sabato 9 gennaio 2021

IL PUZZLE DEI VANGELILa geografia

 (segue da qui)

3° La geografia

Dopo il suo soggiorno in Palestina, Renan si meravigliò dell'accuratezza del quadro geografico evocato dai vangeli. Non tutti gli autori sono stati di questo avviso, e si sono spesso denunciate, al contrario, le fantasie o le incongruenze dei nostri testi in quella materia.

È necessario forse fare una distinzione tra i sinottici e il IV° Vangelo: si ammette che lo pseudo-Giovanni ha una certa conoscenza del Paese, e che evita i principali errori degli altri tre. Ciò porta a pensare che abbia visitato il paese che descrive, ma non porta per nulla a concludere, come fa un autore cristiano: «Il valore del Vangelo giovanneo trova un primo argomento nella solidità del contesto geografico in cui si svolge la vita del Cristo», [89] poiché si può situare un romanzo in un contesto esatto. In ogni caso, l'argomento non può essere invocato a riguardo dei tre sinottici: la loro ignoranza della Palestina è manifesta, [90] e l'imprecisione delle loro localizzazioni è sconcertante. Ancora non bisogna troppo estasiarsi dalle precisioni date da Giovanni.

Una prima contraddizione ci attende fin dall'inizio della vita pubblica di Gesù, in occasione del battesimo di Giovanni. Il Battista, ci dicono, viveva nel deserto, [91] e Matteo specifica che si trattava del deserto di Giudea. [92] Se battezzava nel Giordano, ciò può dunque situarsi solo in prossimità della foce del fiume nel Mar Morto, il che spiega perché i candidati al battesimo venivano da lui «da Gerusalemme e da tutta la Giudea». [93] Non saremo dunque sorpresi di quella precisione data da Giovanni: «Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando». [94] Betania, spesso citata, è localizzata, per quanto possibile, presso il Mar Morto, a poca distanza a est di Gerusalemme e a sud-est di Gerico. Ma allora, come mai Gesù, che vive in Galilea, si trova in questo punto, a più di cento chilometri dalla sua residenza?  Senza preoccuparsi della distanza, Marco lo fa semplicemente discendere da Nazaret verso il Giordano; [95] Matteo colloca la scena in Galilea, o in prossimità. [96] Non si sfugge all'impressione che, per questi autori, la scena si svolge al termine del lago di Tiberiade, e non in Giudea, dove solo Giovanni fa venire Gesù. [97] Come a complicare le cose, lo stesso Giovanni ci traporta immediatamente in un altro luogo, a «Ennon, vicino a Salìm, perché c'era là molta acqua». [98] Ma Salim è in Samaria, e la localizzazione di Ennon [99] è molto incerta.

Non abbiamo finito di camminare così nello spazio, alla ricerca di luoghi fantasma.

Il ministero di Gesù, inaugurato da questo spostamento, si trova in seguito in Galilea, e più precisamente attorno al lago di Tiberiade. I nostri autori sanno che esiste là un grande lago, la cui importanza può giustificare il nome «mare di Galilea». A dire il vero, avevano potuto leggerne una lunga descrizione in Flavio Giuseppe, che lo chiama «Lago di Genesar», descrive la fertilità delle sue rive, e menziona la presenza di una «sorgente chiamata Cafarnao». [99*] Abbiamo qualche ragione per pensare che è da questo testo che gli evangelisti hanno attinto tutta la loro documentazione... con qualche errore di copiatura!

Sia come sia, disponendo di un lago, lo usano e ne abusano: non la finiamo di vedere Gesù portarsi in barca e attraversare il lago senza ragione apparente.

Se conoscono l'esistenza del lago, i nostri evangelisti non sanno nemmeno il suo nome: sono i soli a chiamarlo «lago di Genesaret», e questo nome ha dato luogo a spiegazioni diverse e ipotetiche: vi si è visto una deformazione di Genesar, che figura nel primo libro dei Maccabei; [100] si è suggerito che il suffisso sarebbe stato aggiunto per tradurre «paese di Nazaret». A dire il vero, nessuno ne sa nulla; ma, per il luogo centrale del loro racconto, gli evangelisti hanno fabbricato un nome che non esisteva, invece di chiamare il lago o con il suo nome ebraico «Kinneret», [101] o con il suo nome romano «Lago di Tiberiade».

Sottolineata quella fantasia, camminiamo lungo il lago, e vi cerchiamo i luoghi indicati dai vangeli.

Anche se non vi è nato, Gesù vive a Nazaret. Cominciamo dunque col cercare quella località. Si è messa la sua esistenza seriamente in dubbio, perché nessun testo antico menziona questo nome, e soprattutto perché sembra essere stato fabbricato per spiegare l'epiteto «nazareno», che ha un tutt'altro senso. Esiste davvero una Nazaret moderna, menzionata soltanto a partire dal IX° secolo; ma è situata nell'entroterra. Ma la Nazaret evangelica dovrebbe trovarsi in riva al lago, poiché vi si vede Gesù imbarcarsi. [102] Ancora bisogna, in questo caso, ignorare il testo di Luca, che sembra farne un oppidum. [103]

Malgrado l'incerta iscrizione lapidaria scoperta di recente, la Nazaret moderna non risponde in nulla agli elementi dei sinottici. È solamente nel IV° secolo che il luogo fu identificato da Costantino, che vi edificò la prima chiesa. Epifanio dice che fino ad allora, la città era rimasta ebraica; essa sembra quindi essere esistita, ma questa non è quella che cerchiamo. Non sappiamo dove collocare la Nazaret dei vangeli: probabilmente l'epiteto «nazareno» (il nazir, il santo), incompreso in greco, ha fatto immaginare la città di Nazaret. [104]

Oltre a Nazaret, Gesù risiede volentieri a Cafarnao; ma non sarà più facile trovare la posizione di quella città, dove Marcione faceva apparire Gesù discendente dal cielo. Cafarnao è sconosciuta al di fuori dei vangeli, a meno che non si voglia identificarla con una sorgente segnalata da Giuseppe, [105] ma una sorgente non è una città. Origene crede che il nome sia simbolico, e cita questo testo di Eracleone: «Con Cafarnao sono indicate le parti inferiori del mondo, la materia verso la quale egli è disceso». Luca, al contrario, crede di sapere che si tratti di una città di Galilea, [106] il che è piuttosto vago. Matteo, più preciso, la situa «presso il mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali»; [107] ma non crediate che là vi sia un'indicazione geografica, non è che una citazione di Isaia, [108] che si riferisce anche alla «via del mare»; ma il mare indicato da Isaia è il Mediterraneo, e non il lago di Tiberiade.

Tutto attorno allo stesso lago, cercherete invano su una mappa le località mitiche di Corazin, [109] di Dalmanuta, [110] e persino di Magdala, che diede il suo nome ad una celebre peccatrice, ma che, secondo i manoscritti, si trasforma in Magdalo o persino in Magadan. [111] Quanto a Betsaida, così spesso nominata, essa viaggia, secondo i testi, da una sponda all'altra del lago! È davvero una città, comunque? La moltiplicazione dei pani e dei pesci è situata da Luca a Betsaida, ma saida significa provviste, e Betsaida è soltanto la casa o il luogo delle provviste.

Renan si desolava per queste incertezze: «Si direbbe che in topografia, come in storia, un disegno profondo abbia voluto nascondere le tracce del grande fondatore». [112] Si direbbe piuttosto che gli evangelisti abbiano immaginato nomi di fantasia o simbolici, e quella impressione è confermata dalle osservazioni seguenti: da una parte, non si fa mai menzione di città che avevano un'esistenza reale, Sefforis rimane sconosciuta ai vangeli, e Tiberiade stessa appare solo per dare il suo nome al lago, Gesù non vi mette mai piede. Peraltro la natura simbolica del nome del luogo è chiara per questo singolare paese dei Geraseni,  [113] che gli altri trasformano, non potendo aver compreso, in Gadareni [114] o Gergeseni. [115] Gerasa non esiste, almeno in riva al lago, [116] più di Nazaret, e non c'è motivo di sorprendersi per il fatto che vi si siano allevate mandrie di porci: il suo nome significa «espulsione», e l'episodio è una allusione evidente all'espulsione della legione romana (i demoni dicono di chiamarsi «legione») il cui emblema era una testa di cinghiale. 

Almeno crediamo di sapere che siamo in Galilea, e che Gesù predica nelle sinagoghe di quella provincia. [117] Allora perché, nel passo corrispondente, Luca scrive «nelle sinagoghe della Giudea» ? [118]

Dalla Galilea, Marco [119] e Matteo, [120] che lo segue, mandano Gesù a camminare lungo la costa mediterranea, verso Tiro e Sidone: non è, a piedi, una banale passeggiata, e ci si può chiedere perché questo viaggio, visto che non vi succede nulla. Gesù ritorna come era partito per il mare di Galilea, [121] ma per uno strano itinerario. «Di ritorno dalla regione di Tiro, passò per Sidone, dirigendosi verso il mare di Galilea»; [122] Una mappa suggerirebbe piuttosto il contrario, essendo Sidone molto a nord di Tiro. E arriva nel mezzo della Decapoli, che è dall'altro lato del lago! Come qualcuno che, per andare da Grenoble a Thonon, passerebbe per Lione e arriverebbe a Losanna! Chiaramente Marco non conosce per nulla la regione; Luca, più prudente, ha preferito non menzionare questo viaggio. 

Saremo più fortunati penetrando in Samaria, provincia intermedia tra la Galilea e la Giudea? Ahimè, i nostri evangelisti hanno opinioni molto diverse su questo paese e sui suoi abitanti! Secondo Matteo, che condivide il pregiudizio popolare, Gesù proibì ai suoi discepoli di entrare nelle città di Samaria. [123] Luca dice il contrario, ma ammette che vi avrebbero ricevuto una cattiva accoglienza, [124] il che non gli impedisce, un po' più oltre, di dare il buon Samaritano come esempio del «prossimo». [125] Per giunta, alcun nome geografico è citato nei sinottici. Per contro, Giovanni sembra conoscere bene i luoghi dove Gesù avrebbe conversato con la Samaritana, [126] laddove si trova il pozzo di Giacobbe, che si mostra ancora ai turisti. Bisogna estasiarsi come Renan, e dire: «Solo un ebreo di Palestina che era spesso passato all'ingresso della valle di Sichem ha potuto scrivere ciò» ? Domandiamoci allora perché Giovanni ignora anche il nome della città di Sichem, che lui deforma in «Sicar». Siccome sichar vuol dire «menzogna», ci si può chiedere se l'autore non si prenda gioco dei suoi lettori.  

Saremo su un terreno più solido entrando in Giudea, dove almeno l'esistenza di Gerusalemme e di Gerico è assicurata. Ancora solo la fede permette di localizzare Betania nel villaggio attuale di El-Azirié (nome ricavato da Lazzaro, quindi probabilmente ispirato dalla leggenda evangelica), e di supporre l'esistenza di una Efraim ai margini del deserto. [127]

Per contro, i nostri autori sembrano aver preso il Pireo per un uomo con Giuseppe d'Arimatea. Certamente una città di Ha-Ramathaim è menzionata in Samuele, [128] ma Areç mothim significa «terra dei morti» o cimitero: il nostro Giuseppe, invece di un ricco fariseo, potrebbe ben essere stato, in origine, solo un guardiano di cimitero; questo è ciò che conferma il vangelo di Pietro, che fa seppellire Gesù nel «giardino di Giuseppe». Questo non è peraltro l'unico errore commesso sui nomi di uomini: il traditore Giuda è chiamato Iscariota o Iscarioth, e si è tentato di tradurre con «uomo di Karioth», come se Karioth fosse una città; i nostri autori ignorano che karioth vuol dire «traditore». [129] Probabilmente anche la figlia di Giairo deve quella paternità al fatto che questo vocabolo significa «risveglio» [130] perché Gesù le disse: «Fanciulla, alzati». [131]

Accanto a quella sorprendente ignoranza dei nomi di luoghi o di persone, bisogna ancora rilevare gli errori relativi alla vita in Palestina o ai costumi ebraici. 

Come mai della gente che avrebbe vissuto nel paese avrebbe potuto prendere la senapa, una mostarda comune, per un grande albero i cui rami avrebbero dato rifugio agli uccelli del cielo? [132] Perché parlano così tanto del fico, [133] e mai della vegetazione tipicamente locale come la palma da dattero? Non l'avrebbero mai vista? Questi alberi hanno colpito Plinio il Vecchio, [134] laddove non esiste più oggi che un deserto. Perché Luca crede che le case degli ebrei fossero coperte di tegole, [135] che si trasportassero i morti in un feretro, [136] e che sia il vento del sud che è caldo? [137

Come si può immaginare che i Farisei, prima di opporsi a Gesù a Gerusalemme, siano andati a contraddirlo così spesso in Galilea? [138] L'espressione «scribi e Farisei», vista la sua ripetizione, sembra del resto non essere altro che una espressione di stile. Che vi siano stati Farisei in Galilea, è possibile, ma che quelli di Giudea si disturbino da così lontano e così spesso di contestare uno sconosciuto, è una assurdità. Giovanni evita l'errore, sia mettendo solamente la contraddizione in bocca ai «Giudei», [139] sia facendo venire Gesù a Gerusalemme; ma i sinottici ignorano questi vari viaggi precedenti alla Pasqua fatale.

Infine, Luca e Giovanni (quest'ultimo non è però buon conoscitore del paese?) si immaginano che i Giudei mangiassero sdraiati, alla maniera romana: questa è infatti la condizione necessaria perché la peccatrice possa profumare i piedi [140] di Gesù mentre lui è a tavola e mentre lei sta «di dietro». L'espressione è ancora più precisa nel vangelo di Tommaso, dove Salomè dice: «Sei salito sul mio divano e hai mangiato dalla mia tavola». [141] Che una tale usanza si sia introdotta a Cesarea, città pagana, si potrebbe ammetterlo; ma a Gerusalemme o a Betania si dovevano mantenere i costumi ebraici, ed è per questo che Marco [142] e Matteo [143] fanno versare il profumo sul capo di Gesù seduto.

Ne avrò detto abbastanza, senza dubbio, per dimostrare che gli evangelisti non sanno nulla del paese dove collocano il loro racconto, e che se ne fregano dell'esattezza geografica e umana come della cronologia.

Ancora va sottolineato che, il più delle volte, essi non danno alcuna precisazione: noi siamo su un monte, nella pianura, in riva al lago... Gesù guarisce il lebbroso «quando egli scese dal monte» secondo Matteo, [144] e mentre era «in una di quelle città» secondo Luca, [145] entrambi avendo probabilmente attinto l'episodio da Marco che lo situa... da qualche parte in Galilea. [146]

Accade persino ai nostri autori di ignorare la storia ebraica. Quando Giovanni fa dire ai Farisei che nessun profeta poteva venire dalla Galilea [147], dimentica che Giona [148] e Naum [149] erano Galilei. Quando Marco dà in moglie ad Erode (Antipa) Erodiade, «moglie di Filippo suo fratello», [150] egli è in contraddizione con Flavio Giuseppe, a cui crederemo più volentieri, [151] poiché lui conosceva bene la storia di quella famiglia: è Salomè che aveva sposato Filippo. E se Salomè è davvero la figlia di Erodiade, sembra ben difficile definire quella donna korasion (ragazza) per far danzare a corte una principessa reale! Tra le altre cose, gli evangelisti se ne fregano anche del protocollo. 

NOTE

[89] Joseph HUBY, Encyclopédie «Le Christ», pag. 187.

[90] Inferiore a malapena a quella di un apocrifo di origine siriaca o armena, che fa venire i re magi dalla Persia a Gerusalemme in poche ore: «Partiti dalla Persia prima del canto del gallo, essi entrarono a Gerusalemme all'alba». Senza dubbio avevano un tappeto volante!

[91] Marco 1:4, Luca 3:2.

[92] Matteo 3:1.

[93] Marco 1:5, Matteo 3:5.

[94] Giovanni 1:28.

[95] Marco 1:9.

[96] Matteo 3:13.

[97] Giovanni 3:22.

[98] Giovanni 3:23.

[99] O Aenon = le sorgenti?

[99*] Guerra Giudaica, Libro 8, 10:7-8. Tratteniamo la frase: «Vi è anche una sorgente chiamata Cafarnao, che altri chiamano la vena del Nilo, perché produce un pesce simile al coracino che vive nel lago di Alessandria». La fonte (o sorgente) sarà trasformata in città!

[100] 1 Maccabei 11:67.

[101] Mare di Kinneret (Numeri 34:11). Si veda anche Deuteronomio 3:17. Si trova in Giosuè (11:2) la forma «Chinarot», ma da nessuna parte un nome che si avvicina a Genesaret. 

[102] Matteo 14:13. La difficoltà sussiste, anche se si ammette che Matteo 14:1-12 costituisce una interpolazione, infatti allora Gesù si imbarca ancora in 14:13 uscendo dalla sinagoga di Nazaret (13:58) dove non ha avuto successo.

[103] «Si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio» (Luca 4:29).

[104] Questa è già la storia di Donogoo, di Jules Romains. 

[105] Guerra Giudaica 3:10:8. Si veda nota 99*.

[106] Luca 4:31.

[107] Matteo 4:13-15.

[108] Isaia 8:23.

[109] Matteo 11:21, Luca 10:18.

[110] Marco 8:10.

[111] Matteo 15:39.

[112] Vita di Gesù, Capitolo 8.

[113] Marco 5:1.

[114] Matteo 8:28.

[115] Luca 8:26.

[116] Djerach, città romana di Giordania, forse si chiamava Gerasa, ma è lontana dal lago. 

[117] Marco 1:39, Matteo 4:23.

[118] Luca 4:44.

[119] Marco 7:24.

[120] Matteo 15:21.

[121] Matteo 15:29.

[122] Marco 7:31.

[123] Matteo 10:5.

[124] Luca 9:51-56.

[125] Luca 10:29-37.

[126] Giovanni 4:5-6.

[127] Giovanni 11:54.

[128] 1 Samuele 1:1.

[129] O «denunciatore» — e anche (dal verbo karah) colui che prepara un pasto: le due funzioni di Giuda!

[130] Si veda A. RAGOT, Aux sources du christianisme, Cahier E. Renan, 2° trim. 1967, pag. 40.

[131] Marco 5:41, Luca 8:54.

[132] Marco 4:32, Matteo 13:32, Luca 13:19.

[133] Solo nominato prima «ogni albero» (Luca 3:9).

[134] Hist. nat. 5:17.

[135] Luca 5:19.

[136] Luca 7:14.

[137] Luca 12:55.

[138] Marco 2:16 e 24, 7:1, 8:22; Matteo 9:11 e 34, 12:2, 12:24 e 38, 15:1, 16:1; Luca 5:21 e 30, 6:2 e 7, 7:36, 14:3, 15:1. 

[139] Giovanni 5:10.

[140] Luca (7:36-38) situa l'episodio in Galilea, nella casa di un Fariseo anonimo. Giovanni (12:1-3) lo riporta a Betania, in Giudea, nella casa di Marta, Maria e Lazzaro, alcune ore prima della morte di Gesù. Bella concordanza!

[141] Vangelo di Tommaso, logion 61.

[142] Marco 14:3.

[143] Matteo 26:7.

[144] Matteo 8:1.

[145] Luca 5:12.

[146] Marco 1:40.

[147] Giovanni 7:52.

[148] 2 Re 14:25. Egli era di Gat-Chefer, a nord-ovest del monte Tabor (Giosuè 19:13). Ogni buon ebreo sapeva ciò.

[149] La cosa è meno certa, poiché si ignora dove si trova Elcos (Naum 1:1). Ma la tradizione era ben stabilita, e si traduceva Cafarnao con kefar Nahum (villaggio di Naum). 

[150] Marco 6:17.

[151] La lettura di Giuseppe è complicata dal fatto che egli chiama «Erode» tutti i figli di Erode il Grande. Risulta nondimeno che Erodiade avesse sposato uno di questi figli, e che la loro figlia Salomè avesse sposato suo zio Filippo. Ci si sposava molto in famiglia nella discendenza di Erode, e questi incesti alla moda egiziana possono aver indignato gli ebrei, ma ancora occorre riferirsi ad una tavola genealogica esatta.  

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