martedì 17 maggio 2022

LA PRIMA GENERAZIONE CRISTIANALA PRIMA DISPUTA

 (segue da qui)

LA PRIMA DISPUTA

Il numero fu sempre esiguo degli ebrei ortodossi che si avvicinarono al cristianesimo. All'inizio, tutto si svolge tra precristiani; tutto si svolgerà in seguito tra precristiani e pagani, — salvo eccezioni, beninteso. La conversione di San Paolo è una di queste eccezioni, e la sua importanza fu così notevole che fece perdere di vista il fatto, altrimenti certo, della resistenza ostinata che il giudaismo ortodosso oppose fin dall'inizio al cristianesimo.

Come, perché l'ebreo ellenista, ma ellenista ortodosso, che era San Paolo, venne al cristianesimo? Tenteremo presto di decifrare la formidabile figura dell'apostolo; ci basti qui riassumere i fatti. 

Appena «convertito», si reca nella regione araba chiamata Nabatea, dove passa oscuramente tre anni, forse in compagnia di correligionari, forse isolato, esercitando il suo mestiere nello stesso tempo in cui si dedica alla preghiera e alla meditazione; l'idea che si sia immediatamente dedicato alla predicazione, piuttosto in voga tra gli studiosi, è uno di quegli anacronismi che spiega da solo la volontà di fare dei primi cristiani i perfetti esemplari della propaganda.

Trascorsi questi tre anni, decide di salire a Gerusalemme. [1] Avendo soggiornato quindici giorni presso i capi del gruppo galileo — quindici giorni di cui tenteremo di comprendere la decisiva importanza — se ne ritornò a Tarso, sua città natale, dove San Barnaba sarebbe andato a cercarlo per condurlo ad Antiochia e introdurlo nella comunità. Quattordici anni trascorsero, durante i quali, non più dei tre anni passati in Nabatea, nessuna attività propriamente «missionaria» gli può essere attribuita. [2

Dopo diciassette anni che era entrato nella chiesa, aveva ancora giocato solo i secondi ruoli. La prima disputa che vi sorse doveva recargli l'occasione di occupare la scena.


Gli ebrei della Diaspora erano lontani dall'essere costretti, lo sappiamo, a osservare le leggi mosaiche con lo stesso rigore degli ebrei della Palestina; quanto ai «timorati di Dio», vale a dire ai pagani che nella Diaspora erano venuti al giudaismo, si imponevano loro solo le leggi infinitamente meno rigorose dette leggi noachiche (in particolare rinunciare al culto dei «falsi dèi» e astenersi dalle carni che erano loro consacrate), senza imporre loro la sgradevole circoncisione.

Soggetti al controllo immediato delle autorità ebraiche e plasmati da un'usanza ereditaria, i nostri Galilei non potevano mancare di essere osservanti precisi; al contrario, i loro correligionari di Antiochia avevano da molto tempo preso delle libertà con le leggi mosaiche, e i giudaizzanti non circoncisi erano numerosi tra loro. Durante tutto il periodo precristiano le relazioni erano state troppo rare tra i due gruppi perché la questione si ponesse di sapere se quella licenza fosse ammissibile oppure se una osservanza più rigorosa fosse obbligatoria. Essa doveva porsi allorché l'adesione degli Antiocheni al messaggio galileo stabilì tra i gruppi relazioni continue. 

Le difficoltà cominciarono il giorno in cui alcuni rigoristi tra i Galilei, essendo venuti ad Antiochia, si scandalizzarono nel constatare  non solo che le pratiche vi erano rilassate, ma anche che dei non circoncisi fossero ammessi nella comunità. [3] Sembra in effetti che i Galilei avessero generalmente ammesso che la stretta osservanza fosse necessaria solo in paese ebraico, il che spiegherebbe perché San Pietro, come lo si vedrà, si sia discostato ad Antiochia dalla regola che osservava a Gerusalemme. Il dibattito verté sul caso dei «timorati di Dio» venuti al Signore. I rigoristi galilei pretendevano che la circoncisione, se non la completa osservanza mosaica, dovesse essere loro imposta e che solo i circoncisi avessero il diritto di prendere parte al pasto di Comunione. 

L'accordo non essendosi fatto, San Paolo e San Barnaba furono inviati a Gerusalemme per intrattenersi con i capi stessi del gruppo galileo. 

La riunione, che non poteva rappresentarsi sotto un aspetto piuttosto modesto, porta nelle storie ecclesiastiche il nome sorprendentemente pomposo di «Concilio di Gerusalemme». La data, inizio dell'anno 44, è fornita da un sincronismo che è il più sicuro riferimento della storia del cristianesimo primitivo: la morte di Erode Agrippa che sopravvenne poco dopo, nella primavera del 44.

L'accordo si fece, senza grandi difficoltà, sembra. I Galilei accettarono che San Paolo non facesse circoncidere il suo discepolo Tito, che era nato pagano e che aveva portato con sé, e ammisero la partecipazione dei non circoncisi alla comunione, [4] le leggi noachiche restando un minimo requisito.  

Avendo promosso la riunione al rango di concilio, la tradizione si doveva promuovere a quello di «Decreto di Gerusalemme» una decisione che fu solo un arrangiamento di circostanza e non era attuabile. L'interesse di questo arrangiamento è nondimeno considerevole, in quanto segna la prima fase della disputa delle osservanze. 

Diamo già qui le grandi linee di quella disputa.

Prima fase. Intorno all'anno 44. La circoncisione non più dell'insieme delle leggi mosaiche non è obbligatoria per i cristiani venuti dal paganesimo; le leggi noachiche lo sono. 

Seconda fase. Una decina di anni più tardi, i cristiani nati pagani cominciarono a rivoltarsi alle esigenze della legge noachica stessa (come cenare con parenti o amici restati pagani senza mangiare carni proibite?); San Paolo sarà disposto a liberare i suoi Corinti da questo, ma esiterà e tergiverserà. (Attestato dalla prima epistola ai Corinti, 8-10).

Terza fase. A poco a poco, i discepoli di San Paolo si affrancheranno completamente; e la cosa sarà attestata (dopo la morte dell'apostolo) dalle ire e dalle maledizioni dell'Apocalisse, 2-3.

Poco dopo l'incontro a Gerusalemme scoppia la persecuzione di Erode Agrippa; San Paolo e San Barnaba hanno avuto il tempo di partire e rientrano ad Antiochia; ma un fratello di San Giovanni e molto probabilmente San Giovanni stesso sono messi a morte, e San Pietro è gettato in prigione. Erode Agrippa muore nel frattempo, primavera del 44, e se si vuole apprezzare quanto il secondo redattore degli Atti sia lontano dai tempi di eroica purezza del cristianesimo primitivo, si deve leggere, in 12:21-23, il soddisfacimento odioso col quale espande il racconto della fine del «persecutore» di cui Giuseppe, Antichità 19:8, 2, gli aveva fornito gli elementi. 

Terminata la persecuzione, la comunità ritrovò la sua tranquillità. Fuggito dalla sua prigione, oppure liberato ma non trovandosi al sicuro, San Pietro lasciò la città e si recò anche lui ad Antiochia; arrivato là, non solo credette di poter dispensarsi dalle osservanze mosaiche, ma non volle fare alcuna differenza tra circoncisi e non circoncisi; sfortunatamente, alcuni rigoristi sopraggiunsero, gli stessi o della stessa specie di coloro che avevano precedentemente acceso la disputa, e sotto la loro pressione si separò dai non circoncisi nella frazione del pane, trascinando nella sua insolvenza San Barnaba e alcuni compagni. San Paolo (lui stesso lo racconta nell'epistola ai Galati) lo giudicò riprovevole e gli resistette in faccia, arrivando fino a sfidarlo davanti a tutti.

Lo scandalo fu notevole. Senza dubbio San Pietro era in effetti reprensibile; ma, se San Paolo aveva probabilmente ragione, la sua violenza, il suo autoritarismo sempre crescente, allontanò da lui tutti. Si trovò isolato; se ne andò.

A questo giorno risale ciò che gli storici chiamano i grandi viaggi missionari, diciamo il primo viaggio missionario di San Paolo e l'opera che doveva per vent'anni perseguire attraverso il mondo e alla quale diciassette anni di ritiro l'avevano preparata. Ma l'oggetto originario di quell'opera, il punto di partenza di questi viaggi, non fu quello che dicono generalmente gli storici del cristianesimo. Quando San Paolo abbandona la comunità di Antiochia, il suo proposito è di trovare un'altra comunità dove possa vivere secondo le regole che gli detta lo Spirito, o piuttosto dove possa imporre queste regole; il suo proposito non è di intraprendere una campagna di propaganda, nel modo almeno in cui intendiamo oggi la propaganda.

La partenza di San Paolo abbandonando la comunità di Antiochia è, fino a un certo senso, quella di un monaco che non può più vivere nel suo monastero, o di un militante che non si intende più con il suo gruppo, e che se ne va per cercare, nonché per fondare, un altro. 

Un altro? Il rifugio nuovo dove gli uomini nati ebrei e gli uomini nati pagani potranno riunirsi, senza che nessuno sia obbligato a mostrare se non ha più o se ha ancora il suo prepuzio. 

NOTE

[1] Un viaggio di cui alcuni studiosi hanno negato e di cui noi manteniamo la storicità.

[2] Il signor Alfred Loisy, in particolare Naissance du christianisme, pagine 171-172, ha stabilito che il viaggio «missionario» di Atti 13, 4:14 è composto da elementi sia fittizi, sia presi dai successivi viaggi. Non possiamo, d'altra parte, considerare «missionari» i viaggi in Siria e in Cilicia dell'epistola ai Galati 1:21, nel corso dei quali l'apostolo ha potuto annunciare la Buona Novella ma non ha fondato né inteso fondare alcuna comunità. 

[3] Se si giudica secondo Galati 2:3, 4, 5, 12 e 14, e Atti 15:1, 5, così come secondo i discorsi prestati agli apostoli; anche 11:3. 

[4] Galati 2, in particolare 3, 12 e 14b, attestati nell'Apostolicon.

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