venerdì 2 ottobre 2020

LA PASSIONE DI GESÙ: FATTO DI STORIA O OGGETTO DI CREDENZAIl significato della tradizione evangelica.



Il significato della tradizione evangelica. 

A quali conclusioni ci conduce questo esame delle tre grandi opere cristiane del I° secolo, riguardanti le informazioni che si possono raccogliervi sulla carriera terrena di Gesù? 

Le Epistole paoline contengono due passi, di cui uno, appartenente alla 1° Epistola ai Corinzi (2:7-8), afferma che il Signore della gloria è stato crocifisso dai Principi di quest'età, e di cui l'altro, inserito nell'Epistola ai Filippesi (2:6-11), fa di Gesù un nome di culto, conferito da Dio a suo Figlio dopo il compimento della sua missione. Una tale interpretazione è confermata da diversi passi di una piccola apocalisse giudaico-cristiana, l'Ascensione di Isaia (9:14 e 11:18-21; 10:7), che in particolare situa la crocifissione del Figlio di Dio nel dominio della leggenda religiosa ebraica, e non in quello della storia politica romana. [124

D'altra parte, — indipendentemente perfino dalla luce che può venire dalle citazioni precedenti, — i diversi passi delle Epistole paoline dove si è creduto di scorgere delle allusioni ad una vita terrena di Gesù o sembrano condurre alla concezione di una pura figura religiosa, oppure, per lo meno, possono essere interpretati nel senso dell'una o dell'altra delle tesi opposte. [125]

Quanto all'Apocalisse e all'Epistola agli Ebrei, è Loisy stesso — benché affermi la realtà della carriera terrena di Gesù al tempo di Tiberio, — che ha rilevato «la poca attenzione che l'Apocalisse ha per la tradizione evangelica» e persino la totale ignoranza in cui il suo autore sembrerebbe essere a riguardo della predicazione evangelica; [126] è lui anche che ha sottolineato «l'indifferenza dell'autore dell'Epistola agli Ebrei verso le circostanze reali della vita e della morte di Gesù» e la sua «indipendenza nei riguardi di quella che si chiama comunemente tradizione evangelica». [127]

Sottolineiamo questi ultimi termini impiegati da Loisy, che esprimono il suo scetticismo nei confronti della «tradizione evangelica»: «Ciò che è certo», spiega, «è la grande libertà che, prima della canonizzazione del Nuovo Testamento, regna nel lavoro della tradizione cristiana sui materiali», di diversa ispirazione, «di cui quella tradizione disponeva per costruire la leggenda di Gesù e il suo mistero», e per prendere «l'apparenza di una tradizione storica». [128] Quanto ai rapporti di questi materiali con la realtà, egli li ha giudicati così, — a proposito del Vangelo di Marco, «manuale abbreviato di istruzione cristiana..., elaborato nei circoli cristiani devoti alla memoria di Paolo» e ostili a coloro che si richiamavano alla chiesa cristiana di Gerusalemme: [129] «la dipendenza degli altri scritti evangelici», dice Loisy, «specialmente di Matteo, scritto in Oriente, nei confronti di questo libro, sarebbe sufficiente a provare la povertà originaria di quella che si è soliti chiamare la tradizione evangelica». [130

Eppure Marcel Simon ha scritto nella sua opera, Les premiers chrétiens: «La tesi miticista ... trascura in particolare, — senza parlare di enormi implausibilità, — tutta l'elaborazione orale della tradizione evangelica che ha preceduto e condizionato la stesura dei Vangeli...». [131

Quale è il valore di quella «tradizione evangelica orale», che si oppone agli scritti risalenti al I° secolo dell'era cristiana o all'inizio del II°? Si riconosce che si è «elaborata», senza che si possa dire nulla a proposito delle condizioni di quella elaborazione, specialmente della parte relativa che equivarrebbe ai ricordi e alle fantasie. Ma soprattutto, quali indizi si hanno dell'esistenza stessa di una tale tradizione?

Senza dubbio non converrebbe invocare a questo proposito in maniera assoluta la data del documento alla quale conduce l'elaborazione di quella tradizione, cioè il Vangelo di Marco, data posteriore di almeno quindici o venti anni dopo, e senza dubbio di una cinquantina d'anni, al tempo in cui Paolo ha scritto le sue Epistole. [132] Come osservava Goguel, «la data della stesura di un testo non fissa l'età della tradizione che vi è consegnata e, dopo il 70, Marco può aver riprodotto una forma della tradizione più antica di quella che è stata data nella 1° Epistola ai Corinzi», riguardante la cena. [133] Ancora è necessario che si apportino delle prove della realtà della tradizione che si invoca. Guignebert aveva fatto nel 1926 la stessa obiezione generale alla tesi di Couchoud, che presentava le Epistole di Paolo, il documento più antico sul cristianesimo, come contenenti la concezione più antica di questo credo che sia possibile raggiungere. Ma nel 1933, a proposito della cena, è Guignebert stesso che scriveva: «C'è ogni probabilità che la fonte di Marco sia Paolo stesso», e aggiungeva: «Io non mi arresto all'ipotesi di una fonte comune, sostenuta poc'anzi ancora da Goguel; essa complica inutilmente le cose...». [134

Però si afferma che si è svolta una carriera terrena di Gesù, basandosi su un documento, il Vangelo di Marco, posteriore di almeno quarant'anni alla data in cui quella carriera si sarebbe tragicamente terminata; nell'intervallo non si trovano che dei documenti che non ne dicono nulla o che contraddicono il contenuto del Vangelo. Per collegare tra loro l'evento e la relazione, si avanza l'ipotesi di una tradizione orale: poi si oppone quella spiegazione ipotetica ai documenti che si vogliono scartare: questo equivale a far uso di di una petizione di principio.

Abbiamo così criticato la tesi di coloro che, ponendosi sul piano della storia, domandano alla «tradizione orale» di sostituire o di contraddire dei documenti scritti, per stabilire la realtà della crocifissione di Gesù al tempo dell'imperatore Tiberio. Ma noi ripetiamo che non discuteremo il principio di quella «tradizione evangelica orale», quando fa parte di un credo religioso, al quale i suoi seguaci possono riferirsi.

Comunque, se si accettano le nostre conclusioni precedenti, ne risulterebbe che la concezione della missione di Gesù Cristo è la manifestazione di una grande corrente della storia religiosa, che ha attraversato il mondo romano, all'inizio dell'Impero, particolarmente nelle sue province dell'Asia occidentale. Ma restano allora da presentarne due aspetti essenziali: intorno alla sua fonte, come è nata e ha cominciato a svilupparsi il credo in Gesù, Figlio di Dio, che si sacrifica per l'umanità; intorno alla sua terminazione, come si spiega la raffigurazione umana di Gesù nel Vangelo di Marco. Dobbiamo tentare una tale impresa, al fine di riconoscere se, realmente, gli inizi del cristianesimo, in assenza della crocifissione di Gesù, per ordine di Ponzio Pilato, non possano essere esposti senza delle «enormi inverosimiglianze». [135]

NOTE

[124] Noi non menzioniamo qui che le opere cristiane precedenti ai Vangeli sinottici (o contemporanei); ecco perché non ricordiamo né la baraita sopracitata del Talmud israelita né i passi degli Atti o del Vangelo di Giovanni, segnalati più sopra, perché queste opere dipendono, a gradi diversi, dalla «tradizione evangelica».

[125] Si veda più oltre l'Appendice 2.

[126] Si veda più oltre, Appendice 3, pag. 298-299.

[127] Si veda più oltre, Appendice 4, pag. 311-312.

[128] LOISY, La naissance du christianisme, pag. 42 e 328.

[129] LOISY, La naissance du christianisme, pag. 50-52 (si veda più oltre, pag. 195, nota 64, e pag. 199). Sulle relazioni di Paolo con questa chiesa, si veda più oltre, pag. 129 e seguenti.

[130] LOISY, La naissance du christianisme, pag. 52.

[131] MARCEL SIMON, Les premiers chrétiens (1952), op. cit., pag. 27.

[132] Le Epistole di Paolo (per le parti scritte da lui stesso) si susseguono tra il 51 e il 64 (si veda più sopra, pag. 46). L'epoca in cui sarebbe stata realizzata la prima stesura del Vangelo di Marco si situa, secondo i critici, tra il 72 e il 130, probabilmente alla fine del I° secolo (si veda più sopra, pag. 15-16, e più oltre, pag. 198-199).

[133] GOGUEL, Jésus, pag. 350.

[134] Si veda GUIGNEBERT, resoconto dell'opera di COUCHOUD, Le mystère de Jésus, apparsa nella Revue de l'Histoire des Religions, 1926, volume 94, pag. 226-227, e d'altra parte Jésus (1933), pag. 547.

[135] Si veda sopra, nota 95-96, la citazione di Marcel SIMON, Les premiers chrétiens, pag. 27. 

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