lunedì 19 ottobre 2020

LA PASSIONE DI GESÙ: FATTO DI STORIA O OGGETTO DI CREDENZAL'accordo di Gerusalemme.



L'accordo di Gerusalemme.

Sulle motivazioni dell'incontro di Gerusalemme e sulle decisioni alle quali portò, abbiamo due testi che danno indicazioni assai diverse, l'Epistola ai Galati 2:1-10, e gli Atti degli Apostoli 15:1-35. Senza dubbio gli Atti degli Apostoli 15,1-35 sono stati scritti nel loro testo attuale nel II° secolo a cura della Chiesa cattolica, [107] e cercano visibilmente di ridurre l'importanza dei conflitti; ma su un certo numero di punti i fatti successivi all'incontro di Gerusalemme sembrano dare loro ragione, e si potrebbe trovare in quella osservazione un argomentazione per vedere in questi versi del capitolo 2 di Galati l'opera di un discepolo di Paolo. 

L'Epistola fa del viaggio a Gerusalemme la conseguenza di una «rivelazione» ricevuta da Paolo. Gli Atti ci parlano di una missione, commissionata dalla comunità di Antiochia, guidata da Paolo e Barnaba: e ciò che sembra ben stabilirlo è che, alla fine del racconto stesso di Galati, le tre «colonne», Giacomo, Cefa e Giovanni, danno la mano in segno di associazione sia a Paolo che a Barnaba. [108]

L'Epistola (2:7-8) dichiara che quella associazione comportava una spartizione nell'evangelizzazione: i cristiani di Gerusalemme andavano ai circoncisi, vale a dire agli Israeliti, i cristiani di Antiochia andavano ai Gentili, vale a dire ai pagani. Già un dettaglio di forma rende sospetto un tale accordo. I versi 7 e 8 che lo riguardano menzionano «Pietro» come responsabile dell'evangelizzazione dei circoncisi, mentre i versi 9 e 11 designano lo stesso personaggio con il nome di Cefa, nome aramaico che significa roccia; il nome di Cefa è ovviamente il più antico, e potrebbe essere che i versi 7 e 8 siano interpolati per intero. [109] Soprattutto i fatti non sembrano rispondere ad una tale spartizione.

Da un lato, Loisy e Guignebert concordano sul fatto che i cristiani di Gerusalemme, e Pietro in particolare, non hanno mai predicato la nuova fede al di fuori della Giudea, almeno prima della persecuzione del 44. [110] Dall'altro lato, è inesatto «che Paolo abbia preso l'iniziativa della predicazione tra i Gentili e che sia stato, durante la sua vita, quasi l'unico a convertire dei non-ebrei; inoltre lui stesso e gli altri missionari di Antiochia parlavano dapprima nelle sinagoghe, e quando non vi erano più supportati, guadagnarono dei proseliti nella clientela pagana delle sinagoghe»; [111] E se siamo male informati sui suoi emulatori dall'autore degli Atti, è senza dubbio perché quest'ultimo è stato colpito dalla portata della sua azione, ma forse è anche perché gli altri missionari non hanno lasciato scritti capaci di rivaleggiare con le lettere di Paolo. [112]

I missionari di Antiochia non imponevano ai loro seguaci pagani la circoncisione. Ora gli Atti fanno sapere che dei cristiani anonimi venuti dalla Giudea ad Antiochia pretendevano di costringere i gentili convertiti a farsi circoncidere; ed è quella pressione che spinse la comunità di Antiochia ad inviare una missione a Gerusalemme. Sembra che proprio quella questione costituisse il principale e forse l'unico scopo del viaggio. Secondo gli Atti, il seguente compromesso sarebbe stato adottato a Gerusalemme: la circoncisione non sarà imposta ai pagani convertiti; si domanderà loro solo di astenersi dalla carne offerta agli idoli, dal sangue, dalle carni soffocate e dalla fornicazione (Atti 15:28-29). «Queste prescrizioni hanno tutte una natura strettamente rituale, e non affatto morale. La proibizione del sangue concerne le carni d'animali macellati in modo diverso da quello secondo le regole mosaiche; e la fornicazione designa non l' immoralità sessuale, ma il matrimonio tra gradi di parentela proibiti dalla Legge ebraica. Era insomma «il minimo delle osservanze rituali», che costituiva, «nell'uso rabbinico, lo statuto dei pagani giudaizzanti». Ma Paolo l'ha veramente accettato? «Imporre questo codice ai cristiani venuti dal paganesimo equivaleva a fare di loro anche dei «timorati di Dio» o semi-proseliti, a fare della Chiesa dei gentili una mera estensione di Israele, a rendere i suoi membri dei fedeli di seconda classe, rispetto ai fedeli giudeo-cristiani di piena osservanza, e a fare del cristianesimo una sorta di giudaismo ai minimi termini».

Ora, per l'editore canonico degli Atti, «non c'è alcun dubbio che il decreto, accettato da Paolo, ... è stato applicato ovunque. Si può ricavare, a quanto sembra, che, al tuo tempo» (II° secolo), «era in vigore nella maggior parte delle chiese, ivi comprese quelle che aveva fondate Paolo». Queste prescrizioni sono state osservate per diversi secoli, principalmente nelle Chiese orientali. «All'epoca degli apostoli, esse attestano una influenza singolarmente forte delle norme ebraiche...» [113]

Nell'immediato, sembra che la decisione di Gerusalemme non sia stata abbastanza netta da porre fine ad ogni conflitto sul tema delle pratiche rituali. Nell'Epistola ai Galati 2:11-14, Paolo accusa Pietro, venuto ad Antiochia, dopo aver per qualche tempo mangiato con i Gentili, di essersi in seguito «tenuto in disparte, per paura dei circoncisi», ossia degli emissari di Gerusalemme, «inviati da Giacomo»; Barnaba stesso sarebbe stato trascinato dalle loro manovre. L'editore canonico degli Atti ignora la venuta di Pietro ad Antiochia e dà un motivo futile al dissenso tra Barnaba e Paolo. [114] Va visto in quella presentazione l'effetto della costante tendenza dell'editore degli Atti a minimizzare i conflitti tra cristiani? Tuttavia, in una delle sue ultime opere, Le Origines du Nouveau Testament (1936), — basandosi sulla natura inesatta della maniera con cui l'editore mistico dell'Epistola ai Galati (2:4-10) ha rappresentato l'incontro a Gerusalemme e sull'assenza di ogni menzione di Pietro nell'ultima parte degli Atti, — Loisy ha avanzato l'ipotesi che costui fosse morto nella persecuzione ordinata da Agrippa I nel 44, poco dopo quell'incontro. [115] Quel che ne sia, sembra che dopo l'incidente di Antiochia, Paolo abbia continuato la sua carriera di apostolo in isolamento, dovendo lottare contro la pressione dei giudaizzanti, come dimostra l'Epistola ai Galati, senza rompere tuttavia con la Chiesa di Gerusalemme. Egli visitò la Chiesa di Gerusalemme; renderà visita a questa, nel 55 o nel 58; [116] è nel corso di quella visita che al seguito di una manifestazione degli ebrei contro di lui, egli è arrestato e tenuto in prigionia. 

NOTE

[107] Sulla distinzione tra l'autore del testo primitivo degli Atti e lo scrittore canonico che ha rimaneggiato questo testo, si veda più avanti, pag. 160-164.

[108] LOISY, Remarques, pag. 41, e GUIGNEBERT, Le Christ, pag. 308, ritengono l'uno e l'altro che, nelle missioni organizzate a quest'epoca dalla comunità di Antiochia, il primato apparteneva a Barnaba.

[109] Ci si ricorderà del celebre gioco di parole nel Vangelo di Matteo 16:13: Gesù disse al suo discepolo: «Io ti dico che tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa»; si ricorderà anche l'importanza di quella frase nella teologia cattolica per stabilire la supremazia dei papi, vescovi di Roma e successori dell'apostolo Pietro.

[110] Si veda GUIGNEBERT, Le Christ, pag. 121 e 124. LOISY è ancora più radicale di Guignebert a questo proposito: «La maggior parte dei Dodici senza dubbio non furono mai missionari... Pietro non va contato tra i propagandisti della nuova fede al di fuori della Giudea» (Remarques, pag. 43 e 181); «la spartizione del mondo da convertire: gli ebrei da Pietro, i Gentili da Paolo, non ha avuto realtà, da cui si potrebbe ricavare che essa non è mai stato conclusa (La naissance du christianisme, pag. 251).

[111] LOISY, Remarques, pag. 43 e pag. 177-180 (si veda più sopra, pag. 102, nota 5. Si veda nello stesso senso GUIGNEBERT, Le Christ, capitolo 5, dove si tratta degli Ellenisti, capitolo 7, L'attività apostolica di Paolo, sezione 3, L'ambiente religioso dove Paolo ha operato, pag. 275-281.

[112] Marcel SIMON, Les premiers chrétiens, pag. 78-79; nello stesso senso, si veda GUIGNEBERT, Le Christ, pag. 274.

[113] Marcel SIMON, Les premiers chrétiens, pag. 73-78.

[114] LOISY, Remarques (1935), pag. 44-45; GUIGNEBERT, Le Christ (1943), pag. 307-308; Marcel SIMON, Les premiers chrétiens (1952), pag. 72-74.

[115] LOISY, Les Origines du Nouveau Testament (1936), pag. 193, nota 1. Si veda più sopra, pag. 83, nota 98 e pag. 102, nota 6. Si veda anche G. ORY, Les Apôtres et saint Pierre... (1957), op. cit., in particolare pag. 23-32: senza esprimere ipotesi sulle circostanze della morte di Pietro, Ory conclude «che la sua presenza a Roma non è attestata da documenti di valore, che il suo martirio resta dubbio e la sua sepoltura romana, più che problematica».

[116] Si veda più avanti, pag. 157, nota 133.

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