venerdì 27 novembre 2020

IL CRISTIANESIMO SENZA GESÙDAL II° AL IV° SECOLO

 


Capitolo IX

DAL II° AL IV° SECOLO

Conosciamo gli inizi della Chiesa cristiana solo per la ricostruzione che se ne sarà fatta nel IV° secolo dagli autori cristiani. Senza negare le difficoltà che si presenteranno nel corso di quei primi secoli, è certo che questo quadro è stato distorto e ampiamente esagerato.

Due tipi di difficoltà devono essere distinti:

— i conflitti con le autorità romane;

— le controversie interne, descritte come eresie dal partito che prevarranno, ma spiegabili con l'assenza di un dogma ancora da stabilire.

Le persecuzioni. — Anche se la questione non si collega al mio argomento, devo sollevare rapidamente questo problema, per ristabilire l'atmosfera che prevarrà nelle grandi controversie teologiche.

Nel IV° secolo, quando si scriverà la storia degli inizi della Chiesa, non si possederà alcun documento. La Chiesa usciva allora da un periodo di reali persecuzioni subite nel corso del III° secolo. Si immaginarono allora gli inizi del cristianesimo sul modello di quei conflitti, ma nulla ci autorizza ad ammettere l'esistenza di persecuzioni all'epoca degli imperatori del II° secolo, rinomati per la loro saggezza. Il paganesimo è per essenza tollerante, ammette tutti gli dèi, tutti i culti: come immaginare delle sanguinose persecuzioni ai tempi di Adriano, di Antonino il pio e del filosofo Marco Aurelio?

L'unico documento che possediamo è la risposta dell'imperatore Traiano alla domanda che gli poneva Plinio, governatore di Bitinia, sulla condotta da osservare nei confronti dei cristiani. Si può rimproverare a questo testo di non essere molto giuridico, ma il suo tono moderato, anche opportunista, è chiarissimo: non perseguitarli fintanto che si mantengono tranquilli.

Adriano dovrà reprimere l'ultima rivolta ebraica nel 135, ma i cristiani non vi parteciparono. Non è dunque contro di loro che Gerusalemme perderà perfino il suo nome. Cosa rimproverare ad Antonino, qualificato come «pio»? E come si può attribuire al filosofo Marco Aurelio la condanna di Giustino, pronunciata dal prefetto Rustico, anch'egli filosofo stoico? Beninteso, nessun documento ufficiale conferma quelle accuse. Seri dubbi si sollevano anche sul martirio della giovane Blandina a Lione nel 177, che, in ogni caso, non avrebbe costituito che un incidente locale senza causa religiosa.

Tutto cambierà nel III° secolo. Non che gli imperatori, anche quelli mediocri, siano divenuti fanatici in materia religiosa, ma al tempo delle invasioni germaniche, un obiettivo principale si imponeva: la difesa dell'impero. Ora i cristiani, nella loro dottrina dell'astensione negli affari pubblici, arrivarono al punto di rifiutare il servizio militare. Vi furono dunque, almeno a Roma, repressioni contro questi «obiettori di coscienza». Alcuni vescovi di Roma ne furono vittime: Ponzio (230-235), deportato nelle miniere della Sardegna, Fabiano, eletto laico in assenza di candidati a quella funzione divenuta pericolosa, Lucio (254) esiliato, Sisto II (256-258), sorpreso mentre officiava nel cimitero di Callisto e decapitato, Caio (283-296), che condusse una vita errante nella «macchia», Marcellino (296-304), decapitato al tempo delle persecuzioni di Diocleziano. Questo è senza dubbio troppo, ma siamo lontani dai massacri invocati dalla Chiesa, contro i quali Origene ha ristabilito la verità: «Alcuni soltanto (il cui conto è facile da fare) sono morti occasionalmente per la religione del Cristo». [1] Si noterà «occasionalmente», il che esclude le persecuzioni organizzate.

Se si cerca di fare un conto approssimativo dei veri martiri cristiani del III° secolo, se ne trovano non più di 300-400: è senza dubbio già troppo, ma ciò permette di ritenere che molti di quelli che invoca la Chiesa sono puramente immaginari. Nel numero di questi ultimi figurano le vittime vergini dell'immaginazione dei monaci bizantini, vergini che subiscono tutti i tormenti ma non vengono mai violate, Dio vegliando su questo solo dettaglio della loro integrità fisica. Vanno anche espulsi dalla lista le undicimila vergini che avrebbero accompagnato Ursula quando sarebbero state massacrate, ad una data sconosciuta, dai soldati a Colonia. [2]

Dubito molto dell'autenticità del martirio di Polieucto, di cui Corneille ha trovato la storia in un «compendio» scritto da un certo Simeone Metafrasto (?), in cui lo stesso Corneille non vedeva che un «ingegnoso tessuto di finzioni con la verità».

Il papa Giovanni XXIII ha cancellato dei santi dalla lista per causa di inesistenza: Santa Susanna, Caterina d'Alessandria e Margherita, le due «voci» di Giovanna d'Arco. D'altronde è difficile immaginare perché i Romani avrebbero perseguito donne o ragazze per rifiuto del servizio militare.

Infine va aggiunto che dopo la conversione di Costantino i ruoli furono invertiti e che gli imperatori cristiani non esitarono a perseguitare i pagani. L'imperatore Teodosio in particolare  si segnalò per le sue persecuzioni contro i pagani.

In tutto ciò, se esistono alcuni fatti reali, la leggenda ha ampiamente contribuito a moltiplicare il numero delle vittime. Bisogna però ammettere che nel corso delle invasioni germaniche del IV° e V° secolo, i vescovi hanno potuto essere uccisi dalle orde scatenate dei Goti e dei Vandali.

Modifiche dei testi. — Nell'intervallo dei turbamenti, si ebbe ancora il tempo, a Roma, di occuparsi dei conflitti di idee dette eresie. È da questo periodo che bisogna datare due importanti cambiamenti nei vangeli sinottici. 

A — L'introduzione dei due prologhi della natività in Matteo e in Luca, in vista di stabilire la nascita umana di Gesù contro la tesi dell'Evangelion e di Marco. È soltanto dopo la rottura del 144, e nel corso delle controversie con i marcioniti che questa aggiunta apparve utile. Essa non è quindi anteriore al 180 circa. Ireneo, intorno a questa data, non la segnala. 

Quella interpolazione non ha avuto alcuna influenza sul contenuto dei vangeli a cui la si ha aggiunta; non si è cercato di armonizzare il testo precedente con quella natività miracolosa precedentemente sconosciuta. Il racconto della nascita, la parentela attribuita a Gesù non giocano alcun ruolo utile, e nulla lascia prevedere lo sviluppo successivo del ruolo di Maria.

Ci si può soltanto domandarsi perché non si  è aggiunto un prologo simile al vangelo di Marco: era già diffuso? Ciò confermerebbe, se ne fosse bisogno, la priorità nel tempo di Marco, anche se la Chiesa si ostina a collocare Matteo in testa nel tempo.

B — La seconda aggiunta riguarda, in Matteo 16:18-19, la lunga interpolazione sulla fondazione della Chiesa. Essa è certamente del III° secolo, ed è stata immaginata a Roma, poiché tende a giustificare il futuro primato della Chiesa romana. Sappiamo che Cipriano, vescovo di Cartagine, la conosceva intorno al 250, ma che ne contestava la portata, poiché vi opponeva l'uguaglianza di tutti i vescovi come successori degli apostoli. Le chiese d'Oriente non hanno mai voluto riconoscere questo testo, e anche i protestanti lo rinnegheranno più tardi. Ciò non impedisce a questo falso di figurare in tutte le edizioni dei vangeli, senza nemmeno una riserva.

Al di fuori dei lavori astratti, ci si divertiva a Roma con operazioni più allegre: ci si immaginò di fabbricare dei santi per popolare il paradiso cristiano. Si canonizzarono, beninteso, i martiri, reali o immaginari; ma a poco a poco si arrivò a canonizzare tutti i vescovi di Roma, ipotetici successori di Pietro, che si fece venire a Roma come fondatore. Tutti, si comprende, i vescovi immaginari inventati da Eusebio, e anche gli indesiderabili come quel vecchio Zefirino, rimbambito e lasciatosi sedurre dai regali dei donatori, a detta del suo successore Callisto, lui stesso descritto come brigante, abisso di empietà e capace di tutti i misfatti dal suo avversario Ippolito, anch'egli canonizzato.

Ma ritorniamo ai fatti storici: le persecuzioni stavano per finire, senza che la Chiesa abbia mai cercato di proclamare una «tregua di Dio», ma con un mezzo più efficace: la conquista del potere tramite la conversione di un imperatore. 

L'Editto di Milano. — Bisognava mettere fine ai disordini, poiché già Costantino si affacciava con il suo esercito: dopo un editto di tolleranza di Galerio nel 311, Costantino accordò nel 313 una misura significativa, il famoso editto di Milano che stabiliva la totale libertà dei culti. È una misura inaudita per l'epoca, e si noterà che derivava da un laico. I cristiani ne furono i primi beneficiari, ma dovettero pagare questo dono regale con una servitù: il dominio degli imperatori nelle questioni religiose.

Controversie dogmatiche. — Le persecuzioni non hanno impedito ai vescovi di difendere ciascuno la loro interpretazione dei testi con mezzi energici, di cui il più mite era la scomunica.

Vi furono delle gravi divergenze sul primato del Vescovo di Roma, sul perdono da accordare o meno a coloro che, per paura, avevano abiurato «con le labbra» durante le persecuzioni, sul diritto dei sacerdoti di rimettere i peccati, ecc. Il dogma non era ancora fissato, tutto poteva essere pretesto a divergenze.

Di tutte quelle controversie tratterò qui solo quelle che si sollevarono sulla natura di Gesù.

I vangeli erano appena stati pubblicati, e portarono un'innovazione che non si stabilì senza difficoltà: la divinizzazione di Gesù Cristo. Dopo aver insistito sull'umanità di Gesù, ecco che si voleva farne un dio. Come conciliare quella divinità che faceva rivivere la tesi gnostica, con un'umanità sempre più affermata nei testi recenti? Si chiamava Gesù il «Figlio di Dio», ma si trattava di una filiazione reale o morale, di un'adozione o di una divinità naturale?

Il IV° vangelo cercherà di risolvere la difficoltà facendo di Gesù il «Logos», figlio primogenito del Padre e già Dio. Ma quella soluzione era orientale, e non soddisfaceva i Romani. La chiesa di Cartagine (con Tertulliano), quella di Alessandria erano divise, e i monaci interferivano.

La crisi divenne grave, al momento della controversia sollevata da Ario, monaco di Alessandria, che arrivò a dividere l'impero. Si è paragonato Ario a Lutero o a Calvino, e la sua importanza non è minore nella storia dei dogmi.

La tesi di Ario seduceva per la sua semplicità e la sua logica. Per lui, Dio era unico, indivisibile. Tutto emana da lui, tutto ciò che esiste è una «creatura», e gli è quindi inferiore. Sebbene Figlio di Dio, il Cristo non è dunque che una creatura inferiore. Ma il IV° vangelo affermava che «il Logos era Dio» (1:1), e alcuni tendevano a fare del Figlio una sorta di eguale del Padre. Ritornando ad un monoteismo assoluto, Ario trovava ovviamente numerosi argomenti nei testi biblici, che mostrano tutti un monoteismo intransigente. Per la sua semplicità, quella dottrina sedusse gli invasori dell'impero, poco preparati a queste sottili distinzioni, specialmente il re Teodorico il Grande a Roma. Si è detto di Ario: «Egli affermava un monoteismo razionalista, ben fatto per sedurre i dotti, attirò molti... Il suo cristianesimo, sbarazzatosi di ogni mistero, doveva attirare i deisti pagani». [3]

Tutti quei conflitti sarebbero stati risolti con mezzi autoritari dal nuovo imperatore, Costantino, da poco unitosi al cristianesimo per ragioni politiche, ma che non era nemmeno battezzato.

Il ruolo di Costantino è significativo nella storia del cristianesimo. Lo riassumo brevemente: 

A — Costantino trasferì la capitale dell'impero da Roma a Costantinopoli. Così facendo completò la divisione tra l'Occidente e l'Oriente. Contro le pretese della Chiesa romana al primato, la Chiesa di Costantinopoli rivendicherà lo stesso diritto, poiché si trovava nella capitale. Sedici secoli più tardi, quella divisione continua a dividere la cristianità. 

B — Costantino subordina il potere religioso al potere politico: «L'imperatore riconoscerà l'esistenza legale delle comunità cristiane, rispetterà e persino proteggerà i loro riti e i loro costumi; i loro capi, sacerdoti e vescovi, saranno trattati come funzionari imperiali. In cambio, i vescovi accetteranno la società romana basata sulla schiavitù e sulla proprietà privata, e predicheranno la rassegnazione alle disuguaglianze di questo mondo come condizione per l'uguaglianza di oltretomba. L'adattamento del mito cristiano all'istituzione romana fu fatto, non senza lacerazione, da coloro che i cristiani chiamano molto giustamente i Padri della Chiesa. Allora l'immagine del carpentiere galileo apparve sotto la cupola di santa Sofia, rivestito delle insegne imperiali. Per il più sfortunato degli schiavi, l'obbedienza agli ordini dell'imperatore divenne una questione di salvezza personale». [4]

Tutti questi grandi conflitti futuri sono in germe nella sottomissione accettata da un clero ancora impotente: conflitti dei papi con gli imperatori e i re, principio del cujus regio ejus religio secondo la quale la religione del principe si impone ai suoi sudditi, scismi e  diritto dei re di perseguitare gli «eretici», ecc...

C — Infine questo laico non battezzato si arrogò il diritto di riunire un grande concilio per risolvere le questioni dogmatiche, di presiedere questo concilio e di imporre le decisioni così prese sotto la sua direzione. Più tardi, sarà il papa che deciderà in materia di dogma, ma per parecchi secoli sarà l'imperatore nel concilio.

E il cristianesimo, così recentemente perseguitato, non tarderà a perseguitare lui stesso. Essendo fallito il tentativo di Giuliano di ritornare ad un politeismo tollerante, gli imperatori investiti del ruolo di guardiani del nuovo dogma, perseguiteranno i successori di Ario che vorranno aderire al dio unico, poi i pagani, poi i monaci refrattari... Grazie a Costantino, la religione cristiana divenne, in un solo regno, un potere intollerante, persecutore, criminale.

Le decisioni di Nicea. — In materia dogmatica, il Consiglio di Nicea risolse in maniera autoritaria tutti i problemi in discussione, sia a riguardo di Ario che in altre questioni. Il vescovo di Roma non era nemmeno stato convocato, gli si notificarono le decisioni.

Per conoscere le decisioni del Concilio di Nicea, basta leggere il Credo ufficiale della Chiesa romana, di cui nulla è stato cambiato di essenziale:

A — Il concilio inventa la Trinità. Per conciliare il monoteismo ariano con i tentativi di divinizzazione del Cristo, si afferma l'idea di un unico Dio in tre persone, e si volle far credere che questa sarebbe la grande rivelazione di Gesù. Io confesso di non aver mai trovato ciò nei vangeli, e un anno di corso di teologia sul mistero della Santa Trinità non mi aveva convinto. Tre persone suppongono tre volontà, quindi tre divinità distinte. Il Corano si solleverà contro la bestemmia che consiste nel dare un vero Figlio ad un Dio unico, e la personificazione di uno «Spirito» non appare mai nei vangeli se non come emanazione di Dio per mezzo del suo «soffio»

B — I rapporti tra Dio Padre e Suo Figlio poggiano sulla loro uguaglianza. Ora numerosi sono i passi dei vangeli dove Gesù si dichiara inferiore al Padre, [5] di cui ignora persino le decisioni. [6] D'ora in avanti è eretico colui che, contro quei testi, non riconosce l'uguaglianza delle tre persone.

C — Come conciliare quella divinità del Figlio con la sua umanizzazione? Il concilio, procedendo verso una nuova divisione, ammette l'esistenza nel Gesù deificato di due nature, che non si oppongono ma senza confondersi... Nessuno mi ha mai spiegato queste stupidaggini.

D — Ma soprattutto il concilio, presieduto da un imperatore ignorante e ancora non cristiano, impone le sue decisioni sotto pena di scomunica, in attesa della pira. 

Così, per la volontà di un gruppo di religiosi, il personaggio di Gesù ritrovava in una volta la sua natura divina secondo la Gnosi e conservava nello stesso tempo la sua umanità, introdotta a Roma contro Marcione e l'Evangelion. Più lo si aveva abbassato, più egli si trova elevato. Ma chi avrebbe ritrovato il personaggio dei vangeli, il crocifisso da Pilato, in questa ascensione prodigiosa che ne fa un eguale a Dio ? 

Il ruolo di Eusebio. — Le decisioni di Nicea causarono una conseguenza inevitabile, la riforma di tutti i testi in corso. Si procedette dunque alla rielaborazione:

— dei vangeli, ma senza pervenire a imporvi un'unità; malgrado ciò, il testo originale è scomparso;

— delle epistole paoline, il testo attuale che fa dire all'Apostolo tutt'altra cosa da quello che aveva scritto.

Nella stessa occasione, si fece scomparire tutto ciò che poteva sembrare contrario al nuovo dogma. 

Il cristianesimo che conosciamo oggi non è quello delle origini, è quello che si è fabbricato nel IV° secolo. In quella rielaborazione, un uomo ha giocato un ruolo nefasto: il vescovo Eusebio di Cesarea, cortigiano dell'imperatore Costantino. È a lui che si devono certamente un sacco di rimaneggiamenti che falsificarono il significato dei testi primitivi. È a lui che si deve anche una Storia della Chiesa in cui le autentiche origini sono falsificate. [7]


NOTE

[1] Origene, Contro Celso, libro 3.

[2] Il numero, in ogni caso, è certamente immaginario. Si è ipotizzato che sia potuto provenire da un'errata lettura del numero romano XI.

[3] Dom. Ch. Poulte, Histoire du christianisme, ed. Beauchesne, volume I, pag. 236.

[4] Fr. Delaisi, Les contradictions du monde moderne, ed. Payot.

[5] «Gesù non si è dunque designato come Figlio di Dio» (Guignebert, Jésus, pag.  319).

[6] Marco 13:32.

[7] Si veda Guy Fau, Eusèbe de Césarée et son histoire de l'Eglise, in Cahiers du Cercle Ernest Renan, n° 94, marzo 1976.

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