) è più riservata.

[75] AUDIN, Les empreintes de St-Pierre, R.H.R., marzo-giugno 1928, pag. 187.

[76] ROUSSEL, Tu es Petrus, B.R. 84, 1961.

[77] VAN ASSHE, Mithra et le Christ, C.R. 76, 1972, pag. 44. — Il termine ekklésia (chiesa) impiegato da Matteo 16:17-19 è un neologismo nel senso di società religiosa gerarchizzata (Voltaire); la pericope è un'aggiunta tardiva, probabilmente non anteriore al III° secolo.

[78] DUPUIS, Abrégé..., 189.

[79] VOLNEY, Les Ruines, 372.

[80] «Janus» avrebbe dapprima il significato di «andare» e si apparenterebbe al termine indiano yànah; BASANOFF, Les dieux des Romains, 18, «Giona risalirebbe al sumerico -Ia-u-na, fertilità, ventre»; ALLEGRO, o.c., 124-5.

[81] «Che non si tratti di un racconto storico, ciò è sottinteso»; BULTMANN, L'histoire..., 45.

[82] Sulla storia del gallo v. BRUNET, Et aussitôt le coq chanta, C.R. 108, gennaio-febbraio 1979.

[83] DUSSAUD, o.c., 271-272. — L'immagine di Pietro ha potuto dipendere anche da quella di Eaco, giudice dei morti e portachiavi; cfr. MORENZ, o.c., 317.

[84] DHORME e DUSSAUD, o.c., 399. — Su Giano e i suoi punti comuni con Vayu, v. DUMEZIL, Les dieux des Indo-Européens, 89-105.

[85] DRELINCOURT, Abrégé des controverses, 46-52; MALAN, Pourrai-je entrer jamais dans l'église romaine?, 165-180; PUAUX, L'anatomie du papisme, 111-120. 

[86] EPIFANIO, Panarion 42:1; DELAFOSSE, La lettre de Clément Romain aux Corinthiens, R.H.R., gennaio-febbraio 1928, pag. 60-62.

[87] MAGNE, Origines..., volume 1, 191-192; CIPRIANO, Corrispondenza; lettera 67, § 4 e 5, edit. BAYARD, 229-231.

[88] DELAFOSSE, ibid., 79. — Gli elenchi dei «papi» dati fino al 150 circa sono fittizi. Lo stesso termine «papa» fu impiegato come titolo solo nel 384 dal vescovo Siricio.

[89] COQUEREL, Des premières transformations historiques..., 105.

[90] Argomento del Romanzo pseudo-clementino.

[91] Sulla morte dei due apostoli, v. BOUCHE-LECLERCQ, L'intolérance religieuse et la politique, 143-156. A proposito delle loro tombe v. DELAFOSSE, o.c., 80-81. RAGOT suppone che la morte di Pietro ha potuto sopraggiungere a Dafne, sobborgo d'Antiochia: Aux sources du christianisme, C.R. 54, 1967, pag. 45.

[92] VOLTAIRE nota che gli Atti degli apostoli non parlano nemmeno di un viaggio di Pietro a Roma; Epistola ai Romani, 7° impostura. — Giuseppe, Tacito, Svetonio, Clemente Romano ignorano l'esistenza di un papa. - Sugli elenchi fallaci di Eusebio, v. FAU, Eusèbe de Cèsarée, passim. — A proposito dei nomi dell'apostolo e della sua creazione, v. ORY, Saint-Pierre..., C.R. 132, novembre-dicembre 1983. - La pretesa scoperta dei resti di Pietro sotto le cripte del Vaticano (1940) fu l'occasione di un baccano apologetico. Si sono scoperti in realtà solo tre sepolcri anonimi; v. LENZMAN, L'origine du christianisme, 57-58.

[93] JONAS, o.c., 130-131.

[94] Testo citato da RAHNER, o.c., 144.

[95] Cfr. HADOT, L'apocalypse de Jean, Riv. dell'Università di Bruxelles, marzo-maggio 1966, pag. 196.

[96] ELIADE nota che i gemelli mitici «sono figli del dio celeste», che «essi non si separano dalla loro madre o dalla loro sorella»; Traité..., 91.

[97] In b) e c) noi ci fondiamo sull'esegesi di PERNOT, o.c., 225-6. — Sui numerosi «Giacomi» della tradizione v. ORY, Les apôtres et Saint Pierre..., C.R. 15, pag. 9 s.; Qu'est-ce que le judéo-christianisme?, C.R. 45, pag. 15 s.

[98] In una versione più giudaica del mito, attestato dal racconto della Trasfigurazione, gli assistenti di Gesù erano Mosè ed Elia; Matteo 17:1-9; Marco 9:2-9.

[99] COUCHOUD, Histoire de Jésus, 46. 

[100] DHORME, Le dieu parent..., R.H.R., n° 2-3, 1932, pag. 230. — Stesso impiego teoforico dei nomi di parentela nelle tribù pre-islamiche dell'Arabia (RYCKMANS). 

[101] 1 Samuele 1:1.

[102] RAGOT, Aux sources du christianisme, C.R. 54, 1967, pag. 40.

[103] Maria, la sorella di Marta (Giovanni 12:3) è un doppione di quella di Luca 7:37-40 e di Marco 14:3-8. Su «Les avatars de la Vierge Marie» v. GUERIN, C.R. 50, 1966.

[104] NOEL, articolo Hélène, Dictionnaire de la Fable. Cfr. COINDOZ, «Troie et sa guerre», Arch. 220, gennaio 1987.

[105] Noi riassumiamo fortemente i miti rigogliosi che la riguardano.

[106] VINCENT, Le culte d'Hélène à Samarie, Rev. biblique, 1° aprile 1936, pag. 221 s. Tutta la nostra gratitudine al signor Pierre Bahier che ci ha procurato quell'importante studio. 

[107] VINCENT, ibid., pag. 225.

[108] ORY, Le mythe samaritain d'Hélène, C.R. 12, 1956, PAG. 21.

[109] SZNYCER, art. Ougarit, Dict. des mythologies, volume 2, 219 s.

[110] Cfr. TARDIEU, Gnostiques et mythologies du paganisme, Dict. des mythologies, volume 1, 469.

[111] Matteo 18:1; 27:61; 28:1; Marco 15:40, 47; 16:1-9; Luca 8:2; 24:10; Giovanni 19:25; 20:1, 18; 12:1-3.

[112] ORY, Le mythe samaritain d'Hélène, C.R. 12, pag. 4 (1956).

[113] DHORME e DUSSAUD, o.c., 61.

[114] Isaia 26:19. — DUSSAUD, art. c., 283.

[115] BONNET, Les symboles traditionnels..., 117. — Questo fratello è Lazzaro per Maria Maddalena (Giovanni 11:2) e Shamash per Ishtar.

[116] RAHNER, o.c., 176-183. — È un tratto caratteristico dell'orfismo quello di collocare la Notte e l'Acqua al principio del mondo; RUDHART, Le thème de l'eau primordiale... — In Egitto, Nut, déa del cielo dava quotidianamente nascita al sole, suo figlio; FRAZER, Les dieux du ciel, 88-89.

[117] La menzione della luna in lutto presso la croce risale al II° secolo; RAHNER, o.c., 186, nota 2.

[118] Ognuno sa che al momento della luna piena i due astri sono in opposizione. Il racconto presentato su una base storica non si sostiene: «È impossibile ammettere che i soldati romani abbiano permesso alla madre di Gesù, ai suoi compagni e al discepolo prediletto di restare ai piedi stessi della croce»; GOGUEL, Le problème des “Frères du Seigneur”, R.H.R., luglio-dicembre 1928, pag. 124. — Cfr. TACITO, Annali 6:25. — L'episodio è ispirato al Salmo 38:12.

[119] GUTHRIE, o.c., 44-45.

[120] IRENEO, Adv. Haer., 1, 26:3. — Magna Mater: Grande Madre (degli dèi): Cibele.

[121] GUIGNEBERT, Jésus, 115.

[122] LODS, Israël, 280.

[123] JAMES, Mythes et rites..., 75-76.

[124] DUSSAUD, art. c., 278-9, 283.

[125] WIDENGREN, o.c., 35.

[126] FORTIN, L'astrologie est née au Sumer; Riv. L'astrologie n° 2, 1968, pag. 144. — L'assunzione corporale fu ufficializzata nel 1950 soltanto. Il parto verginale risale al concilio di Efeso del 431. L'Immacolata concezione fu promulgata dall'enciclica Ineffabilis, dell'8 dicembre 1854; sull'elaborazione di questo dogma, v. COULANGE, La Vierge Marie, 150 s.

[127] COUCHOUD, Le dieu Jésus, 145. — MISTRAL descrive quella festa nei suoi Mémories et récits, capitolo 14. — Culto di tre divinità pagane che ricoprono quello delle tre divinità celtiche; v. MARKALE, o.c., 179-180.

[128] FRAZER, Atys et Osiris, 135.

[129] CHARRIERE, La femme et l'équidé, R.H.R., ottobre 1975, pag. 129 s.

[130] SAXER, Le culte de Marie-Madeleine en Occident... (tesi). — In Pistis Sophia, scritto gnostico, Maddalena corrisponde all'Elena di Simon Mago e forma con Gesù una coppia salvifica.

[131] Maria deriva anche dal culto di Maya, madre di Agni; v. supra, «Il Fuoco e il Vento», II, capitolo 3, § 4. Maya divenne la madre del Buddha; lei è il principio femminino universale. Agnes e Maddalena sono dée abortite; Maria (Maya, Miriam, Mara, Maria) è al contrario l'oggetto di un culto al livello di una divinità in ragione della sua maternità (théotokia). Lei ha conservato un ruolo intermediario che si «mescola» con quello del Figlio; cfr. A. DANIELOU, o.c., 100, 289. — La Vergine nera di Czestochowa in Polonia — la cui effigie si trova a Idron, presso Pau, dal 1946, — sottolinea il carattere mitico del personaggio. Allo stesso modo la Vergine nera di Montserrat (Spagna), quelle del Puy, d'Orcival, di Rocamadour, ecc.  

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