sabato 3 settembre 2022

IL CRISTIANESIMO AVANTI CRISTOLO SPIRITO DELLE RELIGIONI

 (segue da qui)

LO SPIRITO DELLE RELIGIONI

Il cristianesimo si presenta come una religione divisa in più centinaia di sette. [15] È in contatto, se non in attrito, con una moltitudine di altri culti. Supponiamo dunque che il lettore si interroghi sulla religione in generale prima di affrontare lo studio particolare che gli sottomettiamo. 

Risponderemo solo brevemente alla sua curiosità: dapprima perché lo crediamo al corrente delle manifestazioni religiose, in seguito perché il loro studio non è nel nostro proposito. Tuttavia, siccome è assolutamente vano voler comprendere le tesi miticiste se si ignora totalmente il loro oggetto, ecco alcuni elementi destinati a facilitare eventualmente la lettura di quest'opera. [16]

Si fa spesso derivare la parola «religione» dal latino religare, legare. La religio o relligio sarebbe un insieme di riti e di precetti che legano l'uomo alla divinità. 

Quella etimologia ci pare falsa. Pensiamo con Cicerone che religio (come legio, legione) dipenda dal verbo legere, scegliere. Un verbo religere avrebbe un significato opposto a quello di negligere, trascurare. [17] La religione è prima di tutto la preoccupazione per il sacro.

Si sono date numerose definizioni della religione. [18] Essa appare come un insieme di riti e di credenze che mettono l'uomo in rapporto con uno o più esseri più potenti di lui, e di cui crede di conoscere le intenzioni benché sfuggano alla percezione normale e, fino al presente, all'investigazione scientifica.

La religione esprime un'attitudine psicologica generata da una tradizione orale o scritta. Essa suscita la fede, attaccamento profondo a delle credenze ancestrali e alla convinzione di detenere una verità superiore. Il credente pensa e ragiona, almeno generalmente, come se fosse investito di una sorta di infallibilità; non sospetta minimamente che, nato in una religione diversa dalla sua, avrebbe del divino una concezione del tutto diversa. La sua fede lo distoglie, salvo eccezioni rarissime, dal dubbio metodico e da ricerche disinteressate; essa lo integra fortemente nel gruppo che lo ha formato e lo oppone, spesso con violenza, a comunità diverse o dissidenti.

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L'origine delle religioni si colloca all'età della pietra, quando l'uomo subiva l'effetto dei cataclismi: grandine, uragani, inondazioni, terremoti, eruzioni vulcaniche, ecc. ecc. Come dice STAZIO, Primus in orbe deos fecit timor, «è dapprima la paura che nel mondo fece gli dèi».

Alla paura si aggiungeva l'ignoranza delle cause che producevano i fenomeni della natura: luce, tenebre, nubi, movimenti degli astri, crescita delle piante e degli animali, eclissi, malattie, morti... Il primitivo li ha spiegati popolando l'universo di esseri simili a lui, vale a dire dotati di sensibilità e di volontà. Quell'attitudine è l'animismo

L'animismo generò una serie di deità tribali che si fusero a poco a poco formando dèi regionali, nazionali, internazionali (o universalisti). Il suo aspetto più importante, il totemismo, stabilisce un legame di parentela tra la tribù e certe specie animali: formiche, coccodrilli, canguri, ecc.

Il sacro è il carattere delle cose che colpivano per una ragione qualunque l'immaginazione del primitivo: sorgente, grotta, pianta, montagna... Vi era per loro un'interdizione; esse erano sottratte all'uso comune, tabù. Ma non tutte le manifestazioni della natura erano sacre: un albero sacro non era un qualsiasi albero. Le cose sacre erano distinte dalle profane in quanto contenevano un potere specifico. I luoghi e gli oggetti del culto diventavano sacri dopo i riti di consacrazione.

Nella misura in cui il primitivo si è sentito diverso dal suo ambiente, l'animismo ha teso verso l'antropomorfismo: i poteri più o meno vaghi [19] associati alle cose presero forma umana. Allora si è visto nelle Cratofanie (manifestazioni della forza sacra) l'azione di demoni e divinità rassomiglianti all'uomo.

Allo stesso tempo, le cose che davano nascita agli esseri umanizzati divennero i loro attributi, loro segni distintivi. Per esempio, le dee che erano anticamente dei pesci, come Derceto, furono rappresentate con un corpo pisciforme; Iside conservò le corna che segnalavano la sua origine, Atena gli occhi glauchi della civetta, Iris la sua sciarpa arcobaleno, Zeus la folgore e l'aquila.

Gli dèi antropomorfi agiscono spesso nel luogo della loro formazione: Jahvé dà a Mosè le tavole della Legge sul Sinai di cui è il dio, Numa Pompilio consulta Egeria nella grotta di cui è la ninfa, Persefone va nell'Ade perché è il grano che si seppellisce.

Talvolta gli dèi hanno un carattere ambivalente: si sdoppiano opponendosi agli animali da cui derivano: il cinghiale Adone è ucciso da un cinghiale, la cerva Artemide diventa cacciatrice, il cavallo Ippolito addestra i cavalli.

Il processo di umanizzazione così definito fonda la mitologia: si prestano agli dèi una genealogia, metamorfosi, miracoli, avventure; li si fa partecipare alla vita degli uomini. I riti, vale a dire gli atti cultuali, ricevono spiegazioni anacronistiche: si dirà per esempio che la festa di Pasqua commemora l'Uscita dall'Egitto, mentre risulta da un antico culto della fertilità.

Per beneficiare del potere degli dèi, il fedele pratica vari riti. Mediante mimetismo, egli si traveste da bestia, imita i movimenti e gli atteggiamenti dell'animale, passa attraverso il fuoco, si immerge nell'acqua dove si manifesta la divinità.

Nella comunione teofagica (greco théos, dio; phageïn, mangiare) egli crede di assorbire il dio stesso. L'assunzione di carne cruda, l'omofagia, consisteva nel divorare le carni vive e pulsanti di un animale o di un uomo. In India, i bambini piccoli furono le vittime di questo rito fino alla nostra epoca.

Il sacrificio implica una privazione, un danno, un lutto destinati a compiacere il dio. I sacrifici umani furono la loro forma più barbara, le offerte la più comune. L'idea che un dio provi piacere nel far spargere il sangue umano risale al più selvaggio primitivismo.

Nei sacrifici in cui il dio era la vittima lo si sostituisce con un uomo all'origine; questi era il suo sostituto. Ma egli non era diverso dal dio per il pensiero mistico: uccidendo il sostituto, si uccideva il dio.

Allo stesso modo, nella messa cattolica, Dio è assorbito realmente in corpo, in anima e in divinità, secondo la dottrina del concilio di Trento. Questi atteggiamenti religiosi rientrano nella legge del realismo mistico. Il simbolismo gli è estraneo e non ne rende conto. 

Il mito dipende dal rito e gli è posteriore. È essenzialmente «la resurrezione narrativa di un evento originale che risponde a profondi bisogni religiosi» (Malinowski). È un atto di fede che garantisce il valore dei riti collegandoli spontaneamente a fatti passati illusori. «Lavoro del pensiero religioso su sé stesso» (Loisy), amplificato dalle esigenze della fede, i miti sono complessi, relativamente mutevoli e interamente fittizi. [20]

Quando degli elementi storici si mescolano ai racconti, si ha a che fare con delle leggende. Ma è difficilissimo talvolta distinguere le leggende dai miti, perché bisognerebbe poter dosare la parte della realtà e quella dell'immaginazione. La storia di Guglielmo Tell è un puro mito; la Canzone di Rolando è di gran lunga più mitica che leggendaria; i Vangeli sono delle leggende secondo la Scuola storicista indipendente, dei miti per la Scuola mitologica o miticista.

Alle religioni si apparenta la magia. Essa è inclusa di buonissima ora nella pratica dei culti, così bene che è pressappoco impossibile distinguere, in certi casi, un atto religioso da un atto magico. La transustanziazione, per esempio, in cui il cambiamento di sostanza si opera grazie alle parole dell'officiante, è un atto religioso oppure magico?

In senso stretto, però, l'atto magico differisce dall'atto religioso in quanto prescinde dalle divinità o pretende di vincolarle. Formule cabalistiche, gesti, filtri, statuette, ecc. lasciano al mago o allo stregone l'autonomia dei suoi atti in relazione agli dèi; ma egli è in contatto con i demoni.

La magia non ha esistenza ufficiale nella nostra epoca. Si pratica in isolamento o in piccoli gruppi. Pare essere il residuo di antichi costumi pagani. Nei paesi cristiani è diventata clandestina per sfuggire alle persecuzioni. [21]

Le religioni di salvezza hanno suscitato divinità che non ebbero solo per scopo di proteggere l'uomo durante la sua vita, ma anche di assicurargli una immortalità beata. Malgrado il loro carattere universalista, i loro riti sono restati vicini a quelli dei culti anteriori. Tuttavia, la tendenza sincretistica vi è molto pronunciata e si generalizza.

Il sincretismo (greco sun, con, Kérannumi, mescolare) [22] è una legge importantissima dell'evoluzione religiosa. È la sovrapposizione delle religioni, la confusione degli dèi (teocrasi): Sabaoth, l'Eterno degli eserciti, si è confuso con il dio tracio Sabazio e con Gesù Cristo (J. Magne); Plutone, dio degli Inferi, con Pluto, dio delle ricchezze. L'inno vedico Gritsamada (1:440) equipara Agni a Indra, Visnù, Varuna, Mitra. Shamash visse in simbiosi con Marduc, che lo soppiantò; Jahvé si appropriò delle qualità di Shamash e divenne a sua immagine il dio del sole, delle tempeste e della pioggia. Marduc, più ambizioso, si assimilò, oltre a Shamash, una cinquantina di divinità. [23

Gli dèi gallici si confusero con Apollo e lui stesso con Mitra. Nell'Inno dei Naasseni Attis è chiamato Adone, Osiride, Adamante, Luna, Papas, Coribante, Bacco, Pan; Rea non è altro che Cibele. [24] L'XI° libro delle Metamorfosi di Apuleio mostra, nell'inno di Iside, che quella dea si è confusa con Afrodite, Cerere, Cibele, Diana e Minerva. [25]

Questi esempi, che sarebbe facile moltiplicare, permetteranno senza dubbio di misurare l'importanza capitale del sincretismo nella storia religiosa dell'umanità. Non sarà quindi una sorpresa ritrovarla nella genesi del cristianesimo.


Insomma, le religioni non sono qualcosa di fisso. Esse subiscono lente trasformazioni che le conducono, a seconda del livello culturale delle società, dall'animismo e dal feticismo a rappresentazioni antropomorfiche sempre più complesse. [26]

Il punto di arrivo è la storicizzazione. Allora il dio, divenuto completamente un uomo, è ritenuto essersi comportato come un uomo. Gli si attribuiscono atti che possono essere quelli di un giustiziere, di un legislatore, di un principe, di un taumaturgo, ecc. È introdotto in un ambiente sociale, inserito nella Storia. Ma quella storia è fittizia; nel suo nucleo è una mitologia, anche se la si associa ad eventi reali che possono fare illusione.

Contrariamente alla dottrina di Evemero, nessun grande dio fu primitivamente un essere umano. A quella regola il cristianesimo farebbe eccezione? Ecco precisamente l'oggetto di questo libro.

NOTE

[15] SIMON fa allusione a «circa 250 sette cristiane» negli Stati Uniti solamente: Sectes juives, 8. — Il Consiglio ecumenico delle Chiese contava nel 1977 duecentottantotto confessioni cristiane.

[16] Si veda per l'essenziale: FRAZER, Il ramo d'oro (opera fondamentale); LEVY-BRUHL, La mentalité primitive; REINACH, Orpheus; ELIADE, Traité d'histoire des religions.

[17] REINACH, ibid., 2.

[18] LEUBA ne fornisce 48, Psychologie des phénomènes religieux, 397 s.

[19] Questione controversa; v. DUMEZIL, Les dieux des Indo-Européens, 143. La tesi di Dumézil ci sembra smentita dai lavori recenti; v. MORENZ, La religion égyptienne, capitolo 2, 37 e s.

[20] Sulla nascita del rito e del mito v. JAMES, Mythes et rites dans le Proche-Orient ancien, 13-46 e passim. — Appendice 6.

[21] FRANÇAIS, La Sorcellerie, capitolo 1.

[22] Si preferisce oggi l'etimologia sunkrêtizô, da Krês, Cretesi = unire i Cretesi; cfr. MORENZ, o.c., 188-189.

[23] KOENIG, Tradition iahviste..., R.H.R., 1968, ° 2, pag. 167-170.

[24] IPPOLITO, Philos., 5.

[25] Sulla polivalenza delle persone divine, v. RUDHART, Notions fondamentales..., 101-106.

[26] La presentazione sociologica del pantheon da parte di DUMEZIL demolirebbe, secondo alcuni, il primitivismo del mana, del totem, dei tabù, dell'animismo, dei culti naturalisti ecc... Ma manca di chiarezza e resta lacunosa. Ai nostri occhi l'aspetto sociologico è secondario nei fatti e in ordine di tempo. Infatti esso suppone già una struttura sociale evoluta secondo la quale si è organizzato, più tardi, questo pantheon «sociologico». Egli è sicuro che allorché una città o una nazione è retta da un sovrano, un'aristocrazia, un esercito, dai giuristi, dai mercanti, ecc., essa ha tendenza a rappresentarsi gli dèi su questo modello. Ma non è originale. Lui solo non potrebbe spiegare la genesi delle persone divine, i loro caratteri, le loro lotte, avatar e metamorfosi... La realtà è ben più complessa, e ogni divinità pone i suoi problemi. — Sulla tesi di Dumézil, v. l'articolo prudente di VARENNE, Indo-Européens; Dict. des mythol., 1, 561-2. Ibid., art. di LORAUX, Héraclès, 492-498; cfr. MORENZ, o.c., 37 s. - A proposito del sincretismo inerente in ogni ierogamia, v. ELIADE, Traité..., 388-9.   

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