martedì 15 giugno 2021

IL MITO DI GESÙ (XV)

 (segue da qui)


4. LA GENESI DI GESÙ DEI VANGELI.

Il cristianesimo è stato generato dall'angoscia che provava l'anima umana di fronte al mistero del suo destino, e dal desiderio di fare del Dio giusto, che lo inquietava, un padre la cui qualità essenziale e suprema sarebbe stata l'amore. Tale fu il bisogno che ispirò il mito del Figlio di Dio inviato dal cielo sulla terra da suo padre per riscattare con la sua morte espiatoria e sostituiva gli uomini dai loro peccati. La figura del Cristo divenne la garanzia della redenzione dell'uomo, quando non era però che il puro prodotto dell'immaginazione religiosa e dei bisogni dell'anima. I credenti incarnavano nel loro Salvatore la volontà divina della salvezza e la possibilità per l'uomo di riportare la vittoria sugli spiriti maligni e sulla morte. Ma quella nuova rivelazione della natura essenziale di Dio mancava ancora di quella prova materiale e documentale che gli altri ebrei possedevano per il loro Dio giusto nell'Antico Testamento e nella legge data da lui. Per non lasciarsi superare dai loro avversari ebrei, data la grande attrazione esercitata dall'Antico Testamento sugli altri popoli, i fedeli di Gesù furono obbligati a opporgli qualcosa di simile, se possibile di superiore e, facendo del loro Salvatore un personaggio storico, a mettere la verità della loro fede al riparo da ogni contestazione. Tale fu il motivo che ispirò i vangeli. Questi sono dei documenti di rivelazione e dei libri di edificazione, non delle esposizioni storiche. Essi non attingono il loro materiale da alcuna realtà, ma dalla coscienza religiosa e dall'immaginazione, appoggiandosi chiaramente sul contenuto storico e religioso dell'«Antico Testamento» per vincerlo e sorpassarlo con un «Nuovo Testamento» che doveva ispirare la fede nel loro Gesù (Giovanni 20:31).

Tutto l'Antico Testamento è dominato dalle figure centrali di Mosè (Giosuè) e di Elia (Eliseo), il primo nella sua qualità di fondatore dell'antica alleanza di Israele con Dio, il secondo nella sua qualità di rinnovatore di questo patto, avendo conservato, si diceva, al popolo la religione di Jahvé e avendola purificata da mescolanze pagane, in condizioni difficili e in lotta con un ambiente ostile. Andava dunque da sé che la figura di Gesù nei vangeli dovesse essere tracciata secondo questi modelli, tanto più che il nome di Elisha (Eliseo) ha lo stesso significato di quello di Yehoshua (Gesù): aiuto di Dio. 

È quindi perfettamente logico che Marco, il più antico vangelo, cominci il suo racconto con l'episodio del battesimo di Gesù nel Giordano. Mosè aveva così inaugurato la sua carriera di capo di Israele col passaggio del Mar Rosso, e Giosuè col passaggio del Giordano. Quella attraversata era considerata come un battesimo — [1] primitivamente battesimo del sole nelle acque del cielo: la figura del Battista è copiata tratto per tratto da quella di Elia (2 Re 1:8). Matteo, nella sua storia dell'infanzia di Gesù, fa anche allusione a quella di Mosè, in quanto il massacro degli Innocenti non forma che l'equivalente dell'ordine del Faraone (Esodo 1:15 ss.) di uccidere tutti i neonati maschi. Il nome della madre di Gesù, Maria, riproduce quello della sorella materna di Mosè (Miriam) e della madre di Giosuè (si veda più sopra). La tentazione del Figlio di Dio da parte di Satana e il suo soggiorno di quaranta giorni nel deserto risponde al fatto che, secondo Esodo 4:22, Jahvé provò per quaranta anni il suo «primogenito» Israele con le tentazioni nel deserto, e che Mosè passò quaranta giorni e quaranta notti nel digiuno, quando ricevette da Jahvé i comandamenti, base dell'alleanza con Israele (Esodo 34:28) che infine Eliseo era stato spinto, si dice, nel deserto dallo spirito di Dio e vi aveva soggiornato quaranta giorni e quaranta notti, per subirvi la prova della sua fiducia in Dio (1 Re 19:4, 8; 2 Re 2:16), per non parlare del racconto rabbinico che riporta che anche Mosè fu tentato da Satana stesso. Elia chiama Eliseo dal luogo di lavoro per farne il suo discepolo (1 Re 19:19); è nella stessa maniera che Gesù guadagna i suoi primi discepoli. Egli guarisce il lebbroso come Eliseo guarisce il Siriano Naman (2 Re 5). Se Mosè si circonda di 12 capitribù e di 70 anziani, [2] se Giosuè sceglie 12 aiutanti al passaggio del Giordano, [3] Gesù farà lo stesso e si rivelerà così come loro sostituto.

Mosè ricevette la visita di suo suocero Ietro, accompagnato da sua moglie e dai suoi figli; lo chiamano fuori dalla sua tenda e lo rimproverano di consumarsi al servizio del popolo. [4] Allo stesso modo Gesù ricevette la visita di sua madre e dei suoi fratelli, che lo chiamarono di mezzo alla folla e lo accusarono di alienazione mentale. Mosè annuncia al suo popolo che, se vuole ascoltare Jahvé e osservare i suoi comandamenti, farà di loro un regno di sacerdoti, e al momento dell'istituzione dell'Antica Alleanza, Mosè proibisce al popolo di salire sul monte sacro. Gesù, nel suo discorso sul lago, annuncia al popolo il mistero del Regno di Dio, ma in termini che anche i suoi discepoli comprendono a malapena, e che sono assolutamente incomprensibili per la folla; quest'ultima è quindi tenuta tanto lontana dal Regno di Dio quanto gli Israeliti lo erano dalla vista di Jahvè. [5] Elia rende la vita al figlio della vedova di Sarepta, [6] Eliseo a quello della Sunamita. [7] Allo stesso modo Gesù resuscita la figlia di Giairo e guarisce a distanza quella della Siro-fenicia; le parole che Eliseo rivolge al suo servitore Gheazi per inviarlo presso il figlio defunto della Sunamita [8] trovano il loro eco nel discorso che Gesù rivolge ai suoi discepoli inviandoli nel mondo, come anche questo discorso fa allusione all'equipaggiamento degli Israeliti al momento dell'uscita dall'Egitto. [9] Mosè nutre gli Israeliti con le quaglie e la manna, [10] Gesù sazia il popolo affamato con il miracolo dei pani e dei pesci. Inoltre Mosè aveva attraversato il Mar Rosso e scalato il monte sacro, [11] Giosuè aveva attraversato il Giordano a piedi asciutti, [12] Elia e dopo di lui Eliseo avevano separato col loro mantello le acque del Giordano e attraversato il fiume; [13] esattamente allo stesso modo Gesù cammina sul lago. Perché Eliseo si era recato a Sarepta, «che appartiene a Sidone», e vi si era incontrato con una pagana di cui guarisce il figlio, bisogna che Gesù anche si rechi in terra pagana, che guarisca la figlia della Siro-fenicia, che segua le stesse vie di Elia e che compia gli stessi atti che Elia ed Eliseo hanno compiuto sui figli della vedova di Sarepta e della Sunamita. Elia si fa conoscere come inviato di Dio producendo il segno che gli si reclama. [14] Gesù rifiuta ai farisei il segno che essi domandano, ma senza dubbio per la sola ragione che il narratore è a corto di immaginazione in questo punto e non sa come prestare al suo Gesù dei miracoli ancora più grandi di quelli che ha appena raccontato. Egli si mostra così dipendente dal suo modello dell'Antico Testamento che dopo aver esaurito i tratti essenziali della storia di Elia e di Eliseo, è completamente a corto di risorse, ripete la storia della moltiplicazione dei pani e si mantiene breve, chiaramente non sa più cosa dire. [15

Egli prende allora un nuovo slancio per portare la storia di Gesù al suo culmine. Pietro riconosce in Gesù il Messia, e con due altri discepoli egli è condotto su una montagna dove incontrano — chi? — Mosè ed Elia! Gli stessi che fin qui avevano servito da modello al racconto, loro appaiono ora di persona, e Gesù è trasfigurato sotto i loro occhi. Ma tutto questo episodio non è che un pastiche del racconto di Esodo 24, dove Mosè sale sul Sinai con i suoi tre seguaci Aaron, Nadab e Abihu e vi scorge Dio, la cui luminosità lo trasfigura a sua volta. L'impotenza dei discepoli davanti al ragazzo epilettico è anche influenzata dalla debolezza di Aronne davanti alle sollecitazioni del popolo quando Mosè discende dal Sinai, e anche dal racconto dei vani sforzi di Gheazi per resuscitare il figlio del Sunamita. [16] Secondo Numeri 11:26 ss., Mosè rifiuta di opporsi all'esaltazione profetica di Eldad e di Medad; allo stesso modo Gesù rifiuta di proibire al taumaturgo straniero i suoi esorcismi. La storia dell'entrata di Gesù a Gerusalemme si basa su quella dell'unzione di Jehu da parte di Eliseo. [17] L'espulsione dei cambiavalute e mercanti dal tempio e il rovesciamento delle loro tavole riflette l'ira di Mosè alla vista del vitello d'oro, ira che gli fa spezzare le tavole della legge. [18] Il racconto della Cena descrive l'istituzione della Nuova Alleanza e risponde a quella dell'Antica da parte di Mosè. È quindi del tutto naturale che il rito praticato in quella occasione sia ispirata al modello dell'Antico Testamento. [19] L'arresto di Gesù corrisponde a quello di Eliseo nel secondo libro dei Re 6:10 ss. Infine bisogna anche, secondo la concezione di Luca, che Gesù ascenda al cielo come Elia, e come si immaginò anche una ascensione di Mosè. Sembra addirittura che il sacrificio volontario di Gesù sulla croce non manchi nella storia di Mosè e di Giosuè, poiché anche costoro, l'abbiamo visto, si sono offerti da vittime espiatrici per i loro, secondo il racconto primitivo che, è vero, è stato rimaneggiato in seguito. 

Non vi è quindi nulla in tutto ciò che rassomigli alla storia. Soprattutto i numerosi miracoli di Gesù, che formano l'essenziale anche in Marco, ritenuto l'evangelista più sicuro, sono semplici copiature dall'Antico Testamento. «Verrà egli stesso [Jahvé] a salvarvi», aveva proclamato Isaia. «Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e saranno sturati gli orecchi dei sordi». [20] «In quel giorno, i sordi udranno le parole del libro e, liberati dall'oscurità e dalle tenebre, gli occhi dei ciechi vedranno; gli umili avranno abbondanza di gioia nel Signore e i più poveri tra gli uomini esulteranno nel Santo d'Israele». [21]

Zaccaria aggiunge: «In quel giorno farò pure scomparire dal paese lo spirito immondo». [22] Gesù doveva quindi compiere i miracoli anche indicati qui, guarigioni di ciechi, di paralitici, di sordi, di muti, di posseduti, per non parlare delle resurrezioni già menzionate e ispirate alla storia di Elia e di Eliseo, o della moltiplicazione dei pani e dei pesci, o della camminata sul lago, che richiamano i miracoli di Mosè.  Schweitzer concorda: «Vi sarebbe urgente necessità di procedere ad un esame sintetico dei miracoli e guarigioni, al fine di mettere fine alle ambiguità che in questo dominio cominciano a pullulare in una maniera preoccupante». [23] Fatica ben inutile! È la nostra ultima preoccupazione romperci la testa sulla possibilità dei miracoli di Gesù: tutti, senza eccezione, sono pura finzione. Essi portano fin troppo chiaramente l'impronta della loro origine, che è l'Antico Testamento; e se i miracoli attribuiti ai santi della Chiesa e alle loro reliquie derivano in ultima analisi da quelli di Gesù, si vede senza difficoltà ciò che se ne deve pensare. 

Dato lo stretto rapporto tra la figura del Gesù evangelico e il Servo di Dio di Isaia, va da sé che è soprattutto questo profeta che ha esercitato una grande influenza sulla storia di Gesù. Il carattere di quest'ultimo è modellato sulla descrizione del servo di Dio: la sua costanza, la sua pazienza, la sua umiltà, la sua obbedienza, la sua bontà e la sua dedizione agli uomini, la sua tenerezza per i deboli e i bisognosi. [24] Le sue parole penetrano tutta la descrizione evangelica. Tutto il racconto dell'atteggiamento di Gesù davanti al sinedrio, della sua crocifissione e resurrezione segue Isaia 53, completato dai passi già citati del libro della Sapienza e del Salmo 22, dove si pretendeva di trovar prefigurata la passione del Messia (spartizione e tiro a sorte degli abiti di Gesù, derisione dei presenti, sete, trafittura delle mani e dei piedi, grido di disperazione). Gli altri salmi e profeti, soprattutto Osea, Michea e Zaccaria, hanno egualmente contribuito al quadro evangelico, come il mio Markusevangelium ha esposto nel dettaglio. La dipendenza dall'Antico Testamento è perfino tale che non vi è quasi mai un resoconto di qualche importanza che non richiami in un modo o nell'altro quella fonte fondamentale, autentico Vangelo primitivo. Si sa peraltro che Matteo in particolare non lo nasconde per nulla. Egli presenta ciascuna parte del suo racconto come la realizzazione di una profezia dell'Antico Testamento, per esempio nella formula frequentemente ripetuta: «Questo accadde affinché la Scrittura fosse adempiuta». Non indietreggia nemmeno, per mostrare che la Scrittura è stata compiuta, di fronte alle esagerazioni che arrivano fino al comico e all'assurdo, come quando fa entrare Gesù a Gerusalemme su due asini, unicamente perché, conformemente al parallelismo della poesia ebraica, Zaccaria aveva detto: «Il tuo re viene a te montato sopra un asino e sopra un puledro d'asina». Matteo fa anche emettere ai bambini del Tempio il grido di Osanna al figlio di Davide, affinché sia compiuto quel che dice il salmista: «Dalla bocca dei bambini e dei lattanti, tu ti sei procurato lode». [25] Il lettore che ispira una fede ingenua non vede nella storia di Gesù che un compimento delle profezie dell'Antico Testamento. In realtà quella storia non è altro che un tessuto di argomentazioni profetiche, composto, così che essa vi si adatti espressamente, sul modello dell'Antico Testamento. [26]

Però gli evangelisti non vogliono solamente raccontare una vita di Gesù nel senso dell'Antico Testamento e mostrare come le profezie che hanno creduto di trovarvi si siano realizzate nel fondatore della Nuova Alleanza; approfittano anche dell'occasione per rispondere alle questioni controverse di organizzazione, di culto e di costume mettendo la decisione in bocca a Gesù e riportandola così all'autorità del fondatore della loro religione. A tal effetto, bisognava immaginare un certo numero di situazioni e di circostanze per servire da contesto alle parole del maestro. Così Gesù si è seduto a tavola con i pubblicani [27] unicamente per rispondere alla questione di sapere se cristiani e pagani potessero sedersi alla stessa tavola. Allo stesso modo in Marco 2:18 ss. Gesù si pronuncia sulla questione del digiuno, e la storia delle spighe strappate gli permette di affrontare la questione del sabato. Marco 7:1 ss. solleva la questione della purezza e fa esporre da Gesù una concezione più libera delle usanze alimentari ebraiche. Ben più, quando Marco ha esaurito il suo materiale e non sa più dire nulla della vita di Gesù, perché ha sfruttato i fatti principali della storia di Mosè, di Elia e di Eliseo, lo fa parlare successivamente della precedenza degli apostoli, dei rapporti degli ex membri della sinagoga con i neofiti pagani che lui chiama i «bambini», del divorzio, della ricchezza, dei pieni poteri, della resurrezione, della suprema legge morale, e vi aggiunge una messa in guardia contro gli scribi, ricavata da Isaia, Geremia e da altri profeti, poi una profezia sul tempio e un discorso escatologico attinto da un'apocalisse ebraica del tempo di Bar-Kokhba (130 circa). È quindi superfluo domandare se Gesù si sia realmente seduto alla tavola dei pubblicani e dei peccatori, poiché tutta la storia non è inventata che per dare uno sfondo storico alle parole di Gesù: «Non sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori». E se si celebra in Gesù il salvatore dei poveri e l'amico dei bambini, ripetiamo che questo non è storico, ma motivato dalle condizioni della vita delle comunità, senza contare che si tratta là non di reali bambini, come un certo sentimentalismo vorrebbe persuadersi, ma di persone recentemente convertite alla fede in Gesù (minori, nêpioi in greco). [28]

Del resto l'ordine di successione dei racconti evangelici non è più storico del loro materiale: esso è basato sulla volta stellata, o piuttosto su una sfera armillare che fornisce al vangelo la classificazione dei racconti isolati che circolavano su Gesù. La marcia del sole attorno allo zodiaco (in ebraico galil) gli dà l'itinerario delle peregrinazioni di Gesù attraverso la Galilea con il suo soggiorno a Gerusalemme, e gli atti e le parole di Gesù sono classificati secondo i soggetti forniti dai dodici segni dello zodiaco e dalle costellazioni corrispondenti al di sopra e al di sotto dell'eclittica, che sorgono, tramontano e culminano con questi segni. Questo è lo stesso principio di mitologia astrale di quello che è all'origine dei miti di numerosi altri dèi ed eroi antichi, soprattutto dei Salvatori divini morenti e risorgenti, come abbiamo già visto con Gesù-Giosuè che rappresentava originariamente il sole nel trionfo e nella morte della sua rivoluzione annuale. Il sole muore alla croce autunnale (punto di intersezione dell'eclittica con l'equatore celeste) nel segno della Bilancia (del giudizio), come condannato a morte all'equinozio d'autunno, e risorto all'equinozio vernale (segno dell'Ariete o dell'Agnello), «elevato» sulla croce vernale: è dalla combinazione di questi due eventi annuali che è derivata tutta la storia della crocifissione e della resurrezione del Salvatore cristiano, tutta la mistica della croce, senza che sia necessario cercare la croce in non importa quale fatto storico. [29]

Concludiamo: non soltanto non si può ricavare dai vangeli nessuna «vita» di un Gesù storico, — ciò, i teologi stessi lo concedono — ma non vi si trova nemmeno la minima traccia di verità storica. Chi tiene Gesù per una personalità storica basandosi sui vangeli, dovrà indicare esattamente quale passo o quale racconto gliene dà il diritto. Ma non esiste da nessuna parte un passo di questo genere, nemmeno in Marco, che si dice il più antico e il più «sicuro» dei vangeli; questo è perché l'affermazione di un Gesù storico non ha altro fondamento che il niente più assoluto. I teologi Weidel [30] e Feigel [31] hanno ragione: la passione dall'entrata in Gerusalemme fino alla resurrezione è intessuta di motivi ricavati dall'Antico Testamento, e il signor Brückner ha segnato il crollo delle ricerche teologiche sulla vita di Gesù dichiarando nella sua opera Das Leben Jesu in Galilaea (La vita di Gesù in Galilea, 1919), collezione delle Religionsgeschichtliche Volksbücher (Pubblicazioni popolari sulla storia delle religioni) che tutto quel che i vangeli riportano sul soggiorno in Galilea è pura finzione. Il mio Mito di Gesù non ha affermato nulla di più travolgente per tutta la teologia di questa confessione di un teologo. Così cadono tutte le obiezioni sollevate contro di lui, e si vede cosa si deve ritenere del rimprovero di «erostratismo» che gli è stato così spesso rivolto.

NOTE

[1] 1 Corinzi 10:1 ss. Si veda la mia opera Das Markusevangelium, pag. 54 s.

[2] Numeri 1:44.

[3] Giosuè 3:12; 4:1 ss.

[4] Esodo 18.

[5] Esodo 19:5 ss.

[6] 1 Re 17:17 ss.

[7] 2 Re 4:8 ss.

[8] L. c. 29.

[9] Esodo 12:11; 13:34 s.

[10] Esodo 16.

[11] Esodo 14-19.

[12] Giosuè 3:7 ss.

[13] 2 Re 2:8, 14.

[14] 1 Re 18.

[15] Si veda il mio Markusevangelium 166 ss., 171.

[16] 2 Re 4:29 ss.

[17] 2 Re 9:13.

[18] Esodo 32:19 s.

[19] Esodo 24:6 ss.

[20] Isaia 35:4 ss.

[21] Isaia 29:18 ss.

[22] 13:2.

[23] L. c. 615.

[24] Confronta il mio Markusevangelium 16 ss.

[25] Matteo 21:5, 15 s.; confronta Zaccaria 9:9 e Salmo 8:3.

[26] Si veda il mio Markusevangelium 10 ss.

[27] Marco 2:13 s.

[28] Si veda il mio Markusevangelium, 191 s., 194, 197 ss.

[29] Confronta il mio Markusevangelium e Der Sternhimmel.

[30] Studien über den Einfluss des Weissagungsbeweises auf die evangelische Geschichte, in Theol. Studien u. Kritiken, 1910, 83-109, 163 ss. 

[31] Der Einfluss des Weissagungsbeweises und anderer Motive auf die Leidensgeschichte Jesu, 1910.  

Nessun commento: