domenica 18 ottobre 2020

LA PASSIONE DI GESÙ: FATTO DI STORIA O OGGETTO DI CREDENZAL'atteggiamento di Paolo verso i «notabili» cristiani di Gerusalemme.



L'atteggiamento di Paolo verso i «notabili» cristiani di Gerusalemme.

Per Turmel, — e per Loisy, che sembra seguirlo a questo riguardo, — nel racconto di Galati, «tutto è fittizio, tranne il viaggio a Gerusalemme». Loisy pensa, — come ha detto a proposito degli attacchi contenuti nella 2° Epistola ai Corinzi contro i «superapostoli», [100] — che ciò che è detto in Galati sull'atteggiamento di Paolo nei confronti dei notabili della Chiesa cristiana di Gerusalemme sia la trasposizione, al tempo di Paolo, di polemiche successive tra le diverse scuole cristiane.

Ma se si ammette, come fanno Guignebert e Marcel Simon, che il capitolo 2 di Galati sia davvero di Paolo, quali conclusioni se ne devono trarre? Ecco i passi più significativi. «Esposi loro il Vangelo che io predico tra i Gentili, [101] ma lo esposi privatamente ai notabili... Coloro che si tenevano per notabili — quali fossero allora non m'interessa, perché Dio non bada a persona alcuna — i notabili, dico, non m'imposero nulla» (vale a dire non imposero a Paolo alcuna istruzione che limitasse la sua liberta di apostolo). «Anzi al contrario Giacomo, Cefa e Giovanni, ritenuti le colonne, diedero a me e a Barnaba la loro destra in segno di comunione, perché noi andassimo verso i Gentili ed essi verso i circoncisi... Ma quando Cefa venne ad Antiochia, gli resistei in faccia perché era da condannare...».

«Un simile atteggiamento non si comprenderebbe», — ha scritto nel 1954 Alfaric (che ammette l'autenticità di questo passo), — «in un cristiano che non aveva mai incontrato il Cristo, nei confronti di persone che lo avrebbero visto, che avrebbero vissuto nella sua intimità, che avrebbero potuto descrivergli la sua vita,  riferirgli le sue parole». [102]

Così, nel caso in cui un profeta ebreo dal nome di Gesù fosse stato crocifisso nel 28, Paolo, convertito al suo culto diciotto mesi dopo, avrebbe aspettato tre anni, se si accetta come autentico il passo che sembra dovuto ad un'interpolazione cattolica, quattordici anni, se lo si rifiuta, per recarsi a Gerusalemme, al fine di vedere i discepoli diretti del comune Maestro. Non solo Paolo avrebbe così mostrato una strana indifferenza verso un uomo divino, morto recentemente nel supplizio più atroce, [103] ma avrebbe manifestato, nei confronti dei compagni di quest'ultimo, una non meno strana indifferenza, dichiarando, per esempio, a proposito di loro, che «Dio non bada a persona alcuna», oppure vantandosi di aver resistito a Cefa (Pietro), il primo che avrebbe visto Gesù risorto.

Guignebert ha ben compreso la «forza dell'argomento, sul quale i miticisti (del suo tempo) insistevano di preferenza». Egli ha invocato la volontà di Paolo, che aveva ricevuto una diretta rivelazione da Gesù Cristo, di «affermare la sua indipendenza evangelica». [104] «Ci sono degli uomini», ha scritto altrove, «che traggono una giustificazione di autorità dall'aver conosciuto Gesù nella carne e che hanno fatto sentire a Paolo quale vantaggio vi era per loro. Per questo proclama che anche lui ha visto il Signore, non nella carne, come le persone di Gerusalemme, ma sul piano dello spirito, per un privilegio che ha esaltato la sua umiltà. La preoccupazione di ristabilire, tramite quella impressionante compensazione, la dignità della sua missione di fronte al prestigio dei Dodici mi sembra provare la certezza che aveva» Paolo sul fatto «che Gesù era veramente vissuto». [105]

Ma nessun testo di Paolo stabilisce che i «notabili» di Gerusalemme abbiano invocato nei suoi confronti il vantaggio di «aver conosciuto Gesù nella carne»: questa non era che una supposizione di Guignebert, e lui la ha utilizzata come se fosse un dato di fatto. Egli stesso doveva più tardi presentare la stessa ipotesi con molta più riserva: «Paolo era contestato? Si era scontrato con la domanda preliminare: Ma chi sei tu? Chi ti conosce? Chi ti garantisce... ? Tutte domande alle quali noi non possiamo rispondere...» [106]

NOTE

[100] Si veda più sopra, pag. 136-137.

[101] Il termine di Gentili, ossia gli uomini delle nazioni (in latino: gentes, in greco: ethnè) diverse da Israele, è impiegato comunemente negli scritti cristiani per indicare i pagani.

[102] ALFARIC, Le problème de Jésus, pag. 19-20.

[103] Si veda più sopra, pag. 114-115.

[104] GUIGNEBERT, Le Christ, pag. 138-139.

[105] GUIGNEBERT, Jésus, pag. 73.

[106] GUIGNEBERT, Le Christ, pag. 297. Queste questioni sono poste da Guignebert all'occasione, non del viaggio fatto da Paolo quattordici anni dopo la sua conversione, ma di quello che avrebbe compiuto tre anni dopo quella conversione, e di cui Guignebert ammette la realtà: si può tuttavia ritenere che tali questioni hanno una portata generale. 

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