lunedì 28 settembre 2020

LA PASSIONE DI GESÙ: FATTO DI STORIA O OGGETTO DI CREDENZAL'allusione alla crocifissione.



L'allusione alla crocifissione.

Una allusione precisa alla Passione di Gesù sarebbe fatta, nel capitolo 11, in occasione del racconto della morte dei «due testimoni» che saranno vinti e uccisi dalla bestia che salirà dall'abisso: «i loro cadaveri giaceranno sulla piazza della grande città, che spiritualmente si chiama Sodoma ed Egitto, dove anche il loro Signore è stato crocifisso» (11:8). Come spiegare queste ultime parole?

Una prima spiegazione è quella dei critici che negano la realtà di una carriera terrena di Gesù al tempo di Tiberio. Essi considerano quelle parole interpolate, per le seguenti ragioni: una tale allusione non occuperebbe che un frammento di un verso sui 405 versi che comprendono l'Apocalisse; e sarebbe strano se una «nozione così fondamentale» come quella della crocifissione di Gesù fosse introdotta per un episodio accidentale in un'opera così estesa e dove un posto così grande è occupato dall'Agnello immolato per la redenzione degli uomini. [87] Alfaric pensava addirittura che quelle parole «siano in profondo disaccordo con la prospettiva generale del libro, dove il Cristo appare sotto la figura di un «Agnello» sgozzato ritualmente, il cui sangue scorre per purificarci, piuttosto che sotto quello di un crocifisso, che può morire senza versare una goccia di sangue». [88

Una seconda spiegazione è data dai critici che vi vedono un'allusione alla crocifissione di Gesù. [89] Senza dubbio Loisy, in La naissance du christianisme, dopo aver riconosciuto che «l'Apocalisse ha poca attenzione per la tradizione evangelica», [90] si era limitato ad aggiungere che «accidentalmente ci dice che il Cristo è stato crocifisso a Gerusalemme». Ma, in Historie et mythe, dove si tratta di confutare i «miticisti», egli preciserà l'allusione che vi scorge. [91] «Non si tratta in alcun modo», scrive, di una spiegazione interpolata nel testo, ma «del richiamo» di un fatto ben noto. Poi Loisy viene ai due testimoni uccisi, esposti per tre giorni e mezzo nella piazza della grande città e resuscitati, mentre il testo si limita d'altra parte a menzionare che in quella stessa città «il loro Signore è stato crocifisso». Chi sono quei due testimoni? Loisy ci ricorda che gli storici vedono nell'uno il profeta Elia, nell'altro Mosè o Enoc. Poi commenta: «La singolarità del loro caso, concepito indipendentemente da ogni rapporto con quello di Gesù, è certamente significativa; [92] ma per questo stesso motivo, una correzione dell'autore cristiano era necessaria. Questa correzione, la abbiamo nella minuscola riga che concerne la crocifissione di Gesù; è un complemento redazionale, non è un'interpolazione tardiva».

Una volta di più, Loisy spiega come il testo possa conciliarsi con la Passione di Gesù, ammessa come un fatto storico, allorché si tratta di esaminare se il testo concorra a stabilirne la realtà. [93]

Ma quand'anche si ammetta che il testo faccia allusione alla crocifissione di Gesù, esso non dà alcuna indicazione sul tempo e sulle circostanze dove essa è stata compiuta. 

Ma l'esattezza stessa di una tale allusione è stata recentemente messa in discussione da uno studio, dove un'altra spiegazione è proposta. In un articolo riguardante La vie et la mort du Maître de Justice, — ispiratore, lo si ricordi, della setta ebraica degli Esseni, da cui derivano i Manoscritti del Mar Morto, [94] — A. Ragot ha visto nell'Apocalisse, dove si riconosce generalmente una forte influenza ebraica, delle numerose allusioni agli Esseni e al Maestro di Giustizia. [95] Egli interpreta così il capitolo 11:

«Essi (i pagani) calpesteranno la santa città per quarantadue mesi...» (Apocalisse 11:2). Quella indicazione... si riferisce... all'invasione della Palestina da parte di Pompeo nel 63 prima dell'era cristiana. Infatti, si parla subito dopo dei due «testimoni» dell'Agnello: «Quando avranno compiuto la loro testimonianza, la Bestia che sale dall'abisso farà guerra contro di loro, li vincerà e li ucciderà; i loro cadaveri giaceranno sulla piazza della grande città, che spiritualmente si chiama Sodoma ed Egitto, dove anche il nostro Signore è stato crocifisso» (Apocalisse 11:7-8). La città è proprio Gerusalemme e la Bestia è molto probabilmente Roma. L'immagine è analoga a quella del Commentario di Abacuc [96] ... Non si possono considerare... quelle dichiarazioni un'evocazione della morte di Gesù, secondo i Vangeli, seguita circa quarant'anni dopo dalla presa di Gerusalemme (da parte di Tito), nel 70. I due crimini sembrano più vicini l'uno all'altro. Non si vede chi avrebbero potuto essere quei due testimoni che erano anche dei profeti (Apocalisse 11:3). Né Stefano, né Giacomo si sono mai passati per tali, e sono gli ebrei, non i Romani, che li hanno messi a morte. [97] Pietro e Paolo non sono stati uccisi a Gerusalemme. [98] L'allusione si riferisce piuttosto alla Passione del Maestro di Giustizia..., poco prima dell'arrivo di Pompeo. Questo unto sarebbe quindi stato crocifisso, o perlomeno sospeso all'albero, con o senza lapidazione preliminare. Resterebbe da ammettere che due capi dell'Alleanza (essena) sconvolta sarebbero stati uccisi, dopo una breve resistenza, dai legionari che entravano nella Città Santa... Si sarebbero «alzati in piedi» tre giorni e mezzo dopo la loro morte e sarebbero allora saliti al cielo (Apocalisse 11:11-12), come si cominciava, senza dubbio, a raccontare del loro maestro».

La «supposizione» di A. Ragot, che identifica il «Signore dei due testimoni» dell'Apocalisse con il Maestro di Giustizia dell'Alleanza essena, dovrà essere apprezzata dagli specialisti. [99] Stando ad essa, l'Apocalisse avrebbe precisato, negli ultimi trent'anni del I° secolo dell'era cristiana, che, intorno al 63 prima di quest'era, il Maestro di Giustizia sarebbe stato «crocifisso», — al di là se quella precisazione sia peraltro il risultato di una tradizione o di una fantasia; ma va ricordato che la legislazione penale ebraica non prevedeva la crocifissione del condannato vivo secondo la prassi romana; si sospendeva ad un palo di legno il cadavere del condannato precedentemente messo a morte (in generale per lapidazione per i crimini religiosi); e la parola greca stauros, così come la parola latina crux, si applicavano ai supplizi di ogni genere inflitti su un palo di legno. Quel significato molteplice può aiutare alla comprensione dell'Apocalisse, come dei Vangeli. [100

A conclusione di questo esame, sembra lecito dire che l'Apocalisse, importante opera cristiana, di ispirazione così anti-romana, non ci apporta alcuna testimonianza sulla carriera terrena e sul supplizio di Gesù, ordinato da Ponzio Pilato. 

NOTE

[87] Si veda COUCHOUD, Jésus, Dieu fait homme, pag. 127 nota 3; ALFARIC, Le problème de Jésus, pag. 19.

[88] ALFARIC, Le Problème de Jésus, pag. 19. Osservazione analoga in uno studio di G. ORY, Jésus a-t-il été crucifié ? (Cahiers du Cercle Ernest Renan, n° 6, secondo trimestre 1955, pag. 11). «L'usanza più comune era di fissare il condannato alla croce con delle corde», ha scritto GOGUEL, Jésus, pag. 445, nota 2 (si veda più oltre, Appendice 3, pag. 292). Si veda più oltre lo stesso problema a proposito dell'Epistola agli Ebrei, pag. 93.

[89] Si tratterà di seguito unicamente l'opinione di Loisy. GOGUEL ha menzionato (Jésus, pag. 95) il verso 8 del capitolo 11 come facente allusione ad una «storia umana», ma non ne ha dato alcun commentario.

[90] Si veda più oltre, Appendice 3, pag. 298-299.

[91] LOISY, Histoire et mythe, pag. 90-91.

[92] Sottolineato da Loisy.

[93] Loisy ha creduto di trovare un'altra allusione alla Passione di Gesù nelle parole del verso 7 del capitolo 1, relativo al Cristo in gloria: «Ecco, viene sulle nubi e ognuno lo vedrà, anche quelli che lo trafissero». Il valore di questo passo sarà esaminato nell'Appendice 3, pag. 291-293.

[94] Si veda più sopra, pag. 24-26.

[95] A. RAGOT, La vie et la mort du Maître de Justice, Bulletin du Cercle Ernest Renan, n° 39, novembre 1956.

[96] Commentario di Abacuc, colonna 3:9-11, uno dei manoscritti del Mar Morto, di cui DUPONT-SOMMER ha dato la traduzione, con delle note, nella Revue de l'histoire des religions, aprile-giugno 1950, pag. 132-133 e pag. 154-155.

[97] Secondo la tradizione evangelica, vi sarebbero stati a Gerusalemme due cristiani prominenti, dal nome di Giacomo. Uno era Giacomo, figlio di Zebedeo, come Giovanni (sotto il nome del quale è stata collocata l'Apocalisse), e, come lui, discepolo diretto di Gesù; gli Atti degli Apostoli (12:1) lo fanno mettere a morte dal re Erode Agrippa I; gli storici, in generale, collocano questa morte nel 44 e ammettono che Giovanni sia morto nello stesso tempo di suo fratello (si veda più sopra, pag. 75). L'altro Giacomo è presentato dalla tradizione evangelica come il fratello di Gesù; la testimonianza dello storico ebreo Giuseppe permette di collocare la sua morte nel 62, per ordine del sommo sacerdote Anania (si veda più sopra, pag. 38-39, e più oltre, pag. 127-129 e Appendice 2, pag. 265). Ragot ha senza dubbio in vista il secondo Giacomo. Su Stefano, si veda più oltre, pag. 100-1001, 104-108, 126-127.

[98] Paolo, certamente no, e Pietro non più di lui, secondo la tradizione. Tuttavia Loisy ha avanzato l'ipotesi che Pietro fosse morto a Gerusalemme nella persecuzione ordinata da Agrippa I nel 44 (si veda più oltre, pag. 147); ma, in questo caso, egli non sarebbe stato vittima dei Romani.

[99] A. RAGOT presenta un argomento aggiuntivo, che si basa sull'identificazione del Maestro di Giustizia con Onia, di cui parla Giuseppe, ricordando che il potere di comandare alla pioggia e agli elementi, attribuito dall'Apocalisse (11:6) ai due testimoni, era riconosciuto ad Onia, così come lo riporta GIUSEPPE, Antichità giudaiche (14:2:1). Quella identificazione è stata proposta da R. Goossens (si veda DUPONT-SOMMER, Aperçus préliminaires sur les manuscrits de la Mer Morte (1950), pag. 47, nota 22); Millar BURROWS la mette in dubbio ne Les manuscrits de la Mer Morte, 1955, traduzione francese, 1957, pag. 210; all'occasione di una conferenza che ha fatto nel dicembre 1957 al Cercle Ernet Renan, Dupont-Sommer ha dichiarato che la tesi di Goossens era molto suggestiva, ma non era ancora stabilita in maniera certa (si veda Bulletin du Cercle, n° 51, febbraio 1958). Sul Maestro di Giustizia, si veda più sopra, pag. 25, e più avanti, pag. 119-120.

[100] Si veda più sopra, pag. 53, nota 23 e 24, e pag. 55-56, e più oltre, pag. 201-203.

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