martedì 8 marzo 2022

IL DIO GESÙIl sostituto

 (segue da qui)

IL SOSTITUTO

Ecco una questione che ai moderni sembrerà degna del più alto interesse, ma alla quale gli uomini del primo secolo non potevano riconoscere che una minima importanza, e che, in nessun'epoca, poté offrire la minima importanza per la Fede. Riprendiamo ciò che è stato spiegato precedentemente; la gravità delle questioni farà scusare le ripetizioni. Come si realizza il sacrificio di un dio?

In origine, quando il dio ha forma animale, la questione non si pone; si immola il dio, immolando l'animale. Quando il dio ha forma umana, si immola il re o il sacerdote, se il re o il sacerdote è il dio; più tardi, si immola un delegato che prende il suo posto. Più tardi ancora, si simula la messa a morte. Altrove, un'effigie, un manichino che rappresenta il dio, o piuttosto che diventa il dio, è trafitto con un coltello, bruciato o crocifisso, e sepolto.

Cosa succedeva nei sacrifici periodici dell'antica religione di Gesù? Cosa succede al momento dell'ultimo di questi sacrifici, il sacrificio dell'anno 27?

Sostituto o effigie?

Un sostituto, e chi sarebbe stato realmente messo a morte? Benché l'operazione sia frequente nella storia delle religioni, è improbabile che abbia potuto essere praticata in Palestina, perfino segretamente, all'epoca dei procuratori e pure nel raggio d'autorità del clero gerosolimitano. E se fosse stata praticata, sarebbe ancora più improbabile che non abbia suscitato incidenti troppo gravi perché la storia non li abbia riportati. L'ipotesi è da scartare.

Un sostituto sul quale si sarebbe simulato il gesto rituale della messa a morte? Nessuna impossibilità.

Nessuna impossibilità, neppure, per una messa a morte in effigie, un manichino, per esempio.

Il sostituto animale implicito nell'Apocalisse concorderebbe difficilmente con i dati degli altri libri cristiani. Quanto alla frazione del pane, essa è proprio l'istituzione che doveva sostituire l'antico sacrificio. Le probabilità vanno, per la Palestina, al sostituto umano. 

Non ci si immagini, però, qualche manifestazione artistica nello stile delle rappresentazioni di Oberammergau, né qualche Talma o qualche Mounet-Sully che creasse il ruolo del dio crocifisso. Noi diciamo dramma sacro; è, piuttosto che un dramma, una messa che occorre comprendere. Meglio ancora, il ruolo del sostituto non supera quello del manichino che si avrebbe potuto prendere al suo posto. Lungi dall'essere un attore, non è nemmeno una comparsa; è un accessorio. In verità, il suo ruolo non supera quello del pezzo di pane azzimo che si definisce un'ostia.

I testi forniscono quanto al sostituto alcuni indizi che sono già stati notati, in particolare dal signor Salomon Reinach; a studiarli da vicino, forniscono la soluzione del problema. Dal punto di vista medico, distingueremo tre punti.

Primo punto. I tre vangeli sinottici raccontano, la storia è famosa, che un certo Simone di Cirene che, tornando dai campi, passava di lì, fu requisito per portare la croce di Gesù. Nessuno dei vangeli afferma che quest'ultimo sia stato incapace di portarla lui stesso, e la leggenda «Gesù cade per la prima, per la seconda, per la terza volta», che le vie crucis nelle nostre chiese hanno popolarizzato, è posteriore e di molto ai vangeli. Il libro degli Atti conferma la tradizione, [1] testimoniando l'esistenza di cristiani in Cirenaica fin dai primi tempi del cristianesimo; nulla quindi di sorprendente che il sostituto sia stato un uomo di questo paese.

Secondo punto. Tutti gli studiosi sanno, d'altra parte, che secondo Sant'Ireneo, [2] un eretico di nome Basilide professava, all'inizio del II° secolo (vale a dire all'epoca in cui i racconti evangelici erano appena stati scritti), che questo stesso Simone di Cirene fosse stato crocifisso al posto del Cristo-dio, il quale avrebbe cambiato forma con lui e, aggiunge questo razionalista avant la lettre, rideva però del malinteso dei carnefici. So che Basilide ne ricavava una conclusione diversa dalla nostra; io trattengo solo il fatto.

Terzo punto. San Marco precisa [3] che questo Simone di Cirene era «il padre di Alessandro e Rufo», persone che sono probabilmente quelle nominate nell'epistola ai Romani, ma di cui non sappiamo nulla. I loro nomi attestano però nel vangelo secondo San Marco la storicità di Simone di Cirene e, come ha ben visto il signor Salomon Reinach, l'importanza del ruolo giocato da costui.

Così si spiegherebbero le tracce che la sostituzione avrebbe lasciato nella tradizione cristiana, così come tra gli eretici. Si deve comprendere, infatti, che se i credenti di grande fede, i Dodici, San Paolo, erano indifferenti alla questione di sapere quale fosse stato il sostituto, i cristiani di fede media (e noi vi ritorneremo) ne erano interessati, e che i discendenti dell'attore provvidenziale intendevano trarne onore. Non si concepisce nemmeno, d'altra parte, perché certi eretici, pur lasciandosi andare dalla corrente della tradizione evangelica, abbiano custodito il ricordo della sostituzione, ma l'abbiano interpretato alla loro maniera.

Quel che ne sia, se la crocifissione è stata un rito sacrificale, e se ha avuto luogo sotto le specie di una sostituzione, non sembra minimamente possibile negare a questo Simone di Cirene il ruolo di sostituto.

Un'ipotesi potrebbe essere intravista, nella quale non credo che si debba lasciar correre la sua immaginazione: il sostituto che prende il suo ruolo sul serio. Una natura intensamente mistica, un grande temperamento religioso, che accetta fin nel profondo del suo essere il ruolo divino, sentendosi lui stesso «transustanzializzato»...

Perché l'ipotesi è storicamente impossibile?

Perché si deve scegliere tra due supposizioni. Che un sostituto qualunque sia stato realmente crocifisso e messo a morte intorno all'anno 27 e in Giudea, noi abbiamo visto che la cosa deve essere scartata. Che un sostituto eccezionalmente geniale sia stato crocifisso e messo a morte per finta e sia uscito vivo dal dramma, cosa è divenuto l'indomani, quest'uomo straordinario?

So che esistono leggende di un Gesù che sarebbe sopravvissuto alla crocifissione... I razionalisti tedeschi una volta ne hanno una volta parlato tanto, e il grande romanziere inglese George Moore le ha riprese nel suo Brook Kerith; ma l'obiezione rimane tutta. È inimmaginabile che un Gesù che sarebbe stato veramente un Gesù abbia potuto, all'indomani della crocifissione, convertirsi, da filosofo disilluso, alla saggezza del silenzio e di un beato riposo.


Ed ecco abbastanza quanto ad una questione la cui importanza è nulla nell'elaborazione del cristianesimo. La storia delle religioni ha per oggetto lo studio dell'eterno tentativo sociale di realizzarsi, e non lo studio di curiosità aneddotiche. Soffermandoci a ricercare chi ha potuto essere il sostituto dell'anno 27, abbiamo sacrificato alla curiosità. Questo solo, come abbiamo spiegato, importa alla comprensione delle origini cristiane: religiosamente, il sostituto sacrificato al posto del dio non rappresenta il dio; è il dio. Riprendiamo l'esempio che servirà indefinitamente ad illustrare la nostra dimostrazione; oggi l'ostia eucaristica, per la fede dei veri credenti, non rappresenta il corpo di Gesù; essa è il corpo di Gesù. Similmente, nell'antico sacrificio precristiano, il sostituto non rappresenta Gesù sull'albero della croce; egli è sull'albero della croce Gesù.

Quella teoria, che confermano parallelamente lo studio delle religioni primitive e la teologia cattolica, si trova che riceve, d'altra parte, un'altra e altrettanto eclatante conferma nella storia delle prime eresie. Si devono, in effetti, considerare quest'ultime meno come innovazioni che come tentativi del pensiero cristiano, in un'epoca in cui il dogma era in via di formazione; la verità cattolica è la tradizione che si è imposta; l'eresia, a quell'epoca, è la tradizione che non ha prevalso; ma quest'ultima è talvolta più antica della prima; non si saprà mai quale miniera di informazioni sul cristianesimo primitivo possa fornire lo studio delle antiche eresie. 

Noi abbiamo detto poco fa che le eresie del secondo secolo avevano conservato il ricordo della sostituzione; alcuni insegnavano una dottrina che, in ultima analisi, non è nient'altra cosa che quella della sostituzione stessa, come l'abbiamo appena riassunta.

Secondo certi gnostici, [4] il Cristo-dio era disceso nell'uomo Gesù all'istante della sua unzione, o piuttosto del suo battesimo. Si voglia ben rifletterci; è, esattamente parlando, il dio che discende nel sostituto, il dio che discende nell'ostia. I nomi solo differiscono; il ruolo del sostituto è passato a «l'uomo Gesù»; il ruolo del dio al «Cristo». Per contro, perdendo di vista che il fatto essenziale dell'opera divina fosse la crocifissione, questi gnostici asserivano che il Cristo-Dio avesse lasciato il suo sostituto umano prima della messa a morte in croce per risalire al cielo. 

Così arriviamo alla questione infinitamente importante (e che sarà studiata nel prossimo volume) della durata del soggiorno del dio sulla terra, la quale ha il suo punto di partenza nella durata stessa del ruolo del sostituto.

Dove comincia il soggiorno sulla terra del Cristo-dio degli Gnostici? Nell'istante preciso in cui egli riveste la figura dell'uomo Gesù. Nell'istante preciso in cui il dio abbandona quest'ultimo per risalire al cielo.

Prima di essere il corpo divino, l'ostia è stata un pezzo di pane azzimo; a partire da quando e per quanto tempo è il corpo divino? Evidentemente, a partire dalla consacrazione e fino all'assunzione. Similmente, il Sostituto cessa di essere un qualunque individuo e diventa il dio a partire dall'unzione, e fino alla consumazione del sacrificio, vale a dire fino al momento in cui, staccato dalla croce, è sepolto (o ritenuto sepolto). La resurrezione è un altro affare.

Detto altrimenti, allo stesso modo in cui oggi Gesù discende nell'ostia al momento della consacrazione, Gesù nel corso dell'antico rito palestinese discende nel sostituto al momento dell'unzione. E, allo stesso modo in cui egli discende oggi nell'ostia unicamente in vista della comunione e per il tempo della comunione, Gesù discendeva nel sostituto unicamente per il sacrificio, cioè per il dramma sacro, e giusto il tempo del dramma sacro, — il che significa che la sua presenza si limitava esattamente alla durata del dramma sacro.

Vedremo più tardi come San Paolo, conservando in ciò la tradizione primitiva, rappresenta questo soggiorno come non eccedente i pochi giorni indispensabili, ivi compreso il tempo del pasto sacro. Prendendo forma di servo, diventato a somiglianza d'uomo e in apparenza trovato uomo, [5] il dio si è abbassato fino alla morte in croce; e così è disceso dal cielo, proprio per ciò, solo per ciò, e subito dopo vi è risalito. Semplicemente, un'andata e ritorno.

Con la tradizione evangelica, vedremo che una carriera umana è postulata, e il dio per ciò stesso è obbligato a discendere nel sostituto, non più all'istante dell'unzione, ma del battesimo, come riportano esplicitamente gli Gnostici. Ancora, nel vangelo secondo San Marco (e negli altri due sinottici, i racconti dell'infanzia messi a parte), la carriera umana non oltrepassa i pochi mesi che precedono il sacrificio; non è più un'andata e ritorno, è una «stagione» che il dio viene a fare in Palestina.

NOTE

[1] Atti 11:20, e 13:1.

[2] Contra Haereses 1:24.

[3] Marco 15:21.

[4] In particolare Cerinto, secondo Sant'Ireneo, Contra Haereses 1:26.

[5] Queste sono le formidabili espressioni dell'epistola ai Filippesi 2:6-8.

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