I VIAGGI DI SAN PAOLO
Il viaggio, partendo da Antiochia, attraversa l'Asia Minore, tocca la Macedonia e l'Acaia, si ferma a Corinto, ritorna in Asia Minore, si ferma di nuovo a Efeso e, dopo una deviazione a Gerusalemme, va fino a Roma.
Il nostro piano non comporta il racconto, neppure sommario, delle innumerevoli peripezie di quella immensa escursione. Abbiamo spiegato precedentemente come l'insediamento cristiano si fosse fatto anzitutto negli antichi centri precristiani. Il primo pensiero di San Paolo è di rivolgersi agli uomini che, praticando già il culto del Kyrios Christos, non avevano ricevuto il messaggio galileo. Spinto dalle circostanze e, come vedremo, da tutto ciò che è restato in lui di fondamentalmente ebraico, non potrà però astenersi dal parlare nelle sinagoghe e dal tentare di convincere i suoi compatrioti ortodossi, ma si scontrerà contro una resistenza accanita.
Come un miraggio, costantemente si dilegua davanti ai suoi occhi la comunità del suo sogno. Quando crede di esserci riuscito, a Filippi in Macedonia per esempio, l'ostilità dei suoi avversari lo obbliga a partire; ma lascia dietro di sé un gruppo di fedeli che dirigerà da lontano.
Stessa cosa a Tessalonica (la Salonicco attuale).
A Corinto, non possiamo dubitare che abbia trovato un nucleo di precristiani tutti disposti ad ascoltarlo. [1]
La fondazione della comunità di Corinto o, per parlare più esattamente, l'annuncio ai precristiani di Corinto della Buona Novella, sembra essere stato uno dei maggiori successi di San Paolo. Ma le comunità prima stabilite e che ha dovuto lasciare hanno bisogno delle sue cure. L'uomo che aveva voluto creare il rifugio unico dove, attorniato dai suoi, avrebbe atteso il giorno del Signore, è ora alla testa di diversi gruppi dove gli è impossibile stabilirsi, e una preoccupazione nuova si impone poco a poco alla sua attività: assicurare la perpetuità di ciascuna di queste comunità.
Così persisterà due anni nella grande città di Efeso, uno dei porti più trafficati del Mediterraneo orientale, centro tumultuoso che tutte le novità si disputavano, dove incontra non solo i precristiani identificati da Benjamin Smith, ma anche coloro presso i quali doveva nascere l'Apocalisse e con i quali doveva scontrarsi, nello stesso tempo che con un potente establishment di ebrei ortodossi, senza riuscire a fondarvi una comunità duratura.
Nel corso di questo sforzo incessantemente interrotto, incessantemente rinnovato, scrive le famose epistole, al fine di dare in quel modo ai suoi discepoli le istruzioni che non può dar loro oralmente, man mano che le questioni si presentano.
Si decide infine ad andare a Roma, dove sa che esiste un gruppo di uomini che praticano il culto del Signore ma ignorano la Buona Novella.
E le avversità si moltiplicano: passando per Gerusalemme, è assalito dalla folla che crede di vedere in lui un nemico del giudaismo; è arrestato, messo in prigione; essendosi appellato alla giurisdizione suprema dell'imperatore, è condotto a Roma, ma in catene.
Che viaggio! Diversi mesi per compiere una traversata che i nostri transatlantici fanno in pochi giorni, e ciò con tempeste, naufragi, svernamento tra i barbari! Si può leggere nel libro degli Atti 27-28, il pittoresco racconto del primo editore.
A Roma, è posto sotto il regime della custodia militaris o custodia libera, vale a dire abita in un alloggio a lui riservato, dove può ricevere visite e da cui può uscire per andare dove gli piace, ma resta in catene [2] e sotto la sorveglianza ininterrotta di un soldato preposto a questo ufficio; così va, dice il libro degli Atti 28:31, «ad annunciare il regno di Dio e a insegnare le cose che concernono Gesù» tanto tra i giudei e i giudaizzanti della città che tra coloro che erano giunti al pre-cristianesimo se non al cristianesimo...
Come termina quella mezza prigionia? Il libro degli Atti si chiude bruscamente senza dire se sia assolto o condannato. La tradizione ha sempre creduto all'assoluzione; alcuni studiosi, e in particolare il signor Loisy, ad una condanna. In un'opera recente, [3] il signor Kirsopp Lake conclude per un non-luogo, le autorità ebraiche non avendo dato seguito alla loro denuncia, e questa è l'ipotesi con la quale noi ci schieriamo, sarà utile spiegare per quali ragioni.
Sotto il pretesto che la Chiesa ha voluto riunire nella morte i suoi due fondatori San Pietro e San Paolo facendoli perire insieme qualche anno più tardi, il signor Loisy accusa di «ingenuità» i numerosi studiosi che accettano quella «tendenziosa» versione, come se la Chiesa non avesse potuto semplicemente utilizzare ai suoi fini un fatto reale! La prova, dice, [4] che San Paolo è stato condannato, è che il libro degli Atti si interrompe bruscamente nel momento in cui sarà obbligato a riportare un evento che «avrebbe sconvolto la sua apologetica»... Si riconoscerà che è da supporre allo scrittore una rara stupidità; si immagina un apologeta della Rivoluzione che interrompe il suo racconto l'8 termidoro per non confessare che Robespierre è stato ghigliottinato?
Ma quali ragioni avrebbero spiegato la condanna? La denuncia del sinedrio? Dispute tra ebrei di cui si facevano beffe i magistrati romani; ricordiamoci l'episodio di Gallione. «Processo della propaganda cristiana», suppone il signor Loisy, [5] vale a dire che sotto le accuse del sinedrio, essi avrebbero riconosciuto autentiche minacce contro l'Impero. Ritorneremo sulla questione; [6] diciamo da qui: primo, che a quella data i magistrati romani non distinguevano ancora i cristiani dai giudei e non hanno ancora la nozione di ciò che il cristianesimo ha di sovversivo; secondo, che, se ne avessero avuto il sospetto, non avrebbero limitato i procedimenti a San Paolo; ora, la comunità cristiana non fu disturbata. E vediamo là l'argomento decisivo che esclude l'ipotesi di una condanna.
Infatti, dopo una inchiesta che si fa lunga e durante la quale l'apostolo fu trattato senza severità, i magistrati romani non trovarono nulla che potessero trattenere e da parte loro i Giudei se ne disinteressarono. Tutti concorderanno sul fatto che, in quell'epoca (la più travagliata della storia della Giudea), il sinedrio aveva altre cose di cui preoccuparsi.
Cosa divenne San Paolo dopo il suo rilascio? Ritornò in Oriente? la cosa è probabilissima. Se ne andò in Spagna? La cosa è, al contrario, abbastanza poco verosimile. Sarebbe, in ogni caso, ritornato a Roma, dove dovette perire nel corso della terribile repressione dell'anno 64, nello stesso tempo di San Pietro; questa è almeno, come si vedrà, la conclusione alla quale noi crediamo di doverci attenere.
NOTE
[1] Si veda l'Appendice 6, così come per quanto, nelle righe che seguono, concerne Efeso e Roma.
[2] I δεσμοί di Filippesi 1:13, 14 e 16 devono essere presi alla lettera.
[3] The Acts of the Apostles in the Beginnings of Christianity, Londra, 1933.
[4] Loisy: Naissance du christianisme, pagine 224-226.
[5] Loisy: Actes des Apôtres, pagine 953-954.
[6] Di seguito, pagine 356 e seguenti.
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