giovedì 31 dicembre 2020

IL PUZZLE DEI VANGELIIl problema dei «logia»

 (segue da qui)

2° Il problema dei «logia»

Numerosi esegeti hanno sottolineato che i tre sinottici raccontano spesso, sostanzialmente, gli stessi episodi della vita di Gesù, ma che ne modificano il contesto, le circostanze; che mettono spesso in bocca a Gesù parole chiaramente simili, ma che gliele fanno pronunciare in condizioni di tempo e di luogo molto diverse. Riscontri così precisi sarebbero impossibili, se ciascuno scrittore avesse lavorato isolatamente, ma così grandi differenze rimangono inspiegabili, se gli ultimi due hanno semplicemente ricopiato il primo. L'unica spiegazione logica è che i nostri tre autori avrebbero disposto di una o più fonti comuni, che ciascuno avrebbe utilizzato a suo modo.

Siccome l'accento è stato messo per lungo tempo sulle «parole» attribuite a Gesù, si è presa l'abitudine di chiamare logia quella fonte comune; la parola greca logia, che è passibile di diversi significati, è presa qui nel senso primitivo di parole, discorsi o detti.

Ma la parola logia può anche tradursi con «profezie», e ciò ci porta al problema, completamente diverso, dell'esistenza, alla fonte dei vangeli, di una raccolta di profezie messianiche attinte dall'Antico Testamento.

Sono due questioni ben distinte.

LE RACCOLTE DI DETTI — Che siano esistite una o più [40] raccolte di parole o detti attribuiti a Gesù, dalle quali gli autori dei sinottici avrebbero attinto, era un'ipotesi estremamente probabile; la sua necessità si impone ancor di più dal momento che si sa la data tardiva di stesura dei vangeli, poiché sarebbe impossibile che l'insieme delle parole prestate a Gesù sia sopravvissuto per così tanto tempo con una tale concordanza nella forma. Era quindi molto plausibile che l'essenziale di quello che si diceva essere l'insegnamento del maestro sia stato consegnato in una piccola raccolta, o in più raccolte, che avevano circolato nelle comunità cristiane. Non cerchiamo ancora di svelare l'origine di questo insegnamento.

L'ipotesi era del resto confermata dal fatto che gli autori del II° secolo, come Clemente il Romano, l'autore della Didaché e Giustino, benché non conoscendo ancora i vangeli, conoscevano nondimeno dei logia che saranno utilizzati nella stesura di queste opere. 

L'ipotesi è stata trasformata in certezza dalla scoperta dei manoscritti gnostici dell'Egitto intorno al 1945: tra questi manoscritti figura, in effetti, una raccolta di logia, intitolata «Vangelo secondo Tommaso». Non si tratta di un vangelo propriamente detto, poiché allinea senza alcuna circostanza biografica parole attribuite a Gesù. Delle 114 sentenze o parabole così allineate, molte figurano nei sinottici, ma con delle varianti. [41] È molto degno di nota, per esempio, il fatto che i detti raccolti da Matteo nel Discorso della montagna vi sono ancora sparsi. Ma altri detti non sono stati ripresi nei canonici, come per esempio quello che dichiara che «le donne non sono degne della vita» (eterna). [42]

Sono certamente esistite altre raccolte simili, il cui contenuto doveva variare. Queste raccolte di detti morali hanno largamente preceduto le «vite» di Gesù. Ma, disponendo di tali raccolte, gli evangelisti ne hanno ripartito le espressioni a seconda della loro fantasia, senza la minima preoccupazione per le circostanze in cui potrebbero essere state pronunciate, poiché le loro fonti non precisavano queste circostanze.

Beninteso, quella spiegazione non fa che rimandare il problema, e si deve domandarsi da dove provengono queste raccolte di detti. Si deve vedervi una stesura (per quanto tardiva) delle parole autentiche di Gesù? Per rispondere a quella domanda, si dovrebbe conoscere la data, almeno approssimativa, della stesura dei logia; sfortunatamente essa non può essere fissata, neppure con qualche verosimiglianza.

È necessario, quindi, guardare al problema in modo diverso, e chiedersi se, nel complesso, i detti attribuiti a Gesù contengano un insegnamento originale in cui emergerebbe una personalità, o se, al contrario, ricordino altre espressioni ben conosciute altrimenti. I credenti hanno tendenza a vedere, nelle espressioni evangeliche, il segno di un'originalità e di una profondità che testimoniano la forte personalità del loro autore. All'opposto, la critica razionalista è stata severissima nei riguardi dei detti, e pretende di non trovarvi nulla che non esistesse già prima del cristianesimo. La questione non mi sembra ben posta sotto quella forma: esiste, in molti detti e proverbi anonimi, una forma originale e una raccolta di queste espressioni potrebbe dare l'illusione di provenire da un grande scrittore. Ciò che va apprezzato è lo spirito generale, la coerenza e la novità che emergerebbero eventualmente dal tutto. Supponiamo che il manuale di Epitteto sia rimasto di autore ignoto, noi vi riscontreremo ancora un'opera della scuola stoica, il che ci permetterebbe di classificarlo immediatamente.

La raccolta dei detti evangelici forma un insieme coerente? E in questo caso, a cosa si può paragonarla o confrontarla? 

Il vangelo secondo Tommaso è lontano dal formare un insieme coerente; esso è al contrario un amalgama di detti di provenienze diverse: vi troviamo, senza ordine, un buon numero di parole che passeranno senza difficoltà nei nostri vangeli, ma vi scopriamo anche espressioni nettamente gnostiche, come quella in cui Gesù si qualifica: «colui che non è nato da una donna», [43] o ancora l'insegnamento sulla riunificazione dei sessi. [44]

Se scartiamo le infiltrazioni gnostiche, restano un buon numero di detti morali abbastanza conformi a quelli dei vangeli. Da dove provengono questi detti? Per il loro spirito e la loro forma, si è indotti a vedervi una sintesi della morale essena. Tale sarà anche il caso del discorso della montagna.

Preciserò quella origine parlando delle fonti essene, ma è molto caratteristico che la morale evangelica, lungi dal costituire una novità, sia così vicina alla dottrina di Qumran e alle precisazioni che dava Flavio Giuseppe sulla moralità degli Esseni.

In queste condizioni, il problema dei logia (in questo senso) si trova sufficientemente risolto, poiché sono sicuramente esistiti manuali di moralità esseni. Non è nemmeno concepibile attribuirne la stesura ad una personalità originale, si trattava soltanto di manuali che raccoglievano, in vista dell'insegnamento, l'essenziale di una dottrina peraltro ben conosciuta. L'attribuzione dei detti al «Signore» poteva del resto concordare con l'abitudine che avevano gli Esseni di attribuire (a torto o a ragione) tutta la loro dottrina al Maestro di Giustizia.

LA RACCOLTA DI DETTI — Se lasciamo ora l'insegnamento attribuito a Gesù per interessarci al racconto della sua vita che sembrano contenere i vangeli, un'osservazione importante ci colpisce: i dettagli di quella vita (e di quella morte) sono riportati nei testi che l'Antico Testamento considera profetici della venuta del Messia, e che sono ritenuti realizzare. A meno di ammettere che tutti i dettagli della vita di Gesù siano stati in effetti predetti con diversi secoli di anticipo, si deve davvero accettare razionalmente una spiegazione più semplice, ossia che sono precisamente questi testi che hanno servito a costruire e a raccontare la vita di Gesù.

I vangeli non hanno per scopo di raccontare la vita umana di un saggio, come Senofonte e Platone hanno fatto per Socrate; pretendono di raccontare quella di un dio, e danno come prova il fatto che tutto ciò che è accaduto era stato predetto. Non è per semplice vanità di letterati ebrei che i loro autori segnalano la concordanza tra i loro racconti e la Bibbia, è a titolo dimostrativo: ciò è accaduto affinché fosse realizzata tale profezia, spesso citata dall'autore a sostegno della sua prova.

Certo, a leggerli obiettivamente e nel loro contesto, nessuno dei frammenti così utilizzati dice ciò che gli si fa dire. Considerata annunciatrice del Messia, e ancor più specialmente del Gesù evangelico, «neppure una citazione può essere accettata. In tutto ciò che è stato annunciato dai profeti, in tutto ciò che è stato cantato dai Salmisti o raccontato dagli storici, nei racconti reali, nei miti o nelle leggende, non si trova una parola che possa applicarsi a Gesù... Per applicarli agli eventi e rendere le concordanze più perfette, si sono inventati dettagli, si sono fabbricati discorsi...». [45] Ma questo è il caso di tutti i testi considerati profetici, che richiedono, per essere accettati, una gran parte di immaginazione del lettore. Quanta gente crede, ancora nel XX° secolo, di scoprire nell'Apocalisse o in Nostradamus dei versi che annunciano Hitler, Stalin o Mao Tse-tung? Non si tratta di sapere se i testi utilizzati annunciassero realmente ciò che se ne è ricavato — ovviamente no —, ma di constatare che essi sono stati utilizzati in questo senso. 

La vita di Gesù è fondata così su numerosi testi ai quali una natura profetica è riconosciuta dagli evangelisti. Ben più, nel vasto campo della Bibbia, sono fondamentalmente gli stessi passi che sono stati trattenuti e considerati annunciatori di Gesù.

Ne consegue che si poteva scrivere una vita di Gesù con l'aiuto dei soli testi dell'Antico Testamento, considerati riferiti al Messia, a condizione di estrarli dalla Bibbia e di riunirli. Ora, questo è precisamente ciò che è stato fatto. 

Questa raccolta di profezie non ci è pervenuta, [46] ma l'esistenza di questo assemblaggio di testi, che si è chiamato Testimonia, è richiesta nello stesso tempo dalla logica e dall'esame dei testi.

L'attesa del Messia doveva evidentemente suscitare molte domande tra gli ebrei su questo personaggio, ed è del tutto naturale che si sia cercato di farsene in anticipo un'idea collezionando ciò che l'Antico Testamento sembrava annunciare. Che queste profezie non siano tutte concordi è ciò che non poteva mancare di verificarsi, con testi presi a caso e che non avevano per nulla come scopo di dire ciò che si faceva loro dire. Così non bisogna stupirsi che delle divergenze abbiano potuto prodursi sulla concezione del Messia. Sappiamo che ne sono esistite almeno due, quella del Messia trionfante che doveva dare agli ebrei una supremazia temporale (e che fu rovinata nel 70 dalla presa di Gerusalemme), e quella di un Messia sofferente e umiliato, che era almeno quella degli Esseni. È la seconda ad essere passata nei vangeli, con le tracce della prima. Ma in che modo, per quale via questo passaggio si è operato? 

Si potrebbe evidentemente immaginare che gli evangelisti, conoscendo bene la Bibbia, siano andati ad attingervi, ciascuno direttamente, i testi che invocano. Ma sarebbe ben improbabile che abbiano così utilizzato gli stessi testi. Al contrario, se avevano in mano una raccolta di profezie già estratte dalla Bibbia, essi possedevano, come ha detto Alfaric, un «cantiere in buon ordine», [47] una autentica vita del Messia che dovevano solo attualizzare, — anche se Marco e Luca, a differenza di Matteo, dimenticano più spesso di citare le loro fonti bibliche. 

La prova che hanno utilizzato una tale raccolta, si può ricavarla dai testi stessi. Per esempio, Marco [48] attribuisce al solo Isaia la profezia seguente: «Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te, egli ti preparerà la strada. Voce di uno che grida nel deserto: preparate la strada del Signore, raddrizzate i suoi sentieri». Ma se la seconda frase è davvero di Isaia, [49] la prima figura in Malachia. [50] Possiamo quindi pensare che questi due testi siano stati riuniti, e che l'autore di Marco li abbia presi per una citazione unica. Ancora Matteo e Luca non hanno commesso, questa volta, lo stesso errore; [51] ma ecco dei raggruppamenti comuni ai sinottici.

Alle domande poste dal Battista dalla sua prigione, il Gesù di Matteo e di Luca [52] risponde con una citazione piuttosto approssimativa di Isaia, ma quella raggruppa in realtà tre frammenti diversi di Isaia. [53] Sarebbe molto difficile immaginare che gli scrittori di Matteo e di Luca avrebbero riunito, ciascuno a modo suo, esattamente tre testi così distanti nell'originale, citandoli con le stesse deformazioni. Sembra certo che essi hanno utilizzato una fonte che raggruppava già questi tre estratti.

Allo stesso modo ancora, quando i tre sinottici fanno dire a Gesù: «La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le genti. Voi invece ne avete fatto un covo di ladroni», [54] raggruppano arbitrariamente due citazioni distinte, una da Isaia sulla casa di preghiera, [55] l'altra da Geremia sul covo di ladroni. [56] Un tale confronto avrebbe potuto imporsi a tre autori distinti, se non avessero ricopiato la stessa fonte?

Ma, soprattutto, l'esistenza della raccolta di profezie è postulata dall'utilizzo che ne è stato fatto. Questa raccolta esisteva prima dei vangeli: è ad essa che si riferisce espressamente Clemente il Romano, che vi trovava in primo piano il testo di Isaia che aveva servito da schema al racconto della passione.

Così, quando si vorrà scrivere, contro gli Gnostici, una vita del Gesù carnale, si troverà un documento già pronto, che conteneva già TUTTO ciò che si racconterà della vita di Gesù (salvo alcuni miracoli) e della sua morte. 

Ci si può chiedere se questa raccolta non corrispondesse ai logia che, secondo Papia, Matteo avrebbe raccolto in lingua ebraica, e che «ciascuno interpretava come poteva» (quella espressione si applica meglio alle profezie che alle «parole» dichiarate tra l'altro chiarissime!) Questa non è che un'ipotesi, poiché gli evangelisti non citano mai la Bibbia se non nella sua traduzione greca.

NOTE

[40] I frammenti del papiro di Ossirinco potrebbero provenire da una di queste raccolte.

[41] Per esempio: «Nessun profeta è benvenuto nel proprio villaggio» (logion 31). «Beato l'uomo che ha sofferto» (e non «che soffre», logion 58). «Beati quelli che sono stati perseguitati nei cuori» (logion 69), ecc.

[42] Logion 114.

[43] Logion 15.

[44] «Quando farete dei due uno, e quando farete l’interno come l’esterno... quando farete di uomo e donna una cosa sola, così che l’uomo non sia uomo e la donna non sia donna... allora entrerete nel Regno» (logion 22).

[45] Henri ROGER, Les religions révélées, volume I, Le Judaïsme, pag. 349-352 (Parigi, 1934).

[46] Si sono trovati a Qumran dei frammenti di una raccolta di questo genere.

[47] Aux origines du christianisme, Cahier du Cercle E. Renan, 3° trimestre 1961, pag. 1.

[48] Marco 1:2-3.

[49] Isaia 20:3.

[50] Malachia 3:1.

[51] La frase di Isaia è stata conservata nello stesso punto (Matteo 3:3, Luca 3:4), ma quella di Malachia è stata separata e utilizzata altrove (Matteo 11:10, Luca 7:27).

[52] Matteo 11:5, Luca 7:22. Marco ignora l'episodio.

[53] Isaia 26:18-19, 35:5-6 e 61:1.

[54] Marco 11:17, Matteo 21:13, Luca 19:46.

[55] Isaia 56:7.

[56] Geremia 7:11.

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