sabato 16 gennaio 2021

IL PUZZLE DEI VANGELILa crocifissione

 (segue da qui)

3° La crocifissione

Guignebert e Loisy ammettevano che la crocifissione costituisce l'unico fatto autentico e certo risultante dai testi. Ancora convenivano sul fatto che i dettagli ne sono immaginari, poiché i discepoli si erano dispersi e non hanno potuto raccontare nulla.

Questo abbandono di tutti i discepoli al momento del sacrificio supremo non ha tardato a imbarazzare i cristiani: perfino i briganti, deride Celso, restano fedeli al loro capo condannato. Per attenuare la portata di quella obiezione, e anche per ingrandire il ruolo dell'apostolo Giovanni, molto eclissato nei sinottici, si aggiungerà nel IV° Vangelo la presenza ai piedi della croce delle pie donne e del «discepolo che Gesù amava». [30] Ma il bisogno di rivalutare il ruolo di Giovanni apparve solo allorché gli si attribuì un vangelo: i sinottici ignorano la presenza e la testimonianza di Giovanni, il che è molto imbarazzante per i racconti della crocifissione.

Si può ammettere che la morte di Gesù in croce costituisca un fatto storico, forse persino l'unico fatto certo della vita di Gesù? Per rispondere a quella domanda, è necessario sapere da dove i nostri autori hanno ricavato il loro racconto.

FATTO O RITO? — Ho già esposto perché abbiamo forti ragioni di pensare che prima di essere data come un fatto, la messa in croce era, in origine, un atto simbolico o rituale, compiuto al di fuori del tempo e della storia, [31] e avente un valore permanente. Ad esempio, quando l'apostolo Paolo scrive: «Io sono crocifisso con il Cristo» [32] non pretende di essere appeso all'albero. Il modo in cui egli vede la croce del Cristo è peraltro molto caratteristico: né il Sinedrio né Pilato sono nominati, gli autori del supplizio sono gli «arconti», potenze delle tenebre, è un conflitto cosmico. [33]

L'espressione paolina «archontes tou aiônos» è spesso tradotta con «principi di questo mondo», ma è un errore: gli arconti, potenze malefiche che presiedono al controllo di questo mondo (materiale) decaduto, sono ben conosciuti nei testi gnostici. Essi sono, commenta Celso, [34] «sette angeli inferiori cosiddetti arcontici, il cui capo si chiama il dio maledetto». Ma è a queste potenze malvage, non agli uomini, che Paolo attribuisce il supplizio del «Signore della gloria». [35] Nell'Ascensione di Isaia, è egualmente l'arconte di questo mondo, Beliar, [36] che porta la mano sul Figlio di Dio e lo «appende al legno» senza sapere chi è, [37] poiché questi non si è ancora manifestato e resta nascosto. È vero che Beliar deve a sua volta discendere sulla terra sotto una apparenza umana, [38] ma più tardi, per incarnarsi in Nerone.

Il combattimento si compie dunque, specialmente in Paolo, tra il Cristo e il «Principe delle potenze che sono nell'aria», [39] e questo combattimento è il conflitto permanente derivato dal dualismo iraniano: «Il nostro combattimento infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potenze, contro gli Arconti di questo mondo di tenebra, contro gli Spiriti del male che abitano nelle regioni celesti». [40] Si vede quanto siamo lontani dal processo davanti a Pilato!

Da questo combattimento, Cristo uscirà vittorioso, beninteso. Più esattamente, egli è già uscito vincitore, perché ciò si svolge fuori dal tempo: «Egli ha spogliato i Principati e le Potenze, gli ha vittoriosamente trascinati prigionieri» attaccandoli alla sua Croce, come il generale vittorioso lega i re sconfitti al suo carro trionfale. [41]

La croce di gloria — In questo combattimento cosmico, la croce del Cristo non è uno strumento di supplizio, è al contrario l'emblema della sua gloria e della sua potenza: 

«Lui è il Logos... ed ecco perché abbraccia il mondo intero, la sua larghezza, la sua lunghezza, la sua altezza e la sua profondità. Infatti è per mezzo del Logos di Dio che tutte le cose sono condotte in ordine, e il Figlio di Dio è crocifisso in tutte loro segnandole con la sua impronta a forma di croce». [42]

Così parlerà Ireneo, che sa bene che la croce del Cristo non è uno strumento di infamia, ma l'emblema platonico del Logos installato al centro dei quattro punti cardinali, nel cuore della creazione. E questa non è un'interpretazione tardiva, Paolo vi fa già allusione negli stessi termini: «Affinché possiate comprendere con tutti i santi quale sia la larghezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità di questo mistero». [43]

Ciò che conferma la natura simbolica della crocifissione è che la croce è stata a lungo venerata dai cristiani, non come segno della passione, ma come emblema della gloria. Anche gli scrittori cattolici devono ora convenirne:

«Si può ritenere certo che il segno della croce, con cui erano segnati i primi cristiani, indicasse per loro il nome del Signore, il Verbo... Il segno della croce è apparso, all'origine, non come un'allusione alla Passione del Cristo, ma come una designazione della sua gloria divina. I quattro bracci della croce appariranno come il simbolo cosmico di quella azione salvifica». [44]

LA CROCIFISSIONE NEI VANGELI — Se esaminiamo i vangeli, non vi troviamo più alcuna traccia di quella concezione. Scritti circa cento anni dopo le epistole di Paolo, che conosceva ancora solo la croce celeste e il combattimento cosmico, i vangeli, malgrado una sobrietà anormale nel dettaglio, danno la crocifissione come un fatto storico, conseguente ad una decisione giudiziaria.

In cento anni, si è dunque passato, contro Paolo e gli Gnostici, da una croce celeste e simbolica allo strumento del supplizio, dal combattimento contro Beliar e gli arconti al supplizio inflitto dal Sinedrio e Pilato. È molto significativo che ci siano voluti cento anni per elaborare quella nuova versione.

Si baserebbe almeno su un fatto? Ho già segnalato che i racconti della passione sono stati costruiti esclusivamente con le citazioni ricavate dall'Antico Testamento, con l'aiuto di una raccolta di queste profezie e specialmente di Isaia. Non è quindi sorprendente che autori come Clemente il Romano, lo pseudo-Ignazio e soprattutto Giustino (questi scrivendo la sua apologia intorno al 155), ignorando ancora i vangeli, citino già i testi principali con l'aiuto dei quali saranno composti i racconti evangelici.

Ma non appare da nessuna parte che gli evangelisti abbiano disposto di un'altra fonte oltre a quelle profezie.

Nella versione primitiva, che attribuiva ai Romani la morte di Gesù, il modo di esecuzione non poteva essere diversa. In ragione stessa della sua crudeltà, il supplizio della croce era inflitta dai Romani dapprima agli schiavi (questa fu la sorte dei compagni di Spartaco), poi agli insorti nei paesi occupati. Al momento della rivolta che seguì la morte di Erode, Varo fece crocifiggere in Giudea 2.000 persone. I procuratori condannavano certamente allo stesso modo i combattenti della resistenza ebraica, che Giuseppe chiama i «briganti». Se avesse condannato, Pilato non poteva logicamente ordinare un altro metodo di uccisione che non fosse la croce.

È più sorprendente il fatto che la crocifissione sia sopravvissuta al cambiamento dei testi che tendeva ad accusare gli ebrei: questi condannavano più volentieri alla lapidazione, e appendevano al legno solo il cadavere (per esempio). Difatti, si trova nel Talmud un'allusione alla lapidazione di Gesù: [45] non sembra, quindi, che la crocifissione risulti da una tradizione generale, ma probabilmente era sufficientemente diffusa perché apparisse impossibile modificarla. Non si dimenticherà nemmeno che era capitato agli ebrei di crocifiggere, come fece Alessandro Ianneo ad 800 Farisei, «sospendendo uomini vivi sul legno, quel che non si era fatto in Israele precedentemente». [46] Ho detto che il Maestro di Giustizia aveva senza dubbio subìto la stessa sorte.  

Per di più, quale altro modo di uccisione potevano immaginare gli scrittori evangelici, che trovavano nella raccolta dei testi profetici: «Hanno forato le mie mani e i miei piedi» (Salmo 22)? Non dicono di più. Ancora Giovanni soltanto parla di chiodi, [47] in riferimento a questo testo; i sinottici non sanno come Gesù sia stato appeso al legno, e se ne discute ancora oggi.

Salterò l'improbabile aggiunta che fa arrivare i sommi sacerdoti sulla scena: ci si immagina Anna e Caifa che vengono a contaminarsi con questo spettacolo? 

È così che gli evangelisti trasformarono la croce gloriosa del Cristo, derivata da Platone e l'unica conosciuta da Paolo, in uno strumento di supplizio alla maniera romana, doloroso e infamante.

Perché questo cambiamento? 

Perché, contro gli Gnostici che negavano la morte reale del Cristo e la riducevano ad una pura apparenza, era necessario dimostrare che Gesù aveva realmente sofferto e che era realmente morto per la redenzione dei peccati degli uomini. Perché, come tutte le divinità dei misteri ellenistici, Gesù doveva realmente morire, al fine di trionfare realmente sulla morte per mezzo della sua resurrezione.

Per tutto il II° secolo, queste due concezioni si sono scontrate, e molti testi testimoniano quella controversia. Gli evangelisti sanno che vi sono «falsi Cristi», [48] la 1° epistola attribuita all'apostolo Giovanni mette in guardia contro gli «anticristi». [49] Ma da cosa si riconosce la buona dottrina? «Ogni spirito che riconosce che Gesù Cristo è venuto nella carne, è da Dio». [50] Contro Marcione e gli Gnostici, si trattava di affermare che il Cristo era venuto nella carne, e che aveva sofferto la morte. «Infatti Gesù Cristo è venuto con acqua e sangue, non con acqua soltanto», [51] — questo sangue reale che condiziona la salvezza degli uomini e la redenzione dei peccatori.

In quella prospettiva, ispirata ai misteri ellenistici, l'autore del IV° Vangelo non si preoccupa nemmeno più di sapere come il Logos, emanazione diretta del Dio supremo, nato prima della creazione del mondo, il Figlio che dichiarava di non fare che uno con il Padre, [52] abbia potuto sperimentare una tale degradazione. [52] La loro volontà di trasformare in una realtà crudele l'apparenza o il simbolo della crocifissione fa accettare, dagli autori evangelici, tutte le contraddizioni e tutte le improbabilità. Infatti i vangeli sono armi da combattimento, designati ad affermare quel che negavano i principali avversari.

I PRODIGI. — Tuttavia, siccome la morte di Gesù è anche quella di un dio, la si accompagna con alcuni fenomeni meteorologici, che nessun autore contemporaneo ha evidentemente segnalato. L'oscurità accade in pieno giorno per tre ore, [53] la terra trema, le rocce si spaccano, e Matteo, anticipando un po' il giudizio finale, fa persino uscire i morti dalle tombe. [54] Se dovessimo prendere questi racconti alla lettera, la cosa più sorprendente sarebbe evidentemente che Giovanni, l'unico testimone presente, non abbia riscontrato nulla né detto nulla. Ma, ancora una volta, non si tratta che di realizzare delle profezie: «In quel giorno... farò tramontare il sole a mezzodì e oscurerò la terra in pieno giorno». [55

Infine il velo del Tempio si strappa dall'alto in basso, per il centro. [56] Come mai gli ebrei non hanno rilevato questo funesto presagio ?  Per Marcione, è il dio ebraico in persona, furioso per essere stato giocato, che strappa il velo in un gesto di collera. Ma nessuno ha inventato nulla, la cosa era stata predetta; [57] e siccome gli ebrei non hanno menzionato questo incidente, si può pensare che il velo sia rimasto intero. 

Racconti analoghi figurano nelle leggende pagane, dei prodigi hanno accompagnato la morte di Cesare: come nell'opera lirica, bisogna pur accompagnare la morte di un dio da qualche fragore di tuono, e questo è probabilmente quel che avveniva nelle cerimonie occulte dei misteri.

NOTE

[29] Si veda DANIEL-ROPS, Jésus en son temps, pag. 250.

[30] Giovanni 19:25-26.

[31] Si veda il mio Fable de Jésus-Christ, 3° edizione, pag. 115 ss., e G. ORY, Le Christ et Jésus, pag. 149 ss.

[32] Galati 2:19. Si veda anche Galati 6:14.

[33] 1 Corinzi 2:8.

[34] Discorso vero, § 72.

[35] 1 Corinzi 2:7.

[36] O Belial tra gli Esseni.

[37] Ascensione di Isaia 9:14-15.

[38] Idem, 4:2-4.

[39] Efesini 2:2.

[40] Efesini 6:12.

[41] Colossesi 2:14-15.

[42] Ireneo, Epideixis 1:34.

[43] Efesini 3:18.

[44] DANIÉLOU, nella rivista Table ronde, dicembre 1957.

[45] Si veda il mio Fable de Jésus-Christ, 3° edizione, pag. 53.

[46] Commentario (esseno) di Naum. Si veda DUPONT-SOMMER, op. cit., pag. 281.

[47] Giovanni 20:25.

[48] Marco 13:22, Matteo 24:24.

[49] 1 Giovanni 2:18.

[50] 1 Giovanni 4:2.

[51] 1 Giovanni 5:6.

[52] Giovanni 10:30.

[53] Marco 15:33, Luca 23:44.

[55] Amos 8:9, che aveva anche annunciato i terremoti (8:8), trascurati da Marco e Luca. 

[56] Marco 15:38, Matteo 27:51, Luca 23:45.

[57] In particolare nel Testamento di Levi (10:3) e il Testamento di Beniamino (9:4).

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