giovedì 20 agosto 2020

LA PASSIONE DI GESÙ: FATTO DI STORIA O OGGETTO DI CREDENZAIntroduzione

La religione dà rispettabilità al soprannaturale, che altrimenti sarebbe una puttana, senza mezzi visibili di sostentamento.
(ANONIMO)  
PAPPAPROL, per esempio, indicava gli scribi scadenti e l'informazione fasulla che il Partito propinava alle masse.
(George Orwell, 1984)
Il Dio di Coincidenza   
Può qualcuno negare che  
Una cosa dopo l'altra  
In sequenza e logica  
Mai vista prima   
Non può essere che la  
Interferenza di un Dio  
Determinata a provare che   
Ognuno che pretende  
Di conoscere ora  
Una cospirazione è   
Demente? 
(Kent Murphy)

Gesù di Nazaret non è mai esistito. È un personaggio di pura finzione letteraria, scaturito dalla penna dell'evangelista «Marco»

Il punto è EVIDENZA. Non esiste nessuna prova storica al di fuori dei vangeli che Gesù esistette. 

E quel primissimo documento su di lui, le sette epistole autentiche di Paolo (le altre sono false) non menzionano per nulla un Gesù terreno nella loro densa e impenetrabile teologia. 

In realtà il ruolo di Paolo, con il suo Gesù celeste, è più nebuloso. Sembra che «Marco» fosse il grande autore dietro ciò che oggi è capito come cristianesimo. Gesù era il nome di un essere celeste, subordinato a dio, con cui Saulo/Paolo allucinò conversazioni. Il vangelo cominciò come un'allegoria mitica circa il Gesù celeste, situato sulla terra, come lo erano la maggior parte dei miti (ad esempio il mito di Osiride). 

Quanto ai vangeli, se questo fittizio processo di Gesù da essi descritto fosse realmente accaduto, non solo Ponzio Pilato avrebbe crocifisso Gesù, ma avrebbe crocifisso pure gli scribi e gli anziani e i capi dei sacerdoti. Quando si trattava di inchiodare qualcuno, Pilato aveva il grilletto molto facile. 

L'Incredulità di san Tommaso è un dipinto del Vasari, nella chiesa fiorentina di Santa Croce. Si tratta chiaramente di un'opera del Rinascimento.

Con gli strumenti di esegesi del nostro secolo non solo è possibile dubitare, come Tommaso, che Gesù resuscitò dai morti. È anche possibile dubitare che quell'ebreo esistette, come sanno bene i lettori di Richard Carrier. Perfino così, gli scettici sulla santa favola considerano sarcasticamente Tommaso il loro «santo patrono».


La Pietà del pittore Gerard David è la parte centrale di un trittico che è custodito nel Museo della Cattedrale di Cagliari. L'ebrea Maria, madre di Gesù, con la sua pietosa pietà, contempla le ferite che adornano le mani dell'ebreo martirizzato dai malvagi Romani.

Possiamo immaginare il senso di colpa che indusse i Pagani ad abbandonare i loro fieri dèi ed eroi «dai capelli d'oro», come li descriveva Omero, per adorare una divinità semitica piuttosto brutta e poco attraente.

Chi avrebbe potuto inventare il cristianesimo, una perfetta pappaprol per i gentili?

«Tutte le prove che abbiamo», dice Richard Carrier, «supportano fortemente la conclusione che fossero in realtà dei letterali rabbini ad aver originato la setta».

Abbiamo già intuito che è altamente probabile che il primo vangelo in ordine di tempo, quello di Marco, è stato scritto dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme. Questo puzza di guerra psicologica o di sottile vendetta contro i Romani.

Che piaccia o meno, gli stessi antichi documenti cristiani ci dicono in termini pressoché certi che la tesi del Mito di Cristo — il miticismo — è vera. In particolare, ci dicono che la religione cristiana ha messo radici nella frode... che i testi sacri della fede cristiana — il Nuovo Testamento — vanno rigettati in quanto del tutto indegni di fiducia nella ricostruzione delle Origini cristiane... e ci dicono che la civiltà occidentale giace, da Costantino in poi, sotto l'incantesimo di una menzogna.

Certo, si tratta di gravi capi d'accusa. Se, comunque, il semplice buon senso dovesse mai trionfare sul dogma dell'infallibilità religiosa in tutte le sue forme, verrà di certo il tempo in cui il mondo civilizzato dovrà accettare questi drastici giudizi storici.

Se collochiamo le armonizzazioni cosiddette «accademiche» dei vangeli, così come sono state concepite dai folli apologeti della fede sotto mentite spoglie di storici, entro una prospettiva o un giudizio che meglio si adatta alla realtà, dobbiamo concludere che il vangelo è un'opera d'arte religiosa che non muta la sua natura del tutto fabbricata unicamente perché è stato venduto e spacciato come «vero» sotto quattro versioni diverse.

E proprio come tutte le preghiere del mondo non serviranno a spostare un solo granello di sabbia, così tutte le razionalizzazioni del mondo non riusciranno a tirar fuori le castagne del vangelo dal fuoco della follia. 


MARC STÉPHANE

LA PASSIONE DI GESÙ

FATTO DI STORIA O OGGETTO DI CREDENZA

“Cercare la verità e dirla”
JAURÈS, Discorso alla Gioventù

“ Tutte le leggende sono vere.
"Non sono affatto dei fatti, sono dei pensieri”.
ALAIN, Suite à Mars,
II, Echec de la force, XXX, pag. 55

INTRODUZIONE

Dobbiamo ai lettori alcune spiegazioni sull'oggetto di quest'opera e sulle condizioni in cui è stato scritto. Il suo oggetto principale, e si può dire quasi esclusivo, è l'esame di questa questione: vi è stato un uomo di nome Gesù che era vissuto in Palestina al tempo degli imperatori romani Augusto e Tiberio e che era stato crocifisso per ordine del procuratore Ponzio Pilato, prima di diventare l'oggetto di un culto, al di là se quest'uomo, peraltro, debba essere considerato o meno come l'incarnazione di Dio, a seconda che si sia o non si sia credente cristiano? 

Data l'importanza del cristianesimo sotto tutti gli aspetti, si tratta senza dubbio di una questione molto seria. Non ero stato personalmente in alcuna maniera preparato a studiarla, ed è per questo che ho come l'obbligo di dire come vi sia stato condotto. Avevo letto circa quindici anni fa l'opera del non credente Charles Guignebert, Jésus, apparsa nel 1933, e la sua concezione mi sembrava accettabile: Gesù è stato un profeta ebreo e, dopo il suo supplizio, l'attaccamento dei suoi discepoli è stato il punto di partenza di un movimento di spiriti che ha portato ad una nuova religione, il cristianesimo; questo ha fatto di Gesù l'oggetto della sua fede e del suo culto. Alcune pagine del libro trattavano i «miticisti», coloro che negavano l'esistenza terrena di Gesù e non vedevano in lui che un mito. Io non mi posizionavo là.

Qualche tempo fa, l'occasione di una lettura mi fece conoscere i ricordi di un ex sacerdote, Prosper Alfaric, che, come altri storici più illustri, Renan, Loisy, lo studio dei testi sacri aveva condotto all'incredulità. Il libro, [1] scritto all'età di ottant'anni, faceva apparire l'autore come uno spirito onesto e riflessivo. Nelle ultime pagine, Alfaric, professore onorario di storia delle religioni alla Facoltà di Lettere di Strasburgo, rivelava che considerava da quarant'anni Gesù «come un puro mito».  Si era quindi formata questa concezione ben prima della pubblicazione, nel 1950, dei manoscritti scoperti con tre anni di anticipo in una grotta presso il Mar Morto e, come lo si è ricordato in un opuscolo pubblicato nel 1954, [2] le conclusioni che si cominciava a ricavare da questi documenti confermavano l'opinione che lui aveva enunciato dal 1946: «il cristianesimo è nato dall'essenismo». [3

A seguito della comunicazione del signor A. Dupont-Sommer, professore alla Sorbona, su Le Commentaire d'Habacuc, letto davanti all'Académie des Inscriptions et Belles-Lettres nel maggio 1950, [4] il presidente dell'Accademia, il signor Charles Samaran, aveva qualificato come «inquietanti» i risultati di quello studio. Poco dopo, il signor Dupont-Sommer scriveva, alla fine dei suoi Aperçus préliminaires sur les manuscrits de la Mer Morte (pag. 122): «Molti degli enigmi che, nei testi cristiani primitivi, sconcertavano lo storico e potevano orientarlo verso delle negazioni, — in primo luogo la negazione stessa dell'esistenza reale di Gesù — troveranno infine una spiegazione, una spiegazione chiara e positiva...».

Quelle righe facevano sperare una conferma esplicita della tesi, non mitica, di Guignebert, che era a sua volta quella di Loisy. Ma nel 1953, nei Nouveaux aperçus sur les manuscrits de la Mer Morte, il dotto professore enuncia i suoi scrupoli: dopo aver riassunto in qualche riga (pag. 194) la carriera di «Gesù il Nazareno», seguendo la tradizione evangelica, [5] e prima di esporre, in una pagina ammirevole (pag. 208), le differenze tra Gesù e il «Maestro di giustizia», ispiratore della setta degli Esseni (morto intorno al 63 prima dell'era cristiana), il signor Dupont-Sommer scrive (pag. 207) che «deve lasciare ad altri, eminenti specialisti dei problemi del Nuovo Testamento, il compito di determinare nei dettagli tutto ciò che fa l'originalità di questo «nuovo Profeta e della Chiesa che è nata dalla fede in lui».

Tra questi eminenti specialisti, va contato certamente  il signor Marcel Simon, decano della Facoltà di Lettere di Strasburgo. Ha scritto un brillante volumetto su Les premiers chrétiens, [6] dove tiene conto (pag. 34) degli studi del signor Dupont-Sommer sui manoscritti del Mar Morto. Anche M. Simon respinge la «tesi miticista»; ma non può entrare, in questo breve libro, «in una discussione dettagliata». La tesi, scrive (pag. 27), «è stata molte volte confutata, in maniera decisiva, a mio avviso, da penne altamente autorizzate».

Tra queste «penne altamente autorizzate», vi sono quelle di Guignebert e di Loisy. Ai loro tempi, il più brillante dei «miticisti», l'unico noto al pubblico non specializzato, era P. L. Couchoud. Egli ha pubblicato nel 1924 Le mystère de Jésus e Guignebert ha dedicato alla sua confutazione nel 1926 un articolo di 32 pagine nella Revue de l'histoire des religions. [7] Tredici anni dopo (1937), Couchoud si ripresenta, pubblicando Jésus, le Dieu fait homme, ed è Loisy stesso che scrive contro di lui, nel 1938, un intero libro di 250 pagine: Histoire et mythe à propos de Jésus-Christ. [8]

Ci siamo riferiti a queste due confutazioni, così come ad altre opere di Loisy, pubblicate nello stesso periodo, ed è il risultato di questo studio che presentiamo ai lettori. Abbiamo preso particolarmente a cuore l'avvertimento, un po' altero, ma esatto, con cui Loisy conclude Histoire et mythe: «Non ci si deve improvvisare da storico delle origine cristiane». Relativamente all'evoluzione delle idee religiose, abbiamo improntato la quasi totalità degli elementi agli stessi Loisy e Guignebert. Se noi ci siamo, nel complesso, limitati a questi due autori, è perché sono non credenti e perché l'oggetto di quest'opera è, ricordiamolo, quasi esclusivamente il problema della vita e della morte di Gesù al tempo dell'imperatore romano Tiberio. [9]

Se, d'altra parte, ci siamo avventurati lo stesso a scrivere il presente libro, è per la seguente ragione: abbiamo abbastanza fiducia nel metodo storico che i nostri maestri ci hanno insegnato [10] per osare pronunciarci, anche in una materia molto particolare, sugli argomenti e sulle conclusioni che gli specialisti presentano. [11] «Il lettore giudicherà», ha scritto Loisy, confutando Couchoud. [12] Noi ci permetteremo di ripeterlo dopo di lui, confidando, come lui, senza dubbio, nella verità delle parole di Cartesio: «La capacità di ben giudicare e di distinguere il vero dal falso, che è propriamente ciò che chiamiamo il buon senso, o la ragione, è per natura uguale in tutti gli uomini». [13

NOTE

[1] Prosper ALFARIC, De la foi à la raison, Scènes vécues. Parigi, 1955.

[2] Prosper ALFARIC, Le problème de Jésus, Cahiers du Cercle Ernest Renan, n° 1 (Parigi, 3, rue Récamier, 7° arrt), 1954, pag. 22-23. Il testo è stato ristampato nel volume intitolato: A l'école de la raison. Etudes sur les origines chrétiennes (pag. 145-180), pubblicato nel 1956 a cura dell'Union rationaliste.

[3] Riprendendo un'opinione già espressa da Renan.

[4] Pubblicato in seguito sotto forma di un opuscolo.

[5] La si troverà riprodotta di seguito.

[6] Marcel SIMON, Les premiers chrétiens, Collection Que sais-je?, n° 551, Parigi, 1952.

[7] Revue de l'histoire des religions, luglio-dicembre 1926, 47° anno, tomo 94, pag. 215-247.

[8] COUCHOUD replica con un articolo, apparso nella Nouvelle Revue Française, il 1° settembre 1939, pag. 390-415 (da allora, estratto a parte), intitolato: Jésus, Dieu ou homme ? — LOISY aveva criticato altri «miticisti», come Dujardin o Guy-Grand, in un libriccino, apparso nel 1938, e intitolato: Autres mythes à propos de la religion. — Dopo la seconda guerra mondiale, Couchoud ha presentato di nuovo la sua tesi in Le dieu Jésus, apparso nel 1951, ma in cui i manoscritti del Mar Morto non sono segnalati.

[9] Noi abbiamo nondimeno consultato, inoltre, le opere erudite di Maurice GOGUEL, protestante liberale, Jésus (2° edizione, 1950), e un libro precedente: Jésus de Nazareth, Mythe ou Histoire (1925), in cui lui combatteva il libro di COUCHOUD, Le Mystère de Jésus. — Si troveranno in un lavoro pubblicato a Parigi alla fine del 1958, di Georges LAS VERGNAS, Jésus-Christ a-t-il existé? un gran numero di citazioni e di osservazioni utili.

[10] In particolare Charles SEIGNOBOS: egli ha pubblicato nel 1898 con Charles-Victor LANGLOIS l'Introduction aux études historiques, e scriveva nel giugno 1941, un anno prima della sua morte, al suo collega e amico Ferdinand LOT una lettera sul metodo storico, di cui si dà la pubblicazione nella Revue historique (luglio-settembre 1953) al signor Robert FAWTIER, professore alla Sorbona (lettera da allora estratta a parte). 

[11] Ringraziamo dei loro consigli coloro che abbiamo potuto consultare, così come gli amici che ci hanno portato i loro incoraggiamenti e il loro aiuto.

[12] LOISY, Histoire et mythe, pag. 74.

[13] CARTESIO, Discorso sul metodo 1:1.

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