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Il problema di Gesù
Tuttavia, essendo Gesù la figura centrale dei vangeli, dobbiamo domandarci, non soltanto se sia esistito, ma anche chi fosse, quale sarebbe stata la sua formazione, cosa avrebbe insegnato. Su tutti questi punti l'incertezza persiste, e (trascurandone le sfumature) si è potuto sostenere, a proposito di Gesù, le principali concezioni che tenterò di riassumere.
Per la Chiesa romana, Gesù sarebbe il Figlio di Dio incarnato. La discesa in questo mondo di un essere soprannaturale, ammessa anche nella maggior parte delle altre religioni, non rientrerebbe, si dice, nella critica razionale: «L'unione in una stessa persona preesistente (?) di due nature — la divina e l'umana — è un mistero che oltrepassa la mente dell'uomo. Non si può quindi parlare di giustificare direttamente la dottrina dell'Incarnazione». [14] Questo è ovviamente un modo di eludere la difficoltà.
Si può almeno trattenere quella nozione come base per l'analisi dei testi, come ipotesi di lavoro? Bisognerebbe almeno che noi avessimo alcune serie ragioni per ammettere la sua plausibilità, e per credere alla natura privilegiata della religione cristiana. Ma, come ha giustamente detto Renan, il trattato della «vera religione» è la più rovinosa della teologia. [15]
Lungi dal fornirci una tale prova, le contraddizioni dei vangeli ci dimostrano che all'epoca in cui furono redatti questi scritti, cosiddetti ispirati, non si era ancora ben fissata la stessa concezione del duplice personaggio di Gesù Cristo.
Si può almeno, trascurando la sua essenza divina, ricavarne la prova di un'esistenza terrena di Gesù? Non è affatto così. Solo l'influenza dell'educazione spinge ancora molte menti occidentali a considerare scontata l'esistenza di Gesù; lo studio delle fonti conduce ad una spiegazione diversa che, anche se non si impone con la forza di una dimostrazione, è almeno molto plausibile. [16] Non è provato che Gesù sia esistito, ancor meno che abbia fondato qualcosa, poiché tutto può spiegarsi senza il suo intervento, e la rivelazione che gli si attribuisce non comporta alcun elemento che non fosse, a quell'epoca, ben conosciuto e anteriore alla nascita del cristianesimo.
Le stesse obiezioni permettono di scartare una tesi, oggi senza sostenitore, ma che fu difesa alle origini e che ha lasciato tracce nei nostri testi: sarebbe ben esistito un uomo Gesù, ma il Cristo celeste si sarebbe temporaneamente incarnato in lui, discendendo su di lui al momento del suo battesimo nel Giordano. Così Gesù sarebbe, in qualche sorta, il figlio adottivo di Dio (da cui il nome di adozionismo).
La tesi si basa sulla espressione del battesimo in Luca (3:22): «Io OGGI ti ho generato»; ma la frase non è che una citazione del Salmo 2. [17] Quella concezione fu difesa in particolare dallo gnostico Cerinto, [18] e figura ancora nell'Epistola agli Ebrei. [19] In quella soluzione, non ci sarebbe stata che un'unione temporanea tra l'uomo Gesù e il Cristo celeste, avendo quest'ultimo abbandonato il suo sfortunato involucro terreno al momento della crocifissione per risalire al cielo.
In una versione diversa, è soltanto al momento della sua resurrezione che l'uomo Gesù sarebbe diventato un essere divino. Non insisterò sulle difficoltà particolari che solleva quella spiegazione, ma essa suppone almeno stabilito il fatto della resurrezione, e questo è certamente, lo vedremo, il meno fondato tra tutti quelli che sembrano riportare i Vangeli. Per contro, la morte e la resurrezione di un dio erano insegnate, prima del cristianesimo, nella maggior parte delle religioni antiche, e soprattutto nei culti misterici con lo stesso simbolismo e la stessa virtù redentrice. La tesi fu rapidamente abbandonata, ma ha lasciato qualche traccia nei testi cristiani. [20]
Si ricorderà che questi disperati tentativi per giustificare la duplice natura del Cristo Gesù sono stati condannati a Nicea: la Chiesa insegna che Gesù fu al contempo, fin dalla sua nascita, vero dio e vero uomo. Parecchi secoli di discussioni non sono riusciti a conciliare questi opposti in modo soddisfacente; almeno sappiamo che l'unione delle due nature non fu temporanea, — il che non fa avanzare di un passo il problema delle origini cristiane né quello dell'esistenza stessa di Gesù.
Liberati da certi dogmi, o addirittura da ogni credo, ma ancora influenzati dall'insegnamento ricevuto, numerosi autori persistono nel credere che il cristianesimo si baserebbe sull'insegnamento di un certo Gesù, uomo di alto valore spirituale, di cui i vangeli riporterebbero l'essenziale. Questa era la posizione di Renan, [21] che non può fare a meno di descrivere il suo eroe come «divino», benché non creda più nella sua divinità. Quella tesi non resiste all'esame.
Anche se un certo Gesù avesse insegnato qualche cosa, come la si avrebbe conservata per trasmettercela? Si vedrà che il problema della tradizione è molto più complesso di quanto non lo immaginino le persone malinformate. Come mai, nelle poche settimane di vita pubblica che gli prestano i sinottici, quest'uomo sarebbe riuscito a fondare una nuova religione? I vangeli non permettono peraltro di pensare che egli si sia sognato di farlo: annuncia la fine imminente del mondo, l'avvicinarsi del giudizio finale, che deve vedere quella generazione. [22]
Supponendo che abbia insegnato una dottrina, si dovrebbe trovare qualche coerenza nei suoi pensieri. Ma egli si contraddice più volte sulla questione essenziale dei suoi rapporti con il Padre, a volte ammette che egli è il Cristo e a volte lo nega e proibisce di dirlo. Le sue concezioni dell'aldilà sono puerili, e la sua visione del mondo terreno è di una ingenuità disarmante. Le contraddizioni nelle sue parole ci impediscono di vedervi un insegnamento logico, ma denotano la sovrapposizione di fonti diverse, l'assenza di dottrina sulle questioni essenziali.
Dopo Renan, la critica razionalista, con Guignebert e Loisy, si è sforzata di liberarsi dalle semplici «congetture» [23] e di raggiungere la realtà storica mediante un'analisi scientifica dei testi. Nella misura in cui si cercava di raggiungerla, essa ha avuto la sorpresa di veder scomparire Gesù; è arrivata a quella conclusione sconcertante: l'uomo Gesù sfugge ad ogni tentativo di specificare altra cosa rispetto alla sua morte (considerata ancora un fatto storico), svanisce nella misura in cui si cerca di avvicinarlo.
«L'unica cosa che resta tra le macerie della leggenda... è che l'uomo sulla vita del quale del tutto semplicemente non si sa che poco o nulla, l'uomo che secondo Schweitzer non si era mai dichiarato pubblicamente il Messia, che secondo Bultmann non si credeva tale, e secondo Guignebert forse non si chiamava Gesù... è diventato l'eroe di un romanzo teologico composto dalle generazioni successive per servire i loro propri interessi». [24]
Per di più, quest'uomo così inafferrabile non è il fondatore del cristianesimo; non ha mai pensato di fondare una nuova religione, ancor meno di istituire una «chiesa» permanente: «Sappiamo che Gesù non ha avuto per intenzione di lavorare per un futuro lontano, che non ha né previsto né voluto la Chiesa cristiana, che non si è preso per un fondatore di religione, nemmeno per un riformatore religioso». [25]
Insomma, il problema delle origini cristiane si pone allo stesso modo, che Gesù sia esistito o meno. Ma allora, a che serve questo personaggio? E perché il cristianesimo si sarebbe legato a quest'uomo?
Perfino gli autori cristiani confessano l'impossibilità di scrivere oggi una vita di Gesù: «Non possiamo più conoscere il carattere di Gesù, la sua vita, la sua personalità... Non c'è una sola delle sue parole di cui si possa dimostrare l'autenticità. Ritengo che quello che possiamo sapere sulla vita e sulla personalità di Gesù equivalga a non dire nulla». [26] «La figura di Gesù non è direttamente accessibile alla storia». [27] «Si è paradossalmente d'accordo nell'affermare che non si sa nulla della vita di Gesù. Il disgraziato che scrive una vita di Gesù dimostra che non ha il minimo complesso di inferiorità... ignora che Gesù non ha vita». [28]
Questa era anche la conclusione di Loisy, che scriveva: «La leggenda di Gesù, nel suo insieme, non è una scelta di ricordi storici, è come una riduzione del mito cristologico elaborato sui testi dell'Antico Testamento per la soddisfazione della fede in Gesù». [29]
Non sarebbe però possibile, attraverso i testi rimaneggiati, falsificati o incoerenti, risalire a qualche realtà probabile, plausibile? Alcuni hanno tentato di scoprire un Gesù diverso da quello che ci mostrano i vangeli, per esempio un combattente per l'indipendenza ebraica che lotta, con una truppa armata, contro l'occupante romano, e infine messo a morte come agitatore pericoloso. [30] Quell'idea di un Gesù zelota può sedurre, in quanto spiega la morte dell'eroe; ma questo equivale a dimenticare che la crocifissione stessa è ben lontana dall'essere un fatto così certo come la pensavano Guignebert e Loisy. Per di più, si dovrebbe ammettere un capovolgimento completo, da parte dei falsari, di tutti i testi. Certo, si trovano nei vangeli propositi odiosi o violenti, che contrastano con la dolcezza evangelica, ma chi li ha pronunciati? Dove trovare traccia di questo combattente? La tesi si basa su questo postulato: se i Vangeli non spiegano perché Pilato ha condannato Gesù, è perché si ha «soppresso tutto ciò che era la verità su di lui, sulla sua vita, sulla sua carriera di Messia ebraico, che la storia ecclesiastica ha edulcorato». [31] Ma allora la dimostrazione si basa su... ciò che si suppone sia stato soppresso! Che i vangeli abbiano incorporato nel loro Gesù composito il ricordo di un combattente della lotta contro Roma è molto plausibile; che questo solo combattente sia, da solo, l'intero Gesù evangelico, è insostenibile.
In tutti i modi, la tesi ammette la dualità di Gesù Cristo, formato da un uomo, condannato per insurrezione, e da un mito celeste, il Cristo gnostico. Anche qui, l'uomo non sarebbe il fondatore del cristianesimo, il che lascia in sospeso tutto il problema delle origini, aggiungendovi una difficoltà considerevole: come e perché la religione cristiana si sarebbe legata al ricordo di un ribelle che aveva fallito, per farne un dio? Tanto valeva deificare Spartaco!
Per ragioni simili, dobbiamo scartare i tentativi fatti per identificare il Gesù dei vangeli con uno dei personaggi la cui vaga esistenza è attestata dagli autori antichi. Si sono contati nella storia ebraica scritta in greco fino a 41 personaggi chiamati Gesù, [32] ma bisogna, per raggiungere questa cifra, risalire cento anni indietro.
È possibile che i ricordi di alcuni tra loro, tra i più recenti, si siano mescolati alla leggenda del figlio di Maria: è probabilmente il caso di questo Gesù, figlio di Anano o Anania, che, nel 62 (prima dell'assedio di Gerusalemme) avrebbe predetto la rovina del Tempio. [33] Ma ciò è proprio insufficiente per identificare questo personaggio episodico con il fondatore del cristianesimo.
La questione non sembra porsi seriamente che per un Gesù ben Perayah che, secondo il Talmud, sarebbe fuggito in Egitto per evitare le persecuzioni di Alessandro Ianneo (intorno all'80 A.E.C.). Identificandolo già con il nostro Gesù, Salomon Reinach aveva scritto: «Sarebbero dunque esistiti dei discepoli di Gesù quasi un secolo prima dell'era cristiana». [34] Senza dubbio, questa non era allora che un'ipotesi audace, benché si basasse su un passo del Talmud dove questo Gesù è identificato con il Gesù cristiano (e chiamato per derisione «Gesù ben Pandera», figlio di una prostituta e di un soldato romano dell'occupazione). La differenza di data restava un serio ostacolo a quella identificazione.
L'ipotesi sarebbe da rivedere, se si potesse stabilire che questo Gesù ben Perahyah, che al suo ritorno dall'Egitto fondò una setta dissidente e ruppe con il Tempio, sia «colui che è stato appeso vivo sul legno» del commentario esseno di Naum: [35] si potrebbe allora identificarlo con il Maestro di Giustizia esseno, [36] personaggio importante ed enigmatico che ritroveremo più oltre. Ma quella identificazione resta ancora piuttosto incerta.
Tutte queste difficoltà hanno condotto a riprendere il problema dal basso, studiando le origini cristiane al di fuori di Gesù. Si scorge allora, non solo che tutto si spiega senza l'intervento di un fondatore, ma soprattutto che, nella concezione del Gesù Cristo evangelico, il personaggio celeste di Cristo ha preceduto nel tempo la nozione dell'uomo Gesù. Da cui la conclusione logica che Gesù Cristo sarebbe stato dapprima un essere celeste o divino, al quale si sarebbe in seguito gradualmente prestata un'esistenza terrena e umana, — come fu il caso per Adone, Attis, Mitra o Orfeo, la cui esistenza terrena, ammessa dai loro fedeli, non è più oggi accettata da nessuno. Questa è la soluzione alla quale ho aderito. [37]
Si constata, in effetti, nel personaggio chiamato Gesù Cristo, una duplice natura; per la comodità della distinzione, le si chiamano rispettivamente Cristo e Gesù. [38] Il Cristo è un essere divino, peraltro complesso: è, secondo le sette, il Figlio di Dio, il Figlio dell'uomo annunciato da Daniele ed Enoc, il Logos neoplatonico, già personificato da Filone di Alessandria e incarnato nel prologo del IV° Vangelo. Questo Cristo solo era conosciuto da Paolo, dagli Gnostici di Siria e dalle comunità cristiane menzionate nell'Apocalisse o nella lettera di Plinio. L'uomo Gesù, al contrario, apparve tardivamente, è sconosciuto agli autori del I° secolo, e più specialmente a Paolo che non si interessa mai ad una esistenza terrena del suo Cristo e non cerca di ritrovarne le tracce umane a Gerusalemme. L'idea di una «discesa» di questo Cristo sotto un'apparenza umana si traduce dapprima nei vangeli gnostici come quelli di Basilide o di Valentino, poi di Marcione, ma non diventa ancora un uomo, non è che un'apparenza, un fantasma. Marcione dirà, secondo un testo attribuito a Paolo (ma che è scomparso dalle epistole): «Se fosse stato veramente uomo, avrebbe cessato di essere dio». [39] Senza parlare dell'Apocalisse, che conosce solo l'Agnello celeste, nel Pastore di Ermas, scritto intorno al 150, non appare ancora che come una sorta di arcangelo. È soltanto nei canonici che vediamo il Cristo autenticamente incarnato nell'uomo Gesù; è dopo la rottura con Marcione che si correggeranno le epistole, e che si farà dire a Paolo esattamente il contrario di quello che Marcione vi leggeva, ossia che Gesù sarebbe «nato da donna». [40] Più un testo è tardivo, più esso umanizza Gesù.
A causa delle numerose correzioni apportate ai testi, è impossibile sapere quando il nome stesso di Gesù sia stato inserito nei testi che lo portano oggi. Questo nome fu dapprima applicato all'essere celeste: nell'Epistola agli Ebrei, se Gesù è per un certo tempo abbassato al di sotto degli angeli (2:9) e perfino semplicemente definito apostolo (3:1), egli resta nondimeno assimilato al «sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedec» (6:20), vale a dire che è «senza padre, senza madre, senza genealogia, senza inizio di giorni né fine di vita» (7:3).
Ma a partire dalla seconda metà del II° secolo, il nome di Gesù designerà l'uomo in cui si è incarnato il dio, in opposizione al Cristo gnostico. Nella misura in cui il Cristo si umanizza, egli diventa gradualmente Gesù. E contro quello dell'Epistola agli Ebrei, contro quello dell'Evangelion apparso già adulto nell'anno 15 di Tiberio e senza genitori terreni, contro quello del vangelo secondo Tommaso che si definisce «colui che non è stato generato da donna», lo si doterà, in Matteo e in Luca, di una madre, di una famiglia, e gli si presterà una natività ancora sconosciuta a Marco.
L'analisi dei testi conduce così ad opporre il Cristo e Gesù. Secondo la formula molto espressiva di Couchoud, Gesù è «il dio fatto uomo». [41] L'espressione «Gesù Cristo», divenuta comune, risulta dell'amalgama di due concezioni opposte del personaggio: nulla permette di assicurare che sia stata utilizzata prima dell'armonizzazione generale dei testi.
Recentemente, la scoperta dei manoscritti del Mar Morto ha rivelato l'esistenza, nella setta essena, di un personaggio enigmatico, che è venuto ad annunciare la buona novella agli umili, a consolare gli afflitti, e che è stato identificato al Messia, di cui si attende il ritorno glorioso alla fine dei tempi. Il suo nome, avendo una virtù potente, [42] non è mai pronunciato; lo si chiama il «Maestro di Giustizia», il che deve essere confrontato al libro (esseno) di Enoc dove la Giustizia è data come l'attributo essenziale del «Figlio dell'uomo». [43] Anche lui fu perseguitato dal «sacerdote empio», umiliato, poi messo a morte. «È chiaro che il destino terreno e l'opera di Gesù ricordano, per più di un tratto, questo Maestro di Giustizia... A circa un secolo di distanza, la stessa storia ricominciava». [44] Siccome quella ripetizione degli stessi fatti a cento anni di distanza l'uno dall'altro è inverosimile, e siccome non crediamo alla reincarnazione, è più logico chiedersi se la storia di Gesù non sia quella del Maestro di Giustizia trasposta nel tempo, [45] o se i racconti della vita e della morte del Maestro non siano stati utilizzati, almeno parzialmente, per comporre quelli che si prestano a Gesù.
Da tutte queste tesi divergenti risulta che il Gesù Cristo evangelico è un personaggio complesso, composito. Anche se si volesse evitare di prendere partito nella disputa sull'esistenza storica di Gesù, si dovrebbero almeno trattenere la molteplicità e le contraddizioni del personaggio, — da cui l'idea che egli sarebbe stato composto dalla riunione su un solo individuo (fittizio o meno) di tratti o ricordi riguardanti più personaggi, mitici o reali. Questa non è ancora una spiegazione, poiché restano da scoprire le condizioni per una tale fusione; ma i molteplici aspetti del personaggio permettono di chiarire l'analisi dei vangeli.
Considerato solamente come uomo, il Gesù dei vangeli è allo stesso tempo:
— un solitario, che vive sul monte o nel deserto, che fugge volentieri le folle;
— una controparte dell'uomo vestito di pelle di cammello che battezzava nel Giordano, dal quale prese i suoi primi discepoli e una parte delle sue parole;
— un predicatore, mite e umile, che insegna la fratellanza e annuncia un regno che non è di questo mondo;
— un veggente extra-lucido, che predice la rovina di Gerusalemme, ma anche l'imminente fine del mondo in termini simili a quelli dell'Apocalisse;
— un combattente della resistenza ebraica, che è venuto a gettare «il fuoco sulla terra» (Luca 12:49), a dividere le famiglie (Luca 14:26), e che comanda ai suoi discepoli di acquistare spade (Luca 22:36)
— un pio ebreo, che vuole adempiere fino al più piccolo iota la legge di Mosè (Matteo 5:18);
— un feroce avversario dei Farisei e dei sommi sacerdoti, che vuole al contrario riformare o superare la Legge, si dichiara padrone del sabato, e insegna sotto forma di antitesi: «Fu detto agli antichi... ma io vi dico...» (Matteo 5:21-22, 5:27-28, 5:32, ecc.);
— un collaboratore, che accetta di pagare il tributo a Cesare, con grande indignazione degli ebrei resistenti;
— un condannato comune, crocifisso per ordine delle autorità romane come agitatore;
— una vittima innocente dell'alto clero ebraico;
— per alcuni, un Esseno, o il Maestro di Giustizia.
Là non si arresteranno le contraddizioni del personaggio, poiché quest'uomo ha i doni di guaritore, cammina sulle acque, passa attraverso i muri. Egli rassomiglia allora al fantasma evocato da Marcione che, essendo di essenza divina, non poteva né soffrire né morire; tuttavia il racconto della passione ce lo mostra, al contrario, sottoposto ad una angoscia reale, che suda sangue e realmente torturato.
A quest'uomo e a questo fantasma, va infine aggiunto, per avere un ritratto completo, alcuni personaggi celesti: gli dèi salvatori dei misteri ellenistici, il Figlio dell'uomo di Enoc, il Messia ebraico, il Cristo gnostico, il Logos dei neoplatonici e di Filone.
Più tardi — ma gli evangelisti non lo sanno ancora — se ne farà la seconda persona della Trinità, l'eguale al Padre, di cui si era comunque proclamato il servo obbediente (Giovanni 5:19, 5:30, 8:28-29, ecc.).
Tutto ciò è molto per un solo personaggio, e quando sarà necessario tentare di conciliarne i vari aspetti, le contraddizioni appariranno ad ogni pagina.
Le difficoltà non vertono solamente sull'uomo, se uomo vi fu, ma sul suo insegnamento, sulla sua dottrina: ci si assicura che annunciava l'imminente fine del mondo, e si vorrebbe che abbia fondato una Chiesa permanente. Albert Bayet ha potuto scrivere un libro su Les morales de l'Evangile, poiché ve ne sono parecchie, in effetti: sulle parole che gli si attribuiscono, si sono fondate le dottrine più reazionarie, la schiavitù, ma anche il cristianesimo «di sinistra» o «progressista». Cattolici e Protestanti si sono massacrati a vicenda a causa del loro disaccordo su ciò che disse o fece Gesù. E bisogna ben convenire che ciascuno trova nei testi qualcosa su cui basare le dottrine più opposte, poiché vi è di tutto nei vangeli.
NOTE
[14] P. DE GRANDMAISON, Jésus-Christ, II pag. 211.
[15] Souvenirs d'enfance et de jeunesse, Ed. Balzac, pag. 248.
[16] Si vedano le opere citate alla nota 1.
[17] La numerazione dei Salmi dà luogo a divergenze, segnalo che utilizzerò sempre quella della Bibbia della Pléiade (tomo II).
[18] Cerinto aveva scritto un vangelo, ma non sappiamo esattamente ciò che conteneva. Alcuni hanno voluto vedervi il testo di base utilizzato per la composizione del IV° Vangelo (Ireneo ci informa che Certinto sarebbe stato contemporaneo di Giovanni). Altri pensano che si sia scritto la pseudo-Giovanni per opporla al vangelo di Cerinto. Di fatto, non conosciamo Cerinto se non dai suoi avversari: Ireneo (1:26 e 3:2-3), Ippolito (Philosophoumena, 7:34), Epifanio (1:2 Her. 20) ed Eusebio (Hist. eccl. 3:28).
[19] Ebrei 5:5.
[20] Si veda Romani 1:4; Atti 2:36.
[21] RENAN, Vita di Gesù.
[22] Marco 13:30, Matteo 24:34, Luca 21:32.
[23] Per mezzo delle quali Renan credeva di poter supplire all'informazione mancante.
[24] A. ROBERTSON, Jesus, myth or history (Londra, 1946), pag. 39.
[25] GUIGNEBERT, Le Christ (Albin Michel 1948) introd. pag. 1-3.
[26] BULTMANN, Jésus (1926).
[27] BERTRAM, Nouveau Testament et méthode historique (1928).
[28] STEINMANN, revue Table Ronde, ottobre 1960.
[29] LOISY, L'Evangile selon Luc, introd., pag. 40.
[30] EISLER, The Messiah Jesus (1931), e Daniel MASSÉ, L'énigme de Jésus-Christ (Ed. du Siècle, 1926).
[31] D. MASSÉ, L'énigme de Jésus-Christ, prefazione.
[32] W.-L. DULIÈRE, Inventaire des 41 porteurs du nom de Jésus dans l'histoire juive écrite en grec (Nov. Test. III-3, 1959).
[33] Flavio GIUSEPPE, Guerra Giudaica 6:5. Ma la rovina del Tempio è annunciata in un rotolo esseno decifrato di recente e che non ha ancora ricevuto un nome. Gli Esseni accusavano gli usurpatori Asmonei di aver profanato il Tempio.
[34] S. REINACH, Orpheus, 8:31.
[35] Commentario di Naum 7:8 (si veda DUPONT-SOMMER, Les manuscrits esséniens, Payot).
[36] In questo senso, A. RAGOT, Aux sources du christianisme, Cahier E. Renan, 2° trim. 1967, pag. 10-12, e Autour du Maître de Justice, Cahiers, 3° trimestre 1964.
[37] Guy FAU, La fable de Jésus-Christ.
[38] Distinzione stabilita da Guignebert nelle sue due opere, Jésus e Le Christ (Albin Michel), e ripresa da G. Ory, Le Christ et Jésus (Ed. du Pavillon, 1968).
[39] Citato da Crisostomo: Ad Phil. 2:7.
[40] Galati 4:4.
[41] P. COUCHOUD, Jésus, le dieu fait homme, Rieder 1937.
[42] Confronta Paolo: Filippesi 2:9-11.
[43] «Questi è il Figlio dell'uomo che possiede la giustizia e con cui la Giustizia abita» (Enoc 46:3).
[44] DUPONT-SOMMER, Les écrits esséniens découverts près de la Mer Morte (Payot, 1968), pag. 385.
[45] A. RAGOT, Messie essénien et Messie chrétien (Cahier du Cercle E. Renan 1963), e Aux sources du christianisme, sopra citato.
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