(segue da qui)
IL TESTO AUTENTICO DELLE EPISTOLE
Se è dunque certo che l'Apostolicon non rappresenta già più il testo autentico delle epistole, non è meno certo che ne è più vicino del testo cattolico, e che è da esso che si deve partire per tentare di trovarlo. Siamo felici di arrivare così, per altri mezzi, a conclusioni analoghe a quelle che il signor Couchoud ha ottenuto mediante l'analisi dei testi nello studio che abbiamo menzionato; non si può ripetere troppo spesso che nessun lavoro può essere considerato definitivo senza il controllo filologico.
Ma l'Apostolicon essendo perduto, l'indagine delle citazioni e allusioni patristiche, come l'ha stabilita Harnack, autorizza una vera ricostruzione, nel contempo esatta e completa?
Esatta, vi è motivo di crederlo, grosso modo perlomeno; perché ci sarà sempre in quella ricostruzione una parte congetturale, in particolare quando i Padri, invece di citare il testo marcionita, vi fanno soltanto allusione. D'altronde, e malgrado l'obiezione che parleremo più oltre, non si immagina perché e come, salvo errori accidentali, i Padri avrebbero attaccato nel libro di Marcione cose che non vi si trovavano.
Completo, si può anche presumerlo, ma in un certo senso soltanto. Le attestazioni patristiche che Harnack ha raccolto concernono una parte soltanto del testo; poco più del quarto dell'insieme attuale delle prime dieci epistole. Ma c'è da supporre che i Padri non abbiano lasciato passare un gran numero di «falsificazioni» senza denunciarle; quelle che segnalano e combattono sembrano dunque essere, più o meno, le uniche che hanno potuto rilevare. Per contro, è meno certo che abbiano segnalato tutti i passi che, trovandosi nel textus receptus, si trovavano già nell'Apostolicon. Da ciò deduciamo che la ricostruzione di Harnack può essere considerata completa quanto ai passi modificati, ma incompleta quanto ai passi non modificati in seguito dalla Chiesa.
Basterebbe dunque, per ricostruire il libro di Marcione, praticare nel testo attuale le modifiche e le soppressioni rilevate da Harnack, salvo che certi frammenti potevano aver fatto parte dell'Apostolicon, che non sono segnalati come tali dai Padri, e soggetti, beninteso, a errori di dettaglio che restano sempre possibili.
Abbiamo detto che la ricostruzione dell'Apostolicon era stata attaccata fino al presente solo dagli «interessati». Vi è, in effetti, qualcosa di comico nel vedere l'abate Turmel, nei vari volumi dei suoi Ecrits de Saint Paul, sforzarsi, con una serie di ragionamenti più arbitrari gli uni degli altri, di provare che tale e tale testo è posteriore a Marcione, mentre questo testo è segnalato dai Padri come se si trovasse nell'Apostolicon, come il famoso «Questo è il mio corpo»! Abbiamo detto con quale risposta irrisoria egli ha creduto di potersi sbarazzare una volta per tutte di una così formidabile obiezione; non vi ritorneremo. Ma che metodo, quello che studia il marcionismo contenuto nelle epistole senza tener conto di ciò che possiamo sapere dall'edizione che Marcione stesso ha dato di quelle!
Gordon Rylands, nell'opera menzionata, ha compreso la necessità in cui si trovava di combattere frontalmente il formidabile ostacolo contro cui una parte della sua tesi si scontrava. Ma se egli si rifiuta di prendere sul serio l'incredibile immaginazione dell'abate Turmel, ci propone una spiegazione che, sebbene comprensibile, non è meno sconcertante. Attaccando in blocco la testimonianza di Tertulliano, va fino a sostenere che costui, benché avendo senza dubbio una certa conoscenza dell'edizione di Marcione, non l'aveva tra le mani al momento in cui scrisse l'Adversus Marcionem, e che ha lui stesso immaginato puramente e semplicemente ciò che doveva essere il testo dell'Apostolicon secondo la conoscenza generale che possedeva delle dottrine dell'eretico, senza prendersi la pena di procurarsi il libro!
La cosa è talmente enorme in sé (e così sprovvista di qualsiasi accenno di giustificazione), che mi si domanderà se io abbia ben compreso l'inglese del signor Gordon Rylands. [1]
Si vede che noi abbiamo avuto ragione a scrivere che l'autorità dei testi raccolti da Harnack è stata attaccata solo dagli «interessati», e possiamo aggiungere che le armi che impiegano sono quelle della disperazione.
Che certe citazioni dei Padri siano discutibili, nessuno può negarlo, e sarà sempre permesso e persino utile discuterne, purché si portino argomenti. Ma le diverse centinaia di testi che Harnack ha raccolto formano un blocco che resta solido.
Grazie alle testimonianze che possediamo sull'Apostolicon (e beninteso discutendole una ad una) e utilizzando tutti i dati che da vicino e da lontano (sin dalle sette lettere dell'Apocalisse) si rapportano al paolinismo, crediamo possibile ricostruire, non la più antica versione delle epistole, ma la più antica che possiamo toccare, quella che molto probabilmente ne è la più antica «edizione», intendo la più antica raccolta, — quella che corrisponde a ciò che abbiamo chiamato il secondo strato delle epistole.
E l'esistenza di questo «secondo strato» ci fornirà i mezzi per risalire al «primo».
Proporremo quindi, come conclusione, lo schema seguente, che opponiamo tanto alle proposizioni tradizionali o quasi-tradizionali, quanto a quelle dei critici estremisti come il signor Gordon Rylands:
1. — Intorno agli anni 55-60: — San Paolo, «primo strato delle epistole», strato autentico;
Situazione stazionaria fino a circa l'anno 75.
2. — Ultimo quarto del primo secolo e primi anni del secondo: — Movimento generale di giudaizzazione che si manifesta principalmente in alcune aggiunte, e composizione di due nuove epistole.
Questo è il «secondo strato delle epistole», al quale Marcione si conforma, salvo un piccolo numero di dettagli.
L'Apostolicon è così, salvo questi dettagli, la testimonianza di questo secondo strato.
3. — Seconda metà del secondo secolo: — Reazione anti-marcionita; «terzo strato delle epistole», strato cattolico, textus receptus.
NOTE
[1] Pagina 12 del libro citato.
Nessun commento:
Posta un commento