martedì 1 dicembre 2020

«Il Quarto Vangelo» (Joseph Turmel) — 3) Il Cristo giovanneo respinge l'Antico Testamento

 (segue da qui)

3. — Il Cristo giovanneo respinge l'Antico Testamento.

Ma egli non si cura dell'Antico Testamento. Oppure, se vi fa allusione, è per respingerlo con disprezzo. Nel corso delle sue discussioni con gli ebrei, egli adduce a volte a suo favore i testi dell'Antico Testamento. Ed ecco la sua maniera di approcciare questi testi: «Nella vostra legge sta scritto che la testimonianza di due uomini è vera» (8:17). L'ordinanza alla quale si riferisce qui è inscritta in Deuteronomio 19:15; è stata dettata da Dio stesso a Mosè. La sua origine è sacra. Ma non per il Cristo giovanneo che dice sdegnosamente: «La vostra legge». Si obietterà il fatto che la legislazione mosaica aveva un carattere transitorio, che il sacrificio del martirio arrivò a colpirla di caducità e che d'altronde gli ebrei soli vi erano sottomessi? Sia. Ma ascoltiamo di nuovo il Cristo giovanneo. Dice (10:34): «Non è forse scritto nella vostra Legge: Io ho detto: voi siete dèi?»; e (15:25): «Ma questo è accaduto affinché si adempisse la parola scritta nella loro legge: Mi hanno odiato senza motivo». In questi due punti il suo disdegno non si rivolge più alle prescrizioni rituali o disciplinari; attiene agli oracoli emanati dai salmi. L'autore del quarto Vangelo cita i salmi come noi citiamo i testi dell'Iliade o dell'Eneide di cui sfruttiamo le massime senza crederci obbligati alla loro considerazione col minimo sentimento religioso. Al di fuori del punto di vista letterario egli ignora i salmi. E poiché i salmi e la legislazione mosaica costituiscono la parte essenziale dell'Antico Testamento, egli ignora l'Antico Testamento.

Le constatazioni appena fatte ci danno la chiave di 5:36-37: «Il Padre, che mi ha mandato, ha reso testimonianza di me. Ma voi non avete mai udito la sua voce, né avete visto il suo volto». Si dice spesso che vi sia qui un'allusione alle profezie dell'Antico Testamento per le quali il Padre avrebbe reso testimonianza a suo Figlio. Dove si conclude che quelle stesse profezie sono la «voce» del Padre, voce che ha risuonato nelle orecchie degli ebrei ma che gli ebrei hanno rifiutato di ascoltare, più esattamente alla quale hanno rifiutato di credere. Errore. Se la voce del Padre si è fatta sentire agli ebrei, ma costoro non l'hanno ascoltata nel senso che si sono rifiutati di credervi, si dovrà dire anche che il volto del Padre si è mostrato agli ebrei ma che costoro si sono rifiutati di vederlo. Ora il volto del Padre non si è mai mostrato a nessuno e, secondo quello che si legge altrove, in 1:18: «Dio nessuno l'ha mai visto». Gli ebrei non hanno visto affatto il Padre, non perché si sono rifiutati di vederlo, ma perché non sono mai stati in grado di contemplarlo. La voce del Padre, neanche lei, non ha mai risuonato nel mondo. E gli ebrei non l'hanno udita, non perché si sono rifiutati di credervi, ma perché non sono stati in grado di percepirne gli accenti. Il Padre non ha mai parlato. La testimonianza che ha reso al suo Figlio non consiste quindi nelle profezie dell'Antico Testamento; egli deve essere cercato nelle opere che ha dato a suo Figlio da compiere. L'Antico Testamento è pieno degli oracoli che Dio rende per bocca dei profeti, delle teofanie accordate ai patriarchi e a Mosè. Oracoli e teofanie non sono vie per il Cristo giovanneo: «Voi non avete mai udito la sua voce, né avete visto il suo volto». Egualmente non è una via l'ascensione del profeta Elia in cielo a dispetto dei libri dei Re (2 Re 2:1, 11), poiché leggiamo (3:13) «Nessuno è salito in cielo, se non colui che è disceso dal cielo».

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