martedì 1 giugno 2021

IL MITO DI GESÙ (I)


Il Dio di Coincidenza

Può qualcuno negare che

Una cosa dopo l'altra

In sequenza e logica

Mai vista prima

Non può essere che la

Interferenza di un Dio

Determinata a provare che

Ognuno che pretende

Di conoscere ora

Una cospirazione è

Demente?

(Kent Murphy)


Per più di due millenni, un'idea è stata predicata. 

Un'idea che riguardava la manifestazione terrena di un aspetto della divinità. 

La natura delle prove presentata a sostegno della manifestazione divina è stata del tutto auto-confermante e auto-rassicurante, in breve un appello ad hoc rivolto ad un elevato numero di seguaci, gli stessi che la accettarono.

Convinzione inattaccabile, l'idea fu il risultato del desiderio fin troppo umano di esorcizzare la minaccia della morte come estinzione assoluta. 

Fino a che punto gli esseri umani sono capaci di attribuire ESSERE ad un'idea che è NON-ESSERE

La risposta è: IPOSTATIZZAZIONE

Così il Treccani:

ipostatiżżazióne s. f. [der. di ipostatizzare]. – L’atto, il modo di ipostatizzare, e anche l’ipostasi che ne è il risultato.

Si tratta di un tratto umano davvero radicato, che si riscontra nello stesso discorso quotidiano, ad esempio: “il tempo fugge”. In effetti, la storia del processo di ipostatizzazione e della relativa simbolizzazione è un processo lungo e insolito, una “manifestazione” che si presenta in tutte le espressioni e le idee antropomorfiche. E naturalmente, nelle storie di dèi e semidèi.

Questo libro che mi appresto a tradurre è stato sicuramente uno dei più geniali tentativi di analizzare la ipostatizzazione, ossia la personificazione, dell'idea Gesù.

Gesù è un'idea di salvezza personificata e storicizzata entro un certo intervallo di tempo. Il processo di personificazione della salvezza costituisce una ritessitura di materiale già esistente in forme letterarie (Elia o Mosè, per esempio) e nelle pratiche cultuali di confraternite segrete. 

Riguardo la reale esistenza terrena di un tale individuo, non possiamo sapere quasi nulla, tutti gli sforzi per recuperare una storia umana essendo finiti in un fallimento. Gesù esiste puramente come ritratto di suprema innocenza e purezza, un composito di tradizioni risalenti ad una proto-divinità che rappresentò l'espressione “Yah è salvezza” (“Yah Salva”).

L'idea di salvezza gradualmente finì personificata e fissata nei limiti incerti di un singolo individuo, un composito di numerosi salvatori, un composito in cui si soffiò, per umano incanto, la “vita”. 

L'esito finale di quella presunta vita e di quella presunta morte fu la costruzione di un'intera letteratura devozionale e liturgica: i vangeli. In quei ridicoli drammi liturgici, l'idea di salvezza fu storicizzata, personificata, addirittura “vilificata”, come l'idea di un uomo che camminò sulla Terra nel passato recente.

Ma l'idea rimase.  


ARTHUR DREWS

PROFESSORE DI FILOSOFIA ALLA SCUOLA TECNICA DI CARLSRUHE

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IL MITO DI GESÙ

TRADUZIONE DAL TEDESCO DI ROBERT STAHL

traduzione dal francese di Giuseppe Ferri



 PREFAZIONE DEL TRADUTTORE.

L'opera di Arthur Drews deve essere considerata una reazione vigorosa contro la caricatura di Gesù che il protestantesimo liberale in Germania aveva voluto imporre alla venerazione dei fedeli.

I due principi della Riforma, l'autorità della Scrittura e il libero esame, si erano rivelati sempre più incompatibili tra loro nella misura in cui una esegesi più rigorosa aveva rivelato l'ispirazione talvolta fin troppo umana dei testi sacri. Questa fu la causa della profonda scissione tra i protestanti: alcuni, che costituiscono l'ortodossia protestante, restano attaccati alla lettera della Scrittura; gli altri pensano di restare più fedeli allo spirito della Riforma insistendo sul principio del libero esame: formano quella che si chiama la scuola liberale. 

C'è un campo in cui i lavori della scuola liberale meritano un'ammirazione incondizionata: è l'Antico Testamento. Una pletora di teologi animati da uno spirito altamente scientifico, primi fra tutti figurano gli alsaziani Reuss e Graf, hanno dimostrato che la legge falsamente attribuita a Mosè era in realtà solo l'opera di sacerdoti ebrei. Quest'ultimi, per servire nel contempo l'ideale religioso e gli interessi materiali della loro casta, l'hanno imposta al popolo in due fasi. La prima fase fu durante la ricostruzione del Tempio che ebbe luogo al tempo del re Giosia: si «scoprì» il manoscritto della legge che si diceva data da Mosè otto secoli prima, e che era stato così ben dimenticato che nessuno ne sospettava più l'esistenza. La messa in scena di quella presunta scoperta è descritta in 2 Re 22. La legge promulgata in quella occasione è quella che forma attualmente il libro del Deuteronomio. La seconda fase fu durante il ritorno dalla prigionia di Babilonia: la tradizione vivente del culto essendo stata interrotta dalla lunga assenza, il momento sembrò propizio per imporre al popolo una seconda legge, più rigorosa della prima. Quella nuova legge si trova oggi consegnata nei libri dell'Esodo e del Levitico. Così da un ammasso confuso di documenti mutilati, la teologia liberale fece emergere la trama solida della verità storica. Così la cronologia della storia di Israele e della sua letteratura fu capovolta da cima a fondo: la Legge e i Profeti divennero, cronologicamente, i Profeti e la Legge. Così i materiali stessi si disposero in un nuovo ordine, corrispondente ad una sequenza logica di cause ed effetti, ad una evoluzione coerente e progressiva della letteratura e del pensiero religioso degli ebrei. 

Molto meno fortunata fu l'influenza della teologia liberale a riguardo del Nuovo Testamento. Sembrava facile, per soddisfare ai postulati della ragione, spogliare la figura di Gesù dei suoi miracoli e della sua divinità metafisica. Sembrava che sarebbe bastato epurare i vangeli da ogni racconto miracoloso perché restasse di Gesù una figura semplicemente umana, che riflettesse la sua personalità così come era storicamente esistita. Il vangelo di Giovanni, che insiste di più sulla divinità metafisica di Gesù, apparve particolarmente sospetto e come l'ultimo in ordine di tempo. Marco al contrario, a cui si credeva di poter riconoscere una natura più storica, fu considerato il più autentico dei quattro vangeli. 

Si tentò quindi di tracciare una vita di Gesù che si fondasse soprattutto sul vangelo di Marco, ma ben presto si dovette riconoscere che si aveva intrapreso l'impossibile. Alla luce della critica, un elemento dopo l'altro dovette essere abbandonato come inconsistente, e di tutto ciò che la scuola liberale credeva di sapere del suo «Gesù storico», non resta, oggi, che il semplice fatto della sua esistenza. Ma nella misura in cui quella scuola sente scivolare via da sotto i suoi piedi il terreno solido della storia, si attacca tanto più saldamente a ciò che crede di poter affermare della dottrina che Gesù avrebbe insegnato e dell'influenza morale che vi avrebbe esercitato. Vedendo in lui l'uomo più grande della storia, colui che anche nei tempi a venire non sarà mai superato, la teologia liberale crede di trovare in lui una sovrana panacea contro tutte le miserie dell'anima e del corpo, l'ispirazione di una moralità più elevata e l'impulso di un'evoluzione verso una religione più spirituale. Dopo aver spogliato Gesù della sua divinità metafisica, essa gli attribuisce così delle proporzioni talmente sovrumane che gli restituisce tramite questo espediente una natura veramente divina.  

Verso l'inizio di questo secolo, Adolf von Harnack, professore di teologia a Berlino, in un'opera intitolata L'essenza del Cristianesimo, riassunse per il grande pubblico i risultati che gli sembravano più certi, quanto alla personalità di Gesù, del lavoro esegetico e critico della scuola liberale tedesca. Quella pubblicazione ebbe una conseguenza che l'autore non aveva affatto previsto: Albert Kalthoff, pastore a Brema, vi vide il fallimento della teologia liberale e concluse per l'impossibilità di ricostruire un'immagine storica della personalità di Gesù. Kalthoff si era familiarizzato con la dottrina dei teorici del socialismo tedesco, che insegnavano che la storia è il prodotto non delle azioni di individui eminenti, ma delle trasformazioni che si operano nelle condizioni della vita economica. Cercava dunque di capire il cristianesimo come la sovrastruttura ideologica risultata dalla fermentazione che operava il proletariato romano dell'epoca, ritenendo che si possa trascurare il fattore personale dell'iniziatore, — se ne è esistito uno, cosa che gli sembrava molto problematica. 

Kalthoff preparò così la strada a colui che doveva, a partire dal 1910, con le sue parole e i suoi scritti, scuotere profondamente il sentimento religioso delle masse tedesche: Arthur Drews.

Professore di filosofia alla Scuola tecnica di Carlsruhe, Arthur Drews aveva appreso dal suo maestro, il filosofo Eduard von Hartmann, a misurare il pericolo mortale e religioso che comporta, per il suo popolo, il cosiddetto Gesù storico della teologia liberale. Questo pericolo, egli lo vedeva nel fatto che una fraseologia untuosa e sentimentale proclama per unico fondamento della religione e della morale un personaggio che, grazie all'incoerenza delle basi documentarie della sua storia, ciascuno può a suo piacimento acconciare con le idee e i sentimenti che desidera trovargli. Un tale insegnamento non può che pervertire il sentimento religioso, la sincerità della gradazione dei valori morali e l'istinto della verità.

Mentre Kalthoff aveva cercato di spiegare le origini del cristianesimo con il metodo di Marx e di Engels detto del «materialismo storico», è nella mitologia astrale, in particolare negli antichi culti del sole, che Drews, influenzato da Dupuis, ha creduto di scoprire le radici profonde della religione cristiana. Comunque, nella seconda edizione del suo Mito di Gesù, che presentiamo oggi al pubblico francese, la vecchia parte mitologica è seguita da un grande lavoro di esegesi e di critica dei testi. Quella parte offre argomenti più solidi rispetto alla mitologia comparata, dove non è sempre facile distinguere se le analogie constatate corrispondano a dipendenze effettive oppure a coincidenze fortuite. 

Il libro di Drews è un libro di battaglia; risponde ad attacchi troppo spesso calunniosi e sleali. Il lettore francese non dovrà quindi stupirsi di trovare nelle pagine dedicate alla polemica un tono aspro che, da noi, fortunatamente ha potuto essere evitato fino a questo giorno nella controversia della storicità di Gesù.

In Germania regna la superstizione delle competenze ufficialmente consacrate: il disegno dai contorni giganteschi ma pericolosamente vaghi che le facoltà di teologia avevano tracciato di Gesù, era dato ai fedeli per la ricostruzione strettamente storica della sua personalità, con la pedantesca infallibilità della scienza professorale tedesca. I contradditori tentarono di far passare l'opera di Drews per la farneticazione di un dilettante. Drews replicò presentando il problema direttamente al grande pubblico a Jena, Marburg, Giessen, Lipsia, Berlino soprattutto, dove si videro avversari e difensori della storicità di Gesù scambiare argomenti per due notti di fila e ricevere alternativamente gli applausi di un pubblico instancabile. [1] La scienza, a sua volta, dovette prendere posizione. Eminenti teologi riconobbero, almeno in parte, la validità delle critiche di Drews, tentarono di consolidare la loro scienza su basi nuove e più solide, e poco a poco si vide profilarsi una rivoluzione profonda nei metodi della teologia tedesca. 

Il metodo mitologico era nuovo in Germania. Non sarebbe stato così in Francia, dove Dupuis, nella sua Origine de tous les Cultes, aveva già fatto di Gesù un mito solare (1794). Se il problema dell'esistenza di Gesù è stato in seguito abbandonato dagli studiosi francesi, è perché avevano subìto, indirettamente e spesso a loro insaputa, l'influenza della dottrina liberale tedesca, ripresa da Renan che l'aveva rivestita di una grazia e di una seduzione che le mancavano nel suo paese d'origine. È a Renan che noi dobbiamo in Francia questa diffusissima presa di posizione che vede un paradosso e una sfida al buon senso nel problema dell'esistenza di Gesù.

Comunque, nel 1924, il problema fu di nuovo presentato al pubblico francese dal signor P.-L. Couchoud nel suo libro: Le Mystère de Jésus (Parigi, Rieder 1924). Ponendosi sul solido terreno dell'esegesi, il signor Couchoud ha saputo evitare l'abuso del metodo mitologico che è diverso dall'abuso del metodo mitologico che sminuisce l'opera di Dupuis, e che aveva ispirato a Pérez la sua spiritosa parodia: Com'è che Napoleone non è mai esistito. [2]

La discussione letteraria dei problemi religiosi e delle conseguenze morali e sociali che comportano, da parte di persone diverse dai membri del clero, è poco diffusa in Francia, contrariamente alle abitudini dei paesi anglosassoni e germanici dove — uno sguardo ad un catalogo di libreria ce lo comunica — questo genere di problemi appassiona l'élite intellettuale. Comunque, dopo la pubblicazione del signor Couchoud, si comincia anche in Francia a presentire la grande portata che, in aggiunta al suo interesse propriamente religioso, spetta al problema delle origini del cristianesimo per l'insieme della nostra vita intellettuale. Si è capito che questo problema non deve più essere monopolizzato dai professionisti, e forse è da ora possibile prevedere il ruolo che è chiamato a svolgere nell'evoluzione del pensiero e della civiltà occidentali. 

L'attuale stato dell'anima occidentale si caratterizza da un profondo malessere, conseguenza naturale di una grave rottura di equilibri: da una parte, progresso inaudito delle scienze speciali e delle arti tecniche, dall'altra parte, ristagno e stagnazione in tutti i campi che riguardano la religione, la morale e la filosofia. 

Dopo aver catturato nella rete delle sue formule matematiche gli spazi del cielo e scrutato i misteri dell'infinitamente piccolo, dopo aver ridotto a qualche giorno di viaggio la circumnavigazione del nostro globo e dopo aver marciato, nella lotta contro le malattie infettive, di trionfo in trionfo, il genio dell'Occidente si trova smarrito davanti a problemi di ordine generale come quelli della miseria sociale, della natalità, della guerra. Non è un paradosso che deve dar da riflettere che la guerra più mortale della storia abbia imperversato tra popoli che si appellano alla religione dell'amore?

Comunque, le scienze speciali sembrano da ora fornire dati più che sufficienti per sostituire le ideologie tradizionali con una nuova sintesi che è loro tanto superiore quanto l'automobile e l'aereo lo sono al vecchio mezzo di trasporto a trazione animale. Ma perché l'uomo moderno si accinga ad erigere questo nuovo edificio, occorre prima che si sia reso conto dell'assoluta inutilità, nel tempo attuale, dei valori che gli ha tramandato la tradizione, e che apprenda a considerarli con la stessa condiscendente curiosità per gli ingenui strumenti di trasporto costruiti dai suoi antenati. 

Ma i valori tradizionali della civiltà occidentale, siano essi di ordine religioso, sociale, estetico o morale, si presentano strettamente intrecciati con la storia delle origini e dell'evoluzione del cristianesimo. Nulla, quindi, sembra più adatto a liberare il genio moderno dalle sue catene, per permettergli di prendere coscienza delle forze creatici che dormono in lui, del problema delle origini del cristianesimo presentate sotto quella forma che colpisce più violentemente l'animo del profano: il problema dell'esistenza storica di Gesù. Se la tradizione ha potuto illudersi così grossolanamente su questo punto che considera di capitale importanza, non è forse urgente procedere ad una revisione totale dell'eredità che, in uno spirito troppo sicuro di sé, abbiamo accettato dalle generazioni che ci hanno preceduto? 

Alla lettura del Mito di Gesù, quella revisione appare inevitabile. 

In Francia, dopo il sonno di oltre mezzo secolo in cui ci aveva cullati l'incantatore Renan, il problema della storicità di Gesù è stato appena posto in termini nuovi, con un'elevazione e una portata che non aveva conosciuto negli altri paesi. Sostenitori e avversari del mito di Gesù provano il bisogno di essere informati sui metodi di combattimento praticati in Germania, dove la controversia dura da più di vent'anni. Cedendo alle loro istanze, abbiamo accettato il compito delicato e troppo spesso ingrato di presentare al pubblico francese un'opera di origine e di pensiero tedeschi. Nel vasto arsenale di armi forgiate da Drews per combattere il Gesù della teologia liberale e di Renan, egli dovrà scegliere. Ad alcuni dei suoi argomenti non potrà rifiutare la più seria attenzione.

Se la presente traduzione fosse destinata al grande pubblico, sarebbe stato indispensabile, per non turbare il lettore non sufficientemente avvertito, indicare i passi che ci sembrano comportare conclusioni troppo affrettate, o addirittura chiaramente errate. Ma accettando di pubblicare in Francia il libro di Drews, Payot ha tenuto a fare opera di pura erudizione, rivolgendosi ai soli specialisti della storia del cristianesimo e dell'esegesi biblica. Ci è quindi sembrato sufficiente formulare una riserva di ordine generale, e per il dettaglio di rimetterci alla competenza critica del lettore. Pur deplorando che il temperamento combattivo dell'autore lo porti talvolta ad affermazioni difficilmente difendibili, le persone competenti che lo leggeranno senza preconcetti non potranno che rendere omaggio all'amore sincero della verità che anima Arthur Drews. 


Ottobre 1926. 

R. STAHL.

NOTE

[1] Il rapporto di quella controversia è stata tradotta in francese da A. LIPMANN, Jésus a-t-il vécu? Parigi, Messein, 1912.

[2] Si veda una discussione dettagliata della tesi del signor Couchoud in GOGUEL, Jésus de Nazareth, mythe ou histoire? Parigi, 1925 (Payot).

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